Antonio Corbo scrive su La Repubblica
N
ell’estate record del turismo, la città violenta si fa subito riconoscere. Non basta la selvaggia aggressione per un Rolex alla coppia di russi, nel caos della Pignasecca. Nelle zone popolari come sull’arcata del tunnel in via Acton, Napoli propone frasi da giallo. “Ti spezzeremo le gambe”, sono le minacce a “Adl”, in spray nero su striscioni bianchi. Chi sarà mai “Adl”, è la prima domanda per capire che cosa succeda qui, quale mistero si nasconda. Appena si sa che un gruppo bene identificato di tifosi si rivolge al presidente del secondo club italiano, gli ospiti di Napoli si chiedono come reagirà Milano, dove la bancarotta del calcio consegna due leggende all’enigmatica finanza cinese. Gli stranieri di paesi evoluti non si spiegano infine perché non siano stati già rimossi. Se emerge un pur modesto profilo penale, sono ancora lì? Le minacce appaiono solo nei momenti critici. Spariscono appena il Napoli indovina un acquisto o una serie di vittorie. La procura antimafia negli anni del pm Antonello Ardituro e la Digos di Antonio Sbordone hanno indagato abbastanza, dimostrando anche una trama estorsiva. Questa vicenda coincide con una fase di assestamento: la cronaca informa che i giovani sono alla ricerca di nuovi equilibri in Curva A e nei quartieri popolari. De Laurentiis non presenta denuncia, giusto. Ma stasera il Napoli torna al San Paolo. E lo troverà semivuoto. Questo il fenomeno più inquietante. Con Andrea Chiavelli, amministratore delegato, il presidente farà bene a valutare i segnali di indifferenza. Più che la minaccia, è da temere il disamore. Può giocare nel deserto una squadra che solo tre mesi fa stracciava record di vittorie e gol? Che De Laurentiis vanti risultati straordinari (bilancio sano, 2 secondi posti, 3 qualificazioni Champions) è nei fatti. Ma è ancora più strano che il protagonista di questa scalata abbia il vuoto intorno. Dopo lo sdegno per il voltafaccia di Higuain, si rileva qualche errore. Aumentare i prezzi degli abbonamenti senza avere un bomber di ricambio, la mancanza di un piano B, la raffica di rifiuti: tutto questo rivela inesperienza e fragilità. Forse è il momento che De Laurentiis reinventi il suo personaggio, come accadde il 27 maggio, quando placò l’ira di Sarri con un ingaggio superiore alle sue aspettative. Ha intelligenza da manager, ma nel calcio deve convertire almeno l’immagine: da impresario attento agli affari a presidente-tifoso. Deve far suoi la sua passione della città onesta, i sogni dei giovani e la nostalgia degli scudetti. La mancanza di strutture, la sede di fortuna, i campi del vivaio a basso costo, il culto di clausole astiose e inutili, quel sentirsi di passaggio: niente di questo gli giova. La formula del postal-market deprime il calcio. Ha risultati e spesso stile da buon presidente, ma rimane solo nel gelo del suo successo.
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