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Castellammare di Stabia

A novembre forse in Sicilia una conferenza sulla Libia

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o ha dichiarato il ministro degli Esteri Enzo Moavero alle commissioni congiunte Esteri e Difesa di Camera e Senato. Probabilmente sarà in Sicilia.

“C’è un nemico di tutti in Libia ed è d’estremismo, il fondamentalismo. Non è questione solo di bisticci, competizione con questo o quell’altro Paese europeo”.

“Con la Francia abbiamo fatto una dichiarazione appena due giorni fa, anche l’1 settembre. Mi riconosco nelle dichiarazioni del presidente Macron sulla necessità di dialogare con tutti e sostenere lo sforzo dell’Onu”.

“La conferenza sulla Libia si terrà in Italia a novembre nel formato ‘di Roma’, quindi con la partecipazione anche di Cina e Stati Uniti”, ha inoltre detto il ministro, aggiungendo che “il luogo potrebbe essere la Sicilia, ma non è ancora stato deciso”.

“La nostra posizione è che quando fare le elezioni lo devono stabilire i libici e le loro istituzioni. Noi non fissiamo date”, ha detto ancora il ministro Moavero.

Com’è noto sono ripresi da circa dieci giorni i combattimenti attorno e dentro Tripoli con una sessantina i morti, tra cui donne e bambini e oltre ai 160 feriti. Diverse centinaia migranti si sono dati alla fuga e un numero stimato in 400 detenuti sarebbero evasi dal carcere di Ain Zara e si tratterebbe per la maggior parte di sostenitori dello storico ras libico Muammar Gheddafi e incarcerati dal 2011.

Nei mesi scorsi Macron aveva ipotizzato il voto in Libia entro la fine dell’anno. Tuttavia la situazione è di nuovo precipitata in uno scontro tra fazioni. L’offensiva della Settima Brigata fedele al generale Haftar, (molto vicino alla Francia) si è spinta da Est all’attacco di Tripoli, tanto che il presidente al Sarraj (l’unico riconosciuto dall’Occidente, sostenuto da Usa, Regno Unito e anche dall’Italia. Il generale Haftar può invece godere dell’appoggio di Egitto e Russia) ha proclamato lo stato d’emergenza e chiesto l’intervento della fazione piuttosto armata di Misurata, sicché in atto si è arrivati ad una forma di tregua armata.

Nel frattempo parte del personale della nostra ambasciata in Libia è stato evacuato. Come se non bastasse, tutta la parte Sud del paese è fuori dal controllo di entrambi i governi con circa una quarantina di milizie e tribù, tra cui anche alcune riconducibili all’Isis, che controllano zone in prevalenza desertiche.

Oltre alle motivazioni politiche e anche integraliste, grava molto il controllo delle grandi ricchezze del sottosuolo. L’Eni (Italia) ogni giorno estrae in Libia 320.000 barili di petrolio e 31.000 la Total (Francia).

Una situazione quindi di parecchi antagonisti e interessi in campo che non consente di certo, come invece spesso si propagandato, di avere soluzioni agevoli, sia per una riappacificazione tra le parti che per la questione immigrazione.

E non c’è neppure più la partecipazione seppure ingombrante delle cosiddette superpotenze militari, quali Usa e Russia, la cui presenza in passato era riuscita a limitare le belligeranze locali. La prima, da più di una presidenza sembra avere abbandonato l’idea imperialista globale concentrandosi più sugli interessi economici specialmente interni. La seconda, seppure non lontano in Siria è impegnata da anni militarmente, deve anche fare i conti con la propria economia, aspetto che di sicuro fa valutare gli impegni da compiere.

Nell’immagine tratta dal sito della Farnesina, il ministro italiano Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Enzo Moavero e il Presidente del Consiglio Presidenziale di Tripoli, Fayez Al Serraj.

Adduso Sebastiano


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