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La solidarietà è un reato? Dal “buonismo” alla concreta difesa dell’umanitarismo

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La solidarietà è un reato? Dal “buonismo” alla concreta difesa dell’umanitarismo

span id="cch_f245a98b146d0b8" class="_mh6 _wsc">Quella che abbiamo appena vissuto, è stata forse la più lunga ed estenuante campagna elettorale degli ultimi decenni. Il pubblico-elettore è stato chiamato a confrontarsi con tematiche che meritavano discorsi ben più approfonditi dei soliti slogan elettorali che hanno accompagnato la scorsa legislatura. La materia economica, che tanto ci aveva annoiato durante il governo Monti, ha lasciato spazio alle più ribollenti questioni umanitarie, complice una nuova crisi migratoria. Nei modi più sbagliati possibile: dal revival del “Noi contro Voi” di Salvini al Benaltrismo degli esponenti del Movimento 5 Stelle fino al lassismo spensierato dei partiti di Sinistra, tutti hanno partecipato al processo di Criminalizzazione degli Aiuti Umanitari. Se da un lato le diverse sensibilità e visioni politiche impongono un linguaggio diverso, per un elettorato diverso, non convincono le reiterate accuse alla cieca verso ciò che la nostra Costituzione definisce un “dovere inderogabile”: la Solidarietà.

La solidarietà, concetto fondante di quasi tutte le democrazie europee, pilastro di un’Italia che ha visto nascere le principali associazioni umanitarie in ambito internazionale, è diventata col tempo un accessorio o persino, nelle sue espressioni più vuote, un trucco per le agevolazioni fiscali. Se questo allontanamento dai suoi valori iniziali può scatenare quel sentimento di sospetto, questo non può e non deve porsi come un ostacolo per quelle associazioni e persone che vivono di solidarietà attiva. Il sospetto va trasformato (e non alimentato) in vigilanza propositiva verso un settore che spesso, anche senza aiuti diretti dallo stato e dalle istituzioni, è stato artefice di veri e propri miracoli nella gestione delle crisi. Purtroppo questo sospetto è stato incalzato dalle parti politiche solo nel gioco tra buoni e cattivi e lasciato lì a crescere, senza una soluzione completa per chissà per quanto tempo. Questo ha fatto nascere un tipo di solidarietà che si muove a due velocità diverse: la prima opera nel pieno rispetto delle regole, con i tempi dettati dalle istituzioni; la seconda, quella criminalizzata, quella che ha interpretato alla lettera il carattere indissolubile del dovere costituzionale, che cerca di aggirare gli ostacoli, le lentezze della burocrazia e l’omertà della “società civile” spesso anche con atti radicali pur di salvare delle vite. Questo tipo di solidarietà non si ferma condannando gli operatori, ma lavorando affinchè ci siano strumenti migliori per le parti in causa. Molti sforzi sono già stati fatti, sperando che il processo legislativo non incontri le reticenze di una politica che non può cercare la via d’uscita più semplice.

a cura di Mario Calabrese

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