S
tefano Stefanini, dopo la tesi espressa dal Procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, scrive: «le Ong dovrebbero essere le prime a volersi liberare da ogni ombra di sospetto perché la verità è nell’interesse nazionale». E sempre sulla stessa intervengono il ministro dell’Interno Marco Minniti e il Guardasigilli, Andrea Orlando, ed il Governo si divide.
La verità nell’interesse nazionale
Il rapporto fra traffico e salvataggi è una questione chiave. Non si può né liquidarla per malinteso ecumenismo umanitario, né affidarsi ai tempi lunghi delle indagini parlamentari o di Frontex, l’agenzia europea per frontiere e guardia costiera. Non si può sottoporla ad un onere della prova da processo penale, quando dipende da fonti d’intelligence. Soprattutto non la si deve strumentalizzare per due opposte rincorse elettorali: a non toccare le ong (tutte), di chi pesca nel bacino umanitario dei fautori del «salvataggio innanzitutto»; a censurarle (tutte), di chi pesca fra i desiderosi di un muro alla Trump intorno alle coste siciliane.
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Servono invece misure concrete per prevenire o spezzare eventuali complicità, anche involontarie, fra umanitari e criminali. I fatti sono noti. Circa due settimane fa gli sbarchi già record in Sicilia hanno fatto registrare una punta di circa 8500 persone in due giorni, grazie soprattutto al loro salvataggio da parte di ong. Qualsiasi pianificatore militare sa che uno spostamento di queste dimensioni non s’improvvisa. Tre procure italiane (Siracusa, Palermo, Catania) sono state investite delle indagini.
Il principio del salvataggio in mare non è in discussione. E’ un cardine della marineria di tutti i tempi, da ben prima che le ong entrassero in scena. La loro presenza nelle acque della rotta libica, come quella delle marine italiane e europee, serve a raccogliere e portare in salvo i migranti. Il rischio della traversata non li fermerebbe comunque al Golfo della Sirte dopo aver attraversato il Sahara in condizioni disperate o essere fuggiti da guerre civili e pulizie etnico-religiose in Yemen, Somalia, Afghanistan. La tenterebbero, assistenza in vista o meno. Soccorrerli è questione di civiltà, oltre che di umanità e spirito cristiano.
Il problema da affrontare è diverso: è quello dell’aiuto non ai migranti ma alle organizzazioni criminali che ne fanno traffico. L’interrogativo è legittimo anche se basato su elementi, come le intercettazioni telefoniche, che non sempre possono essere resi pubblici (questo non vale però per i ministri responsabili). Sappiamo che è in atto un effetto moltiplicatore. Secondo l’Iom (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) quest’anno sono finora sbarcati in Italia 36.851 migranti, quasi la metà (45%) in più rispetto al 2016. Il soccorso in mare ha diminuito gli annegamenti ma non di altrettanto (sono passati da 1379 a 1089). I migranti continuano a perire, i trafficanti ad arricchirsi. Qualsiasi nesso, anche casuale e involontario, fra criminalità e operatori umanitari va spezzato.
E’ più che bene che le ong continuino ad operare. Non però in ordine sparso. La loro presenza nelle acque fra Libia e Italia può essere regolarizzata senza particolari appesantimenti burocratici. Il ministro Minniti ha avanzato l’idea di una registrazione. Non sarebbe una cattiva idea se l’Ue, sempre troppo defilata sull’immigrazione dalla Libia, se ne prendesse carico. Sia l’Italia che altri Paesi dell’Unione hanno unità navali in teatro; è perfettamente legittimo che sappiano quante e quali ong sono impegnate nell’assistenza ai migranti, dove e con che mezzi.
Le ong custodiscono gelosamente libertà d’azione e indipendenza dai governi. E’ il loro grande valore aggiunto. Non possono però sottrarsi al coordinamento con le autorità nazionali ed europee su una questione in cui il diritto umanitario s’interseca con la sicurezza nazionale e con la protezione delle coste di un paese Schengen. Quelle, se ve ne sono, che si coordinano con i trafficanti hanno fatto il patto col diavolo. Non meritano i guanti di velluto.
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vivicentro/La verità sulle ONG è nell’interesse nazionale
lastampa/La verità nell’interesse nazionale STEFANO STEFANINI
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