Che dire, dopo la giornata di ieri mi sono entrati in testa rimembranze scolastiche e di gioventù che non riesco a fugare, tanto sono calzanti con quanto, quotidianamente, da troppo tempo siamo costretti a sentire e sorbirci.
Quelle scolastiche mi hanno riportato a Fedro ed ai suoi aforismi. Tra i tanti che ben si adatterebbero alla situazione data di questo momento e periodo politico, si è fatta strada quello che recita: Quando i potenti litigano, ai poveri toccano i guai;
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unti Chiave Articolo
quelle di gioventù mi hanno riportato al clamore e all’atmosfera delle fiere di paese di un tempo, con anche il circo nelle adiacenze, e gli imbonitori a gridare: Venghino siore e siori ….. venghino: e giù ciascuno a decantare le proprie “meraviglie”
e se avrete la pazienza di seguirmi in questo mio excursus, penso che alla fine potreste finanche concordare con me e sentire gli stessi stridenti – e in questo caso fastidiosi – suoni. O almeno così credo e temo dato che mi concedo sempre la speranza di sbagliarmi.
E’ un mio vezzo (di sicuro anche difetto) che porto con me da sempre come “coramina” dal momento che, se avessi ragione, allora saremmo messi veramente male e non basterà più nemmeno il mio solito: “io speriamo che me la cavo” a darci sollievo, men che meno a salvarci da guai seri perché, e qui torno a Fedro, indubitabilmente i “potenti” di turno stanno litigando tra di loro.
Ed è una lite che – oramai – stanno portando avanti da due mesi, per l’esattezza 61 giorni ad oggi, e la conducono in modo meschino, spesso brutale e da incoscienti allo stesso tempo, tanto, alla fine e come sempre, i guai che ne derivano, e ne deriveranno, toccano, e toccheranno, solo a noi poveri pantaloni di sempre perché, questo è certo, il conto dei danni verrà presentato a noi. E noi lo pagheremo, sia pur tra lacrime e sangue, come sempre.
Sorvolando sui vari veti, dicatat e le varie amenità tipo:
– ma chi lo dice che noi NON …. ecc ecc;
– NOI certamente siamo pronti e disponibili …. ecc ecc;
a patto che, però ….
E qui il però micidiale. Il però che tutto rende finanche ridicolo, e chiaramente pretestuoso, visto che è uno di quei però ammazza tutto del tipo:
certo che sono disposto a lanciarmi, ci mancherebbe. Io ho coraggio da vendere, a patto che, però, ne abbia anche tu e che ti lanci senza paracadute. Sic!
Questo è il succo del tutto (che poi è anche il nulla di questi due mesi) per cui, sorvolando su queste “amenità”, come ho scritto nell’incipit che precede, proviamo a concentrarci sforzandoci di vedere, e riuscire, a “leggere” tra il rappresentato nelle ultime ore dal circo a piste multiple: Parlamentarius.
Ieri c’è stato il tanto atteso “scontro frontale” nel Pd (scontro? Ma dove, ma quando!): la direzione del partito doveva decidere la posizione rispetto all’ipotesi di alleanza con il M5S. Ipotesi che aveva scatenato, sembrava, una lotta voto per voto tra il rottamatore Matteo Renzi per niente dsponibilie a farsi, a sua volta, rottamare, ed i suoi sfidanti.
“Il mio Pd non può essere la sesta stella dei grillini”, confidava l’ex segretario con Federico Geremicca che, nel suo editoriale di ieri, gli stava dietro annotando: “Sarebbe ora che il secondo partito del Paese (tutt’ora con un suo uomo a Palazzo Chigi e reduce da cinque anni di governo) facesse sapere agli italiani ed alle altre forze politiche qual è la via che ha deciso di imboccare”.
Con queste premesse, si pensava a chissà quale spargimento di sangue con smembramenti vari con pezzi, di PD, svolazzanti a destra, al centro e finanche a “manca”: ed uso il termine “manca” perché, ad ora, il termine “sinistra” sembra del tutto scomparso, e questo proprio perché, di fatto , la sinistra Manca; appunto!
Eppoi?
Eppoi ecco che ieri pomeriggio, il segretario reggente del Pd, Maurizio Martina, chiude ad ogni alleanza di governo con M5s e il centrodestra ed invita gli esponenti del partito a mettere da parte odi e attacchi feroci “recitando”:
“I fatti di questi giorni hanno archiviato la possibilità” di un’intesa con M5s. “Capitolo chiuso – ha aggiunto – il tema vero eravamo noi, il nostro ruolo, la nostra funzione. Per me il tema vero era non rischiare di autoconfinarci nell’irrilevanza“.
Per noi, ha spiegato ancora Martina, (ed ecco il famoso, penoso e immancabile “però” di cui sopra):
“il tema non è mai stato votare Salvini o Di Maio premier. Ma per noi il tema non potrà mai essere nemmeno sostenere un qualsivoglia percorso con Salvini, Berlusconi e Meloni come soci di riferimento. Tanto più impossibile chiaramente per noi un governo a trazione leghista”.
Quanto alla situazione interna al partito, sempre secondo Martina“non possono esistere liste di proscrizione, da qualunque parte provengano”. E bisogna dire anche basta ad “attacchi feroci tra di noi e non nei confronti dei nostri avversari” e così, alla fine, ha chiesto che, bontà loro e benevolenza di Renzi, gli sia rinnovata la fiducia fino all’assemblea nazionale.
Stando così il tutto (cioè: il nulla), la direzione del Pd ne ha approvato, all’unanimità, la relazione concedendogli così di restare al timone del partito fino all’assemblea nazionale visto che, al momento, a Renzi, a quanto sembra: “vien da ridere”, e quindi è come se gli avesse detto: va avanti tu, per ora!
E Martina, zelante, va avanti per cui, nel suo intervento di replica a chiusura del dibattito, ha detto:
“Questa responsabilità me la prendo tutta e la voglio esercitare tutta. Non esiste nessuna resa, si fa politica, si cerca di definire un quadro, di ascoltarci e l’ascolto di oggi possa consentire al Pd di trovare il suo percorso in questa fase”
In vista delle nuove consultazioni di lunedì al Quirinale, ha sottolineato Martina, “dobbiamo avere verso le indicazioni di Mattarella un atteggiamento costruttivo”.
E finisce così, nella migliore tradizione dei Democratici, l’ennesima resa dei conti.: tarallucci e vino per tutti; vulimmece bene, come canta anche Gianni Celeste (testo e Video sul fondo), e andiamo avanti. Il conto? Ma agli altri, ovviamente! C’è bisogno di chiederlo? Intanto noi prepariamo l’abito bello per un nuovo giro al Quirinale.
Eh sì, perché ormai è chiaro che il Quirinale è lì che osserva, scalpita con la pazienza che ormai è scappata via per cui pensa a un terzo giro di consultazioni che potrebbero portare a un “governo di tregua” sino a fine anno.
Sergio Mattarella, infatti, è pronto – a quanto si apprende – a rompere lo stallo per il governo ed ha convocato, per Lunedì, i partiti che torneranno – per la terza, e probabilmente ultima, volta – dal Capo dello Stato per consultazioni lampo nelle quali provare a fare il punto sul caos esistente. Ciò fatto, e se i gruppi non presenteranno una qualche novità concreta e comprovata con numeri e dati reali e percorribili/spendibili (cosa non difficile da immaginare), sarà Mattarella a indicare un suo candidato per un esecutivo super-partes, dalla durata breve, scegliendo ministri e premier senza colore politico.
E questo è il tutto del niente, ad ora, per cui andiamo avanti anche noi e, in attesa del conto, continuiamo a recitare: io speriamo che me la cavo.
Stanislao Barretta / EDITORIALI • POLITICA
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Vulimmece bene: versi, e video, della canzone di Gianni Celeste di cu sopra.
Quanta cos ca succeden
quanta gent nun ce sta
quanta giuvinott bell
stann senza libertá
simm figlij nuie e sta terr
nun é tard pe capí
ca se ce facimm guerr
tanta gent po murí
é bella la vita perció vá vissuta
vivimmele insieme facimmece guerr
di fiori e di baci cantamm cchiu voc
vulimme cambá
é bella la vita cchiu bell e na fata
si vive na vot na vota sultand
penzamm a sti cos cercammece scus
purtammece rose in segno d’amore
pur a te chien e peccat
sta canzon stó a cantá
penza che sarebbe bello
tutte quante a libertá
col sorriso sulle labbra
mamma toij guard a te
ca nun si chiell e na vot
sembra un sogno ma non é
é bella la vita perció vá vissuta
vivimmele insieme facimmece guerr
di fiori e di baci cantamm cchiu voc
vulimme cambá
é bella la vita cchiu bell e na fata
si vive na vot na vota sultand
penzamm a sti cos cercammece scus
purtammece rose in segno d’amore
é bella la vita cchiu bell e na fata
si vive na vot na vota sultand
penzamm a sti cos cercammece scus
purtammece rose in segno d’amore
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