Si era sentito di attriti nel mondo parlamentare del M5S siciliano. Ora un intervento su un quotidiano di un loro europarlamentare lo confermerebbe.
Era sembrato che qualcosa non stesse andando più in modo uniforme tra i parlamentari siciliani con l’elezione della deputata pentastellata Angela Foti a Vicepresidente all’Ars quando il designato dal gruppo parlamentare del M5s era stato l’ex capogruppo Francesco Cappello. Ce ne eravamo occupati nell’articolo “29 Dicembre 2019 Una donna Vicepresidente dell’Ars. Intanto approvato il rendiconto e l’assestamento di bilancio”.
Prima ancora ai primi di dicembre un audio parzialmente estrapolato da un incontro tra l’europarlamentare del M5S Dino Giarrusso con un gruppo di attivisti siciliani era finito per circolare su chat private fino ad arrivare ad essere reso pubblico sui media. Nella sostanza Giarrusso, nell’insieme di un più complessivo dibattito in cui i partecipanti lamentavano una carenza di rispetto delle regole datesi dal M5s, diceva ai presenti “Perché non avete fatto nulla per farvi sentire”. Ciò aveva provocato tra l’altro la reazione risentita dell’allora appena nominato Viceministro dei Cinque Stelle alle infrastrutture Giancarlo Cancelleri.
Tali iniziali contrasti avevano e, hanno inquietato molti attivisti e simpatizzati dei Cinque Stelle siciliani. Adesso però siamo in presenza di neanche tanto velate delegittimazioni, eloquenti di una spaccatura all’interno del Movimento.
L’euro deputato del M5s Ignazio Corrao, romano di nascita ma cresciuto tra Alcamo e Palermo, avvocato e veterano pentastellato delle prime ore del movimento, in una intervista al quotidiano siciliano, mentre per un verso giustifica con dei dati, secondo proprie considerazioni, gli esiti delle ultime votazioni che hanno visto finire ai minimi elettorali i pentastellati (ce ne siamo occupati nell’articolo “27 Gennaio 2020 Regionali Calabria: vince il centrodestra, fermo il centrosinistra, minimo per il m5s”), per un altro verso, seppure non esplicitamente, ma di tutta evidenza e notorietà (poiché è risaputa la tensione tra i due gruppi, come dire: Corrao-Giarrusso, all’interno dei pentastellati siciliani) indirettamente chiama in causa (del tipo: parlami suocera, intendimi nuora) tramite la nominativa domanda del giornalista e senza confutarla, l’eurodeputato Dino Giarrusso, nato a Catania, laureato in scienze della comunicazioni e giornalista, quasi rappresentasse l’emblema della contrazione consensuale dei cittadini verso i Cinque Stelle.
Si Dimentica tuttavia che, l’eurodeputato Giarrusso, candidatosi per la prima volta alle ultime elezioni europee del 23 e 26 maggio 2019, è stato il più votato nel M5S nella circoscrizione Isole, Sicilia Sardegna con 116.776 voti, superando anche Berlusconi che in questi luoghi ha sempre elettoralmente capeggiato.
Va in merito pure rilevato un aspetto di quelle votazioni europee. Sulla piattaforma Rousseau dei Cinque Stelle, ove notoriamente questi ultimi decidono anche i candidati, l’eurodeputato Ignazio Corrao era stato il più votato. Ma evidentemente non ci sarebbe stata poi una corrispondenza consensuale tra la prima fase interna elettorale al Movimento e quella invece reale con i cittadini, tanto che gli esiti sono stati dissomiglianti.
Altro singolare elemento, è che a criticare all’epoca la candidatura alle europee di Dino Giarrusso era stato, con una segnalazione su Rousseau, l’allora deputato e sottosegretario all’Istruzione nel Governo Giallo-verde (M5s-Lega o Conti1), Lorenzo Fioramonti, nato a Roma, laureato in filosofia, poi anche ministro all’Istruzione nel Governo Giallo-Rosso (M5s-Pd o Conti2) e infine di recente, dimissionario da ministro e fuoriuscito (con evidente sufficienza) dal Movimento, con l’intento di crearsi un gruppo proprio.
Nell’intervista al quotidiano La Sicilia, dal significativo titolo “La sferzata di Ignazio Corrao al M5S: «Liberiamoci da primedonne e carrieristi», Corrao dichiara «Oggi sarebbe più difficile ottenere quei risultati. Ma non certo perché, come sento in queste ore, il movimento è finito. E il ritorno al bipolarismo, con i cinquestelle ridotti ad appendice di Pd e centrosinistra, è un’altra sciocchezza magari diffusa ad arte da chi sogna il ritorno di poteri forti e privilegi. Sarebbe difficile ripeterci in Sicilia, perché anche qui ci siamo fatti infiltrare da elementi di disturbo». Si riferisce a «primedonne e carrieristi» di cui parla in un post? «Sì. Il mio ragionamento era su base nazionale, ma, se proprio dobbiamo calarlo sulla Sicilia, è purtroppo vero che si sta vanificando il lungo lavoro di Giancarlo, mio e di tanti altri legati allo spirito iniziale. È il risultato della seconda stagione del movimento: oltre a tante energie positive, è entrato anche chi interpreta l’attivismo come un trampolino per candidature e poltrone. E così la figura del portavoce s’è trasformata in politicante». Teme la scalata alla leadership siciliana che Giarrusso ha però smentito? «Le scalate lasciamole ai ciclisti e agli arrampicatori. Noi in Sicilia abbiamo sempre fatto i migliori risultati d’Italia, fieri di essere un esempio nazionale nel M5S. Chi è appena salito su una solida struttura, costruita con fatica ed entusiasmo in dieci anni, pensi a lavorare a testa bassa e a dare risposte concrete sui temi. Di opinioni e chiacchiere i siciliani non mangiano…». Intanto, al gruppo dell’Ars volano gli stracci. Che opposizione va fatta? «Ho sentito alcuni deputati regionali: ci sono dei contrasti, ma bisogna evitare estenuanti scontri alla fine dei quali non vince nessuno ma perdono tutti. Non c’è più Cancelleri, che riusciva a fare sintesi su posizioni accettate, anche quando non condivise, da tutti. E ora, va trovata una linea d’opposizione comune. Se non viene fuori dal confronto all’Ars, in pieno spirito di portavoce, magari si può consultare l’intera comunità del M5S in Sicilia». Sì o no a Musumeci su Rousseau? «Online o magari guardandosi in faccia. Come agli Stati generali di marzo: riconoscere i nostri errori, liberarci dagli show dei guastatori e riprendere il nostro cammino».
Non siamo ancora a conoscenza di una eventuale risposta, se ci sarà, dell’euro deputato Dino Giarrusso.
L’opinione.
S
e i cittadini percepiscono, specialmente dal comportamento, dai fatti, modi, programmi, risultati, sensibilità sociale e disgregazioni interne, che un candidato o un gruppo non crede sufficientemente in ciò per cui dice di combattere, finendo quasi con l’assomigliare a quel sistema piramidale, accentratore e distante dai territori, che prima si diceva volevasi avversare, con il tempo se ne accorgono. Solo che in questi casi subentra una sostanziale differenza. Se il consenso è basato sul voto d’opinione, quest’ultimo può scendere anche ai minimi, se non persino dissolversi. Se invece il consenso è fondato sull’annoso clientelismo, voto di scambio e mercimonio (tipico di diversi decennali partiti italiani seppure hanno cambiato vestito o si sono dati soggettivamente alla transumanza da una coalizione all’altra), allora il voto può oscillare, ma comunque si mantiene, se non addirittura cresce, quando quello di opinione si liquefà. Questa condizione nelle democrazie ha una sua importanza elettorale. Non valutarla, soprattutto per chi punta al voto d’opinione, quindi al rapporto umano, diretto civile ed empatico con i concittadini, può significare potersi ritrovare dalle stelle alle stalle.
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