Il Corriere del Mezzogiorno scrive
Albiol mostra la maglietta strappatagli da un avversario all’arbitro Celi. S’infuria, toglie la maglia e platealmente protesta per il fallo subito. Il direttore di gara lo ammonisce e lui sfacciatamente gli dà la classica pacca sulla spalla, alza il pollice della mano e si allontana. Intuisce, Albiol, che l’occasione è propizia per farsi rispettare. Soprattutto, per far rispettare la sua squadra. E insiste: tornando a metà campo, si volta verso il guardalinee e applaude. Tutto accade verso la fine del primo tempo della sfida tra Napoli e Verona, a rigor di regolamento il difensore azzurro poteva anche beccare il cartellino rosso. Non è accaduto. E Albiol lo aveva previsto. Azzardo calcolato, sfruttando il momento: il Napoli, reduce da una settimana di polemiche per l’espulsione di Sarri e di Higuain a Udine, destinatario di una sanzione eccessiva del giudice sportivo (quattro giornate al bomber argentino) e con la tifoseria tutta che si era sentita vittima di un complotto. Albiol come Bonucci ne ha approfittato per tirare fuori rabbia e artigli, sapendo di non rischiare nulla. Rizzoli in Juve-Torino ammonì e non espulse Bonucci che platealmente si opponeva al calcio di rigore fischiato a favore degli avversari, fino ad avere un incontro ravvicinato con il direttore di gara. Celi ha ammonito e non espulso Albiol. La sudditanza psicologica esiste e il difensore spagnolo ha saputo essere come il collega juventino. Anche questa è forza.
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