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Peggiora ad agosto la fiducia di consumatori e imprese. Le aziende siciliane annaspano

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Peggiora ad agosto in Italia e in piena crisi di Governo, la fiducia dei consumatori che passa da 113,3 a 111,9 e delle imprese che scende da 101,2 a 98,9.

Lo comunica l’Istat, spiegando che la diminuzione della fiducia dei consumatori è generalizzata. Il clima di fiducia dei consumatori diminuisce passando da 113,3 a 111,9 e quello delle imprese scende da 101,2 a 98,9.

La componente economica e quella futura registrano le flessioni più negative, passando per i consumatori da 129,6 a 127,8 e per le imprese da 117,4 a 115,4.

L

e conclusioni e le attese dei consumatori sull’attuale situazione economica del Paese peggiorano, passando rispettivamente a -69 da -57 e a -4 da 9.

Il risultato relativo ai giudizi sull’andamento dei prezzi, passa a -17 da -21, mentre quello riferito alle attese rispetto ai prossimi 12 mesi passa a -22 da -20. Il saldo sulle attese di disoccupazione aumenta a 28 da 10 dello scorso mese.

Invece sale il clima di fiducia delle imprese dei servizi di mercato da 109,2 a 110,0, come pure di quello del commercio al dettaglio, da 105,9 a 106,5. Mentre scende da 103,9 a 103,6 quello del settore manifatturiero e da 119,7 a 117,6 quello delle costruzioni.

Nelle imprese manifatturiere, migliorano i giudizi sugli ordini (a -12 da -13 il saldo), mentre le attese di produzione rimangono stabili (a 11); il saldo dei giudizi sulle scorte di magazzino passa a 3 da 2. Nelle costruzioni peggiorano sia i giudizi sugli ordini e/o piani di costruzione (a -34 da -33) sia le attese sull’occupazione (a -11 da -9).

Nelle imprese dei servizi migliorano i giudizi e le attese sugli ordini (a 7 da 4 e a 9 da 5, i rispettivi saldi) ma peggiorano le attese sull’andamento generale dell’economia (a 12 da 18). Nel commercio al dettaglio migliorano i giudizi sulle vendite correnti (a 16 da 7) mentre peggiorano le attese sulle vendite future (a 21 da 23); in accumulo sono giudicate le giacenze di magazzino (a 10 da 5).

Intanto, come si rileva dal report Cisl-Diste di analisi congiunturale e outlook delle tendenze sociali e dell’economia, la Sicilia è sempre più in fondo alla classifica d’Italia per imprese in grado di pagare le fatture nei termini di legge.

Eppure dal 2004 all’anno scorso erano aumentate di 4,2 volte le attività imprenditoriali iscritte nella sezione speciale del Registro delle imprese dedicata alle start-up innovative. Pari a tre volte, la media Italia.

Nel solo 2018, la Sicilia ha dato alla luce oltre 500 imprese frutto di particolare talento e originalità: più di cento (+26%) rispetto all’anno prima. Il Centro-Nord nel 2018 ha registrato il +22,5%, la media Sud-Isole è stata del +23,7%. Insomma, una bella spinta.

Ma sullo sfondo c’è una realtà in lampante regressione economica, nella quale, appunto, “la quota di imprese in grado di saldare le fatture nei termini di legge resta tra le più basse d’Italia e per giunta in peggioramento”.

A fine 2018, a onorare le scadenze come pattuito è stato in Sicilia solo il 17,5% delle aziende. Sono state il 22% quelle che hanno pagato “con grave ritardo”, cioè andando oltre i trenta giorni. E rispetto all’anno precedente la situazione s’è persino deteriorata con le imprese puntuali scese di 2,3 punti e quelle cattivi pagatori aumentate di due punti.

L’opinione.

Riguardo alla seconda parte dell’articolo, la colpa non può essere come sembrerebbe dai dati, solo delle aziende. L’Isola da anni, in modo pressoché incessante, è risaputamente soffocata da una costituzionale accidia e prepotenza politico-istituzionale-giuridica-burocratica, da assenza di infrastrutture, da carenza di collegamenti con l’Italia e l’Europa, da una viabilità interna tipo terzo mondo, da abbandono scolastico, da emigrazione di decine di migliaia di giovani in cerca di lavoro, da retorica professionale, intellettuale, artistica, etica e mediatica, da un massiccio panem et circenses, da clientelismo, voto di scambio, mercimonio, prostituzione politica e corruzione notoriamente a tutti i livelli e palazzi. Soprattutto, l’Isola è come endemicamente appestata, quasi fosse una condanna eterna, da una trasversale e legalizzatasi collettrice umana pubblico-politica arrogante, costituita da tutte le nomenclature succedutesi, nonché da rispettive pletore di codazzi, boiardi, innominabili, intoccabili, altezzosi, opportunisti e ipocriti, anche della cosiddetta società civile. Il tutto, guarda caso, parallelo da sempre alla mafia. Per carità, tutto costituzionale. Però visto anche il palese, forzoso, inarrestabile e conseguenziale assoggettamento della maggioranza sociale siciliana, devono essere necessariamente ingannevoli queste costituzionali leggi, come pure propugnate nel tempo da Maggioranze parlamentari e Governi, nazionali e Regionali, mentalmente ipocrite, misantrope e prevaricatrici. Poiché se erano norme civili, democratiche, repubblicane, il cui scopo doveva essere il fine, interesse e benessere comune e generale, come anche che consentissero alle imprese di potere competere alla pari di quelle di altre regioni italiane e nazioni estere, non poteva durare così a lungo e senza mai alcun mutamento dello sprezzo pubblico-politico che notoriamente in quest’Isola inquina, domina e intimorisce, incontrastato e inattaccabile. Un maligno cancro quest’ultimo, quasi inestirpabile o incurabile, che ammorba da sempre questa impareggiabile Terra circondata dal mare Mediterraneo e posta al centro di due grandi continenti quali l’Eurasia e l’Africa. Come se ne esce ?

Adduso Sebastiano

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