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Domani inizia il “Tax freedom day” – realtà o illusione?

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In arrivo, da venerdì prossimo, il ‘Tax Freedom Day’, che in teoria ci manda in vacanza nei confronti del fisco, anche se, di fatto, sembra solo una favoletta, raccontata al contribuente per mandare giù le pillole amare delle tasse.

Il ‘Tax freedom day’ è un’espressione idiomatica inglese, che, dato l’argomento ‘fisco’, non ha neppure necessità di traduzione. Il fatto è che noi, di rimando, abbiamo mutuato la locuzione, ma non i privilegi, in quanto gli americani, per esempio, ‘celebrano’ il tax freedom day il 24 aprile, ossia più di un mese prima di quanto avviene in Italia.. In America, quest’anno, si lavorerà 114 giorni per il fisco, e 252 per se stessi.

Il 3 giugno in Italia, scatta la fatidica data, che sembra una liberazione, o come si diceva, piuttosto un miraggio; ma di diverso, rispetto al 2015, c’è il fatto che arriva 3 giorni prima. Secondo la Cgia di Mestre (che cura un ufficio studi, e pubblica ricerche di carattere economico e sociale), si lavora per il Fisco 154 giorni l’anno, e precisa:

“Sui contribuenti onesti grava una pressione fiscale reale che quest’anno tocca il 48,4%,  6,2 punti in più rispetto a quella ufficiale”.

Il miglioramento, in termini di giorni vincolati al Fisco, riguarda la comparazione con lo scorso anno, ma non se il rapporto va indietro di poche decine d’anni, dove invece si riscontra un peggioramento di ben 5 giorni in più immolati alla fauci del fisco.

Secondo Renato Mason, segretario della Cgia, da parte del governo c’è stata una politica fiscale indirizzata verso il rigore, che ha reso ancora più precario lo stato di reddito delle famiglie, schiacciate da troppe imposizioni. Il che, si è in definitiva tradotto in una contrazione dei margini disponibili verso il consumo. E da qui alle conseguenze che stanno portando il sistema economico sull’orlo della deflazione, il passo è breve. Migliorare il reddito delle famiglie e delle imprese, è la chiave per sbloccare i meccanismi di questa mediocre congiuntura economica.

Secondo Mason, buona è stato l’intervento del governo, a beneficio delle retribuzioni medio-basse, attraverso i famosi 80 Euro, ma non è sufficiente a spingere le ruote di un carrozzone che stenta a muoversi, sarebbe necessario intervenire a vantaggio delle partite  Iva e abolire l’Irap, riducendo infine  l’Irpef.

Sempre secondo i comunicati della Cgia, quest’anno, il gettito del Fisco, è destinato a diminuire per un importo parei a 7 miliardi di Euro, non noccioline, per il dissesto dei conti pubblici.

Il calo è previsto perché le famiglie, quest’anno – a parte coloro che possiedono interi palazzi, ville, o edifici di valore storico – non pagheranno la Tasi sulla prima casa (gli italiani risparmieranno 3,5 miliardi di euro, mentre l’erario non sorriderà sul mancato rientro–), misura annunciata dal governo Renzi, che sta tentando con alchimie varie, di aggiustare i conti dello stato, riducendo il deficit e il debito pubblico, e allo stesso tempo dimostrando attenzione nei confronti delle famiglie, soprattutto quelle monoreddito.

Le imprese invece non sono vincolate al pagamento dell’Imu sugli impianti ‘ imbullonati’, che equivale ad una sottrazione per l’erario di circa 530 miln di euro, mentre la mancanza d’introiti riguardanti l’esenzione sui terreni agricoli, sarà intorno ai 400 milioni di euro.

In materia di Irap, la Cgia, dichiara:

 “Le novità in materia di Irap, invece, prevedono l’abolizione dell’imposta per le imprese agricole e le cooperative di piccola pesca, con un risparmio di 167 milioni di euro. Il super ammortamento delle spese per investimenti al 140%, e i nuovi crediti di imposta per le attività ubicate nelle aree svantaggiate del Paese garantiscono un minor gettito pari a 787 milioni di euro”.

Negli Stati Uniti, il ‘tax freedom day’, è fissato dalla National Tax Foundation, che fa riferimento ad una fondazione privata, la quale ha lo scopo di rendere meno ostico il sistema fiscale, tenendo presenti i parametri e i dati ufficiali diffusi dal Bureau of Economic Analysis, che poi corrisponde all’Ufficio statistico del Dipartimento del Commercio. In America, quest’anno, coincide con un giorno prima, a differenza dell’Italia (3 giorni prima), considerato il fatto che i dati ufficiali divulgati dalla National Tax foundation, sulle entrate fiscali degli USA, rispetto al Pil, sono più basse rispetto allo scorso anno.

Secondo i dati resi noti dalla Banca Mondiale, il Fisco nel nostro paese, pesa più che negli States e della media relativa ai paesi europei.  Prendendo come anno di riferimento il 2013, il gettito fiscale, in Italia, è stato  pari al 23,6% del Pil, mentre negli Usa ha pesato solo per  il 10,5%. Dati che non necessitano di ulteriori commenti.

Prendiamoci pure il ‘Tax freedom day’, e consoliamoci, ma siamo consapevoli che lo stato, ogni giorno dell’anno, ci chiede conto di un quasi astronomico debito pubblico, che può essere ridimensionato a passo di tartaruga, data l’esorbitanza del suo importo, e comunque sulle spalle del contribuente.

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