Al via ieri a Palermo alla IV edizione de La Festa dell’Onestà, la manifestazione in memoria del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa.
“Quella del 3 settembre 1982 in via Isidoro Carini fu una strage. Quella di oggi è una festa, che è il modo migliore per dire al signor Generale e a tutti coloro che hanno dato la vita: “Grazie, avete vinto”. Con queste parole il Sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, ha dato il via alla IV edizione de La Festa dell’Onestà, la manifestazione in memoria del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, a 37 anni dall’omicidio in cui persero la vita anche la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo. Tre giornate organizzate dall’Associazione ‘Cassaro Alto’ e dall’Associazione ‘Ballarò significa Palermo’, insieme con il Comune di Palermo e con l’Assessorato alle Culture, grazie agli sponsor: Confcommercio Palermo, Gesap Aeroporto internazionale di Palermo, Fotograph, e con il patrocinio dell’Arma dei Carabinieri. Alla cerimonia d’apertura sul piano della Cattedrale, nel cuore del Cassaro Alto, erano inoltre presenti: il vice Sindaco Fabio Giambrone che, insieme al comandante della Polizia Municipale, Vincenzo Messina, è intervenuto al dibattito sul tema “L’importanza del senso civico nella lotta all’abbandono dei rifiuti: un progetto di condivisione comunitaria”; il Generale Giovanni Cataldo, Comandante della Legione Carabinieri Sicilia; il Questore di Palermo, Renato Cortese; Mons. Filippo Sarullo, parroco della Cattedrale di Palermo.
”Con impegno quotidiano e con la consapevolezza del cambiamento – ha aggiunto il Sindaco Leoluca Orlando – si dà una risposta alla criminalità mafiosa. Avere rispetto per il cammino che si è fatto e per il cambiamento che si è raggiunto credo che sia il modo migliore per ricordare chi ha dato la vita per il cambiamento della nostra città, credendo possibile il giorno della festa. Signor Generale, con tanta ammirazione e gratitudine il giorno della festa è arrivato. Le vittime della mafia hanno compiuto la loro missione sacrificando la propria vita – ha concluso Leoluca Orlando – ora spetta a tutti noi compiere la nostra missione di cittadini, avendo come riferimento e impegno il ”senso civico”, quello stesso senso civico cui fece riferimento, con il suo intervento sulla ”stagione dei doveri”, l’indimenticato Aldo Moro, anche lui vittima per la Democrazia nel nostro Paese”.
Per ricordare commemorazione del vile attentato mafioso di quel 3 settembre 1982 in cui fu ucciso il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, riproponiamo qui di seguito parte di un precedente articolo “Carlo Alberto Dalla Chiesa. Si combatte anche per i propri ragazzi”: “Ma chi ca… se ne fotteva di ammazzare dalla Chiesa… E perché glielo dovevamo fare questo favore…”. A pronunciare queste terribili frasi è il medico e capomandamento di Brancaccio Giuseppe Guttadauro, boss mafioso che spiega a uno dei suoi soldati come e perché i capi di Cosa nostra diedero l’ordine di uccidere il generale Carlo Alberto dalla Chiesa la sera del 3 settembre 1982.
“L’ordine di eliminare dalla Chiesa arrivò a Palermo da Roma …”. A dichiararlo, è stato Roberto Scarpinato, Procuratore generale di Palermo, , in occasione dell’audizione avvenuta l’8 marzo 2017 dinanzi alla Commissione parlamentare antimafia in relazione ai legami mafia-Nell’ambito di quell’audizione, poi secretata, Scarpinato aveva detto di essere stato informato “di progetti di attentati, nel tempo, nei confronti di Magistrati di Palermo orditi da Matteo Messina Denaro per interessi che, da vari elementi, sembrano non essere circoscritti alla mafia ma riconducibili a entità di carattere superiore”, descrivendo poi i legami tra Cosa nostra e logge massoniche, in particolare riguardanti i boss Stefano Bontade e Bernardo Provenzano, fino a Messina Denaro, sottolineando che già Bontade faceva parte di una loggia segreta “che era un’articolazione in Sicilia della P2 …”. Dietro l’assassinio del generale Carlo Alberto dalla Chiesa, ucciso il 3 settembre 1982 a Palermo insieme alla moglie Emanuela Setti Carraro, si staglierebbe la figura di un deputato, deceduto nell’85 e vicinissimo a Giulio Andreotti … c’era chi temeva l’operato di dalla Chiesa, da lui stesso annunciato alla presenza di Andreotti quando, poco prima di partire per la Sicilia, gli disse: “Non avrò alcun riguardo per la parte inquinata della sua corrente”, tanto che il generale scrisse poi nel suo diario che il “Divo” Giulio “sbiancò” … …].
L’opinione.
L
’allora “corrente andreottiana”. Una consorteria ramificata ovunque e a tutti i livelli politico-sociale, tutt’ora risaputamente presene sotto altre fattezze, vetero e giovani, attraverso trasformismi, logge, confraternite e associativismi vari. Un intreccio di favoritismi e interessi di vario genere, soprattutto carrieristici, professionali, per incarichi, nomine, potere, remunerazioni, privilegi, vantaggi, appalti, fatta di parlamentari, politici, giuristi, giudici, avvocati, ingegneri, consulenti, prelati, dirigenti, universitari, docenti, giornalisti, imprenditori, sindacalisti, ecc. insomma di tutti gli strati della società siciliana (e italiana). Per carità, tutto costituzionale. Ma talmente ormai ramificata, potente, omertosa, camaleonte e dissimulata, che d’altronde, singolare coincidenza vuole, pure tutte le stragi degli anni passati sono sostanzialmente rimaste un mistero per quanto riguarda i mandanti. Addirittura in qualche caso, di tutta evidenza depistate per anni, come quella emblematica dell’uccisone del Magistrato dr. Borsellino e della sua scorta, con i Giudici fino al terzo grado che, guarda caso, neppure se ne accorgevano. Oppure è anche significativo il caso “montante” in cui dimoravano alti rappresentanti dello Stato e della politica. Bisogna essere siciliani e avere vissuto certe esperienze per percepire e in parte anche comprendere questo sistema, contro il quale si combatte e anche si muore, senza che però mai cambi nulla, poiché è lo Stato ad essere marcio nelle sue norme. E sul questo forzoso fradiciume, naviga da decenni a gonfie vele la corruzione e la mafia.
Adduso Sebastiano
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