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Inglese: “Non vedo l’ora di giocare al San Paolo. Sogno l’inno della Champions, e sul mio trasferimento…”

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Il prossimo attaccante del Napoli, Roberto Inglese ha parlato ai microfoni dell’edizione odierna del quotidiano La Gazzetta dello Sport. Ecco la sua intervista: “Al Chievo ci si sente come una famiglia. Vuol dire essere attaccato alla maglia, capire quanto Campedelli sta male per il Chievo, non far caso se il Bentegodi a volte pare vuoto anche se non lo è, e trovarti la carica dentro. Dopo 5 anni di prestiti ho sempre sentito che avrei fatto bene qui. Prima di smettere, mi piacerà tornare, sarà il mio grazie per avermi fatto crescere, come in famiglia. Mi commuovo facilmente, non ho vergogna a dirlo, ma per il calcio ho pianto solo di dolore, a Carpi quando mi uscì di nuovo la spalla, la prima volta fu a Pescara, poi a Lumezzane mi ruppi il perone. Prima di giocare bacio un rosario di legno che mi regalò mia nonna, però mi va di pregare un po’ tutte le sere, non solo se ho una gara. Prego per ringraziare, anche quando le cose vanno così così. Mi sono sentito da serie A a fine torneo scorso: doppia cifra senza giocare sempre. A 25 anni. Mai sbroccato per cambiare aria se non giocavo, usavo le energie per migliorare. Sull’inno Champions: Prima di studiarlo l’avevo ascoltato un milione di volte. E’ più forte di me, la sento e alzo il volume della tv. Una sera l’ho fatto che c’era Elena, la mia fidanzata e lei: “Cosa sai di questa musica?. Niente, ovviamente adesso tutto. Inno composto da Britten, testo in inglese, francese e tedesco, controcanto nella lingua del paese ospitante quando c’è la finale. Sì che ci penso: sentirla in campo dev’essere esagerato. Al San Paolo? Tremano i quartieri vicini, no? La prossima settimana tiferò molto Napoli. E anche City..Il mio Napoli è iniziato correndo in sede al Chievo alle 7 di sera, il mercato chiudeva alle 11 e bisognava fare in fretta. Dal giorno dopo non ci ho pensato più, sono stato bravo. Solo lavoro, come a Carpi, e credo che Giuntoli abbia scommesso un po’ su quello. Ci penserò se ci andrò. La gente la fa facile: “Lì ti mettono la palla sui piedi, vedrai”, ma devi saperti allenare con loro, quando mi sono allenato con Insigne ho capito un po’ di cose. Lì c’è un’orchestra e se stoni tu, stona tutta la musica: stop e passaggio in 11 allo stesso modo e per questo ti rubano il tempo. Per vedere quel calcio lì accendi solo quando c’è il Napoli o il City. Pronto a provarci, poi prenderò atto”.

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