Serviva l’arrivo di Patti Smith per tornare a parlare dello Ius soli
Per sottolineare un tema decisivo come lo Ius Soli, sul quale ormai il dibattito politico non spreca più una parola, Patti Smith incontra i ragazzini di due scuole napoletane, per essere lei a darevoce alla tematica. Ragazzini nati in Italia da genitori stranieri. Nati qui, ma non italiani a pieno titolo. Li incontra e canta per loro. Una rocker di fama internazionale, dunque l’esponente – e una delle più prestigiose – di uno stile culturale che ha fatto del cosmopolitismo il suo tratto forse più riconoscibile.
È un’americana, dunque la cittadina di un Paese che ha nello Ius soli il suo stesso dna. Insomma, nel dibattito che langue, era necessario che una celebrità arrivasse dagli Usa a dirci o a farci capire, sia pure con il suo stile elusivo, quanto sia paradossale che in Italia si stenti a trovare l’accordo su un principio che il resto del mondo occidentale dà per scontato da sempre.
E quando le dicono che in Italia, tra un bambino e l’altro, ci possono essere disparità di trattamento, la rocker risponde: «Anche nel mio Paese». Come dire, lo Ius soli è solo un primo passo. Ma quel primo passo qui non è stato ancora fatto.
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