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12 Maggio 1974: storia divorzio e referendum abrogativo

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12 MAGGIO 1974 – Il “no” che cambiò l’Italia. Era il 12 maggio 1974 quando gli italiani furono chiamati alle urne per il primo referendum abrogativo della storia della Repubblica.
Si votò anche il 13 maggio. Vincono i NO con il 59,3%; la legge Fortuna-Baslini resta in vigore.

12 Maggio 1974: storia divorzio e referendum abrogativo

La legge che introdusse il divorzio in Italia fu approvata definitivamente dalla Camera il primo dicembre del 1970 con 319 voti favorevoli e 286 contrari (605 i votanti e presenti in Aula), al termine di una seduta conclusasi alle 5,40 del mattino con votazioni iniziate alle 10 del giorno precedente.

Modifica alla legge che introdusse il divorzio

Nel 1987 fu approvata una modifica che ridusse da cinque a tre gli anni di separazione richiesti prima di poter accedere al divorzio, grazie alla determinazione dell’allora presidente della Camera, Nilde Iotti, che riuscì a ottenere l’accordo unanime di tutti i Gruppi per un’approvazione in commissione in sede legislativa:

“Per quanto siano forti i sentimenti che uniscono un uomo e una donna – in ogni tempo, ma soprattutto direi, nel mondo di oggi – essi possono anche mutare; e quando non esistono più i sentimenti, non esiste neppure più il fondamento morale su cui si basa la vita familiare. Abbiamo dunque bisogno di ammettere la possibilità della separazione e dello scioglimento del matrimonio”.

Vincitori e vinti

 Il grande sconfitto fu il segretario della Democrazia cristiana Amintore Fanfani che aveva fortemente voluto il referendum.

referendum sul divorzioNon a caso Avvenire titolò: “Hanno prevalso i no” (ricordando nell’occhiello che “milioni di italiani avevano votato contro il divorzio”).

referendum sul divorzio, unità“Grande vittoria della libertà”, rispose L’Unità, riprendendo le parole del segretario del Pci  Enrico Berlinguer:
“È una grande vittoria della libertà, della ragione e del diritto, una vittoria dell’Italia che è cambiata e che vuole e può andare avanti”.

Il matrimonio non è “un modo per sistemarsi”.

Su questa convinzione si è basata la Cassazione per ribaltare con la sentenza di mercoledì 10 maggio 2017 i criteri in base ai quali viene determinato l’assegno di mantenimento in caso di divorzio.

Fino ad allora, con 30 anni di indirizzo costante nel diritto di famiglia, i giudici avevano stabilito che la sua entità fosse collegata al parametro del “tenore di vita matrimoniale”, garantendo che fossero mantenute le abitudini precedenti alla separazione.

Ora invece la discriminante sarà il “parametro di spettanza” basato sulla valutazione dell’indipendenza o dell’autosufficienza economica della parte che lo richiede.

Una vera e propria rivoluzione che ricorda quella del referendum sul divorzio, negli stessi giorni di maggio di 48 anni fa.

Era il 12 maggio del 1974 quando gli italiani furono chiamati alle urne per il primo referendum abrogativo della storia della Repubblica. Si votò anche il 13 maggio.

REFERENDUM SUL DIVORZIO: 12 e 13 maggio 1974.

Il referendum abrogativo in Italia del 1974 si tenne il 12 e 13 maggio ed ebbe come oggetto la disciplina normativa con cui era stato introdotto l’istituto del divorzio, previsto dalla «legge 1º dicembre 1970

Il referendum del 1974 fu il primo referendum abrogativo della storia dell’Italia repubblicana. Venne indetto per abrogare la legge che nel 1970 aveva introdotto il divorzio, causando controversie e opposizioni.

Risultati del Referendum

Alle urne si recarono 33 milioni e 23mila 179 elettori (37 milioni 646 mila 322 erano gli aventi diritto), pari all’87,72 per cento.

I “no” che confermarono il divorzio furono quasi il 60% (19 milioni 138mila 300), i “sì”, quindi i contrari all’istituto che ne chiedevano la cancellazione, furono il 40,74%, (13 milioni 157mila 558).

33.023.179 elettori si recarono alle urne, 19.138.300 elettori (59,26%) votarono contro l’abrogazione della legge. I voti favorevoli furono 13.157.558 (40,74%).

Il referendum abrogativo è previsto dalla Costituzione.

L’articolo 75 dispone che si procede allo svolgimento del referendum popolare per deliberare l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente forza di legge, quando lo richiedano cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.

Lo stesso articolo specifica le categorie di leggi che non possono essere sottoposte a referendum: leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e indulto e di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali.

Il dettato costituzionale pone, infine, due condizioni all’approvazione della proposta soggetta a referendum: la partecipazione alla votazione della maggioranza degli aventi diritto (cioè degli elettori della Camera dei deputati) e il raggiungimento della maggioranza dei voti validamente espressi.

Le modalità di attuazione del referendum sono riservate alla legge ordinaria, la legge 25 maggio 1970, n. 352, che è stata approvata dal Parlamento dopo molti anni dall’entrata in vigore della Costituzione.

L’ultima variazione: Il divorzio breve. Cos’è?
Il divorzio cosiddetto ‘breve’ è un istituto giuridico, introdotto con la legge 55/2015 approvata in Parlamento il 22 aprile 2015, che permette di ottenere lo scioglimento del matrimonio civile o di quello concordatario dopo che siano trascorsi 6 mesi dalla dichiarazione di separazione consensuale oppure un anno da quello giudiziale.
La riforma del 2015 ha ridotto le tempistiche per il divorzio, con l’introduzione del divorzio breve. In passato le tempistiche per il divorzio, decorrenti dal momento della separazione, erano di almeno tre anni. Adesso basta aspettare un anno, se la separazione è giudiziale, e 6 mesi, se la separazione è consensuale.
Il divorzio prevede lo scioglimento del matrimonio e la cessazione dei suoi effetti civili. Infatti il coniuge non avrà diritto a nessuna ereditarietà, in caso di morte dell’altro coniuge. Inoltre non ci sarà più l’obbligo di versare l’assegno di mantenimento, nei confronti del coniuge con il reddito più basso.
Invece ci sarà l’obbligo di pagamento dell’assegno di divorzio, se quest’ultimo non trova un lavoro e non riesce ad avere un’indipendenza economica.
Divorzio giudiziale e divorzio congiunto
Si può ottenere in divorzio seguendo due possibilità:
  • chiedendo il divorzio giudiziale in Tribunale e facendo causa all’altro coniuge, poiché vi è disaccordo con quest’ultimo. In questo caso le tempistiche per il divorzio diventeranno molto lunghe, e sarà molto complicato fare delle previsioni;
  • trovando un’intesa con l’altro coniuge e facendo richiesta di divorzio congiunto. I coniugi potranno procedere con il divorzio consensuale attraverso tre opzioni: fare istanza al Tribunale, negoziazione assistita da avvocato divorzista o manifestazione di separate dichiarazioni davanti al Sindaco.
Tempistiche per il divorzio breve
Le tempistiche per il divorzio dopo la riforma del 2015 sono di:
  • 1 anno in caso di la separazione giudiziale;
  • 6 mesi in caso di separazione consensuale.
In caso di riconciliazione dei coniugi durante o dopo la separazione, le tempistiche per il divorzio vengono sospese.  Si presume che la riconciliazione avvenga, quando vi sono delle condotte che dimostrino la volontà di riunione, come la convivenza in modo stabile.
Ci sono alcuni casi in cui si può chiedere il divorzio, anche senza aver ottenuto la separazione:
  • matrimonio non consumato;
  • annullamento o scioglimento di matrimonio celebrato all’estero;
  • condanne per reati particolarmente gravi in ambito familiare (maltrattamenti, violenze, incesto, omicidio ecc.);
  • cambiamento di sesso.
Conclusioni

Con la riforma del 2015, le tempistiche per il divorzio si sono decisamente ridotte. Infatti il termine precedente era di 3 anni, adesso invece varia in relazione al tipo di separazione effettuata:


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