«Ho chiesto di sciogliere la Dia che ci farebbe risparmiare milioni di euro. La legge Bassanini «è stata un favore alle mafie».
Il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri e il presidente del Copasir, Lorenzo Guerini, sono stati i protagonisti di un dibattito andato in scena a Diamante (comune della provincia di Cosenza sulla costa tirrenica) nell’ambito del festival del peperoncino. Il capo della DDA (la Direzione Distrettuale Antimafia è la denominazione del pool di magistrati che compongono la “Procura distrettuale antimafia” che nell’ordinamento della Repubblica Italiana è l’organo delle Procure della Repubblica presso i Tribunali dei capoluoghi dei 26 distretti di Corte d’appello) ha rivelato di aver recentemente chiesto al ministro dell’Interno Matteo Salvini di procedere allo scioglimento della Dia (la Direzione Investigativa Antimafia è un organismo investigativo interforze, inquadrato nel Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’interno della Repubblica Italiana, con compiti di contrasto alla criminalità organizzata di tipo mafioso in Italia.).
«Al ministro dell’Interno l’ho detto l’ultima volta a Ferragosto, in occasione del comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza: sciolga la Direzione investigativa antimafia e faccia rientrare nei corpi di appartenenza i poliziotti, i carabinieri e i finanzieri». Nicola Gratteri in un’intervista pubblica, torna a lanciare una proposta destinata a creare rumore negli ambienti della giustizia italiana. Il Procuratore capo della Dda di Catanzaro è convinto che solo così, in attesa che vengano portati a termine i concorsi per l’ingresso di nuovi appartenenti alle Forze dell’Ordine, si possa dare impulso a inchieste che rischiano di impanarsi per la carenza di investigatori. «In questo modo – aggiunge Gratteri – risparmieremmo milioni di euro per pagare gli stipendi dei dirigenti e mantenere in vita le loro auto. Queste risorse potrebbero essere utilizzate per pagare gli straordinari alla polizia giudiziaria».
Vuole andare fino in fondo il procuratore di Catanzaro, che ha già messo in conto le critiche rispetto a un progetto dirompente: «È una sciocchezza se qualcuno, tra i grandi giornali, scriverà che il ministro, sciogliendo la Dia, favorisce le mafie. Questa proposta la sto formulando io pubblicamente, che non sono certo un colluso». È consapevole di toccare le corde giuste Gratteri quando loda «il nuovo corso» inaugurato alla Procura di Catanzaro e ricorda «la fila di persone» dietro la porta del suo ufficio per denunciare. «I calabresi non sono omertosi, bensì non sanno con chi parlare», spiega il capo della Dda.
Gratteri la prende alla larga, mettendo nel mirino la legge Bassanini che «è stata un favore alle mafie». Per suffragare questa tesi il Procuratore cita l’abolizione del Co.re.co (il Comitato regionale di controllo), «organismo in grado di tutelare i sindaci dalle pressioni di faccendieri e criminali». Il dr. Gratteri ha evidenziato come la legge Bassanini (emanata negli anni ’90 per semplificare l’attività amministrativa, eliminando i controlli esterni) abbia fatto proliferare la mafia: “Adesso – ha ricordato – è direttamente la ‘Ndrangheta in diversi casi che decide i sindaci e compone le liste, perché l’organizzazione vota e fa votare in quanto ha bisogno di gestire e avere consenso“.
Per quanto riguarda la normativa che regola i comuni sciolti per mafia, il magistrato ha sostenuto: “La legge non è assolutamente adeguata” e “va cambiata prevedendo commissari a tempo pieno con poteri straordinari tali da licenziare i dipendenti e annullare le gare d’appalto. Le norme devono cambiare fino a quando non sarà più conveniente delinquere“.
Rispondendo alle domande degli studenti, Gratteri ha poi parlato del punto debole dei porti, dove passa gran parte della cocaina. “Rotterdam ha 17 chilometri di banchina e Santos in Brasile 35: in condizioni del genere, viste le dimensioni, la corruzione dilaga. – ha spiegato – L’anno scorso sono state sequestrate 8 tonnellate di cocaina nel porto di Gioia Tauro, dove quattro famiglie pretendono il 20% del valore della cocaina che transita. I sequestri sono stati possibili perché in Italia ci sono leggi appropriate e si svolgono indagini specifiche”.
Alla domanda di come si contrasti il crimine all’estero, il magistrato ha evidenziato che l’Unione Europea è piena di esponenti della ‘Ndrangheta perché non c’è uniformità legislativa. Ha poi dato la sua interpretazione al bisogno di mafia che sembra emergere dai territori e da alcuni settori dell’economia. Per il procuratore “non è solo richiesta di protezione ma anche desiderio di arricchimento personale e di potere“.
Infine, Gratteri ha parlato del rapporto tra mafia e terrorismo e di come sul contrasto di quest’ultimo siano concentrate tutte le forze di polizia. Ma al momento “non ci sono indagini significative dalle quali emergano contatti – ha concluso – perché la mafia non ha alcuna convenienza a stabilire collegamenti con il mondo del fondamentalismo islamico, al cui contrasto sono concentrate le polizie di tutto il mondo“.
L’Opinione.
Il dott. Gratteri, Attuale Procuratore Capo di Catanzaro e noto magistrato in prima fila nella lotta alle mafie, particolarmente alla ndrangheta, lo aveva già detto nel 2016, nel corso della presentazione del suo libro “Padrini e Padroni” che si era tenuta alla Procura di Enna alla presenza del procuratore Massimo Palmeri e del massmediologo Klaus Daviche:
“La riforma Bassanini è stata un grande, anche se involontario, favore alle mafie, perché ha tolto il CORECO. Un sindaco solo davanti al mafioso che va lì e gli dice «No questa delibera deve passare.» il primo cittadino cosa risponde «Guarda che è inutile che la facciamo perché tanto il CORECO la boccia». Oggi non c’è nemmeno quello”. Ha dichiarato Gratteri in un’altra fase dell’incontro: “Quando il capomafia concorre a votare il sindaco, perché la cosa terribile per i politici solo le ultime 48 ore quando hanno paura di non essere eletti, fanno patti con il diavolo. Bisognerebbe incatenare i candidati gli ultimi tre giorni per non farli andare nelle case dei capimafia. – afferma il magistrato che prosegue – Oggi rispetto a venti anni fa sono loro che vanno a casa dei mafiosi a chiedere pacchetti di voti in cambio di appalti perché la mafia è più credibile di loro. Trenta quaranta anni fa era il contrario: era il boss che andava dal politico a chiedere il posto per la nuora, o di non far fare la leva al figlio”.
Il Co.Re.Co di cui trattasi, era un organo della Repubblica italiana, precisamente delle Regioni con sezioni provinciali, al quale erano attribuite funzioni di controllo sugli atti delle province, dei comuni e degli altri enti locali.
Da queste pagine si è spesso scritto che i nostri Comuni e quanto annesso e connesso, sono in balia di forze politico-sociali deviate.
Tutto questo poiché, per legge, non ci sono controlli. Furono rimossi per effetto della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 che ha riformato il Titolo V della Costituzione. La legge costituzionale, in realtà, non ha soppresso i CO.RE.CO. ma si è limitata ad abrogare l’art. 130 Cost. che ne prevedeva l’istituzione, il che aveva fatto sorgere dubbi circa la possibilità per le Regioni di mantenerli comunque in vita. In ogni caso, tutte le Regioni (guarda caso) hanno scelto di sopprimerli.
La riforma del Titolo V della Costituzione è entrata in vigore l’8 novembre 2001 dopo un lungo iter normativo: il Senato, con deliberazione adottata l’8 Marzo 2001 (Governo Amato II) ha approvato la Legge Costituzionale n. 3/2001 (riforma Titolo V della Costituzione, artt. 114–132 Cost. disciplina delle autonomie locali) con una maggioranza inferiore a quella richiesta (maggioranza qualificata dei due terzi dei membri delle Camere). Per questo tale legge fu sottoposta a referendum confermativo il 7 ottobre 2001 (Governo Berlusconi 2) che si è concluso con esito favorevole all’approvazione della legge (il 64% dei votanti si è espresso per il sì, a riprova che noi italiani a volte votiamo contro i nostri interessi di cittadini), sicché è poi entrata in vigore il mese successivo.
Un esempio per far comprendere le conseguenze deleterie di quella norma: una volta un consigliere comunale di Minoranza, ma pure un cittadino tramite un consigliere, poteva semplicemente segnalare alla Sezione del CoReCo una eventuale anomalia di Delibera, di Giunta o di Consiglio, oppure di Determina sindacale o di responsabile amministrativo oppure tecnico. La Commissione ne verificava la regolarità. Dal 2001 in poi invece, per quanto un’Opposizione comunale possa impegnarsi, di fatto alla fine può solo ricorrere al Tar, la qualcosa ha costi non sopportabili per molti. L’effetto misconosciuto negli anni è stato che la Minoranza comunale, essendo stata forzosamente svuotata del suo controllo sulla Maggioranza, ha finito in parecchi casi con il rinunciare al proprio ruolo se non anche opportunamente allinearsi.
Altrettanto andrebbe rivista la legge 97/2016 sulla Trasparenza della Pubblica Amministrazione, ma in senso chiaro, serio e soprattutto severissimo per gli inadempienti. Poiché così com’è, senza gravose sanzioni, è inconcludente e inefficace, tanto che gli amministratori comunali continuano arrogantemente a ridersela dei cittadini o anche dei consiglieri di minoranza che legittimamente chiedono civile trasparenza.
I nostri Comuni sono di tutta evidenza e notorietà, divenuti dei feudi pubblico-politici con rispettive cortigianerie, forzosamente incontrollati e incontrollabili. Mentre il cittadino, anche il più volenteroso e civile, è totalmente impotente, nonché intimidito se non anche minacciato da ritorsioni di ogni genere, pure trasversali, da quelle legali ad amministrative, lavorative e pure delinquenziali. Il neo Governo nazionale 5stelle-lega ripristini sollecitamente il Co.Re.Co. La Regione Siciliana, poiché a Statuto autonomo, in questa materia potrebbe immediatamente provvedere. Si aggiunga però a rotazione, tra i componenti del Co.Re.Co. anche Magistrati, Carabinieri e Guardia di Finanza, magari di un’altra provincia rispetto a quello di controllo.
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’immagine è tratta da antimafiaduemila.
Adduso Sebastiano
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