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ppello e richiesta di incontro al Ministero dei comitati e associazioni di pazienti della cannabis-medica. Il ddl giova solo a un 3% di essi
Com’è noto l’8 settembre 2021 la Commissione Giustizia della Camera ha adottato il testo base che depenalizza la coltivazione di quattro piante, al massimo, di cannabis, come pure annunciato da Mario Perantoni, deputato 5 stelle e relatore del rispettivo ddl: “La coltivazione in casa di canapa è fondamentale per i malati che ne devono fare uso terapeutico e che spesso non la trovano disponibile oltre che per combattere lo spaccio ed il conseguente sottobosco criminale”. Il provvedimento aveva visto l’astensione di Italia Viva e il voto favorevole di Pd, M5s, LeU e +Europa. Mentre il centrodestra aveva votato compatto contro l’adozione del testo ad esclusione del deputato liberal di Fi Elio Vito.
Il testo adottato è stata la sintesi delle tre proposte di legge depositate rispettivamente da +Europa, M5s e Lega in commissione Giustizia della Camera. La novità più importante riguarda la non punibilità della coltivazione di piccole quantità. Di fatto, con il nuovo ddl viene legalizzata la coltivazione per uso personale di massimo quattro piante “femmine” di cannabis.
Il ddl sull’apertura alla cannabis trascura oltre il 90% di pazienti di quella medica
Vengono depenalizzati anche i “fatti di lieve entità” attraverso una distinzione tra le varie tipologie di stupefacenti. Nel caso sia una persona tossicodipendente a commettere il reato di produzione o spaccio, il testo dà la possibilità di sostituire la pena del carcere con i lavori socialmente utili. Il provvedimento, infine, aumenta le pene in caso di associazione a delinquere e spaccio nei confronti di minorenni.
Il predetto testo approvato tuttavia non ha tenuto conto delle informazioni e richieste formulate negli anni dai comitati e associazioni dei pazienti della cannabis-medica corroborate da relazione di medici e farmacisti.
I pazienti della cannabis che sono moltissimi in Italia, si sono ritrovati ancora marginalizzati e pertanto ritornano sulla questione, con un appello elaborato e sottoscritto dalle loro varie associazioni, indirizzato al sottosegretario al Ministero della Salute nel Governo Draghi, Andrea Costa.
Ci eravamo occupati della evidente disparità nei confronti dei pazienti della cannabis-medica con precedenti articoli cui gli ultimi ”30 Giugno 2021 Manifestazione al Ministero della Salute dei pazienti in cura con “cannabis terapeutica” e “31 Luglio 2021 Stigmatizzato l’esito dell’incontro al Ministero della Salute dai pazienti della cannabis-medica”.
L’APPELLO DEI PAZIENTI DELLA CANNABIS-MEDICA
Il Ministero della Salute, dopo gli infecondi incontri concessi ai Pazienti in giugno e luglio, sembra continuare a non dare risposte chiare, sicché i pazienti restano ancora trascurati all’inattività dell’Ufficio Centrale Stupefacenti e continuano a chiedersi che intenzioni abbiano i vertici.
Le forniture di cannabis-medica (come di consueto), durante il periodo estivo non hanno coperto il fabbisogno dei Pazienti e, quelle a disposizione delle farmacie italiane, sono minime e non prodotte in Italia, ma acquistate a caro prezzo dall’estero in considerazione della cronica carenza quantitativa di quelle italiane.
Inoltre una nuova circolare di settembre, aggiunge nuovi problemi: il ministero “mette ancora una volta i puntini ai malati” rendendo ancora più incerta la continuità terapeutica ricordando le limitazioni imposte dalla legge sulla PEC (Posta elettronica certificata) nelle prescrizioni magistrali.
L’incoerenza di questa “nota di precisazione” risiede in 5 punti fondamentali:
1. ANACRONISMO rispetto all’evoluzione tecnologica (la tecnologia della PEC è stata introdotta nei primi anni 2000);
2. ignoranza sul funzionamento di una tecnologia riconosciuta dalla Legge, la quale permette:
a. di tenere traccia in maniera permanente del mittente, del destinatario, degli allegati.
b. di rendere univoca la prescrizione attraverso l’apposizione della firma digitale sul file PDF (a differenza di una firma autografa la cui contraffazione resta comunque di semplice realizzazione e di difficile, se non impossibile, controllo).
3. ANACRONISMO rispetto al periodo storico in cui viviamo per quanto concerne gli aspetti più strettamente legati alla pandemia e quindi la necessità di ridurre i contatti interumani non necessari;
4. controtendenza rispetto alla necessità della riduzione dell’impatto ambientale: decine di medici in tutta Italia costretti quotidianamente ad inviare tramite corrieri o raccomandata centinaia di ricette a farmacie sparse in tutta la Nazione, incrementando il traffico su strada.
5. celata mancanza di volontà (e competenza) nella realizzazione di un vero sistema digitalizzato che permetta il monitoraggio, la gestione e il controllo dell’intera filiera.
La recente motivazione di assoluzione di Walter De Benedetto, spiega chiaramente come la giustizia deve tutelare i malati, di fronte all’assenza di un farmaco salva vita, dando una interpretazione della legge 309/90 subordinata ai diritti costituzionali di garanzia della salute.
Il Ministero della salute, che dovrebbe tutelare i malati e farsi carico dei diritti fondamentali di tutela della sanità dell’individuo, nella sua sfera fisica e psichica (come per altro scritto all’ingresso dello stesso ministero), invece, li discrimina e non si sforza di comprendere quello che ora, anche la Magistratura ha palesato. Prima viene la dignità della vita umana e l’empatia che avvicina gli uomini; la sofferenza è un limite che può essere superato dalla vicinanza umana, non dalla fredda burocrazia, congelata in un pregiudizio intriso di ignoranza, fuori dal tempo, che condiziona, da oltre dieci anni il rapporto con i malati nel campo della cannabis terapeutica.
Il ddl sull’apertura alla cannabis trascura oltre il 90% di pazienti di quella medica
Anche la politica si sta esprimendo. La liceità della coltivazione domestica, di 4 piante di cannabis, risolverebbe il problema del 2 – 3% dei Pazienti (quelli affetti da ansia, insonnia, depressione, e alcuni giovani adulti con patologie neurodegenerative), per i quali il consumo di cannabis, in forma di infiorescenze, può rappresentare un buon ausilio per alleviare le proprie difficoltà quotidiane; in questi casi è il paziente stesso che riesce a gestire i sintomi, con una terapia basata sui sintomi avvertiti, sempre seguito da un medico competente e formato per il monitoraggio della terapia.
Ben diverso è però il problema di centinaia di migliaia di Pazienti che non hanno comunque modo o competenze, per poter coltivare presso il proprio domicilio e che necessitano di terapie composte da più tipi di cannabis, in varie formule galeniche, per esempio in forma di estratti (si pensi ai bambini epilettici o agli anziani con patologie neurodegenerative) e per cui la cannabis dovrebbe essere già erogata gratuitamente secondo varie leggi regionali.
Se il 2020 ha, giustamente, visto un accantonamento della produzione di cannabis dello stabilimento di Firenze, causa pandemia, per fornire supporto ad una crisi sanitaria, ha di fatto sancito la marginalità dei malati in cura con cannabis-medica, la morte di un mercato in crescita esponenziale a livello internazionale e l’inadeguatezza dell’approccio tecnico del ministero, sulle politiche riguardanti la cannabis-medica.
Un mercato che il ministero stima in 2 tonnellate l’anno, mentre, una stima del valore del mercato della cannabis, basato sugli impieghi potenziali, si aggira attorno alle 700 tonnellate al mese per 23 milioni di potenziali fruitori ed un mercato che, da solo, vale più della spesa italiana in farmaci.
LE ASSOCIAZIONI CHIEDONO AL MINISTERO CHE:
– siano formalmente riconosciute tramite decreto le associazioni dei malati come enti autorizzati alla coltivazione collettiva
– siano formalmente riconosciute tramite decreto le figure dei caregivers per la cannabis
– siano riconosciuti formalmente tramite decreto i centri di medicina specializzati alla gestione integrata del paziente, soprattutto attraverso l’uso degli strumenti digitali e la dematerializzazione delle ricette, anche tramite PEC.
– Siano avviati percorsi formativi inserendo la cannabis-medica già nei piani di studi universitari.
– Siano avviati e finanziati progetti di Ricerca clinica e preclinica in ambito di terapie con fitocannabinoidi.
Questi temi andrebbero essere inseriti anche nella nuova legge in discussione, ora, e il Ministero della salute deve farsi portavoce di queste istanze o i malati torneranno a chiedere un decreto per ogni associazione di malati.
Alla politica, i malati, lanciano un appello; la norma che sarà presentata alle Camere, sarà una misura “moderata” e di semplice buon senso, ancorché insufficiente e che necessita di miglioramenti; apportiamo piccole ma significative modifiche.
La maggioranza della Commissione Giustizia ha votato favorevolmente a procedere a modificare la legge 309/90, ma non è sufficiente e i tempi sono stretti.
Il Ministero della salute ha una grande opportunità, oggi: prendersi cura dei propri cittadini, può diventare spunto economico per nuove attività nel terzo settore e nel sociale, oltre che nel settore medico e di ricerca scientifica.
Alla luce del dialogo tra i malati e il Ministero della Salute, viene richiesto di formalizzare le associazioni sedute al tavolo sulla cannabis-medica, de facto creato e confermato durante l’ultimo incontro, come primo passo per un riconoscimento, de facto, di una collaborazione da formalizzare in un decreto urgente da presentare entro il 30 ottobre e che preveda un iter accelerato di autorizzazione per le associazioni, attraverso collaborazioni con Aziende farmaceutiche, istituti di ricerca, università, laboratori pubblici e privati, l’istituto di Firenze e le entità pubbliche (comuni, regioni).
ACCORDI DA STIPULARE ANCHE SUCCESSIVAMENTE ALLA PARTENZA DELLE COLTIVAZIONI E FINALIZZATO A:
– valutare gli impatti dei profili dei fitocomplessi nel trattamento delle patologie;
– sviluppare la ricerca scientifica attraverso l’ampliamento delle varietà mediche;
– sviluppare una filiera di controlli snelli della qualità delle sostanze prodotte e consumate;
1. Almeno dieci autorizzazioni annuali alla ricerca. Ossia ogni anno dovranno essere autorizzati dieci centri e ad essi dovranno essere forniti lotti a finalità di ricerca;
2. Almeno dieci coltivazioni sperimentali di cannabis-medica: ossia permettere a dieci aziende selezionate di fare ricerca e sequenziare/selezionare nuovi strain;
3. Almeno 10 autorizzazioni italiane per produzione Cannabis ad uso medico;
4. Aumento della quota di importazione delle infiorescenze di cannabis-medica del 200%;
5. Sburocratizzazione e accettazione della ricetta elettronica sul modello veterinario;
6. Possibilità di spedizione illimitata sul territorio nazionale;
7. Chiediamo che venga fissata la data del prossimo incontro di lavoro, durante il quale discutere dell’inquadramento normativo in allegato e sul quale definire i punti per la redazione di un nuovo decreto autorizzativo, per le associazioni dei malati e i professionisti del settore coinvolti, sulla base delle richieste sopra esposte.
8. Chiediamo che venga fissato, altresì un secondo incontro nel quale sottoscrivere il decreto autorizzativo, elaborato sulla base dei principi richiesti dai malati ed emersi negli incontri tenuti e da tenersi, che vengono incontro alle richieste del Ministero e che deve essere firmato entro e non oltre il 31 ottobre 2021.
SOTTOFIRMATO
Comitato Pazienti Cannabis Medica
Canapa Caffè
Deep Green
La piantiamo
Associazione Cannabis Sociale Libera Trento
Cannabis social club bolzano
Associazione Luca Coscioni
Meglio legale
Associazione Ornella Muti hemp Club
Associazione The Hemp Club Milano
Aisf
Cfu
Mi. Ma. Re
Alma star
(le altre informazioni regionali le trovi anche su Vivicentro – Redazione Sicilia)