Castellammare, Pm sul Caso Consip:”Scarfato pronto a tutto, voleva arrestare il padre di Renzi”

 I pm di Roma accusano l’ufficiale dei carabinieri del Noe: Scafarto puntava ad inchiodare Tiziano...

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 I pm di Roma accusano l’ufficiale dei carabinieri del Noe: Scafarto puntava ad inchiodare Tiziano Renzi ad ogni costo, anche travisando i fatti

Voleva arrestare a tutti i costi il padre di Renzi, che all’epoca rivestiva ancora la carica di Presidente del consiglio. Sarebbe questa l’accusa che muovono i pm di Roma verso l’ufficiale dei Carabinieri del Noe originario di Castellammare di Stabia, Gianpaolo Scarfato. Un obiettivo che, sempre secondo i pm, l’ufficiale avrebbe perseguito con ogni mezzo, anche falsificando le prove del caso e violando le regole giuridiche. Il procuratore capo Giuseppe Pignatone e i pm titolari dell’indagine, non hanno dubbi e nel provvedimento di 15 pagine depositato in Cassazione la settimana scorsa, confermano l’impianto accusatorio nei confronti dell’ex Carabiniere del Noe, rielencando le “violazioni e il travisamento dei fatti” messo in atto nel corso dell’attività di indagine per arrivare a “incastrare Tiziano Renzi”. Questa nuova accusa nei confronti di Scarfato avviene come una sorta di risposta a quanto deciso dal Tribunale di Riesame che nelle motivazioni aveva attribuito a Scafarto (indagato per falso, depistaggio e rivelazione del segreto d’ufficio) non condotte dolose ma solo errori.
I pm hanno ricordato alla Suprema Corte, le vicenda ricostruendo la condotta controversa che l’ufficiale dell’Arma avrebbe assunto, a cominciare dal 9 gennaio del 2017, giorno in cui appare il suo nome nell’informativa da lui redatta.
Scafarto, per la Procura romana, voleva incastrare Tiziano Renzi, un obiettivo che “l’indagato si rappresentava così come si deduce da alcuni messaggi whatsapp e dalle conclusioni a cui si giunge nelle informative del 9 gennaio e del 3 febbraio 2017”. Inoltre, rilevano i magistrati, persino il reato contestato a Renzi senior era contro ogni logica del diritto e tentava di scavalcare le prerogative del pm con “una qualificazione giuridica del fatto -scrivono- che autorizzava la custodia cautelare in carcere, contro ogni logica giuridica e probatoria al fine di espropriare l’autorità giudiziaria di qualificare il fatto stesso”.

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