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Sanremo 2016, le pagelle della finale: vincono gli Stadio, seconda Michielin, terzo il duo Caccamo-Iurato. Ma la classifica fa discutere

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V

incono gli Stadio. Dietro Francesca Michielin e il duo Caccamo-Iurato. Un podio tutto sommato prevedibile, bookmakers alla mano, che concilia la storia, il giovane talento e lo stile Jalisse.

I VOTI

CARLO CONTI 7: Padrone di casa. Senza polemiche, sempre col sorriso. Conduzione efficace e puntuale, ironico quanto basta e mai di troppo. La musica al centro. Questa volta è verità. Che siano in cantanti in gara o gli ospiti poco importa. Bene anche la scelte delle canzoni. Un frullatone- come dice lui- che accontenta tutti e che ci tartasserà, per tanto. L’anno prossimo ci sarà ancora lui, il Conti tris è appena iniziato.

VIRGINIA RAFFAELE 9: Fuoriclasse. La più bella. La più ironica. Esce lei e finalmente si sorride. Con Belen, Donatella Versace e Carla Fracci. Cambia tanto, non ha paura e affronta anche temi tabù. Ma lei può farlo. Perché sa cosa dire, come dirlo e soprattutto quando fermarsi. La comicità non è roba semplice, ma una questione seria. La Raffaele è talento, ma non pensate che non ci sia lavoro. Geniale, talmente geniale, che sembra strano sia ancora qui, con noi, in prima serata su Rai 1. Merita altro. Merita tanto. Speriamo che qualcuno se ne accorga.

GABRIEL GARKO NC: Okey, dividiamo. 0 per le discutibili capacità da valletto, co-conduttore, attore, ballerino e lettore di gobbi. Ma 10, senza alcun dubbio, perché senza di lui non sarebbe stato lo stesso. Mancherà, a molti stasera. Disastroso quanto irrestitibile. Il suo occhiolino, le sue presentazioni imbarazzanti, il mood da Antonio Fortebbracci, saranno per sempre parte di questo Sanremo. Probabile che non lo rivedremo mai più in TV, se non perché qualche fiction insieme alla Arcuri, ma Garko, almeno, può vantare di essere diventato l’idolo dell’intero web. Mica male. Emessing.

MADALINA GHENEA 6: Grazie Madalina per averci ricordato in questa settimana che siamo tutti un po’ brutti e che madre natura non è che poi ci ha voluto così tanto bene. Molto democraticamente, ha abbassato l’autostima a tutti. Ti ricorderemo per i tuoi outfit e per le tue scalinate. Per le storie su mamma e papà, e per esserti scusata per il tuo italiano, non poi così fluido. Ma non scusarti Madalina, non scusarti: Gabriel Garko ancora non l’ha fatto.

LE CANZONI 

GLI STADIO 6,5: Quando ti chiami Gaetano Curreri e canti di un padre che parla a sua figlia, commevente e rock allo stesso tempo, non ti stupisci di una vittoria al Festival. Ha vinto la storia, la carriera, nel nome di Lucio Dalla. Hanno trionfato e rinunciato all’Eurovison. Si sono messi da parte, consapevoli che questa è roba da giovani.

FRANCESCA MICHIELIN 7,5: 20 anni signori. Talento cristallino e voce che arriva dritta, affilatissima. Canzone forte, radiofonica, ma con un testo importante e che darà i tormenti( in positivo) nei prossimi mesi. Non all’altezza, forse, dei suoi precedenti lavori, ma comunque non male per un festival che ha forse peccato un po’ di leggerezza. La bambina è diventata una splendida donna, adesso. Il secondo posto è solo l’inizio.

GIOVANNI CACCAMO E DEBORAH IURATO 5: “Fiumi di parole, tra noi”, ricordate? Per un attimo il brivido. Di quel che sarebbe potuto essere. Di quel Jalisse bis. Terzo posto che sa di ingiusto per una settimana vissuta da entrambi nell’anonimato. E dispiace per Caccamo e per la canzone che brutta non è( dire grazie a Giuliano Sangiorgi, prego), ma la Iurato è un grande no. E non parliamo degli outfit. Ma della voce, possente e gelida che con quella del compagno proprio non si fonde. Via da qui, via da qui, finalmente, potremmo dire. A stufare, hanno un po’ stufato in queste serate.

ALESSIO BERNABEI 4,5:  Noi siamo infinito, ma sarebbe potuto essere pure One Last Time e nessuno se ne sarebbe accorto. Male Alessio Bernabei che, al debutto da solista, ritorna sul palco dell’Ariston con una canzone mal copiata e scialba, acchiappa ragazzine, che però non arriva. Al primo ascolto la definirono ballarissima, all’ultimo anche meno. Se vuoi iniziare una carriera così, caro Alessio, stai sulla strada che porta a Marco Carta. Sei avvisato.

CLEMENTINO 6+: Inaspettatamente Clementino. Arriva settimo e convince un po’ tutti all’Ariston. La canzone cresce, il ritornello, però, ancora non si capisce. Bello il testo e il messaggio. Qualche fra di troppo, ma l’emozione c’è e si sente. Una bella sorpresa. Ci si aspettava di peggio, e invece.

PATTI PRAVO 7:  Ritorna all’Ariston da diva. Lo potrebbe fare da super ospite, ma si rimette in gioco. Primo punto a favore. Canta, almeno ci prova, ma emoziona. Secondo punto a favore. Il testo, scritto da Federico Zampaglione, è bello. Terzo punto a favore. “Ma tu chi sei, che cosa vuoi” diventerà la frase più utilizzata da molti, il lunedì mattina, per mandare a quel paese in modo elegante. Game. Set. Match.

LORENZO FRAGOLA 5,5: Il fatto è che ti aspetti di più da uno come lui. Vuole fare Marco Mengoni, ma proprio non gli viene. La canzone, sanremese per eccellenza, arriva al primo ascolto, ma stanca. Alla terza serata, poi, già sei stufo. Il testo è furbo, forse anche troppo, e si perde. Il timbro c’è, la voce pure, anche se Fragola non ne fa un uso adeguato. Qualche imperfezione c’è. A 20 anni, però, tutto è abbastanza giustificabile. Che trovi la sua di strada, lontano dall’Ariston, preferibilmente.

NOEMI 8: Una interprete al servizio della canzone. La coccola, la accarezza e non esagera, mai. Spinge quando necessario ed emoziona. Quando il testo è di una tale bellezza, basta questo e tutto viene di conseguenza. Noemi ritorna all’Ariston e lo fa nei migliori dei modi, con un ottavo posto che sta estremamente stretto.

ELIO E LE STORIE TESE 6: Portano 7 ritornelli all’Ariston e li chiamano geni. Anche se il pezzo non è bello, non passerà in radio e non venderà. Ricorda la canzone monotona di un paio di anni fa, ma nessuno sembra farci caso. Perché sono geni. Se poi le cose proposte sono sempre le stesse, poco importa. 6, perché almeno hanno portato un po’ di leggerezza sul palco. E perché sono geni, non dimentichiamolo.

ARISA 8,5: Una voce sublime. Parole dirette. Una canzone, insomma, che meritava il podio e che si trova, inspiegabilmente, al decimo posto. Misteri sanremesi, a volte. Un testo che fa inumidire gli occhi, accarezzato dalla voce di Arisa che, come una lama, spezza in due. Brava, bravissima.

ANNALISA 9: Occhi grandi ed umidi. La musica è emozione. Lei si emoziona. Noi ci limitiamo ad ascoltarla e ad emozionarci insieme a lei. Il diluvio universale è un fiume in piena che ti travolge, basta solo essere disposti a farlo.

ROCCO HUNT 5: Quest’anno aveva davvero poco da dire. Molto da ballare, ma poco da trasmettere. Rocco ci ha abituati a pezzi di gran lunga superiori. Quelle canzoni emblema di un paese, di denuncia e soprattutto coraggiosi. Wake up sembra solo dire: “Compra me, scegli me, vota me”. Meglio tornare indietro.

DOLCENERA 8: Girls power. E per davvero. Dolcenera che non ti aspetti emoziona, con un pezzo non immediato, ma che arriva. Piano e voce e nient’altro. Lei canta, lei suona, lei dirige. E ti dimentichi tutto il resto, pure il 15esimo posto.

ENRICO RUGGERI 7: Si diverte, come un ragazzino. E alla fine viene premiato con un bel 4 posto. Si scrive Enrico Ruggeri si legge storia e rock. Ben festival per lui.

VALERIO SCANU 6+: Se avesse cantanto come l’ultima sera, staremmo parlando altro. Finalmente piove è un gran bel pezzo, Scanu è ingessato, ma finalmente si emoziona ed emoziona. Deve continuare su questa strada, perché voci come lui, non se ne trovano.

IRENE FORNACIARI 6: E che gli vuoi dì. Brava, perché in mezzo a tutto questo pop si distingue. La canzone non verrà ricordata, ma pazienza. La Fornaciari arriva in finale e questa, di per sé, è già una vittoria.

 

 

 

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