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Castellammare di Stabia

LO SCONTRO IN SEDE EUROPEA I rischi non visti (Nicola Saldutti*)

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span style="color: #222222; font-family: title-regular; font-size: 16px; line-height: 24px;">Ci sono cose che sono molto più legate di quello che appare. E la caduta dei mercati di questi giorni forse può trovare alcune spiegazioni nei rapporti con Bruxelles.I toni diventano forti e il confronto (sempre piùteso) tra Italia ed Europa comincia ad avere le prime conseguenze. La Borsa è fatta così, quando vede margini d’incertezza comincia a scommettere sulle oscillazioni e sulla possibilità di avvantaggiarsene. Interpreta a suo modo le parole. L’ultimo episodio venerdì con l’irritazione del presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker e l’accusa al governo italiano di prendersi meriti non suoi sulla flessibilità dei conti pubblici. Ieri un’altra puntata, con fonti della Ue che sono arrivate a dire di non avere interlocutori in Italia.Un rapporto muscolare sempre meno sereno con l’Europa, frutto di toni non proprio istituzionali che ultimamente a Roma sono stati usati nei confronti di Bruxelles. Tensioni che si aggiungono a una questione delicata, quella delle banche. Il sistema, ha più volte sottolineato il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nel suo complesso è solido. Pur non avendo beneficiato in maniera massiccia degli aiuti di Stato, come è accaduto, ad esempio, per quello tedesco (circa 250 miliardi di euro). 

Questo non significa che non ci siano situazioni di difficoltà. Come Popolare dell’Etruria, Banca Marche, CariChieti e CariFerrara, sulle quali è dovuto intervenire un decreto del governo. E che, nel caso dell’istituto toscano soprattutto, vedono ancora molti punti da chiarire. Sistema sano non vuol dire immune. E probabilmente l’andamento dei mercati riflette un clima: la necessità di ridurre il tasso di incertezza. In questi momenti emerge chiaramente la funzione della rete europea. E non solo perché le regole sono ormai comunitarie e il percorso di integrazione è irreversibile. Un cantiere aperto è quello della costituzione della cosiddetta bad bank (la traduzione letterale sarebbe banca cattiva, quella dove far confluire i crediti in sofferenza, difficilmente esigibili). Un passaggio cruciale anche per gli istituti più solidi che potrebbe sgombrare il campo su molte ambiguità di cui i mercati si stanno nutrendo. Le forti vendite di ieri e di venerdì non sembrano giustificate da una particolare fragilità del sistema in questo momento, ma orientate (e alimentate) dal livello di tensione sulle soluzioni e sui riassetti che ci saranno. 

È bastata la notizia dell’indagine conoscitiva della Banca Centrale Europea sulla situazione di governance e sui crediti a rischio di alcuni istituti per riaccendere le preoccupazioni. Proprio mentre il braccio di ferro con la Ue non accenna a risolversi né con una soluzione condivisa né con una soluzione unilaterale. E finché questo nodo non verrà sciolto è probabile che le banche restino in balìa dei mercati. Oltre al danno, la beffa, dal momento che Francia, Germania e Spagna hanno rafforzato il loro sistema con aiuti pubblici e che l’Italia lo ha fatto, invece, rispettando le regole. Prova ne sia che mentre tra Roma e Bruxelles si discuteva di bad bank , la Germania salvava, non più tardi di qualche mese fa, la Hsh Nordbank. 
È innegabile che toni muscolari siano stati usati più e più volte da altri Paesi in Europa, segnatamente ancora una volta la Germania. Ma i cattivi esempi non possono diventare un alibi. L’Italia si è impegnata su un percorso di risanamento difficile e doloroso. Molto resta da fare, per esempio sul fronte del debito che ci impedisce di disporre della necessaria libertà di movimento in caso di necessità, come questa. I mercati lo sanno e appena possono ne approfittano. 

*corrueredellasera

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