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Castellammare di Stabia

Koulibaly: “Il Napoli è un gran club, non ho voglia di andare via”

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Torna a parlare un tesserato del Napoli, sebbene le dichiarazioni sia state rilasciate prima dell’inizio del silenzio stampa indetto dalla società. Lo ha fatto Kalidou Koulibaly, ospite della trasmissione Le Maitres de Jeu andata in onda sulla televisione senegalese Télé Futurs Medias. La giornalista senegalese Mama Fatou Ndoye spiega di essere a Napoli per scoprire altri “professionisti del gioco”, una città sicuramente appassionata di calcio e che ben si ricorda della vittoria dello scudetto nel ‘90 soprattutto grazie a Maradona. Vi proponiamo l’intervista integrale, tradotta per gentile collaborazione dalla dott.ssa Valentina Anacleria e da Ciro Ancora per CalcioNapoli24.

Come va? Come si sente a Napoli?

“Molto, molto bene. La città è magnifica”

Anche sul piano calcistico, va tutto bene?
“Sì, va tutto bene. Si cerca di vincere lo scudetto, è molto difficile. Ma spero che, con l’aiuto di Dio, ci riusciremo”.

Una fortuna non arriva mai da sola, lei ha anche la possibilità di giocare nella squadra nazionale del Senegal… 

“Sì, e lo faccio con grande onore, le mie origini si sono rivelate quest’anno e lo faccio con grande piacere…”

La pizza è una specialità italiana…

“Sì, è una specialità e non appena sono arrivato qui me l’hanno fatta mangiare ed è davvero molto, molto buona!”

Cosa significa essere al fianco, in un club come quello del Napoli, dio giocatori come Higuain, Ghoulam… Immagino che ciò l’abbia costretto a mettersi subito a loro livello…

“Certo, ma questo ti permette di crescere ogni giorno, di maturare; si cerca di maturare accanto a giocatori come Higuain, Callejon, di grandi giocatori. C’è anche Mertens che è un mio grande amico … si cerca di fare sempre dei buoni allenamenti, di migliorare tutto il tempo e ciò mi obbliga ad avere un buon livello, che è quello più prossimo alla nazionale…”
Nel dicembre 2013 riceve una telefonata dall’allenatore Rafa Benitez, e lei crede che sia uno scherzo: in quel momento cosa le è passato per la testa?
“Ero a casa con mia moglie a guardare la tivù come al solito e siccome ho un amico, Ahmed, che spesso mi chiamava, il giorno in cui mister Benitez mi ha chiamato io credevo che fosse lui che dicesse “pronto, sono Benitez, l’allenatore del Napoli” e là, scherzando, ho detto “dai, smettila di sfottermi e gli dico è da un po’ che non ci vediamo, magari vieni a casa, ti aspetto…” riattacco e lo stesso numero mi richiama ed io gli dico “insomma smettila, sono a casa ti aspetto, vieni, cosa vuoi?…” e riaggancio di nuovo, senza lasciarlo parlare e il mio agente mi chiama e mi dice: “R. Benitez ti chiamerà fra qualche istante, quindi sta vicino al telefono…” e là  ho detto “credo che mi ha già chiamato e io gli ho staccato il telefono in faccia due volte…dammi il suo numero, lo richiamo”…alla fine mi richiama una terza volta e allora mi sono scusato. Mi ha detto che mi seguiva da un po’ di tempo, già quando ero in un altro club, e che restavano due giorni di mercato per fare la trasferta…poi è tornato a cercarmi sei mesi dopo, ed io ero davvero contento perché ho visto che era un uomo di parola e che contava davvero su di me. Allora sono venuto in Italia a metà campionato, in modo da potermi preparare per il campionato successivo”.

Lei si è formato al centro di Metz, dove è rimasto circa 2 anni, e dove l’hanno rinviata perché le dicono che il suo livello è insufficiente, quale è stata la sua reazione in quel momento? Era dicembre 2010 se non erro.
“Sì, era dicembre 2010, io abitavo con i miei genitori e giocavo nella quinta divisione in Francia, per me non era finito il calcio, ma volevo giocare a livelli più alti. Ho continuato la scuola, ho lavorato per ottenere la maturità. Ero contento di poter aiutare i miei genitori e di stare anche con loro che mi hanno aiutato molto psicologicamente dopo l’insuccesso al centro di formazione. Dunque ho preso un’altra strada, la maturità e poi sono cresciuto molto in tre anni, stavo per diventare padre…ciò mi ha permesso di crescere più rapidamente”.
Due anni dopo la richiamano, che cosa le dicono?
“E’ Olivier Peran che è venuto a cercarmi a casa e che devo ringraziare. Gli allenatori hanno visto in me del potenziale, che potevo integrare col ciclo professionale e quindi come proposito positivo (più che come vendetta, come gli suggerisce la giornalista) il fatto che fossi stato richiamato mi ha fatto piacere, soprattutto perché loro avevano notato che io potevo fare altre cose…”
Poi tutti si è evoluto…
“Io ho molto rispetto per le persone, come molte persone anche io ho sofferto, quando vedo mio padre che ha lavorato per tutta la sua vita per renderci felici, questi sono gli esempi che prendo in considerazione …lavorare senza dire nulla, lui ha fatto brillare il suo nome a suo modo e mi ha dato modo di far brillare il mio a modo mio. Ed è a lui che mi ispiro. I miei genitori per me sono molto importanti”. 
Tecnicamente, crede che ci siano ancora delle cose che deve migliorare?
“Certamente, sono un giocatore che è sempre alla ricerca di un perfezionamento. So che ho ancora molto lavoro da fare tecnicamente e tatticamente. Ho molto da apprendere anche dai miei ‘nemici’. So di dover ancora imparare molto, e sì, so di essere un giocatore importante del Napoli (a conferma di quanto dice la giornalista) dove ci sono personalità di grandi giocatori e io cerco di rappresentare il Senegal in questa città e spero di farlo bene”.
Recentemente è stato vittima di un episodio di razzismo per il quale i suoi supporters napoletani si sono poi presentati allo stadio col volto coperto da una sua foto. Credo che per lei sia stato un momento di forte emozione. Come ha vissuto questa doppia sensazione: da un lato i cliché del razzismo e dall’altro quest’atto d’amore.
“E’ stato un po’ difficile, all’inizio non avevo sentito le grida e solo quando l’arbitro ha fermato il match ho capito che non ero folle, ma che davvero c’erano quelle grida se anche lui si era fermato. Ho cercato di ignorarle perché amo il calcio, amo lo spettacolo e il fatto che gli spettatori sono allo stadio per vedere la partita e quando ho visto ciò, sul momento mi ha deconcentrato e poi ho ringraziato molto l’arbitro Irrati che è stato davvero molto coraggioso a fermare la partita per qualche minuto  … sapevo che non era tutto il pubblico della Lazio a pensare queste cose, certo è stato molto spiacevole, ma poi quando ho visto allo stadio tutte le mie foto così, ciò mi ha fatto davvero un sacco bene, mi ha dato emozione perché ho capito di avere un grandissimo supporto che avevo già ricevuto tramite molti messaggi sui social network da parte di tutti, persino la federazione senegalese, l’ambasciata senegalese a Milano mi hanno sostenuto con una lettera. Poi il gesto dei napoletani; ciò mi ha fatto davvero un enorme piacere”.
Qualche settimana dopo sul canale Football Club in una trasmissione francese, il suo nome è stato fatto in quanto è stato riconosciuto come un potenziale giocatore della squadra francese. Che reazione ha avuto ascoltando ciò?
“Guardavo la trasmissione con la mia famiglia, ma ho ascoltato senza ascoltare, perché contemporaneamente eravamo insieme, si scherzava, si parlava e poi mi ha chiamato la moglie di un mio amico e mi ha detto guarda che su Football Club si parla di te e allora sono andato a vedere e non ho avuto da fare molti commenti poiché sanno bene che io gioco già nella nazionale del Senegal”
A proposito di scelta fra due nazionali…
“A 24 anni ho capito che era tempo di giocare in una squadra nazionale e quando mi ha chiamato Aliou Cissé chiedendomi se mi interessava giocare nella nazionale del Senegal, gli ho chiesto un po’ di tempo per riflettere, lui ha capito, mi ha dato del tempo per riflettere. La squadra mi è piaciuta, l’ambiente anche, e allora ho capito che il mio posto era là … è stata una scelta importante per me”.
Cosa conosce del Senegal?
“Cosa conosco? Beh in effetti non conosco moltissime cose perché io sono cresciuto in Francia, ma sono cresciuto a contatto con la cultura senegalese perché i miei genitori appartengono a questa cultura. A casa mia si parlava pular, per cui non ci sono dubbi, sono cresciuto con la cultura senegalese, mangiare thiebou era una cosa normale per me, quando dico che parlo pular le persone non mi credono, pensano che parli solo francese … i miei genitori sono senegalesi ed io sono cresciuto con questa cultura”.
Sulla base del suo potenziale, visto che la squadra del Senegal non arriva ancora ad imporsi sul piano continentale, secondo lei cosa bisognerebbe fare? 
“Abbiamo bisogno di tempo, siamo una squadra di giovani, abbiamo molti giocatori che giocano in molti campionati importanti: in Inghilterra, in Italia o anche in Francia…bisogna prima di tutto qualificarsi per le grandi competizioni, e poi si troverà la maniera…ma io credo che il coach lavori molto su ciò…”
Ha dei club in cui sogna giocare?
“Questa è una domanda che si ripresenta spesso ultimamente (ride), ma seriamente io sono già in un grande club che è il Napoli, quest’anno abbiamo cercato lo scudetto in tutti i modi e spero di conquistarlo ancora; ho sempre sognato di giocare la Champions League e spero di giocarla col Napoli, dopo si vedrà cosa succederà del mio futuro, ma per ora non ho molta voglia di lasciare questa vita, che è davvero l’ideale per me, la mia famiglia sta bene, i miei amici quando vengono sono molto contenti perché qui sono molto ospitali, la città non mi dà problemi, sto davvero bene”.

Lei ha 24 anni, è già sposato, eppure è piuttosto giovane!
“Sì, spesso me lo dicono, ma credo che sia davvero importante avere anche un equilibrio, oltre a quello professionale, quindi sono sposato, sono sette anni che sto con mia moglie, abbiamo avuto un bambino quest’anno, ne approfitto, sto bene, sono sereno in tutto quello che faccio”.
Cosa posso augurarle allora?
“Non so, di vincere lo scudetto col Napoli e di partecipare alla Coppa del mondo e di andare lontano col Senegal”.

c

alcionapoli24


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