Cosa è successo in un anno di governo gialloverde? Com’è andata l’assemblea notturna del M5s? E Salvini? Cosa fa?
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l Ponte di Genova, i migranti, poi lo scontro con l’Europa e una campagna elettorale gialloverde ma con gli uni contro gli altri: 365 giorni sulle montagne russe ed ora si riparte per un nuovo giro ancora più mozzafiato con Caporal Salvini che si sta autoproclamando Generale, detta legge in tutto e per tutto ed anche chi deve stare in Rai ed i programmi che devono farsi per cui ripeto: Mala tempora currunt sed peiora parantur (“corrono brutti tempi ma se ne preparano di peggiori”) ma ora vediamo di dare risposta alle domande poste.
Punti Chiave Articolo
- Cosa è successo in un anno di governo gialloverde?
- Il ruolo di Mattarella
- Il crollo del ponte di Genova
- La stretta su sicurezza e migranti
- La battaglia con Bruxelles sulla manovra
- Il ruolo di Conte
- Campagna elettorale a suon di attacchi
- I casi Tav e Siri
- Ciò sintetizzato l’anno di governo ormai passato (si insediò il 1° giugno) per darne nota e memoria, passiamo all’oggi provando a intuire il futuro prossimo venturo.
- E Salvini? Cosa fa Salvini? Fa trionfare arroganza e salviscismo!
- Il vicepremier (??) ha affrontato il tema e – ovviamente – lo ha fatto nel corso di una sua diretta Facebook affermando:
- Il naufragio sul Danubio è la metafora del destino della democrazia?
Cosa è successo in un anno di governo gialloverde?
Il governo M5s-Lega compie un anno e, alla vigilia del soffio sulle candeline, non si può dire che goda proprio di ottima salute, scombussolato dal voto europeo che ha ribaltato i rapporti di forza tra i due azionisti della maggioranza.
Sessantacinquesimo della Repubblica, primo della XVIII legislatura, l’esecutivo di Giuseppe Conte è in carica a partire dal 1 giugno del 2018. La sua nascita, dopo 88 giorni di faticosa ‘gestazione’, è frutto della ‘strana’ alleanza tra due partiti che si erano presentati in contrapposizione alle politiche del 4 marzo, ottenendo il 32%, il Movimento 5 stelle, e il 17%, la Lega. Se vi sarà un futuro e se l’esecutivo resisterà al ‘terremoto’ politico innescato dalla consultazione europea, che ha ‘regalato’ alla Lega il record storico di voti dalla sua fondazione, nel 1991, e al M5s il peggior risultato mai registrato su scala nazionale. Riguardandoli a ritroso, questi dodici mesi di governo si possono leggere sostanzialmente individuando tre fasi.
Tutte comunque caratterizzate dalla centralità del leader leghista – considerato il vero protagonista della stagione politica attuale – oltre che da un clima di grande litigiosità tra alleati.
Il ruolo di Mattarella
In una prima fase, di ‘rodaggio’, è apparso ai commentatori molto presente, seppure da dietro le quinte, il presidente della Repubblica in sostegno alle decisioni del presidente del Consiglio, avvocato di professione ‘prestato’ alla politica. Come è avvenuto, per esempio a luglio, quando si è resa necessaria una telefonata di Sergio Mattarella a Conte per ‘sbrogliare’ il caso della Diciotti e portare allo sbarco dei migranti che si trovavano sulla nave.
Il crollo del ponte di Genova
I mesi estivi dell’estate scorsa sono stati segnati anche dal crollo del Ponte Morandi, a Genova che, con il lungo applauso tributato ai vice premier Salvini e Di Maio in occasione del funerale delle vittime, diede anche un forte segnale del consenso per il ‘governo del cambiamento’. Oggi, probabilmente, quantomeno l’applauso non lo prenderebbero.
La stretta su sicurezza e migranti
L’autunno è stato caratterizzato, nella prima parte, dall’approvazione della legge su sicurezza e immigrazione voluta da Salvini che ha portato al superamento dello Sprar e alla riduzione dei fondi, mentre continuava la cosiddetta politica dei ‘porti chiusi’ ovvero il blocco dell’arrivo delle navi Ong che avevano soccorso i migranti.
La battaglia con Bruxelles sulla manovra
A settembre, ha fatto scalpore l’esultanza di Di Maio, al termine del Consiglio dei ministri in cui M5s e Lega avevano trovato l’accordo sul Def . Affacciato al balcone di Palazzo Chigi, con gli altri ministri del Movimento 5 Stelle, il vicepremier ha festeggiato di fronte a un gruppo di parlamentari pentastellati, con bandiere e striscioni, in piazza Colonna. «Oggi aboliamo la povertà», scandì il capo politico dei 5 stelle.
Il ruolo di Conte
La discussione della legge di bilancio potrebbe essere identificata una ‘fase due’ dell’esecutivo, durante la quale, nella lunga e difficile trattativa con la Commissione europea per la definizione degli obiettivi della manovra, il presidente del Consiglio è riuscito a ritagliarsi un ruolo da protagonista.
Spesso, prima di allora, messo in ombra dai suoi due ‘ingombranti’ vice, Conte ha evitato la procedura di infrazione da parte dell’Ue, negoziando un obiettivo di rapporto deficit/Pil per il 2019 pari al 2,04% .
Campagna elettorale a suon di attacchi
Con l’ultimo mese particolarmente cruento, con quotidiani e feroci duelli tra alleati al limite dell’insulto. In un panorama in cui le elezioni amministrative, a cadenza regolare, hanno contribuito ad agitare gli animi sono stati diversi i momenti di alta tensione interna alla maggioranza. Le fratture si sono sempre rimarginate, anche se a fatica e in vertici lunghi e complicati, e i senatori 5 stelle si sono addirittura schierati a difesa di Salvini, arrivando, per la prima volta nella storia del Movimento, a votare contro una richiesta di autorizzazione a procedere (ed è da qui che il Movimento accelera il suo scivolare, ed addirittura a precipitare, verso il dissolvimento).
I casi Tav e Siri
In entrambi i casi, la Lega si è spinta ad accusare il presidente del Consiglio di «non essere più super partes». Sull’Alta velocità Torino-Lione, il premier ha avviato una interlocuzione con la Francia per ridiscutere il progetto dopo gli esiti negativi dell’indagine costi-benefici commissionata dal Mit del pentastellato Danilo Toninelli.
Ma è sulla ‘cacciata’ del leghista Armando Siri, accusato di corruzione nell’ambito di un’indagine sull’eolico, che si è consumato lo strappo più profondo, a pochi giorni dal voto europeo.
Ciò sintetizzato l’anno di governo ormai passato (si insediò il 1° giugno) per darne nota e memoria, passiamo all’oggi provando a intuire il futuro prossimo venturo.
Partiamo dal caso più cogente e vediamo com’è andata l’assemblea notturna del M5s.
Lunga riunione per i gruppi M5s di Camera e Senato, in assemblea, per la prima volta, senza gli staff della comunicazione che, su richiesta di 15 parlamentari, sono stati messi alla porta ed hanno dovuto lasciare la sala di Montecitorio.
Presente, per la prima volta da quando è stato eletto presidente della Camera, anche Roberto Fico, che interviene subito sull’ordine dei lavori per spiegare che se si parlerà di governo lascerà la riunione per farvi ritorno quando si discuterà di M5s.
Luigi Di Maio tiene duro sul voto chiesto online agli iscritti, anche se in assemblea non manca chi, come la deputata Emanuela Corda, gli chiede di rinunciarvi perché ha tutta la fiducia dell’assemblea.
«Ho chiesto» agli iscritti di pronunciarsi «perché anche io ho una dignità e negli ultimi due giorni mi sono sentito dire di tutto», ha spiegato Di Maio.
«Non sto attaccato al ruolo di capo politico, ci ho sempre messo la faccia e continuerò a mettercela. Molti pensano sia bello stare in prima linea, ma il punto è che quando va tutto bene e vinciamo il merito è di tutti, giustamente, il problema è che se si perde prendo schiaffi solo io», ha aggiunto.
«Se domani vengo riconfermato non restiamo fermi, dobbiamo cambiare delle cose. Dobbiamo avviare una nuova organizzazione. Il M5s non perde mai, o vince o impara, io la vedo così, questa è la nostra storia e da qui dobbiamo ripartire», ha rimarcato ancora Di Maio.
«Il problema non è Luigi, ma siamo tutti e dobbiamo lavorare insieme. Serve più lavoro sul territorio», ha sottolineato Roberto Fico che per questo considererebbe, di fatto, superflua la votazione online. Non ho soluzioni, penso che dobbiamo trovare una via», ha dunque esortato Fico. »
E Salvini? Cosa fa Salvini? Fa trionfare arroganza e salviscismo!
Tanto per cominciare, spazia in tutti i ministeri e per ciascuno ha ORDINI da dare e scaletta da imporre poi, nei ritagli di rimbrotti, inserisce anche una new (old) entry allargandosi anche alla RAI in casa della quale intende mettere il suo cappello (e solo il suo), ed anche qui dettare legge e scaletta di programmi da farsi o no, e personale da assumere o meno, e quanto pagarlo!
Eccolo allora a scagliarsi contro il ritorno di Gad Lerner su RAI 3 chiedendo: è questo il cambiamento? “Chiederò quanto costa”.
Il vicepremier (??) ha affrontato il tema e – ovviamente – lo ha fatto nel corso di una sua diretta Facebook affermando:
« Dalla settimana prossima torna in video un volto molto noto, Gad Lerner. Cinque belle trasmissioni di Gad Lerner, che ovviamente non è di sinistra per niente, non odia la Lega, giornalista obiettivo, equilibrato, che avrà cinque trasmissioni in Rai».
«La prima puntata – ha spiegato il vicepremier – pare sia sulla Lega, che novità. A maggior ragione spero vada avanti in commissione di vigilanza la proposta della Lega per mettere un tetto agli stipendi Rai e sapere quali sono le società esterne che guadagnano».
«Amico mio amministratore delegato, allora tanto vale rimettere lì Orfeo e richiamare lì Renzi, Letta, Gentiloni. È il mio parere da ascoltatore. Mi limiterò a chiedere quanto costa, quanto prende e qual è il giro di business»
(ça va sans dire: vanno benissimo invece, e magari sono sottopagati, i tanti salviscisti iscritti a libro paga della RAI in ogni rivolo che alimenta e gonfia il suo grande mare).
Parole cui ha risposto il segretario del Pd, Nicola Zingaretti:
«Ci risiamo io sento solo il pessimo odore dell’arroganza del potere che tenta di limitare la libertà di pensiero. Lo stesso che ha portato a colpire con una sospensione la professoressa Dell’Aria a Palermo».
Che dire se non ripetere, con Battiato:
e poi aggiungere:
COLLEGATA:
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