Il piano. La Commissione sta lavorando al progetto per lanciare il Migration compact proposto da Renzi. Il 7 giugno il via libera
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ESSANTA miliardi per l’ Africa. È questa la difficile missione alla quale sta lavorando la Commissione europea per dare forma e sostanza al Migration Compact chiesto appena un mese fa da Matteo Renzi per fermare i flussi migratori. Da allora la proposta italiana — immaginata sulla falsa riga dell’accordo Ue-Turchia — è stata appoggiata da diversi leader. A partire da Angela Merkel e dal presidente dell’esecutivo comunitario Jean-Claude Juncker. Tanto che Bruxelles sta lavorando a un testo che sarà approvato dal collegio dei commissari Ue il 7 giugno e poi portato al Consiglio europeo del 28 e 29 giugno alla ricerca del via libera da parte dei capi di Stato e di governo dei Ventotto. Un testo decisamente politico, la forma scelta è quella della Comunicazione da attuare poi con provvedimenti legislativi specifici, firmato da due vicepresidenti della Commissione: l’olandese Frans Timmermans e l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione, Federica Mogherini.
Proprio nelle ore in cui la crisi tra Italia e Austria si riacutizza e la sopravvivenza di Schengen resta in pericolo, le prime bozze messe a punto dalla Commissione iniziano a circolare tra le capitali (ovviamente Roma la più interessata) anche se si tratta di testi provvisori, passibili di profonde modifiche da qui al 7 giugno. Il nodo più spinoso è quello dei soldi, di come reperire i fondi per finanziare una serie di progetti per i singoli paesi di origine e di transito dei migranti in Africa in cambio dello stop ai flussi migratori. L’Italia aveva proposto gli Eurobond. I tedeschi, pur favorevoli all’idea di fondo del piano, li hanno bocciati rilanciando con una tassa sulla benzina. Idee che si sono annullate a vicenda con successivo mandato a Bruxelles di trovare la formula capace di mettere d’accordo tutti.
E la risposta della Commissione, se resterà in piedi da qui al 7 giugno, è comunque innovativa: si cerca di costituire un capitale di partenza capace di attrarre investimenti pubblici (governi o veicoli come la Cdp) che probabilmente non saranno contati nei deficit nazionali e investitori privati per finanziare i singoli progetti. Lo stesso metodo usato per il Piano Juncker che con un capitale di partenza di 21 miliardi ha già raccolto 100 miliardi di euro con l’obiettivo di arrivare a 315 per rilanciare l’economia Ue.
Le cifre sull’Africa sono inferiori, ma comunque di tutto rispetto visto che in queste ore a Bruxelles pensano di raccogliere dal bilancio della Commissione circa 4,5 miliardi capaci di essere moltiplicati fino a una sessantina appunto con investimenti dei governi nazionali o dei privati (per la Turchia sono stati stanziati 6 miliardi tra Ue e governi). Ma visto che investire in Africa è più rischioso che in Europa, la Commissione pensa anche ad un fondo assicurativo per compensare i rischi e rassicurare i potenziali investitori. Così come per l’Efsi, il salvadanaio del piano Juncker, sarà coinvolta la Banca europea per gli investimenti (Bei), i cui esperti sono già al lavoro per costruire il veicolo finanziario immaginato da Bruxelles e un fondo speciale per i piccoli progetti con un profilo di rischio particolarmente alto.
Al centro del piano i paesi del Sahel e del Corno d’Africa. Il suo funzionamento dovrebbe ricalcare lo schema proposto da Renzi, ovvero vincolare qualsiasi aiuto in cooperazione allo sviluppo e ogni singolo progetto per la creazione di infrastrutture, e dunque foriero di posti di lavoro e stabilità sociale, alla cooperazione sui migranti. L’Unione in cambio di pacchetti di investimenti creati su misura per ogni paese chiederà cooperazione nella gestione delle frontiere, anche costiere, accoglienza nei paesi di transito in campi gestiti anche dall’Unhcr. Inoltre gli europei vorranno un forte impegno ai paesi sicuri sui rimpatri dei propri migranti economici e nell’ospitare i richiedenti asilo. In generale, una stretta sui confini interni all’Africa, anche con personale europeo sul terreno, e la capacità di assorbire richiedenti asilo o migranti economici rimpatriati grazie a progetti di larga portata come le infrastrutture capaci di creare sviluppo, posti di lavoro e stabilità. L’unico modo per fermare i barconi in partenza verso le nostre coste, di evitare altre morti in mare e di bloccare la crisi politica europea su Schengen. Bruxelles cercherà di dare una gittata di lungo periodo al piano, visto che al netto di guerre e crisi umanitarie i flussi migratori sono destinati a rimanere alti per via della crescita demografica dell’Africa e dei cambiamenti climatici.
Ma per la Commissione e i governi alleati dell’Italia non sarà facile portare a casa il Migration Compact visto che diverse capitali del Nord e dell’Est sono pronte a contrastarlo. Per questo il 19 maggio i ministri degli Esteri di Italia, Francia, Germania e Olanda hanno scritto una lettera a Federica Mogherini sostenendo il suo lavoro sull’Africa. Il significato politico di questa lettera, visto da Roma, è il riconoscimento pieno di Parigi, Berlino e l’Aia del Migration Compact chiesto da Renzi. Dal punto di vista di Bruxelles è un rafforzamento politico del complicato lavoro portato avanti da Mogherini e Timmermans con il sostegno di Juncker.
vivicentro.it/cronaca – repubblica / Il patto della Ue per fermare l’arrivo dei migranti: sessanta miliardi per l’Africa ALBERTO D’ARGENIO
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