Su delega della locale Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia – Sezione Palermo, coordinata dal Procuratore Aggiunto Salvatore De Luca, i Finanzieri del Comando Provinciale di Palermo hanno dato esecuzione a un’ordinanza di applicazione di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale del capoluogo nei confronti di Orazio DI MARIA (cl. ‘84) per il reato di concorso in estorsione aggravata dal metodo mafioso, per aver chiesto il “pizzo” ad un giovane imprenditore edile che gestiva un cantiere nel quartiere palermitano della Vucciria.
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LE INDAGINI
L’attività costituisce lo sviluppo delle indagini che hanno portato, lo scorso 11 marzo, all’arresto in flagranza di reato di Riccardo MELI (cl. ‘90), bloccato dai militari del Nucleo di polizia economico finanziaria di Palermo mentre riceveva 300 euro a titolo di “messa a posto”.
Sulla base di quanto emerso allo stato delle indagini, la vittima, che aveva da poco avviato lavori di ristrutturazione, è stata “avvicinata” dai due indagati che hanno avanzato richieste estorsive sempre più esplicite.
LA CORAGGIOSA DENUNCIA DELL’IMPRENDITORE
Grazie alla coraggiosa denuncia presentata dall’imprenditore, costantemente supportato da un’associazione antiracket, in pochi giorni gli investigatori del Nucleo di polizia economico-finanziaria sono riusciti ad acquisire gli elementi di riscontro che hanno consentito di pervenire all’arresto dell’esattore del “pizzo” in flagranza di reato.
Lo sviluppo delle indagini ha consentito di far emergere ipotesi di responsabilità nei confronti del DI MARIA, che è risultato colui che ha “presentato” la vittima al sodale MELI e che nel tempo ha partecipato attivamente alla condotta illecita.
L’ACCERTAMENTO PATRIMONIALE SUGLI INDAGATI
Parallelamente alle indagini, i Finanzieri del Nucleo di Polizia Economico – Finanziaria di Palermo, in stretto coordinamento con la locale Direzione Distrettuale Antimafia, hanno proceduto a valorizzare in chiave patrimoniale gli elementi acquisiti, attraverso l’esame, il confronto e l’incrocio di informazioni estratte dalle diverse banche dati in uso alla Guardia di Finanza, accertando l’assoluta sproporzione tra i beni disponibili e la capacità economica degli indagati.
Nello specifico, gli accertamenti – condotti anche con il noto applicativo “MOLECOLA” in dotazione ai Reparti investigativi della Guardia di Finanza – hanno portato a dimostrare che gli indagati e i rispettivi nuclei familiari, negli anni, non avevano dichiarato redditi leciti o altre forme di finanziamento capaci di “giustificare” le spese e gli acquisti nel tempo sostenuti.
IL PROVVEDIMENTO
La Procura della Repubblica – DDA ha quindi emesso un provvedimento ablativo d’urgenza, in corso di esecuzione, che ha consentito di sottoporre a sequestro disponibilità finanziarie, beni mobili e immobili per un valore complessivo stimato di circa 200.000 euro, tra cui figura un’impresa che gestisce un noto pub del quartiere della Vucciria, risultato nella disponibilità di fatto del DI MARIA.
LE PROPRIETARIE DELL’IMMOBILE PRESSO CUI L’IMPRENDITORE AVEVA L’APPALTO GLIELO REVOCANO
Dopo la denuncia, il giovane imprenditore, però rischia di perdere l’appalto “Dopo la denuncia e l’arresto, di Orazio Di Maria, accusato di concorso in estorsione aggravata dal metodo mafioso, le due proprietarie mi hanno revocato l’appalto Il direttore dei lavori mi ha contestato alcuni ritardi, ma poi mi hanno manifestato la delusione per non essere state informate della vicenda, non condividendo la scelta della denuncia”.
È quanto ha raccontato l’imprenditore ai finanzieri Polizia Economico Finanziaria diretto dal comandante colonnello Gianluca Angelini. Un altro proprietario della Vucciria, però lo ha chiamato e gli ha affidato i lavori.
“In questa storia – dice il colonnello Gianluca Angelini – la differenza l’ha fatta il coraggio del giovane imprenditore che non ha commesso l’errore di piegarsi alle richieste estorsive, ma si è rivolto alle istituzioni. La risposta, immediata ed efficace, è la dimostrazione di come sia fondamentale in queste situazioni rompere l’isolamento in cui viene a trovarsi la vittima e affidarsi alla rete della legalità: associazioni antiracket, forze dell’ordine, magistratura e cittadini formano una squadra coesa che non potrà mai essere sconfitta da questa becera criminalità”.
(VIDEO IN ELABORAZIONE)
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