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’11 maggio 2016 è una di quelle date che tutti ricorderemo. Perché l’ultimo sì della Camera alle unioni civili segna uno spartiacque tra il prima e il dopo, tra quando non si poteva nemmeno concepire una «formazione sociale» di sesso identico e adesso che invece si può. Per una volta la politica, il tanto bistrattato Parlamento bersagliato dai populismi, ha saputo cimentarsi in quest’impresa che rivoluziona la società e aggiorna il costume nazionale. Ma soprattutto, cambia la vita di tanti.
Delle coppie che tra poche settimane, a partire dai primi di luglio, non appena il governo avrà emanato il suo decreto transitorio, potranno fissare un appuntamento in municipio con l’ufficiale dello stato civile e promettersi sostegno a vicenda. Nella buona e nella cattiva sorte. In quanto di questo fondamentalmente si tratta, di una legge che aggiunge dignità e sicurezza, conferisce garanzie e diritti a chi non ne aveva, senza però toglierne ad altri. Che dunque realizza il sogno di qualunque democrazia liberale, dove si vuole accrescere la felicità collettiva sommando le libertà individuali e abbattendo i divieti. Da ieri, sia detto senza che suoni retorico, siamo tutti quanti un po’ più liberi.
È la ragione per cui nessuno dovrebbe sentirsi offeso né ferito. La Cirinnà è una legge che dalle ore 19,40 di ieri appartiene all’Italia intera, compresi quanti fino a un attimo prima non erano stati d’accordo. Tutti hanno titolo per dichiararsi vincitori, non solo Renzi che senza dubbio ha il merito di averci creduto con forza e ora può aggiungere al proprio carnet una conquista civile di quelle maiuscole, paragonabile al divorzio e alla legge 194 sull’aborto. Insieme con Renzi hanno vinto pure quanti ritengono, a torto o a ragione, che il Paese non sia ancora pronto per le adozioni gay e sono riusciti a farne terreno di un approfondimento a parte, destinato a proseguire.
Hanno vinto i militanti Lgbt che, mentre ieri in Aula si votava, distribuivano coccarde arcobaleno davanti a Montecitorio e certo avrebbero desiderato un riconoscimento più pieno, una legittimazione meno avara sul piano delle parole, visto che di matrimonio non si parla mai. Però la sostanza è quella. E in fondo non escono sconfitti neppure i sostenitori del Family Day che, con le loro mobilitazioni, si confermano una presenza ancora in grado di premere sul legislatore. Ha fatto sentire la propria voce la Chiesa, attraverso un innovativo Sinodo sulla famiglia che, per chi crede, è arrivato provvidenziale nel vivo del confronto e, per chi non crede, resta comunque frutto della lungimiranza di Papa Francesco. Ma pure i laici per una volta hanno onorato la propria tradizione e hanno magnifiche ragioni per sentirsene orgogliosi.
Nell’insieme questa legge, attraverso le tensioni da cui è nata, i compromessi di cui i protagonisti sono stati capaci, ha fatto vivere una pagina nobile alla nostra coscienza civile. È stata una bella lotta di idee, e tante altre così ce ne vorrebbero.
vivicentro.it-editoriale / Più diritti non offendono nessuno UGO MAGRI
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