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Scalfari: le implicazioni del referendum di domenica prossima

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l tema dell’editoriale di Scalfari di oggi è soltanto uno: il referendum di domenica prossima, del quale conosceremo l’esito il lunedì 5. Il tema ne contiene e ne implica molti altri, non soltanto italiani e non soltanto costituzionali, ma anche internazionali, politici, economici. Cominciamo ad esaminarli uno per uno.

L’ideologia dei 5 Stelle e la deriva dell’Uomo qualunque

Mercoledì scorso c’è stato un incontro al Quirinale durato a quanto si sa un’ora e mezza tra il presidente Sergio Mattarella e Renzi. Ufficialmente hanno trattato molti argomenti, il primo dei quali la riunione del giorno dopo del Consiglio supremo della Difesa. Ma nella realtà il tema principale è stato proprio il referendum. Mattarella ha raccomandato maggiore cautela nel linguaggio, ha ricordato che i referendum in genere e questo in particolare non comportano alcun obbligo di dimissioni del presidente del Consiglio quando la tesi da lui sostenuta fosse battuta dagli elettori (tra l’altro i referendum costituzionali non prevedono alcun quorum ed è possibile che il numero degli elettori che andranno al voto domenica sia inferiore al 51 per cento dei cittadini con diritto di voto). Infine Mattarella ha ricordato a Renzi che, subito dopo il referendum, c’è una quantità di problemi da affrontare con notevole urgenza, uno dei quali derivanti proprio dall’esito del referendum stesso che, in caso di vittoria del No, comporterebbe la riforma della legge elettorale poiché quella attualmente vigente riguarda un sistema monocamerale e il bicameralismo perfetto che tuttora c’è e c’è sempre stato. Quando fu fondato lo Stato italiano da Cavour nel 1861 il Senato era di nomina regia e tale durò durante la Monarchia. Il regio Senato aveva gli stessi poteri della Camera ma la nomina dei suoi membri era appunto diversa: non la faceva il popolo ma il Sovrano.

Con l’avvento della Repubblica entrambe le Camere furono elette dai cittadini sia pure con leggi elettorali diverse ma con identici poteri legislativi. Renzi, a quanto ci risulta, ha dato assicurazioni sul linguaggio e ha ricordato che è suo interesse pubblicamente annunciato di riformare profondamente la legge elettorale, sia che vincano i Sì sia che vincano i No, il che significa anche che non si dimetterà dalla carica di presidente del Consiglio almeno fino a quando queste e le altre questioni urgenti ricordate da Mattarella non siano state condotte a buon fine. Fin qui il colloquio assai importante, del quale i giornali hanno dato adeguato rilievo nei titoli ma assai scarsa informazione sui contenuti.

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Debbo dire che, strada facendo da quando fu indetto, il referendum costituzionale ha ampiamente cambiato il significato che gli attribuisce la gran parte dei cittadini che hanno deciso di votare, il che lascia anche supporre che l’afflusso alle urne sarà più elevato di quanto si prevedeva all’inizio. Per quanto risulta a noi, chi voterà Sì lo farà per rafforzare l’autorevolezza politica di Renzi; chi voterà No lo farà per mandarlo in soffitta; quel che avverrà dopo non lo sanno e non gli importa granché.

Ho avuto nei giorni scorsi un esempio assai chiaro di queste due posizioni in un confronto televisivo guidato da Bianca Berlinguer nella sua trasmissione pomeridiana a RaiTre, tra il governatore della Regione Piemonte, Chiamparino e il governatore della Puglia Michele Emiliano. Chiamparino ha esposto numerose motivazioni a favore della riforma costituzionale e altrettante contro, concludendo però che il suo voto sarebbe stato Sì. La motivazione di questo gesto – ha detto – è interamente politica: un No getterebbe il nostro Paese in una sorta di caos non solo politico ma anche economico, sociale e internazionale che coi tempi che corrono è da evitare assolutamente. La posizione di Emiliano è stata l’esatto contrario e ne ha indicato le ragioni, quelle che ha chiamato il merito del problema. La Berlinguer ha contrastato quel “merito” in tutti i suoi aspetti e alla fine Emiliano ha indicato la vera verità del suo No: “Ritengo dannosa la permanenza di Renzi al vertice della politica italiana”. Ecco il punto, cara gente: ormai il Sì è un “viva Renzi” e il No è “abbasso”. Salvo qualche eccezione motivata veramente dal merito, visto da angolazioni diverse. Mario Monti è un tecnico dell’amministrazione, vota No per dissensi sul merito; così pure Zagrebelsky e così anche Alessandro Pace. Ma il grosso dei No è di provenienze grilline e cioè: prima di tutto piazza pulita. Questo non ha niente a che vedere col merito ma coincide con l’ideologia. Sembra impossibile che il Movimento 5 Stelle si fondi su un’ideologia; noi siamo abituati a pensare che l’ideologia abbia una base culturale e spesso è così: il comunismo si basava su Marx ed Engels. Il liberalismo di Adam Smith e Ricardo coniugati con l’Illuminismo di Diderot, D’Alembert e Voltaire; il liberalismo moderato aveva come base il pensiero di Tocqueville. Ma il “piazza pulita” è uno slogan non un’ideologia. Uno slogan anarcoide come un tempo lo fu l’Uomo qualunque. Quelli che Ezio Mauro chiama “forgotten men”.

L’Uomo qualunque disprezza l’establishment, la classe dirigente di cui non fa parte. Ad essa attribuisce tutte le colpe (che in parte certamente ha). Ne vede una diversa, una nuova. Il più delle volte è storicamente accaduto che quella nuova sia la vecchia che ha cambiato abito e si è mascherata: pensate al fascismo che nasce dal socialista Benito Mussolini. Quel socialista fondò i fasci di combattimento, ispirato al sindacalismo rivoluzionario di Georges Sorel; poi diventò reazionario, distruggendo le Case del popolo del partito socialista, pur restando ancora repubblicano. Infine, nel primo congresso del partito nazionale fascista, dette un calcio alla Repubblica e accettò la Monarchia unificandosi con il partito nazionalista guidato da Federzoni. Vedete come vi si può ingannare, voi dell’Uomo qualunque che oggi vi chiamate 5 Stelle e volete la piazza pulita? Voi domani presumibilmente voterete No. E poi che cosa farete? Quale programma, quale politica estera, quale visione dell’Europa e della moneta comune?

L’Uomo qualunque non cambierà mai e c’è sempre stato. Non è il popolo sovrano che vorremmo fosse la base consapevole della democrazia. Sono piuttosto i Ciompi. Ricordate il tumulto dei Ciompi? Ricordate i Lazzari napoletani che appoggiarono la rivoluzione giacobina del 1799 promossa dalle famiglie nobili guidate dal principe Gennaro Serra di Cassano e da un gruppo di intellettuali? I Lazzari appoggiarono quella rivoluzione ma pochi mesi dopo, quando il Re tornò con la flotta di Nelson e le bande contadine di Ruffo di Calabria, i rivoluzionari furono tutti impiccati, molti morirono per strada e decapitati e le loro teste mozze vennero prese a calci dai Lazzari da quel momento chiamati lazzaroni. Che buie storie ha questo Paese!

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Caro Matteo Renzi, qualche errore in questa vicenda l’hai fatto anche tu. Il principale, che per l’ultima volta hai ribadito nel tuo dibattito con Gramellini sulla Stampa di venerdì, riguarda il tuo ritiro dalla vita politica se vinceranno i No. Penso che tu faccia volontariamente questo errore per aumentare il numero dei Sì. Può darsi, ma contemporaneamente e forse anche di più aumenterà il numero dei No. Forse è un voluto errore di tattica, ma qui ti sbagli, è un errore di strategia perché se vincono i No ti sarà difficile tornare a Palazzo Chigi e proseguire come lo stesso Mattarella ritiene perfettamente costituzionale oltreché praticamente opportuno.

La legge sulla riforma del Senato e l’abolizione del bicameralismo: questo è il nodo della questione. Dovresti insistere continuamente su questo punto e porre questa domanda: qual è il Paese europeo che abbia un Senato legislativo? Salvo qualcuno piccolo o piccolissimo nessuno dei ventisette ha un Senato di tal fatta. Tantomeno l’Inghilterra, ora uscita dall’Ue: lì c’è la Camera dei Comuni che ha tutto il potere legislativo e la Camera dei Lord che può solo formulare pareri ed è nominata dalla Corona, cioè dal primo ministro con la firma del Sovrano. Il referendum di domenica prossima è questo che stabilisce: monocamera anche in Italia. Ci sarà poi il tempo per assegnare ai senatori dei compiti meno confusi di quelli attualmente previsti, ma il tema centrale è quello: monocamerale. Attenzione però: No o Sì per mantenere o abolire il Senato, il resto non conta niente o quasi.

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Ultime e marginali osservazioni, che contano tuttavia qualche cosa. Il presidente Mattarella ha pienamente ragione di raccomandare una polemica più forbita di quella attuale. Ma quando c’è stato quel forbitismo in Italia? Nella nostra prima consultazione elettorale la Dc aveva come slogan nei cartelloni di propaganda affissi sui muri di tutta Italia il ritratto di uno Stalin paffuto e torvo con una scritta che diceva: siete i complici di un assassino che paga in rubli la vostra complicità.

Il Pci a sua volta aveva altri cartelloni dove si vedeva un volto degasperiano con dietro alle spalle la testa di un prete e sotto una scritta cubitale stampata con la maggiore evidenza che diceva Forchettoni e una cascata di dollari in banconote come sottofondo. Lei, onorevole Presidente, a quell’epoca era appena nato. Io purtroppo no, ero già cittadino elettore e militavo nel Partito liberale aderendo alla corrente di sinistra guidata da Carandini, Pannunzio, Libonati e parecchi altri. L’Italia non è mai stata perfettamente sobria, ma forse non solo noi. L’Occidente non lo è e si visto tra Trump e Hillary Clinton.

Infine il governatore della Campania Vincenzo De Luca. Noi tutti, o almeno moltissimi di noi, l’hanno conosciuto quando era ancora sindaco di Salerno e faceva campagna elettorale per diventare governatore. E come l’abbiamo conosciuto? Ascoltando le trasmissioni di Crozza. Era fantastico Crozza nei panni di De Luca e lo faceva parlare esattamente come De Luca parla sempre. Anche allora la Bindi lo attaccò per linguaggio inqualificabile dietro al quale c’era probabilmente il reato di voto di scambio, ma non lo denunciò come anche oggi sta avvenendo.

Oggi parla come allora: gli occorrono dei Sì al referendum e lui promette merende, fritture, mance e tutto quello che lui può fare per favorirli nella pubblica amministrazione. Questo è il suo linguaggio e il suo personaggio. Il Pd deve dissociarsi ufficialmente da questa situazione. Perderà qualche migliaio di Sì ma ne perderebbe di più se non si dissociasse. Adesso ho finito. Debbo dire che nei giorni scorsi ho avuto qualche disturbo di salute che ora è finalmente passato. Lo dico non perché sia una notizia ma perché ho fatto un’esperienza interessante: come si vede la realtà che ci circonda, come si pensa a se stessi e al mondo esterno, come affronti ciò che nel frattempo e con enormi differenze qualitative e di genere hanno detto Donald Trump, Angela Merkel, Barack Obama, papa Francesco, Mario Draghi, Matteo Renzi e perfino (perfino) Vincenzo De Luca. E tu (io) come li vedi con una sorta di cannocchiale e con un cestino da viaggio a tracolla. Vi assicuro che è una bellissima esperienza.

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Repubblica/L’ideologia dei 5 Stelle e la deriva dell’Uomo qualunque EUGENIO SCALFARI


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