I tecnici del governo sono al lavoro per rendere più solidi i provvedimenti e convincere la Commissione ad accettare la legge. Hanno 48 ore di tempo per rispondere.
Il governo tiene il punto sui saldi ma il Colle suggerisce prudenza
Testo ancora in ritardo: tecnici al lavoro per rendere più solide le coperture e convincere la Commissione ad accettare la legge
C
’è poi il registro tecnico, quello necessario a evitare la rottura, e che spiega il ritardo nella presentazione dell’articolato in Parlamento. «Modifiche utili a difendere le nostre ragioni», spiega una fonte del Tesoro. Alla Camera sono convinti che un testo definitivo non arriverà prima di giovedì. Gli indizi di modifiche in corso sono evidenti nel decreto fiscale parallelo alla manovra e già pubblicato in Gazzetta: per dargli copertura sono stati previsti 2,5 miliardi di tagli alla spesa corrente, 400 dei quali a carico dei ministeri. Stessa cosa avverrà per le poste della legge di bilancio: se nelle prime ipotesi le voci una tantum valevano circa la metà di ciò che non verrà coperto da disavanzo, il testo definitivo conterrà numeri più solidi e cercherà di argomentare meglio la natura di alcune misure. Quelle anti-evasione in materia di Iva, ad esempio: «Altro che una tantum, sono entrate strutturali», dice un esponente politico di via XX settembre. Il governo cercherà di precisare l’impatto che alcune voci possono avere sulla crescita potenziale, così da fugare i timori su un eventuale peggioramento del saldo strutturale. Questo è il punto decisivo per Bruxelles, perché segnala l’andamento dei conti al netto di interessi sul debito e una tantum e certifica la volontà di tenerli in ordine: doveva essere dello 0,6 per cento, la Commissione aveva concesso lo 0,1, ora il governo punta allo zero. Le voci raccolte a Palazzo Chigi insistono: «Finora la Commissione ha visto solo i grandi numeri – il Documento programmatico di bilancio, ndr – ora discuteremo nel merito dei dettagli. Se poi saranno necessarie altre modifiche le faremo». La risposta scritta alle obiezioni della Commissione sarà meditata e non a caso sarà resa pubblica a valle della bozza definitiva della manovra completa della relazione tecnica, probabilmente giovedì. Proprio perché le distanze sono più di principio che nei numeri, il governo vuole dalla sua argomenti inattaccabili.
Il confine invalicabile resta quello dei numeri. «Occorre tenere il punto», sintetizzano al Tesoro. «Lo impone soprattutto la ragion politica». La scadenza del 4 dicembre con il voto sul referendum costituzionale costituisce ormai lo spartiacque della politica italiana e persino dei suoi rapporti diplomatici con Bruxelles. Se Renzi avrà la meglio potrà imporre la sua linea, se perdesse lo scenario si complicherebbe non poco. Un punto da non sottovalutare e che in queste ore preoccupa il Quirinale. Chi lo frequenta nutre dubbi: perché un conto è rompere su grandi questioni, altro è aprire uno scontro con Bruxelles per frazioni di punto percentuale. A venirsi incontro bisogna essere in due, e la Commissione Ue in parte lo sta facendo, ragionano al Colle. Inoltre ai piani altissimi ci si chiede se faccia bene a esporsi in prima linea Padoan, colui che finora aveva incarnato la linea mediana del governo e retto con perizia il filo del dialogo con Bruxelles recitando la parte del “poliziotto buono” mentre Renzi interpretava il cattivo. Due obiezioni di natura tattica. Ma il momento è delicato, e lo scontro sugli zero virgola con l’Europa rischia di sommarsi alle forti tensioni politiche interne. Mattarella è costretto a prendere sul serio tutti gli scenari, e ritiene che dopo il 4 dicembre la vita debba continuare. Guai a causare nel frattempo danni irreversibili.
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