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Castellammare di Stabia

Questione migranti (Adelaide Cesarano)

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Nell’omelia celebrata venerdì scorso in San Pietro per i migranti morti duran te il viaggio verso l’Europa, Papa Francesco ha affermato: “La solidarietà è l’unica via”, condannando l’ipocrisia di quelli che, invece di aiutare quanti sono alla ricerca di una vita dignitosa, li respingono.
Di solidarietà parla anche il nostro Presidente della Repubblica che, in visita nelle Repubbliche Baltiche, venerdì scorso, ha ribadito l’importanza di una politica europea comune, in quanto – afferma Sergio Mattarella – “Quello delle migrazioni è un fenomeno talmente vasto, che nessuno Stato può affrontarlo da solo”, invitando esplicitamente tutti i Paesi dell’Ue a prendersi le proprie responsabilità nella gestione del fenomeno, e a non scaricarle tutte sullo Stato di prima accoglienza.
La solidarietà di cui parla Papa Francesco è un valore morale, non solo cristiano, di ospitalità, assistenza, condivisione. Già nel mondo antico greco e romano, infatti, ma anche in quello ebraico, l’ospitalità aveva delle regole non scritte, ma ugualmente vincolanti, che imponevano obblighi di cura e protezione nei confronti dello straniero.
Mattarella ha una visione diversa di solidarietà, intesa soprattutto come aiuto economico. Egli infatti ha affermato che bisogna cercare di risolvere in Africa i problemi che spingono la popolazione ad emigrare. Un modo, secondo lui, potrebbe essere quello di organizzare sul territorio africano i campi profughi e intensificare aiuti e controlli, ponendo così fine al traffico di esseri umani.
Il Ministro degli Interni, Matteo Salvini, sempre venerdì scorso, ha emanato una circolare che limita i permessi di soggiorno per motivi umanitari, concedendo il diritto d’asilo solo a chi scappa realmente dalla guerra. Ha inoltre affermato di voler utilizzare per rimpatri e sicurezza i 42 milioni di fondi comunitari stanziati per l’accoglienza degli immigrati.
Ma nella giornata di ieri, da Bruxelles, il portavoce della Commissione Ue ha comunicato che non è possibile utilizzare a tale scopo i 42 milioni, qualora si tratti di fondi europei, in quanto essi vengono erogati sempre per un progetto specifico.
Come possiamo vedere, ognuna di queste posizioni ha i suoi sostenitori e i suoi detrattori.
C’è chi, come Tito Boeri, presidente dell’INPS, nella sua relazione annuale, afferma che servono più migranti perché mancano colf e badanti, e chi, come l’onorevole Mara Carfagna, gli dà torto, sottolineando invece gli aspetti negativi
dell’immigrazione. “Lo sfruttamento illegale degli immigrati tiene bassi i salari e impedisce l’emersione di un buon lavoro per i disoccupati” afferma infatti la Carfagna in un’intervista pubblicata su “Il giornale” l’altro ieri.
E questi sono solo alcuni degli ultimi commenti sulla ormai annosa questione se accogliere o meno la marea di disperati – profughi o migranti economici – che si riversano sulle nostre coste alla ricerca di una vita migliore.

La polemica è del tutto inutile, in quanto, anche se limitiamo i permessi d’asilo, non riusciremo mai a controllare gli sbarchi clandestini su tutti i 7458 Km di coste italiane, come non potremo mai sostenere da soli l’onere dell’accoglienza.
La fuga dalla guerra o dalla fame e la carestia è un processo che non possiamo controllare né costruendo muri o campi profughi, né ponendo dei limiti, ma nemmeno possiamo girarci dal’altra parte mentre migliaia di innocenti perdono la vita, scappando da questi mali.
Tra cent’anni chi percorrerà l’Europa con un treno ad alta velocità vedrà ancora svettare sui paesini, arroccati sulle colline, la sagoma dei campanili o noterà invece quella dei minareti?
Riuscirà il vecchio continente a conservare la sua identità cristiana? Chi può dirlo.
E’ arrivato dunque il momento per i governi degli Stati membri dell’Ue di assumersi le proprie responsabilità, di intervenire in maniera più incisiva nella questione.
“Se un uomo ha fame non regalargli un pesce, ma insegnagli a pescare. Solo così non lo avrai sfamato per un giorno, ma per sempre”, recita un antico proverbio cinese.
L’unica via è quella di cercare di risolvere il problema a monte, con una cooperazione internazionale e una progettualità di ampio respiro, cercando le risorse necessarie per una serie di interventi, che mirino allo sviluppo economico dell’Africa e soprattutto a porre fine ai conflitti. E non solo per mera solidarietà cristiana.

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cura di Adelaide Cesarano


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