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Castellammare di Stabia

Il boss della ndrangheta chiese la raccomandazione per la figlia all’Università di Messina

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C’è un’intercettazione nelle indagini sulla ndrangheta nella quale il parlamentare arrestato Pittelli perora la raccomandazione della figlia del boss.

C’è anche l’Università di Messina nelle carte dell’inchiesta “Rinascita-Scott“: la mega operazione dei Carabinieri che ha portato a 334 arresti e che il Procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri ha definito per importanza seconda solo al Maxiprocesso di Palermo. Si scrive dei colloqui e delle difficoltà a superare l’esame di Istologia della figlia del boss Luigi Mancuso, Teresa, studentessa alla Facoltà di Medicina e Chirurgia al Policlinico universitario.

Giancarlo Pittelli, noto avvocato di Catanzaro, era stato senatore di Forza Italia, ex membro della Commissione Giustizia alla Camera, coordinatore regionale del partito di Berlusconi, poi passato nel 2017 a Fratelli d’Italia. È ritenuto la ‘cerniera’ verso i mondi con cui la famiglia Mancuso, mentre “assoggettava e opprimeva” il territorio, voleva fare affari.

“La preoccupazione di Pittelli di essere pedinato o sottoposto ad indagini emerge in varie conversazioni” – si legge nell’ordinanza di provvedimento cautelare – tanto che “sfruttando tutti i suoi canali di conoscenze” si era “procurato” atti d’indagine coperti da segreto, quali appunto i verbali di interrogatorio del pentito Andrea Mantella. Contestualmente riceveva la richiesta, da parte di Luigi Mancuso, il boss, di attivarsi per apprendere tutti i dettagli della collaborazione.

Il legale viene “costantemente contattato, tramite i più fidati uomini del Mancuso, ogni qualvolta Io stesso abbia necessità di interloquire con lui e si comprende, dal chiaro tenore delle conversazioni già esaminate, che gli incontri sono dettati dalla necessità di risolvere questioni legate agli interessi criminali della cosca”, si legge nelle carte.

Anche rapporti “personali”, dunque,  come emergerebbe  chiaramente dalle conversazioni in cui gli investigatori intercettano il suo interessamento affinché la figlia del boss Maria Teresa  Mancuso, studentessa di medicina all’università di Messina, superasse l’esame di “Istologia”, attraverso il contatto con il Rettore dell’Ateneo o quando si sarebbe offerto “per soddisfare la richiesta di Luigi Mancuso di procurare, per i festeggiamenti di laurea dell’altra figlia Rosaria Mancuso  delle bottiglie di  Ca’  del bosco”. E, in effetti “come emerge dalle intercettazioni  le bottiglie saranno procurate” a proprie spese” (per un valore di 1000 euro circa) dall’avvocato Pittelli”.

Non è un mafioso qualsiasi Luigi Mancuso, 65 anni, era il vertice della ‘Ndrangheta di Vibo Valentia, punto di riferimento del crimine di Polsi, il vertice assoluto della ‘Ndrangheta unitaria (mondiale). Mancuso era un vero boss. E fino a ieri, e per 30 anni, vestiva i gradi di grande ufficiale del crimine, il ‘supremo’. Carismatico al punto tale che il suo braccio destro Giovanni Giamborino, in una conversazione intercettata nel 2017 con l’avvocato, ex parlamentare di FI e massone Giancarlo Pittelli, definisce così Mancuso: “E’ il tetto del mondo”.

Senza perdere tempo, già l’indomani, il Pittelli si recherà a Messina per risolvere la situazione di Maria Teresa Mancuso. A raccontare l’episodio è lo stesso politico in una conversazione intercettata ad aprile 2018: “Teresa la figlia (di Mancuso, Ndr) viene all’aliscafo (a Messina, Ndr) e dice “avvocato, non riesco a superare Istologia, perchè è un professore stronzo”. Le dico, “vieni con me tesoro”, vado all’Università, chiamo l’avvocato Candido, il cugino del nuovo Rettore Cuzzocrea e dico “Mi trovi tuo cugino?”, “Si, guarda Giancarlo, dieci minuti e siamo al ristorante da te”. Vengono davanti al Tribunale: “Teresa sai chi è questo signore?”, “Si il rettore della mia Università…”.

 

Eccola la conversazione del 18 aprile 2018, nel corso della quale, pranzando con Maurizio Sacchi e Alberto Bellini presso il ristorante romano, “Osteria da Francesco”, racconta loro:

PITTELLI Giancarlo: allora ti faccio dire una cosa da….vieni qua…siediti (verosimilmente rivolto al gestore del ristorante Francesco, ndr)…l’altra sera ero qua a Roma e gli ho fatto una sorpresa a lui ….la mattina dopo dovevo difendere una persona molto importante in Cassazione e l’ho portato a cena qua.

BELLINI Alberto: non lo conosceva?

PITTELLI Giancarlo: no, di nome….lui è sbiancato …lui è sbiancato, quando glielo ho detto è sbiancato, il numero uno in assoluto al mondo.

BELLINI Alberto: …inc…calabrese…inc….

PITTELLI Giancarlo: Maurizio ma è una cosa, un uomo di un’umiltà, poi per me dal 1981, sai che significa 81, lo sai che mi fanno?……inc…mi bacia, mi abbraccia, mi accarezza …eh…”avvocato”

io lo chiamo col TU e lui mi da del VOI…gli dico “mi raccomando Luigi” e dice “avvocato se succede qualche cosa a mia figlia ci siete voi”.

BELLINI Alberto: ne ha tanti di figli?

PITTELLI Giancarlo: due, una studia farmacia e l’altra è laureata

BELLINI Alberto: ah, ho capito chi è…quella che sta a Bologna

PITTELLI Giancarlo: e l’altra…una che vuole andare a Bologna….una studia farmacia e l’altra studia medicina…ieri ero a Messina, vado a Messina, Teresa viene, la figlia viene all’aliscafo, al traghetto e dice…”avvocato, non riesco a superare Istologia ..perchè è un professore stronzo” …le dico …”vieni con me tesoro, vieni con me”, vado all’università, chiamo l’avvocato Candido che è il cugino del nuovo Rettore, il rettore hanno fatto Cuzzocrea, che questo rettore io ho difeso il padre ad un processo che era l’ex rettore…e allora chiamo il rettore e dico “..inc…mi trovi tuo cugino per favore il rettore…eccetera” “si, guarda Giancarlo, dieci minuti e siamo al ristorante da te”, vengono davanti al Tribunale, “Teresa vieni qua con me, sai chi è questo signore?” “si….il Rettore della mia università” “bravissima”

SACCHI Maurizio: tutto a posto

PITTELLI Giancarlo: “bravissima” questa ragazzina scoppia a piangere e mi faceva “troppo avvocato, troppo avvocato troppo” si è messa a piangere Teresa, ma devi vedere che bella, che belle figlie, che bella famiglia, se fosse stato libero lui e non si fosse fatto 20 anni di carcere, in Calabria non sarebbero morte almeno 40 persone, che lui non discute, hai visto che hanno messo quella bomba adesso? nel suo paese… è incazzato come una bestia.

L’avvocato era come  una sorta di double face, da una parte “perfettamente inserito nei rapporti tra Mancuso e altri boss delle consorterie legate a Limbadi” e dall’altra, secondo i Pm, posizionato “in quella particolare frangia di collegamento con la società civile, rappresentata dal limbo delle logge coperte” in un “coacervo di relazioni tra i ‘grandi’ della ‘ndrangheta calabrese e i ‘grandi’ della massoneria, tutti ben inseriti nei contesti strategici”.

Sul ruolo dell’avv. Pittelli, nell’ambito dell’associazione Mancuso e sui rapporti tra ‘ndrangheta e massoneria, riferisce tra gli altri il collaboratore di giustizia Andrea Mantella, nell’interrogatorio del 17 giugno 2016.

“II contenuto dell’interrogatorio si mostra di estremo rilievo – scrive il Gip – perché dà conferma di un dato emerso, anche se in maniera sottintesa, in tutte le vicende finora rappresentate e contribuiscono a ricostruire unitariamente, offrendone una lettura sistematica, i rapporti e i legami dell’avvocato con persone ben collocate socialmente e con i vertici delle associazioni mafiose.

II Pittelli, come si sta delineando in maniera sempre più netta, è all’interno di un contesto molto grigio, in una zona d’ombra nella quale si addensano tutti i più alti interessi delle persone con cui entra in contatto. Si tratta di relazioni intessute a condizione di reciprocità perché, come si evince globalmente, lo stesso Pittelli ne trae un tornaconto personale”.

“Per fare un esempio – prosegue il Gip – potrà contare sull’amico Comandante per tentare di risolvere la questione personale legata al villaggio turistico di Copanello (sul punto si rinvia alle pagine successive), potrà rendere favori ai boss (spendendo le entrature all’Università di Messina, piuttosto che presso vari ospedali italiani) che lo coinvolgono in varie questioni, anche legate ai rapporti tra cosche (come accaduto per l’affare Cangemi e per il trasferimento nei ruoli regionali di Cutrupi), otterrà nomine importanti in cambio di favori e interessamenti.

Il comandante era Giorgio Naselli, che dall’anno 2006 all’anno 2017, ha rivestito incarichi direttivi all’interno dell’Arma dei Carabinieri, all’interno del Reparto Operativo Nucleo Investigativo di Catanzaro, nonché all’interno del Comando Legione Carabinieri Calabria. Dunque, Naselli, proprio nei momenti delicatissimi attraversati degli uffici requirenti catanzaresi – momenti che tanto clamore mediatico hanno suscitato, sicché era impossibile non conoscere in termini generali gli accadimenti dell’epoca – rivestiva un importante incarico investigativo nel distretto di Catanzaro come Comandante del Reparto Operativo Nucleo Investigativo della città e – al contempo – consolidava il proprio rapporto di frequentazione ed amicizia proprio con Pittelli. Nella nota depositata dai Carabinieri venivano segnalate una serie di conversazioni telefoniche di interesse investigativo, intercorse tra Pittelli e Naselli, nel corso delle quali, l’avvocato chiedeva all’ufficiale dei Carabinieri – al quale appariva legato da un rapporto molto confidenziale, come si desume dalle reciproche attestazioni di affetto – di acquisire e di fornirgli informazioni sull’attività svolta dal Comando Arma di Pioltello, in ordine all’escussione di un proprio assistito, per una vicenda concernente un assegno scoperto. Ma non solo, perché  i rapporti tra i due sono continuati anche dopo.

Per l’accusa inoltre “la messa a disposizione del Pittelli nei confronti di Luigi Mancuso è costante e sistematica e non legata a momenti particolari di fibrillazione o ad uno scambio di voto o ad un affare particolare”. Perché a leggere le carte “il suo “apporto” alla consorteria non si è limitato alla incondizionata e costante messa a disposizione, ma il Pittelli ha condiviso le modalità di conduzione della cosca, aderendo alla “politica gestionale” di Luigi Mancuso”.  Sono numerosissime le conversazioni in cui l’avvocato elogerebbe Mancuso “per il suo carattere, il suo carisma, affermando in più di una occasione che la sua presenza sul territorio “da uomo libero” assicura gli equilibri e garantisce la pax mafiosa”.

Per gli investigatori dunque l’avvocatomette a disposizione le sue conoscenze sparse in Italia e fuori dall’Italia onde consentire il radicamento e la forte penetrazione della ‘ndrangheta in ogni settore della società civile: nelle università, negli ospedali più rinomati, all’interno degli stessi servizi segreti, nella politica, negli affari, nelle banche, così consentendo ai  Mancuso  di rafforzare il proprio potere criminale obiettivo che non si realizza con le armi ma creando e moltiplicando le addentellature nei settori dell’impresa, dell’economia, della finanza, della politica, del lavoro, attraverso la potente “autostrada” universale della massoneria.

E tutto questo faper ottenerne – si legge nelle carte –  un ritorno nel proprio interesse, come viene fuori dalle vicende relative alla “Trust Plastron”, al villaggio “Valtur” (collegati all’obiettivo “Copanello”), alle nomine nei grossi processi, all’avanzamento in politica, all’ambizione di essere eletto membro laico del Consiglio Superiore della Magistratura, utilizzando la potenza criminale di  Mancuso  e degli altri boss e vertici di Indrangheta per i quali (proprio in cambio di questo) spende le sue “amicizie””. Per gli inquirenti “ Pittelli è un affarista massone dei boss della ‘ndrangheta calabrese”.

Salvatore Cuzzocrea, Rettore dell’università di Messina, nega di avere mai incontrato l’avvocato Pittelli, né di avere mai ricevuto solleciti per la carriera della figlia del boss “Escludo categoricamente che qualcuno me ne abbia parlato, questa storia ha dell’assurdo. Da parte mia non posso che ribadire l’importanza di questa indagine, ma voglio difendere l’immagine dell’università. Perché io non so davvero di cosa si sta parlando, con queste persone non ho mai avuto alcun rapporto”.

La versione di Cuzzocrea si allinea alle parole dell’avvocato Candido Bonaventura, il cugino del Rettore, il quale dal canto suo conferma di avere incontrato la ragazza “Pittelli, lo conosco da anni, ho sempre creduto fosse una persona perbene e sono sicuro che ne verrà fuori da questa storia. Ricordo che un giorno mi telefonò, ma non ci incontrammo di certo l’indomani. Venne a Messina perché aveva altre questioni professionali. La signorina l’ho conosciuta, ma non sapevo di chi fosse figlia. Era insieme ad altri ragazzi, credevo fossero collaboratori del collega”. L’avvocato Bonaventura aggiunge di avere saputo che gli studenti avevano problemi con l’organizzazione degli esami, ma non ci sarebbe stata alcuna richiesta di agevolazione precisa “D’altra parte anche fosse arrivata, non avrei fatto nulla, io non mi occupo di università” chiosa l’avvocato.

Dell’andamento degli studi della figlia, Luigi Mancuso e Giancarlo Pittelli ne parleranno anche il 27 aprile. Ovvero dieci giorni dopo il presunto incontro a Messina con il rettore. Anche in quell’occasione, a seguire la conversazione ci sono i Carabinieri. Poi però accade qualcosa “Il telefono che ci fa là?” chiede il boss all’avvocato. Il messaggio è chiaro e non necessita di ulteriori spiegazioni “A questo punto – riporta il Gip nell’ordinanza – il legale, obbedendo al boss, chiama la propria assistente”. Alla donna Pittelli affida il telefono dicendolo di portarlo in un’altra stanza.

Nell’immagine di copertina l’Università di Messina.

Adduso Sebastiano

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