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Quello che c’è da sapere sull’ accordo sul clima firmato all’Onu

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Accordo sul clima, ratifica Cina e Usa nel 2016. Renzi: messaggio di speranza per le generazioni future

New York, 22 apr. (askanews) – E’ stato fatto un primo passo record per mettere in pratica lo storico accordo sul clima raggiunto dalle potenze mondiali lo scorso dicembre a Parigi (Francia) sotto l’egida delle Nazioni Unite. Dal Palazzo di vetro che si affaccia sull’East River, il fiume che bagna la parte orientale di Manhattan (New York), 175 nazioni si sono ritrovate non solo per ribadire il loro impegno nella riduzione delle emissioni di gas serra ma anche per firmare, un leader dopo l’altro, il testo approvato alla Conferenza parigina sul clima. Secondo l’Onu, non era mai successo che un accordo internazionale venisse sottoscritto da così tanti Paesi in un giorno solo. Il primato è stato messo a segno per altro nella Giornata della Terra, istituita 46 anni fa negli Usa e venti anni dopo diventata un appuntamento globale in difesa dell’ambiente.

Il record precedente risale al 1982 quando 119 Stati firmarono la Convenzione Onu sul diritto del mare. Nell’apporre la loro firma sedendosi a un tavolino coperto da un tessuto blu, posto davanti al podio dell’Assemblea generale dell’Onu da cui poco prima erano intervenuti, i leader hanno riconosciuto che il cambiamento climatico rappresenta una minaccia urgente e potenzialmente irreversibile per le società umane e per il pianeta. Per questo puntano a rispettare gli impegni presi a Parigi tra cui la limitazione dell’innalzamento della temperatura a 1,5-2 gradi Celsius rispetto all’era preindustriale, una revisione degli obiettivi ogni cinque anni e meccanismi di rimborsi per i Paesi più vulnerabili. Per gli ambientalisti tuttavia, l’evento è pura distrazione, il primo passo di una scala di ambizioni.

Va detto che la firma nero su bianco dell’accordo sul clima non è sufficiente per la sua entrata in vigore. Serve infatti la sua ratifica. Per questo il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon è tornato a fare pressione: “Siamo in una lotta contro il tempo. Non dimentichiamoci che un’azione per il clima non è un peso; offre molti benefici. Ci può aiutare a eradicare la povertà, a creare lavori ‘verdi’, a scofiggere la fame, a prevenire l’instabilità e a migliorare le vite di ragazze e donne. L’azione per il clima è essenziale per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile”. In alcuni Paesi la ratifica richiederà il semplice via libera del leader di riferimento, come negli Stati Uniti; in altri, come India e Giappone, il provvedimento dovrà superare la prova del Parlamento e in altri ancora serviranno nuove leggi. Soltanto nell’Unione europea (che produce il 10% delle emissioni) i 28 Paesi membri, che devono ratificare l’accordo individualmente, non si sono ancora accordati su come verranno ridotte le emissioni.

Ci sono però una quindicina di nazioni come la Svizzera, le Isole Marshall, Palau e Fiji che hanno già completato questi passi presentandosi all’Onu pronti per formalmente adottare l’intesa. Nonostante ciò, per essere operativo l’accordo ha bisogno che almeno 55 Paesi rappresentanti almeno il 55% delle emissioni globali completino l’iter necessario. Si tratta di un livello giudicato ambizioso ma fattibile. Cina e Usa, che da soli rappresentano il 38% delle emissioni globali, si sono impegnate a contribuire a raggiungerlo. “La Cina finalizzerà le sue procedure legali interne prima del G20 previsto a settembre a Hangzhou”, ha detto il vicepremier Zhang Gaoli durante la cerimonia, a cui hanno partecipato circa 60 capi di stato e di governo. Il segretario di Stato americano John Kerry, che ha fatto le veci del presidente Barack Obama (in questa giornata a Londra per scongiurare una Brexit) ha spiegato che la sua amministrazione punta a chiudere questa partita “quest’anno”, dunque prima della fine del secondo e ultimo mandato dello stesso Obama. La farà con un’azione esecutiva. Kerry ha ricordato come l’accordo di Parigi “sia stato un punto di svolta nella lotta contro il cambiamento climatico” e che “di certo è l’accordo sul clima più forte e ambizioso che sia mai stato negoziato”.

Secondo il capo della diplomazia americana, “la potenza di questa intesa è ciò che sprigionerà nel settore privato e ciò che già sta facendo per rimettere l’economia globale su una strada più intelligente, sostenibile e responsabile”. In questo senso Kerry ha ricordato agli “amici” presenti nell’Assemblea Generale dell’Onu che lo scorso anno gli investimenti in energie rinnovabili hanno raggiunto livelli record [globale] pari a quasi 330 miliardi di dollari (+4% annuo, ndr) “ed è previsto che investiremo decine di migliaia di miliardi di dollari entro la metà di questo secolo”. Kerry ha aggiunto: “Per la prima volta nella storia, nonostante prezzi bassi del petrolio, del carbone e del metano, più denaro nel mondo è stato speso per alimentare le tecnologie energetiche rinnovabili rispetto a impianti alimentati con combustibili fossili”. Il giovane primo ministro canadese Justin Trudeau ha detto che “questo trend continuerà a crescere ed è uno che rappresenta un’opportunità enorme per il Canada. Uno che non possiamo e non potremo ignorare”. Impegnandosi a investire 2,65 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni per aiutare le economie emergenti a lottare contro il cambiamento climatico, Trudeau ha strappato un sorriso all’Assemblea generale dell’Onu quando ha detto: “Non facciamo questi investimenti per essere semplicemente carini, anche se so che il Canada ha una certa reputazione in questo dipartimento”.

Lui lo fa volendo ispirare altre nazioni a fare altrettanto, perché “Siamo insieme in questa sfida”. Matteo Renzi, presidente del Consiglio italiano, ha invitato i presenti in sala “a chiudere gli occhi per un secondo” per “vedere i nostri figli, i nostri nipoti”. “Finalmente la comunità internazionale capisce l’importanza di dare un messaggio di speranza, tutti insieme, alla generazione futura”, ha aggiunto l’ex sindaco di Firenze dicendo che l’accordo sul clima è un “segno di responsabilità” che “per la prima volta dopo molti anni, crea una visione e non una divisione”. Per Renzi, l’intesa dimostra che “la politica è capace di dare speranza alla generazione futura”; per questo l’Italia continuerà a collaborare per l’implementazione dell’accordo ma anche per lanciare appunto messaggi positivi, una “priorità”, non solo per il nostro Paese in sé ma anche come “presidente del G7 il prossimo anno e per il suo ruolo in Europa in generale”. Lo sguardo ai nostri figli e ai nostri nipoti è stato dato anche da Kerry, che citando le parole di Nelson Mandela (è sempre impossibile fino a quando [qualcosa] viene fatto) ha riconosciuto che resta molto da fare. Tuttavia oggi “siamo in marcia” verso un obiettivo comune. Ma come ha ricordato il presidente francese Francois Hollande “dobbiamo garantire che le nostre parole diventino azioni”.

Lo ha ribadito anche l’attore Leonardo DiCaprio, presente alla cerimonia in quanto messaggero Onu della pace per il cambiamento climatico: “Molte nazioni sono qui oggi a firmare questo accordo come mai fatto per nessun’altra causa nella storia e ciò dà speranza. Tuttavia ci sono prove che dimostrano che ciò non sia sufficiente. Il nostro Pianeta non può essere salvato a meno che i combustibili fossili siano lasciati nella terra a cui appartengono”. (In foto, l’attore Leonardo Dicaprio che ha preso la parola alle Nazioni Unite)

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