La “Belt and Road Iniziative”, la “Nuova Via della Seta” tra Cina e Italia è stata voluta dal presidente Xi Jinping, che presto verrà a Roma e a Palermo.
Ne avevamo accennato in un articolo dell’anno passato “Dalla Sicilia alla Cina e dalla Cina in Africa con base in Sicilia”. Ora la prospettiva appare sempre più vicina. L’Italia infatti potrebbe diventare il primo paese del G7 ad appoggiare formalmente la “Belt and Road Iniziative della Cina” (nota anche come “Nuova Via della Seta”), un grande progetto infrastrutturale che comprende porti, linee ferroviarie, strade e corridoi marittimi, con cui il presidente Xi Jinping punta a connettere La Cina a Europa e Africa. E potrebbe essere l’Italia la capostipite in Europa e particolarmente la Sicilia che si trova a Sud in posizione favorevole nel Mediterraneo.
“Il negoziato non è ancora completato, ma è possibile sia concluso in tempo per la visita – ha detto il sottosegretario allo Sviluppo economico, Michele Geraci (Lega), che dal 2008 è stato docente di economia e finanza in Cina – Vogliamo assicurarci che i prodotti del made in Italy possano avere più successo in termini di volumi di export verso la Cina, che è il mercato a crescita più veloce al mondo”.
La prospettiva di un’intesa Roma-Pechino, che il sottosegretario allo Sviluppo economico Michele Geraci come riporta il Financial Times vorrebbe chiudere a fine marzo quando Xi sarà in visita in Italia, ha già provocato la dura reazione di Usa e Ue.
La Cina non va comunque più vista come una Nazione comunista in senso ideologico. Il gigante asiatico continua a dominare la classifica mondiale per numero di miliardari con 658 contro i 584 degli Stati Uniti. Il capitalismo di Stato e l’imprenditoria privata contano per il 60% del Pil nazionale e crea l’80% dei posti di lavoro. Nell’ultimo anno la componente miliardaria dei paperoni cinesi del cosiddetto sistema pubblico sarebbe di 3,4 trilioni di yuan (504 miliardi di dollari). Con un patrimonio di 35 miliardi di dollari, Pony Ma, fondatore del colosso tecnologico Tencent, è il delegato dell’ANP (Assemblea nazionale del popolo) più danaroso.
Gli Stati Uniti pare non vedrebbero di buon occhio questa intesa diretta tra Cina e Italia. D’altra parte storicamente quest’Ultima dalla seconda guerra mondiale è stata sempre sotto l’egemonia economica dell’America. Però l’Inghilterra che da sempre è l’unica Nazione del vecchio Continente che tratta in Europa la moneta cinese, lo Yuan ha recentemente annunciato di voler divenire il primo paese Occidentale a partecipare e investire nella Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB), una istituzione finanziaria di matrice cinese (di cui fanno parte anche altri Stati, come l’India, l’Indonesia, l’Arabia Saudita, Quatar, Oman, Filippine, Singapore, la Nuova Zelanda, la Gran Bretagna, il Vietnam e molti altri ancora) che è vista dagli americani come una potenziale minaccia al predominio della Banca Mondiale, guidata dagli USA. Il Ministro delle Finanze Britannico, George Osborne ha detto che sono state intavolate discussioni per entrare a fare parte della AIIB, per “crescere e investire insieme”. La notizia ha scosso Washington, che ha uno speciale rapporto storico, geopolitico, militare e finanziario con la Gran Bretagna, ma non risulta che in merito gli Stati Uniti abbiano obbiettato nulla.
Non di meno il sottosegretario allo Sviluppo economico, Michele Geraci ha commentato che non “risulta alcuna irritazione degli Stati Uniti nei confronti dell’Italia: non ho avuto alcuna comunicazione dell’ambasciata. Quando avrò questa notizia potrò commentarla”.
Fredda anche la posizione di Bruxelles. Un portavoce della Commissione ha commentato dicendo che “né la Ue né nessuno Stato membro può ottenere efficacemente i suoi obiettivi con la Cina senza piena unità. Tutti gli Stati membri individualmente, e nell’ambito della cooperazione sub regionale come il formato 16+1, hanno la responsabilità di assicurare coerenza con le leggi e le politiche Ue e di rispettare l’unità dell’Ue nell’attuare tali politiche”.
C’è da chiedersi come mai l’Europa si sia stizzita verso l’Italia, quando notoriamente la Germania da anni ha rapporti commerciali singolarmente e in modo bilaterali con la Cina, tanto da avere una ferrovia diretta con Pechino lunga 11.300 chilometri che attraverso Kazakistan, Russia, Bielorussia, Polonia e Germania, fa scalo per scaricare container a Duisburg. Ma anche la Francia non è da meno tanto da avere anch’essa una linea diretta dalla Cina a alla stazione logistica di Saint-Priest, vicino a Lione. Viaggio che secondo la compagnia «Wuhan Asia Europe Logistics», la prima ad aver inaugurato la rotta, ha già annunciato l’intenzione di aprire un ufficio permanente a Lione. Per poi organizzare un servizio di tre convogli al mese: andata e ritorno. Con alcune razionalizzazioni lungo il percorso, l’obiettivo è riuscire a coprire la tratta da Wuhan a Lione in una settimana. Sette giorni per questo viaggio intercontinentale di terra. Così oggi, il primo arrivo viene celebrato come una grande possibilità di sviluppo.
Fino ad ora l’Italia era sostanzialmente rimasta fuori da questo notevole business commerciale con la Cina. E guarda caso allorché l’Italia cerca di essere alla pari dei suoi cosiddetti Partner europei e tanto più se l’iniziati è stata ripresa da questo neoGoverno 5stelle-lega risaputamente non nelle grazie di certa politica europea, quest’ultima cerca di opporsi. Tuttavia è da presumere che ormai il processo di scambio commerciale tra Cina e Italia si sia avviato e stia divenendo una solida realtà.
“Il negoziato non è ancora completato, ma è possibile sia concluso in tempo per la visita – ha detto Geraci, che dal 2008 è stato docente di economia e finanza in Cina – Vogliamo assicurarci che i prodotti del made in Italy possano avere più successo in termini di volumi di export verso la Cina, che è il mercato a crescita più veloce al mondo”.
Il progetto cinese, avviato nel 2014 con un investimento di oltre 40 miliardi di dollari, prevede la costruzione di un sistema di collegamenti e una rete infrastrutturale in Paesi di Asia, Europa, Medio Oriente e Africa. Esso sarebbe costituito da due percorsi commerciali. Il primo terrestre, comprensivo di tre diverse rotte atte a connettere la Cina con Europa, Medio Oriente e Sud-est asiatico. Il secondo marittimo, diviso in due rotte, cui una che dalla Cina si snoda attraverso l’Oceano Indiano, il Mar Rosso e infine si collega all’Europa, mentre l’altra che connette Pechino con le isole pacifiche attraverso il mare di Cina.
Intanto in Sicilia fervono i preparativi per la visita sabato 23 marzo del leader cinese Xi Jinping che sarà a Palermo in una città blindata per accogliere il numero uno della grande Nazione orientale. Il presidente della Cina sarà accompagnato da una folta delegazione e resterà in città probabilmente per 24 ore.
Palermo sarà la seconda e ultima tappa dopo quella di Roma per il Presidente Xi Jinping. Già martedì 26 febbraio una delegazione cinese era sbarcata all’aeroporto di Punta Raisi per partecipare ad un primo vertice operativo di sicurezza in prefettura.
Che la Sicilia sia negli interessi del colosso cinese lo si dedurrebbe non solo dalle notizie infra riportate ma anche da altri segnali oltre quelli indicati nel nostro articolo sopra citato. A febbraio di quest’anno si è appreso, secondo l’Istat, che il giro d’affari della Sicilia con la Cina si è attestato, soltanto nei primi tre trimestri del 2018, intorno ai 180 milioni di euro di importazioni e 154 milioni di esportazioni, con un incremento superiore al 212% rispetto al 2017. I settori trainanti per le esportazioni sono: articoli farmaceutici e chimico-medicinali e botanici; componenti elettronici; articoli d’arredamento, marmo e prodotti alimentari. Di questo si è parlato, a Palermo, in occasione del workshop formativo «E-commerce in Cina», organizzato da Sicindustria e dall’EU SME Centre di Pechino, entrambi partner di Enterprise Europe Network, e condotto da Domenico Di Liello, BD Advisor EU SME Centre/EEN Cina.
Poi l’accordo tra Italia e Cina per l’esportazione delle arance siciliane e di cui si è detto nel nostro articolo “Arance siciliane, firmato l’accordo per la spedizione via aerea in Cina”. Inoltre si apprende da siti, seppure si tratta di informazioni non confermate in altre pagine più note, che nei pressi di Agrigento una grossa società, sostenuta da un istituto di credito, sarebbe pronta a costruire un grane aeroporto. Sarebbero in corso trattative per l’acquisto di terreni per un totale di circa 15.000 mq. La società interessata sarebbe al momento sconosciuta e si sarebbe rivolta ad una agenzia di Favara AG) – secondo AgrigentoOggi – che da quando si è diffusa la notizia, riceve quotidianamente decine di telefonate da chi è disposto a vendere il proprio terreno.
A
dduso Sebastiano
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