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Terrorismo, Renzi: “Presa ogni misura, ma non c’è minaccia”

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 Terrorismo – Il premier incontra i capigruppo di maggioranza e opposizione sulla sicurezza. Lupi: “Probabile vittima italiana, in corso verifiche”

ROMA – “Abbiamo, come tutti i partner, messo in campo ogni misura di sicurezza necessaria, anche se non risulta ad ora una minaccia specifica in Italia”. Lo ha detto il premier Renzi nell’aprire l’incontro con i capigruppo di maggioranza e opposizione all’indomani dell’attacco terroristico a Bruxelles. Come già dopo gli attacchi di Parigi, Renzi ha sottolineato il ruolo decisivo della cultura: “Mettere denari veri sulle aree urbane. Serve un gigantesco investimento in cultura, sulle periferie urbane, un investimento sociale. Continuo a pensare che l’aspetto educativo per sconfiggere le minacce nate e cresciute in europa sia fondamentale”, ha detto.

“Occorre stringere sui meccanismi di intelligence fra i Paesi europei e non solo, valorizzare Europol, lavorare su una struttura condivisa”, ha aggiunto il premier.

Alle parole di Renzi hanno fatto seguito quelle del capogruppo di Ncd Maurizio Lupi al termine della cabina di regia parlamentare sulla sicurezza a palazzo Chigi: “Il presidente del Consiglio ci ha detto che è molto probabile che ci sia una vittima italiana negli attentati di Bruxelles. Sono in corso verifiche. Si tratterebbe di una donna, di cui si erano perse le tracce e che sarebbe morta nell’attentato in metropolitana. Sono  in corso verifiche che sono difficoltose perchè l’attentato nella metro è stato particolarmente violento e i corpi sono irriconoscibili”.

Attacco Bruxelles Viaggio in città tra coraggio e rassegnazione

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Attacco Bruxelles – In piazza della Borsa la notte del dolore e dello sgomento (afp)

 Attacco Bruxelles – Strade svuotate, ma nessuna scena di panico. La giornata di terrore nella capitale d’Europa, emblema del mondo dopo l’11 settembre

È CORAGGIO o rassegnazione? È capacità di resistere alla paura o passiva accettazione di un destino annunciato? L’esplosione alla fermata della metropolitana di Maelbeek è avvenuta da pochi minuti, una moto della polizia si è appena messa di traverso di fronte all’ingresso della Commissione europea per cercare di bloccare il fiume d’auto che all’ora di punta intasa Rue de la Loi, arriva la prima ambulanza, poi un furgone dei vigili del fuoco e due auto della polizia, la folla si ferma e scruta i telefoni.

Nessuno qui sopra ha sentito il rumore di cosa è accaduto lì sotto, nessuno ha idea delle grida, dei corpi dilaniati, dei feriti. Ma sugli schermi degli smartphone la notizia fa presto ad arrivare: c’è chi indica l’ingresso della stazione, chi accelera il passo, chi si mette a mandare messaggi rassicuranti, ma nessuno pensa di correre, nessuno grida e i funzionari europei entrano regolarmente nei loro palazzi.

Mezz’ora dopo non ci sarà più nessuno per strada, completamente svuotate le arterie principali della capitale europea, solo militari in assetto da guerra, uomini delle forze speciali con il volto coperto, artificieri e ambulanze. Nel silenzio del traffico, nell’assenza dei clacson e delle voci si sentono solo le sirene. Centinaia di sirene a scandire l’angoscia, a convincere chi non lo aveva ancora fatto ad abbassare la saracinesca, a chiudere bar, ristoranti e negozi.

Bruxelles sotto attacco, silenzio e sirene nelle strade deserte

Nessuna scena di panico. Eppure i feriti sono sdraiati sul marciapiede e la hall dell’hotel Thon si sta riempiendo di corpi martoriati. Nel palazzo della Commissione, a 400 metri di distanza dall’esplosione che ha fatto almeno 20 morti, le riunioni continuano regolari, tutti scrutano il telefono e si alzano per guardare dalla finestra ma senza reazioni visibili.

Poi i Palazzi vengono sigillati e gli incontri sospesi, chi è dentro non può più uscire, chi è fuori è pregato di allontanarsi velocemente. Il cordone dei militari si allarga sempre di più, la zona di sicurezza si gonfia e non si capisce se serve a proteggere chi è ancora dentro o ad evitare pericoli a chi è rimasto fuori.

Nessuno parla per strada, anche perché la rete telefonica dei cellulari è saltata, persone mute mandano messaggi e stanno immerse nei piccoli schermi cercando risposte. Poi le sirene si diradano: non ci sono più feriti da trasportare, sono stati usati anche i pullman per sfollare chi è in stato di shock, restano solo le pale degli elicotteri.

“Sapevamo tutti che doveva arrivare: doveva succedere, è successo”, è l’unica risposta che raccolgo da chi si allontana camminando a testa bassa.

LIVETWEETING Calabresi, Bonini, Ginori, Berizzi

Sono 15 anni che, quasi senza accorgercene, facciamo i conti con il terrorismo islamico. È il mondo dopo l’11 settembre: ci siamo abituati a controlli di ogni genere, ad avere la pazienza di togliere scarpe, cinture, di consegnare accendini e liquidi chiusi in piccole buste, di fare la fila e mostrare i documenti. Hanno già colpito tutto quello che costruisce le nostre esistenze: i treni a Madrid, gli autobus e le metropolitane a Londra, le sinagoghe, le scuole, i supermercati kosher, i teatri, gli stadi, i ristoranti e un giornale satirico a Parigi, musei, spiagge, resort e aerei di turisti dall’altra parte del Mediterraneo dove sognavamo il mare d’inverno. Siamo ormai anche stanchi di cercare simbolismi nella scelta degli obiettivi, di ripeterci che il marchio di fabbrica è l’attacco multiplo, abbiamo scoperto che in Europa colpiscono ragazzi cresciuti in casa nostra, che trovano nella violenza e nel terrore un senso alle loro esistenze perdute. La domanda che mi pone amaro un francese che lavora in una compagnia americana è semplice: “Perché i servizi di sicurezza non sono riusciti a fermarli? Quattro mesi di paure e quattro mesi di speranze, paura che attaccassero, speranza che li trovassero. Invece hanno fatto come hanno voluto, hanno colpito la zona delle partenze all’aeroporto e la fermata della metropolitana della Commissione europea”.

La gente cerca di tornare a casa, vuole andare a prendere i bambini a scuola. Ai genitori al telefono dicono di stare tranquilli che i loro figli sono al sicuro nelle classi, ma se ti presenti al portone ti consegnano subito il bambino, sperando di chiudere presto.

Ci sono gli ostinati della normalità: al bordo della zona chiusa dai cordoni di polizia, nel Parco del Cinquantenario intorno al centro islamico dove poco prima dell’una è in corso la preghiera e si diffonde la litania del muezzin, in molti fanno footing con le cuffiette nelle orecchie. Mi sembra il loro modo di correre via, di scappare dall’angoscia, dal terrore. Di ripetere anche oggi un’abitudine quotidiana per sopravvivere, per convincersi che nulla è cambiato.

Lunedì sera nel viaggio dall’aeroporto avevo chiesto al tassista che clima ci fosse in città, se l’arresto di Salah avesse fatto tirare un sospiro di sollievo o aumentato la paura. Mi aveva risposto in modo laconico e asciutto: “Accadrà anche qui, ma con le stesse possibilità che accada di nuovo a Londra o Parigi. Dobbiamo abituarci a vivere così. Il problema però non è il terrorismo che colpirà pochi sfortunati, ma la crisi economica che ci piega tutti da anni e che sta scivolando in secondo piano”.

Il mondo fuori è sconvolto, si informa, manda messaggi di cordoglio, si infervora, commenta e ragiona sul fatto che i terroristi hanno colpito il cuore dell’Europa, la capitale. Qui non riesco a trovare questa convinzione, nonostante la rivendicazione dell’Is, nonostante i luoghi scelti non siano casuali.

Si pensa che questa sia una nuova tappa di una via crucis che percorre il continente, sia l’emergere di un cancro che abbiamo lasciato crescere dentro i nostri paesi.

Raggiungo un diplomatico di carriera che ha visto conflitti di ogni genere e lui allarga le braccia: “La pentola era in ebollizione da tempo, sentivamo il coperchio ballare, era tutto chiaro e presente ma speravamo che si riuscisse a fermarli in tempo. Ma quando ci siamo resi conto che Salah era rifugiato a poche centinaia di metri dalla casa dei suoi genitori abbiamo capito che aveva acqua in cui nuotare, una rete di protezioni e complicità”.

Tutti i nascondigli del terrorista fuggito da Parigi sono in uno spicchio di città che è stato ribattezzato il croissant pauvre, la mezzaluna della povertà che ha la forma di un croissant e taglia il centro di Bruxelles e in cui la disoccupazione giovanile raggiunge il 60 per cento. Gli occhi erano tutti puntati su questa terra perduta.

“Viviamo dentro l’attentato da quattro mesi, ogni giorno – mi racconta Christophe Berti, direttore del quotidiano Le Soir – ci chiedevamo: “Oggi Salah uscirà dal suo rifugio per colpirci?”. Lo sapevamo, eravamo preparati. Per tre giorni a novembre l’allarme è stato massimo, scuole chiuse, teatri e cinema spenti, metropolitana ferma, ma poi la gente ha cominciato a dire che non potevamo vivere così, che si deve respirare, andare avanti. E ci siamo messi a vivere in modo inconsapevole, sapevamo ma fingevamo che tutto fosse normale. Gli attentati non sono il punto di arrivo di un incubo, non sono la fine di una storia ma l’inizio. L’inizio di un mondo in cui dobbiamo vivere facendo attenzione a tutto e sospettando di tutti”.

Bruxelles sotto attacco: il videoracconto

Oggi le scuole saranno aperte, dopo gli attentati di Parigi le avevano chiuse. Sembra un controsenso e di nuovo ci porta alla domanda iniziale: coraggio o rassegnazione? Si vuole rispondere al terrore con un messaggio forte di normalità o la barca è alla deriva e nessuno sa più dove andare?

Dopo gli attentati di novembre in Francia il governo aveva deciso 34 misure eccezionali per combattere il terrorismo, solo 13 sono in vigore, le altre 21 sono in attesa. Ora senza discussioni, ma automaticamente, si attende che aumentino intercettazioni, metodi speciali, arresto per chi torna dalla Siria, braccialetto elettronico per chi è ritenuto una minaccia, l’isolamento dei detenuti pericolosi e lo smantellamento dei luoghi di culto dove si predica la jihad.

Nella piazza della Borsa si tenta timidamente di ripetere la mobilitazione dei parigini, fiori e lumini per fermarsi a pensare, pregare, per non sentirsi soli. Qualcuno porta dei gessetti colorati e molti cominciano a scrivere frasi di pace sull’asfalto. Ma sono soprattutto turisti, le scritte sono in spagnolo, in greco, in inglese. Ci sono mazzi di tulipani e chi offre “abbracci gratis”, ma alle nove di sera sono di più i giornalisti, i fotografi e le telecamere rispetto ai belgi. Non è scattata l’onda emotiva e non ci sono “Je suis…” a farci sentire tutti bruxellesi. Forse nell’Europa dei populismi, dei no euro, della guerra alle burocrazie comunitarie non scatta l’identificazione con una capitale poco amata.Le grida disperate di una bambina in fuga nel tunnel della metropolitana, che le televisioni ripropongono fino a tarda notte, dovrebbero spingerci a rispondere al dilemma: dobbiamo trovare il coraggio di affrontare la minaccia, non rassegnarci a sperare che anche la prossima volta non tocchi a noi. Dobbiamo ricordarci cosa significhi essere cittadini, persone responsabili che non perdono la testa, non perdono la dignità ma non abbassano gli occhi per non vedere cosa succede 300 metri più in là.

larepubblica / Attacco Bruxelles, viaggio nella città tra coraggio e rassegnazione di MARIO CALABRESI

L’economia e il pericolo attentati STEFANO LEPRI *

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STEFANO LEPRI
STEFANO LEPRI  –  Nel 2001, dopo il crollo delle Torri gemelle, a chi doveva viaggiare per lavoro capitò di traversare l’Atlantico su aeroplani quasi vuoti. In tutto il traffico aereo calò del 15 per cento, negli Stati Uniti si persero oltre un milione di posti di lavoro, tutti i Paesi avanzati conobbero almeno un paio di mesi di recessione. Poi il recupero fu rapido, grazie anche alla tempestiva reazione dei governi.

Nei primi giorni dopo quegli attentati, i più sanguinosi della storia recente, parecchi avevano espresso il timore che la globalizzazione, allora galoppante, si fermasse. Non fu così, e anzi a posteriori possiamo vedere che l’andamento dell’economia fu influenzato più da altri fattori: negli Stati Uniti soprattutto i postumi della precedente ubriacatura per le nuove tecnologie.

A Parigi dopo gli attentati del 13 novembre sul momento i danni erano apparsi pesanti: prenotazioni in albergo e vendite nei grandi magazzini si erano quasi dimezzati. Ma poi, a conti fatti, il traffico negli aeroporti risulta diminuito solo del 6% durante le due settimane successive; la Banca di Francia ha stimato una minor crescita di appena un decimo di punto nel quarto trimestre.

Insomma è possibile sostenere che gli effetti del terrorismo sull’economia sono minori di quanto l’orrore della notizia e le prime reazioni facciano presumere. Una spiegazione hanno tentato di offrirla anni fa due economisti, il premio Nobel Gary Becker (scomparso nel 2014, uno dei capi della scuola neoliberista) e Yona Rubinstein.

Analizzando il periodo di attentati in Israele noto come seconda Intifada, cominciato nel 2000, che in 5 anni causò la morte di circa 900 civili israeliani soprattutto in attentati sugli autobus o per strada, i due concludono che a spaventarsi davvero, cambiando comportamento, sono gli «occasionali», ossia coloro che non hanno forti motivazioni per fare qualcosa, e i meno informati.

Invece chi esercita costantemente una attività, viaggia per necessità di lavoro, ha esperienza dei luoghi e delle persone con cui entra in contatto, cambia poco le proprie mosse: stringe i denti e sopporta i rischi. Quanto agli svaghi, Becker e Rubinstein hanno riscontrato che le famiglie tendevano a restare più in casa, i «single» uscivano la sera allo stesso modo di prima.

E’ su una linea simile, in fondo, la reazione delle Borse ieri. A Milano, hanno accusato il colpo i titoli del lusso, legati ai consumi voluttuari, oppure quelli del consumo occasionale di massa. Il grosso dei titoli industriali, soprattutto quelli della produzione di beni durevoli o legati ai consumi duraturi, ha resistito bene.

Potrà capitare di viaggiare di meno per vacanza, o di effettuare acquisti spensierati. La cosa non è affatto irrilevante in un Paese come il nostro, dove il «made in Italy» ha una importante componente di lusso, e il turismo ha un grande ruolo. E’ improbabile al contrario che la gente rimandi l’acquisto di una casa, di una automobile, di un computer.

Oltre è difficile andare, nelle previsioni. Più serio è il discorso sull’accumulo di eventi che possono contribuire a frenare gli scambi e a peggiorare le attese; c’è sempre un filo di paglia in più che spezza la schiena al cammello. Se controlli severi negli aeroporti si sommeranno alla temporanea chiusura dei confini già in atto, i danni potrebbero a poco a poco diventare gravi.

Il rischio maggiore lo avevamo già davanti, la fine dell’area Schengen, dato il numero enorme di pendolari a cavallo delle frontiere, e la quantità di lavorazioni distribuite tra diversi Paesi con arrivo dei pezzi in tempi stretti. Al contempo, tuttavia, un impulso positivo lo potrebbero fornire le maggiori spese per la sicurezza e per la sistemazione dei migranti.

*lastampa/ L’economia e il pericolo attentati STEFANO LEPRI *

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Non facciamoci fermare dal mostro della paura M. GRAMELLINI *

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MASSIMO GRAMELLINI

GRAMELLINI – Se la paura è un mostro che si nutre di buio, la scena del Martedì di Passione che ci resterà impressa nella mente l’ha ripresa un telefonino nelle viscere della metropolitana di Bruxelles. Il treno si è appena fermato in mezzo al tunnel e i passeggeri scendono dai vagoni per incamminarsi lungo le rotaie, verso la stazione più vicina. Nei loro gesti non si respira il panico dell’aeroporto, dove tutti correvano a perdifiato trascinandosi appresso i carrelli. Forse qui sotto non hanno ancora la percezione esatta di cosa è successo. Qui il buio e il silenzio avvolgono ogni azione e ogni emozione. A sporcarli affiorano il bagliore tenue delle luci di emergenza e il pianto isolato di un bambino. Ma gli adulti non piangono e non urlano. Neppure parlano. Si limitano a camminare silenziosi in fila per due, ascoltando il rumore dei propri passi senza rallentare né correre, come durante una processione.

A un certo punto la camera del telefonino inquadra un uomo con un corpetto blu solcato da un’enorme scritta Nike.

Cammina da solo in mezzo alle rotaie e tiene in mano un mazzo di fiori bianchi e rossi. Sembra quasi sollevarli con cura, affinché la polvere che sale dal basso non deturpi troppo la loro innocenza. Chissà a cos’erano destinati: se a battezzare una laurea, il vincitore di una gara sportiva o un appuntamento galante di prima mattina. La scena ha un effetto surreale che trascende nel magico: dopo tanto buio, in fondo al tunnel si comincia a intravedere una luce.

Anche noi vorremmo vedere la luce, sperando non sia quella di un treno in corsa che procede contromano. Dopo la mattanza dei vignettisti di Charlie Hebdo eravamo sconvolti, ma immaginavamo ancora che il terrore colpisse obiettivi mirati. Dopo il Bataclan abbiamo capito che non era così, ma continuavamo a sperare che si trattasse di un attentato sporadico, non di un atto bellico a cui ne sarebbero seguiti molti altri. Finché è arrivata la battaglia di Bruxelles a ricordarci che qualcuno ci ha dichiarato guerra e che qualunque muro eretto tra noi e il nemico è ridicolo perché il nemico è già penetrato nella fortezza Europa. Ci è nato, ha frequentato le sue scuole, usufruito dei suoi servizi, imparato le sue lingue e quanto basta dei suoi costumi per coglierne gli aspetti più vulnerabili. I disperati che scappano dalla guerra e i fanatici che ce la portano in casa sono due problemi enormi, ma molto diversi tra loro, che non verranno mai risolti se affrontati allo stesso modo.

La paura non dà mai risposte. Fa solo domande. La più stringente se la stanno ponendo le persone che avevano prenotato un viaggio all’estero per i giorni di Pasqua. Rinunciare, a costo di rimetterci dei soldi? O sfidare il destino, accettando il rischio di salire su un aereo, ma ormai anche su una metropolitana? E qual è il limite da dare all’espressione «viaggio all’estero», quando il terrore invade la capitale stessa dell’Europa?

L’essere umano opta tendenzialmente per la soluzione che risuona meno pericolosa al suo carattere. Il fatto è che questa soluzione si sta rattrappendo di mese in mese, come il numero di Paesi sulla cartina geografica in cui sia ancora possibile immaginare di trascorrere una vacanza senza infilare troppa angoscia in valigia. E’ il ricatto del terrorismo, lo sappiamo, ma conosce un limite nel nostro desiderio naturale di muoverci, accettando rischi calcolati. I treni e gli aeroporti torneranno a popolarsi, perché nessuno è disposto a rinunciare al piacere di percorrere in libertà almeno la porzione di terra che gli è toccata in sorte. Quell’Europa che, paradossalmente, la tragedia spagnola del pullman dell’Erasmus e gli attentati di Bruxelles ci stanno facendo sentire finalmente nostra.

Restringendo la visuale all’Italia, bisogna riconoscere che la sua prolungata impermeabilità ai sicari del Califfo non è frutto del caso o di un accordo segreto con la mafia, come giurano i dietrologi che tutto sanno, ma dello straordinario lavoro di una tra le Intelligence migliori del mondo. Si dice che l’esercizio sviluppa l’organo e i servizi italiani si sono addestrati attraverso mezzo secolo di lotta al terrorismo politico e alla criminalità organizzata, fino a raggiungere livelli di efficienza e di prestigio che le frange di agenti «deviati» non sono riusciti a macchiare. Forse un giorno verremo a sapere quante Bruxelles sono state risparmiate agli italiani in questi anni, grazie ai controlli e alle intercettazioni che qualche anima candida vorrebbe abolire.

La paura è un sentimento reazionario che spinge verso scelte reazionarie. Storicamente trascina i popoli alla dittatura, nell’illusione che sospendere le garanzie democratiche possa proteggere meglio dal terrore. In realtà il populismo porta all’isolamento e l’isolamento non fa che aumentare il pericolo. Ma se avere paura è un diritto, e in certa misura un dovere, anche non perdere la testa lo è. Si brancola al buio come nel tunnel di Bruxelles, eppure si comincia a intravedere una luce. L’interruttore lo hanno in mano i leader europei. Cercheranno l’applauso facile delle opinioni pubbliche, sollevando ponti levatoi nel cuore dell’Europa, oppure useranno l’emergenza per accelerare il processo di integrazione tra le polizie continentali? Forse il terrorismo, come la paura, non si combatte alzando muri, ma gettando reti.

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*lastampa / Non facciamoci fermare dal mostro della paura MASSIMO GRAMELLINI

Attacco jihadista. Una nuova coalizione per sconfiggere terrore

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Attacco jihadista

Bruxelles sanguina e l’Europa è sotto assedio. La capitale del Belgio è stata teatro di un attacco jihadista assai simile a quello che il 13 novembre ha investito la capitale della Francia. Un commando ben addestrato di seguaci del Califfo Abu Bakr al-Baghdadi, leader dello Stato Islamico, ha applicato con minuzia di particolari un piano studiato – nei tempi e nei luoghi – per colpire in maniera da causare il più alto numero possibile di vittime civili innescando il caos con l’intento di dimostrare l’incapacità delle forze di sicurezza di difendere il territorio. Umiliando la sovranità del Belgio sede delle istituzioni europee. Il risultato è stato precipitare nel panico, anche se solo per poche ore, una grande città europea.

Ieri Bruxelles come era avvenuto a Parigi. È una tattica di guerriglia che nasce dall’addestramento dei jihadisti nei campi del Califfato in territori già appartenuti a Siria e Iraq, evidenzia la creazione a Raqqa di una sorta di «ministero delle operazioni all’estero» capace di impartire ordini e seguire operazioni a distanza, e lascia intendere che è già in fase avanzata una campagna di attacchi contro le città europee.

Lo Stato Islamico è un avversario sanguinario e duttile perché capace di adattare il metodo di combattimento ai diversi territori di scontro: nel deserto si affida a gruppi esigui di combattenti per controllare risorse e vie di comunicazione sfuggendo ai raid avversari mentre in Occidente colpisce le metropoli con gruppi d’assalto capaci di usare più tipi di armamenti perché è qui che abbondano gli obiettivi da colpire, i civili. La campagna jihadista contro le nostre città ha tre obiettivi. Primo: esaltare i seguaci al fine di moltiplicare le reclute in Europa ovvero rafforzare le cellule terroriste all’interno di una comunità musulmana europea che in gran parte non è contagiata dall’ideologia totalitaria del Califfo. Secondo: testimoniare in Medio Oriente e Nordafrica che è Isis la più potente organizzazione jihadista al fine di convincere rivali ed avversari, all’interno della galassia fondamentalista, alla sottomissione, riuscendo così ad imporsi su organizzazioni come Al Qaeda e movimenti come i Fratelli Musulmani. Terzo: terrorizzare gli europei, governi e cittadini, per precipitarli in una sensazione di impotenza e debolezza capace di schiudere ai jihadisti lo scenario che più desiderano ovvero il saccheggio, economico e umano, del Vecchio Continente.

Se Osama bin Laden l’11 settembre 2001 attaccò l’America per obbligare l’Occidente ad abbandonare le terre dell’Islam, Abu Bakr al-Baghdadi persegue il disegno apocalittico di un Califfato jihadista destinato ad assoggettare l’Europa – Roma inclusa – per riscattare la caduta di Costantinopoli. Documenti, video e testimonianze di Isis offrono un tesoro di informazioni – quasi sempre accessibile online – che ci consente di conoscere la sconvolgente limpidezza del progetto del Califfato del terrore. Tale chiarezza di intenti stride con la confusione che regna sul fronte delle democrazie aggredite. Europa e Stati Uniti combattono in Siria e Iraq, da quasi due anni, una guerra disordinata e svogliata contro Isis, in Nordafrica hanno lasciato l’iniziativa ai jihadisti dalla Libia al Mali, e sul fronte interno sono divisi da politiche di sicurezza che nel migliore dei casi non sono coordinate, e nel peggiore sono in contrasto. Ciò consente ai jihadisti di avere più strumenti ed occasioni per colpire in un campo di battaglia senza confini. Ecco perché le democrazie hanno bisogno di una nuova coalizione per fronteggiare e combattere il primo avversario totalitario del XXI secolo. I precedenti del Novecento ci suggeriscono la strada da seguire: bisogna trovare un’intesa sulla definizione del nemico, conoscerlo a fondo e quindi dotarsi di una dottrina di sicurezza capace di sconfiggerlo. Battersi contro il Califfo con l’arsenale di idee, strategie ed armamenti del secolo scorso ci condannerebbe a subire altre stragi. Al momento il fronte delle democrazie sembra privo di leader capaci di confrontarsi con tale sfida ma la Storia ci insegna che sono spesso le crisi, le guerre, a forgiare chi guiderà le nuove generazioni.

*lastampa / Attacco jihadista / Una nuova coalizione per sconfiggere il terrore MAURIZIO MOLINARI

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Euro 2016, Conte vede Montolivo e non Jorginho

Tutto sulla Nazionale

La Gazzetta dello Sport scrive sulle possibilità di andare all’Europeo da parte di Jorginho: “Là in mezzo, davanti alla difesa, serve assolutamente un altro giocatore con piedi educati e mente veloce da affiancare agli «intoccabili» Marco Verratti, Claudio Marchisio e Marco Parolo. E le ultime convocazioni hanno appunto ridotto il casting al milanista, al regista del Paris Saint Germain e al faro della banda Sarri. Un passo avanti rispetto alla concorrenza c’è Montolivo, che non a caso è già stato riportato in gruppo lo scorso autunno per le ultime due gare di qualificazione europee e per l’amichevole di Bologna pareggiata 2-2 contro la Romania. Il 31enne ragazzo milanese, di scuola Atalanta, mette sul piatto della bilancia 61 presenze azzurre e una certa duttilità tattica, avendo già dimostrato di poter interpretare ad alti livelli un po’ tutti i ruoli nel cuore del campo. Jorginho ha dalla sua l’età. Classe 1991, il regista del Napoli sta vivendo una stagione positiva dopo la difficile esperienza sotto la gestione Benitez. Rispetto a Montolivo e Thiago Motta ha però minori margini dal punto di vista tattico. Di fatto, Jorginho rende al massimo solo al centro di una linea a tre, e non a caso nel 4-2-3-1 di Benitez incontrò parecchie difficoltà. Un ostacolo non di poco conto nella corsa a Euro 2016, visto che Conte in Francia si affiderà soprattutto al 3-4-3 e al 4-2-4”

Juve Stabia- Benevento, la presentazione del match 

Juve Stabia- Benevento, la presentazione del match

Sfida ad alto coefficiente di spettacolo quello che andrà in scena questo pomeriggio allo stadio Romeo Menti di Castellammare. Alle ore 15, nell’impianto stabiese, ci sarà il sentitissimo derby tra la Juve Stabia e il Benevento. Il match d’andata al Vigorito terminò 1-1 per effetto dei gol di Gomez e l’autorete di Migliorini. Gli stregoni sono la capolista del girone C di Lega Pro e stanno attraversando un buon periodo di forma dopo le due vittorie consecutive nei due derby contro Casertana e Paganese. Auteri e Di Somma hanno allestito una squadra molto competitiva e, dopo un periodo di appannamento iniziale, il tecnico ex Nocerina ha trovato la quadratura giusta facendo giocare bene e vincere i sanniti. Gli ospiti vorranno vincere sia per allungare sul Lecce secondo in classifica, sia per dare una gioia ai tifosi che non potranno assistere al match. Pochi dubbi di formazione per Auteri, che potrà al massimo varare qualche sostituzione per fare turnover. Non saranno del match, tra i sanniti, gli attaccanti Raimondi e Campagnacci. Ciò nonostante la rosa a disposizione è di primissima qualità con giocatori esperti come Gori, Lucioni, Pezzi, De Falco, Del Pinto, Marotta, Cissè e Mazzeo. La Juve Stabia, invece, ha bisogno di punti per raggiungere la salvezza ed è reduce dal doppio pareggio con Catania e Matera. Zavettieri dovrà fare i conti con alcune situazioni spiacevoli come la squalifica di Gomez e gli acciacchi di Del Sante, Favasuli e Nicastro. Dubbi di modulo e di uomini per il tecnico calabrese, che solo poco prima del match scioglierà ogni dubbio.

Ecco le probabili formazioni:

JUVE STABIA (4-4-2): Russo, Romeo, Polak, Carillo, Contessa, Cancellotti, Obodo, Maiorano, Lisi, Nicastro, Diop.

BENEVENTO (3-4-3): Gori, Mattera, Pezzi, Lucioni, Melara, De Falco, Del Pinto, Lopez, Ciciretti, Cissè, Marotta.

Inizia a muoversi il mercato del Napoli: i nomi caldi

Ecco il dettaglio

Il Napoli inizia a muoversi sul mercato, non ancora ufficialmente ma comunque le prime mosse inizia a farle. Confermato l’asse con l’Atalanta: dopo Grassi, potrebbe arrivare anche il centrocampista olandese Marten De Roon. La Repubblica parla poi di due altri nomi caldi: il primo è quello di Martin Caceres, difensore tuttofare della Juventus in scadenza di contratto, il secondo è quello dell’argentino Ramiro Funes Mori attualmente in forza all’Everton in Premier League. Funes Mori è un centrale difensivo classe 1991 cresciuto nel River Plate: mancino, forte fisicamente, dotato di buona resistenza.

Auriemma: “Man Utd e Bayern pronti a prendere Koulibaly”

Il suo pensiero

Raffaele Auriemma parla del futuro di Kalidou Koulibaly su Tuttosport: “Ieri è arrivato a Castelvolturno il manager Satin, che a breve dovrebbe incontrare Giuntoli per discutere l’adeguamento del contratto, ma anche per prospettare la sua cessione. Manchester United e Bayern sarebbero pronti ad acquistarlo, ma il Napoli ha fissato il prezzo: 40 milioni”

Napoli, c’è Maksimovic per la Champions

I dettagli…

Tuttosport scrive sul mercato del Napoli: “Grandi manovre anche per il reparto arretrato, soprattutto nella zona centrale. L’assalto a Maksimovic verrà rinnovato ad aprile, nella speranza di trovare più disponibilità da parte del presidente Cairo nell’accettare la somma di 18 milioni più bonus. Intanto, si lavora per prendere dal River il cartellino di Mammana, acerbo, ma di grande prospettiva. Rojo (Manchester United) e Nacho (Real Madrid) sono sempre nel mirino. Per il lato destro si guarda con interesse a Meunier del Bruges”.

“Per giugno nulla è impossibile”, si riapre la pista-Klaassen

Napoli pronto all’assalto

Ricomincia la caccia del Napoli ad un centrocampista di qualità ed il primo nome è quello dell’olandese dell’Ajax Davy Klaassen. Il direttore sportivo della squadra di Amsterdam, Marc Overmars, qualche mese fa dichiarò “Il Napoli vuole Klaassen. Seriamente. E se per il momento il giocatore non si muoverà, per giugno nulla è impossibile”. In effetti è così, secondo il Corriere dello Sport: “Il club per la verità ha cominciato a muoversi già prima di gennaio: fosse stato possibile, Klaassen sarebbe già arrivato un paio di mesi fa. E’ nel mirino del Napoli sin dall’epoca di Benitez: gol, assist e una complessiva qualità di calcio e idee sono elementi base del suo campionario. A completare un quadro già interessante, poi, c’è la polivalenza tattica”. 

De Laurentiis lavora d’anticipo per il mercato Champions

La Gazzetta dello Sport scrive sul futuro mercato del Napoli:

“Vincere di rincorsa può rappresentare una spinta per cercare la rimonta, sulla Juve. Certo, giocare dopo i bianconeri non aiuta psicologicamente ma ormai il Napoli ci ha fatto l’abitudine (accadrà anche dopo la sosta). Piuttosto, aiuta molto agire di anticipo sul mercato ed il club di De Laurentiis pare lo stia facendo. Ieri De Roon, centrocampista dell’Atalanta, ha confermato che il Napoli ha una «opzione morale» qualora in estate lasciasse Bergamo. Per la Champions serviranno un paio di rinforzi in mediana e lui sarebbe lusingato di vestire la maglia azzurra. In anticipo rispetto alla scadenza del contratto (2019) si sta parlando anche del rinnovo di Koulibaly”

Alfano: manteniamo allerta 2, ci saranno altri espulsi

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Angelino Alfano afferma: arrestato iracheno nel napoletano, sarebbe in contatto con Isis

ROMA, 22 MAR – Il ministro dell’Interno Angelino Alfano, al termine del comitato per l’ordine e la sicurezza nazionale convocato dopo i fatti di Bruxelles, ha dichiarato: “manterremo il livello di allerta 2, quello precedente all’attacco in corso. Ho poi disposto direttive per rafforzare il potenziamento di tutte le misure di sicurezza sugli obiettivi sensibili e ci saranno altre espulsioni nei confronti soggetti che hanno mostrato di non rispettare le regole del nostro Paese”.

“Fin qui il nostro sistema di prevenzione ha funzionato e ha funzionato bene” ha detto il ministro dell’Interno, ed ha aggiunto: “Fin qui il nostro sistema di prevenzione ha funzionato e ha funzionato bene” ribadendo però che ”non esiste un Paese a rischio zero”.  A questo fine, ha detto ancora Alfano “E’ necessario dotarsi di un sistema di controlli integrato di tutti i Paesi Ue”.

Il ministro, che ha parlato al termine del comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica al Viminale dopo i fatti di Bruxelles, ha annunciato che questa mattina nel napoletano “in esecuzione di un mandato di cattura europeo, è stato arrestato un cittadino iracheno noto alle autorità belghe e francesi perche’ in contatto con terroristi” ed ha concluso affermando: ”Dobbiamo continuare con il massimo sforzo per garantire la sicurezza dei nostri cittadini», ed ha chiuso con un «è necessario dotarsi di un sistema di controlli integrato di tutti i Paesi Ue».

/ Angelino Alfano: manteniamo allerta 2, ci saranno altri espulsi

Dodici gli azzurri i nazionale: la lista

Dodici azzurri convocati in Nazionale. Gonzalo Higuain impegnato nella doppia sfida di qualificazione ai Mondiali 2018 della Nazionale Albiceleste: Cile-Argentina (giovedì 24 marzo a Santiago) e Argentina-Bolivia (martedì 29 marzo a Cordoba). Jorginho e Insigne con la Nazionale italiana. Prima convocazione del centrocampista del Napoli con l’Italia. I due azzurri sono stati inseriti nella lista di Antonio Conte per la doppia sfida Italia-Spagna (24 marzo a Udine) e Germania-Italia (29 marzo a Monaco di Baviera). Marek Hamsik giocherà nelle due amichevoli: Slovacchia-Lettonia (venerdì 25 marzo a Trnava) e Irlanda-Slovacchia (martedì 29 a Dublino). Dries Mertens sarà di scena nell’amichevole Belgio-Portogallo di martedì 29 marzo a Bruxelles. Elsed Hysaj in campo in Austria-Albania (sabato 26 marzo a Vienna) e in Lussemburgo-Albania (martedì 29 marzo a Lussemburgo). Vlad Chiriches convocato per Romania-Lituania (mercoledì 23 marzo a Giurgiu) e Romania-Spagna (domenica 27 marzo a Cluj). Tre azzurri in campo per match di qualificazione alla Coppa d’Africa 2017. Omar El Kaddouri impegnato in Capo Verde-Marocco (sabato 26 marzo a Praia) e Marocco-Capo Verde (martedì 29 marzo ad Agadir). Kalidou Koulibaly sarà di scena con il Senegal per la doppia sfida con la Nigeria (andata 26 marzo a Dakar, ritorno 29 marzo a Niamey). Faouzi Ghoulam giocherà in Algeria-Etiopia (25 marzo a Blida) e in Etiopia-Algeria (Addis Abeba il 29 marzo). Alberto Grassi di scena con l’Under 21 per due match di qualificazione europee: Irlanda-Italia (giovedì 24 a Waterford) e Andorra-Italia (martedì 29 ad Andorra). Sebastiano Luperto è stato convocato dal Ct Evani per la Nazionale Under 20 che mercoledì 23 affronterà la Poalonia nel Trofeo Quattro Nazioni a Stettino.

Fonte: SSC.Napoli.

Napoli-Verona, da domani in vendita i biglietti

Da domani alle ore 10 saranno in vendita i biglietti per Napoli-Verona, 32esima giornata di Serie A che si giocherà domenica 10 aprile alle ore 15. I biglietti sono acquistabili nelle abituali ricevitorie autorizzate.

Questi i prezzi

SETTORE Prezzo

Tribuna Posillipo Euro 50

Tribuna Nisida Euro 40

Distinti Euro 25

Tribuna Family Euro 10

Curve Euro 14

Ridotti: Tribuna Family Euro 5

Fonte: SSC.Napoli.

Protezione Civile : allerta meteo da domani mattina

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Protezione Civile: Allerta meteo da domani

La Protezione civile della regione ‪‎Campania‬ ha diramato un avviso di avverse condizioni meteo e di criticità idrogeologica a partire dalle 6 di domani mattina.

In particolare, sulle zone dell’Alto sele e del tusciano; della Piana del Sele e dell’Alto Cilento; del Tanagro e del Basso Cilento il livello di allerta è Arancione. sulle restanti zone, la criticità idrogeologica è invece Gialla. In generale, sull’intero territorio si prevedono precipitazioni sparse anche a carattere di moderato rovescio o temporale. fenomeni che, nelle aree meno esposte, saranno localizzati.
Anche i venti spireranno forti dai quadranti settentrionali con raffiche nei temporali.
Il mare si presenterà agitato, soprattutto lungo le coste più esposte ai venti.
La Protezione civile della regione Campania raccomanda agli enti competenti di porre in essere tutte le misure previste dai piani comunali di protezione civile o comunque atte a prevenire o contrastare i fenomeni. Si raccomanda altresì di monitorare le strutture esposte alle sollecitazioni dei venti e del mare.

Patrizia Esposito

Spalletti: “Roma? Bisogna essere realisti, il Napoli fa un calcio eccezionale”

Presente all’inaugurazione del suo locale, il Fashion Foodballer, Luciano Spalletti, tecnico della Roma, ha commentato così la lotta scudetto tra Napoli e Juventus: “Speriamo per il Napoli che Higuain faccia la differenza, perchè la Juventus ne ha tre che fanno la differenza in quel ruolo mentre gli azzurri ne hanno uno solo. Ed io spero che resti su questo livello perché vedere queste due squadre che giocano un calcio importante dall’inizio del campionato e che sono lì ancora a lottare è un valore aggiunto per il nostro campionato. Fa piacere a tutti. Roma? Siamo un po’ distanti dalle prime due della classe ed è difficile ambire al primato, anche se ci sono ancora delle partite e ci sono in palio punti importanti. Possiamo infastidire un po’ il Napoli, ma bisogna essere realisti e vedere cosa propongono gli azzurri. Fanno un calcio eccezionale e vincono tutte le partite. Per questo penso sia difficile“.

Conte su Jorginho: “Complimenti a lui, sarà utile alla nazionale”

La convocazione di Jorginho è la logica conseguenza di ciò che di buono è stato fatto da lui in campionato, con la casacca del Napoli. Antonio Conte, ct della nazionale italiana, durante la consueta conferenza stampa di presentazione, ha commentato così la prima chiamata del centrocampista: “Jorginho è qui perché è una voce che arriva dal campionato. Voglio tastarlo per capire se può essere già utile per il presente, dato che sicuramente sarà utile in futuro alla Nazionale. E’ qui perché sta facendo un gran campionato dimostrando le sue capacità di sacrificio oltre che tecniche. Complimenti a lui.”

De Roon rivela: “Il Napoli mi ha opzionato”

E’ intervenuto, ai microfoni di Voetbal International, il centrocampista dell’Atalanta De Roon, che ha confermato così l’interesse azzurro e quell’opzione che potrebbe portarlo a Napoli già da giugno: “Il Napoli ha un’opzione morale, come viene definita in Italia. E’ un accordo tra i due club, io non ho alcun ruolo in questo, ma naturalmente si tratta di un grande onore per me”.

Bayern e Manchester United: obiettivo Kalidou Koulibaly

Il futuro di Koulibaly potrebbe essere lontano da Napoli. Bruno Satin, agente del difensore,  secondo quanto apprendiamo da GianlucaDiMarzio.com, avrebbe chiesto esplicitamente alla società di fissare il prezzo del cartellino del suo assistito, in vista di una sua possibile cessione a giugno. Ci sarebbero forti sul senegalese, infatti, Bayern Monaco e Manchester United.