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Castellammare di Stabia

STABIA 40 anni e non sentirli: peccato che siano ferite del terremoto

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TABIA 40 anni e non sentirli! Ottima cosa sarebbe se non si trattasse delle ferite del terremoto dell’80 ed invece, purtroppo, oggi è ad esso e ad esse che la memoria va.

STABIA 40 anni e non sentirli: peccato che siano ferite del terremoto

Come stiamo ricordando, anno dopo anno, era il 23 novembre 1980 quando una scossa di magnitudo 6.8 della scala Mercalli colpì la Campania e la Basilicata centro-settentrionale. L’epicentro si verificò tra Teodora, Castelnuovo di Conza e Conza della Campania causando all’incirca 280.000 sfollati, 2.914 morti e 8.848 feriti.

In quella drammatica emergenza, come ricorda oggi anche l’ANSA, “la classe politica seppe ritrovarsi compatta e in tempi rapidi fu approvata la legge 219 (maggio 1981) per la ricostruzione delle case nei complessivi 506 comuni danneggiati delle province di Avellino, Benevento, Caserta, Matera, Foggia, Napoli, Potenza e Salerno, ma anche per lo sviluppo industriale di quelle aree”.

Ma poi, passato il terremoto, come nella poesia del Leopardi che recita:

Passata è la tempesta: Odo augelli far festa, e la gallina, tornata in su la via, che ripete il suo verso”

e come d’abitudine, tutto (o quasi) si è calmato e si è ritenuto “fatto” con le “dovute” promesse debitamente elargite in linea con un canovaccio antico ed immutato nel tempo, ma sempre valido.

Finanziamenti stanziati e debitamente giunti agli amici degli amici che, altrettanto debitamente, dopo l’incasso, in buona parte sparirono dichiarando, se aziende, fallimento mentre di altri, comuni cittadini ma pur sempre magari amici, o amici di amici, “numquam est cognita” avrebbero detto i nostri antenati latini (non se ne ha notizia).

In verità si potrebbe anche dire che è andata meglio che altrove visto che l’opera di recupero del patrimonio edilizio, sia pure tra ritardi e lentezze e con tempi diversi da provincia a provincia, è stata quasi ultimata sia in Campania, sia in Basilicata.

Epperò!

Purtroppo vi è sempre un Epperò che, in questo caso, si concretizza nel non trascurabile dato che, nel frattempo, sono trascorsi 40 anni, mica un mese, un anno o magari 4 o 5.

Quarant’anni sono più della vita media di un uomo in, purtroppo, ancora gran parte del mendo e, a ben valutare, anche nella zona non è che fossero un nulla 40 anni fa eppure, a 40 anni di distanza, oggi ci sono ancora zone da ricostruire e cittadini che continuano a vivere in “container et similia” di fortuna che, all’epoca, furono approntati per una “momentanea” allocazione degli sfollati.

E qui subentra una delle italiche certezza che certifica quanto, in Italia, nulla è più definitivo, immutabile, resistente ed immarcescibile del “Provvisorio”.

Basta vedere, ad esempio, che continuiamo a pagare ancora “contributi provvisori” quali quelli per la guerra in Etiopia (che ormai incide per almeno 1,90 euro a litro sulla benzina), e altre che nemmeno più ricordo come, ad esempio ed in alcune zone, se non vado errato, per le Paludi Pontine.

Di sicuro però ricordo invece bene che quella che oggi chiamano ACCISE sulla benzina non è altro che il prosieguo e l’aggravamento (adeguamento all’inflazione direbbe qualche economista bronzeo, almeno di faccia) di quella per la Guerra d’Etiopia di perduta memoria ma mai scomparsa anzi, ripeto, ringiovanita di anno in anno da nuove imposte a loro volta “provvisorie”. SIC!

Questo tanto per un piccolo ripasso che tronco subito per amore, se non altro, verso il mio 75enne fegato che tante ne ha viste e tante ne ha dovuto filtrare, epperò ….

Ecco, ci risiamo, un altro Epperò derivante, anche questo, dal fatto che non posso non ricordare, almeno per quanto riguarda il “piccolo fazzoletto” della mia Stabia anch’essa colpita da quel terremoto, che ancora oggi, a 40 anni esatti da quel terremoto, ci sono ancora tante persone che vivono nelle costruzioni (prefabbricati) dell’epoca.

Prefabbricati che, badate bene, dovevano essere temporanei (ed ecco che torniamo anche al “provvisorio”) ma sono ancora li dopo 40 anni grazie anche al come si costruiva una volta (in Molise invece, ad esempio, ben peggiore durata ha avuto il “provvisorio” del luogo di Berlusconiana memoria) per cui, sia pur omologati per durare 10 anni sono, bene o male (anche se più male che bene, ma sono passati anche 40 anni e non 10) ancora li a fare il loro “lavoro” come, ad esempio, si ha nel quartiere dell’Aranciata Faito.

Nel contempo, c’è anche da annotare che poi, anche la prospettiva di sviluppo industriale pur essa promessa, programmata e, soprattutto finanziata (e pagata) non solo è rimasta per gran parte inattuata ma, sempre in Stabia, ha continuato a terremotarsi fino ad arrivare oggi all’ultima trincea rimasta, quella dei Cantieri Navali di Stabia, storica e gloriosa struttura industriale in auge sin dal Regno delle Due Sicilie e madre, tra l’altro, della gloriosa e rispettatissima Amerigo Vespucci, Regina dei mari alla quale, chicchessia, all’incrociarla si inchina e lascia mare libero.

E nemmeno accenno alle altrettanti gloriose, almeno in pectore ed anche di fatto, Terme di Stabiae visto che, a confronto di tantissime altre conosciutissime ed osannate italiche e mondiali terme che prolificano con una, magari due o tre acquette, può vantare, e vanta, ben 23 tipi diversi di acque per natura, composizione temperatura ecc ecc che va, parafrasando una publicità, dal liscio al natiralmente gasata, dal caldo al freddo e chi più ne può pensare le ponga pure in gioco stando certi che, nelle Terme di Stabiae, c’è. Ma che farci, siamo in Stabia, Regina delle Acque, Perla del Golfo eppure sempre più ridotta a vasciaiola; ma sembra che si stia attrezzando per scendere ancora di più visto che, al male ed al peggio, fine non v’è mai!

Ma tornando al ricordo odierno, all’epoca avevo 35 anni ma sento ancora la voce del Presidente Pertini che, durante un’edizione straordinaria del Tg2 di allora, ebbe a deprecare:

 “Non vi sono stati i soccorsi immediati che avrebbero dovuto esserci. Ancora dalle macerie si levavano gemiti, grida di disperazione di sepolti vivi”. 

 e a dire:

“Fate Presto”!

E questa è unicamente storia e memoria che ancora mi assiste e mi assilla anche se, a quanto sembra, poco assiste anche l’attuale Sindaco di Stabia che, pur ricordando la tragedia con un comunicato odierno da noi debitamente divulgato, mostra di non avere memoria completa del tutto (o di sorvolare sulla stessa).

In conclusione, e sempre per dare ricordo, riporto la registrazione audio del sordo rumore del terremoto di allora

con anche, ancora una volta, le parole ed il ricordo dell’amico (poeta e compositore) Luciano Somma che all’epoca era sfollato a Castelvolturno (Caserta) con la famiglia e che, nell’immediato, scrisse i brevi versi che ripropongo oggi, come ogni anno, per non dimenticare anche noi!

Mancava nu mese a Natale

Mancava nu mese a Natale
Filuccio sunnava ‘o presebbio
Assunta penzava ‘a befana
Nannina filava e cantava
attuorno che cujeta ce steve
pareva ‘e sentì già ‘ a nuvena…
 
Sta ggente mo è sola nu cunto
suspesa tra ‘o cielo e na terra
ch’ha avuto cchiù lutte ‘e na guerra
rusarie ‘e ferite arapute
na scossa l’è stata fatale
mancava unu mese a Natale…

 Stanislao Barretta

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COMBI FOTO di copertina con img tratte da Il Ricercatore Stabiese

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