«Al ricovero portatevi asciugamani e sapone»: questa è la richiesta del Don Uva di Bisceglie ai propri pazienti. La Regione: è inammissibile.
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ARI – I pazienti che chiedono il ricovero al «Don Uva» di Bisceglie devono portarsi da casa, oltre che l’abbigliamento, anche i presidi per l’igiene personale. Nonostante si tratti di prodotti che la Regione già rimborsa alla clinica nell’ambito della tariffa concordata. Eppure l’ex ente ecclesiastico, oggi passato sotto lla gestione di una impresa foggiana, lo mette nero su bianco nel foglio che viene consegnato al degente.
Il documento (pubblicato qui a lato) è una sorta di vademecum rilasciato dal reparto di Medicina fisica e riabilitativa nella sede di Bisceglie del Don Uva. E sotto la formula del «è consigliabile», propone al paziente che deve ricoverarsi per un ciclo di riabilitazione intensiva ortopedica la lista della spesa: «Per il periodo della degenza è consigliabile avere disponibili tuta e scarpe da ginnastica (possibilmente con chiusura in velcro), borsa del ghiaccio, eventuali cuscini aggiuntivi, vestiario intimo, calzini bianchi di cotone, detergente liquido e detergente intimo, asciugamani, salviettine igieniche imbevute».
Di fronte al documento, che risale alla metà di settembre ed è emerso ieri nell’ambito di un procedimento di natura pubblica, in Regione allargano le braccia: «Il Don Uva – dicono – un servizio accreditato e non può chiedere al paziente di portare da casa ciò che è previsto nei costi già rimborsati alla struttura». Ovvero i prodotti per l’igiene, che la clinica deve (deve) mettere a disposizione del paziente in quanto sono già pagati. La biancheria intima e il vestiario sono, ovviamente, a carico del degente, ma non così la biancheria da letto: e dunque anche gli «eventuali cuscini aggiuntivi» potrebbero essere una inaccettabile pretesa. Ecco perché, di fronte alla copia di questo documento, la Regione annuncia che eseguirà una ispezione presso la clinica con l’obiettivo di accertare il rispetto del contratto che la lega alla Asl Bat.
Dopo una lunga fase di amministrazione straordinaria, dal 1° ottobre le attività sanitarie dell’ente ecclesiastico (Foggia, Bisceglie e Potenza) sono passate alla Universo Salute. E nelle ultime settimane si è sviluppata una furiosa corrispondenza tra sindacati e azienda sul rispetto degli impegni contrattuali: sul trattamento di mensa (e sulla presunta inidoneità dei locali adibiti per questo servizio a Bisceglie), sull’organizzazione del lavoro, il trasferimento dei reparti e dei pazienti dell’ex ortofrenico. Proprio ieri è partita una nuova nota unitaria dei sindacati (Fp Cgil, Fp Cisl, Fpl Uil, Fials, Ugl, Fsi e Usb), che parla di «modello singolare» di interlocuzione: l’azienda – accusano tutte le sigle – parla soltanto attraverso Facebook e accusa i dipendenti di essere fannulloni.
Insomma, la situazione è molto tesa. Universo Salute (che fa capo all’ad Paolo Telesforo e al presidente Michele D’Alba) ha annunciato di voler rilanciare le attività sanitarie dell’ex ente ecclesiastico, con l’obiettivo di creare un polo forte per la riabilitazione. Per fare questo, sta cercando di ottenere una revisione delle tariffe da parte delle Regioni (sia Puglia che Basilicata), e – temono i sindacati – agirà anche sul costo del personale, scaricando i lavoratori con contratto a termine. Alle accuse piovute nelle ultime settimane, l’azienda ha risposto – in effetti – attraverso Facebook, definendo «menzogne» i rilievi dei sindacati. In quanto alla questione del sapone, Universo Salute garantisce che non c’è nessuna indicazione in merito: «Non sono a conoscenza dei contenuti di questo documento – dice infatti l’ad Telesforo -, si tratterà di una iniziativa personale non certo dell’azienda. Chiederò chiarimenti ai responsabili del reparto».
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