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Castellammare di Stabia
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La Juve Stabia non ha mai vinto a Monopoli: tutti i precedenti

Monopoli e Juve Stabia, si sono affrontate in gare di campionato cinque volte allo stadio “Vito Simone Veneziani” di Monopoli e mai il team di Castellammare è riuscito ad espugnare l’impianto pugliese, ha perso tre volte e in due occasioni è riuscito a portare il “punto” a casa. Vediamo nei dettagli tutti i precedenti:

– 1976 / 1977 – Campionato Nazionale di Serie D girone ‘ H ‘

15° giornata di ritorno: MONOPOLI – JUVE STABIA 1 – 1 la marcatura delle vespe portò la firma dell’attaccante Giovanni FUMAROLA.

– 1979 / 1980 – Campionato Nazionale di Serie C2 girone ‘ D ‘

7 ottobre 1979 – 2° giornata d’andata: MONOPOLI – JUVE STABIA 2 – 1 per i gialloblù andò in gol su calcio di rigore la mezz’ala Giovanni SCHETTINO.

– 1980 / 1981 – Campionato Nazionale di Serie C2 girone ‘ D ‘

21 dicembre 1980 – 5° giornata d’andata: MONOPOLI – JUVE STABIA 1 – 1 la rete stabiese fu siglata dal mediano Mauro RUFFELLI.

1992 / 1993 – Campionato Nazionale di Serie C2 girone ‘ C ‘

4 ottobre 1992 – 4° giornata d’andata: MONOPOLI – JUVE STABIA 1 – 1 (arbitro Fabrizio Acronzio di Teramo) a segno per le vespe andò il bomber Giorgio LUNERTI.

Sebastian Jesus Vicentin
Sebastian Jesus Vicentin

– 2009 / 2010 – Campionato Nazionale di Seconda Divisione girone ‘ C ‘

30 agosto 2009 – 2° giornata d’andata: MONOPOLI –JUVE STABIA 3 – 2 (arbitro Fabio Manera di Castelfranco Veneto) vespe in vantaggio nel primo tempo al diciottesimo con Maurizio PELUSO, dopo dieci minuti i pugliesi pareggiano con Balistreri e dopo altri dieci, gialloblù ancora in vantaggio con l’argentino Jesus Sebastian VICENTIN (foto); nella ripresa, i biancoverde in due minuti (ottavo e decimo) prima raggiunsero il pari con Lacarra e poi realizzano la rete della vittoria con Lisi.

Giovanni Matrone

400 partite con il Napoli, Hamsik sarà premiato da un ex azzurro

I dettagli

Lunedì sera prima del match tra Napoli ed Atalanta, Marek Hamsik, il capitano del club azzurro, che ha raggiunto le 400 partite con la maglia azzurra, sarà festeggiato e premiato al San Paolo con una cerimonia per festeggiare questo importante traguardo: secondo Il Mattino, sarà una leggenda della storia del club come Luis Vinicio a premiarlo per il risultato ottenuto.

Tumore al seno: a Brescia 945 casi all’anno, calano i decessi

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Più di 1300 operazioni l’anno. Gli ospedali bresciani virtuosi nell’approccio alla malattia Le Breast Unit di Civile, Poliambulanza e Sant’anna hanno eseguito 952 interventi

Di tumori al seno ce ne saranno (purtroppo) sempre tanti: non soltanto perché le cause all’origine sono molteplici, ma perché «più invecchia la popolazione – spiegano dall’Ats di Brescia – più aumenta di conseguenza anche la percentuale di persone a rischio». Quello al seno, infatti, rimane il carcinoma più diffuso tra le donne. Con una media di 945 casi diagnosticati ogni anno e 1.373 interventi effettuati sempre nei 12 mesi, i numeri dell’Ats evidenziano che negli ultimi quindici anni, a Brescia e provincia, i decessi per tumore al seno hanno raggiunto, in media, i 227 casi l’anno. A fronte di oltre 13 mila diagnosi, sono state 3.403 le donne che dal 2000 ad oggi sono decedute: significa che, in passato, una su quattro non è sopravvissuta a distanza di cinque anni dall’operazione. La buona notizia – se così si può dire – è comunque il calo del tasso (standardizzato) di mortalità: si è passati infatti dai 37 decessi su una popolazione di 100 mila donne (malate e non) di inizio anni Duemila ai 30 casi del 2014.

I dati provinciali

«Sicuramente più faccio diagnosi e più ho probabilità di trovare masse tumorali di piccolo volume – spiega Edda Simoncini, oncologa e responsabile della Breast Unit degli Spedali Civili – Questo permette alla chirurgia di essere più efficace, anche se non sempre piccolo è sinonimo di forma lieve». In Italia il tumore al seno colpisce una donna su otto, ma «in molti casi si può prevenire o diagnosticare in fasi precoci. E questo – ricorda Alessandro Signorini, direttore generale della Poliambulanza – aumenta notevolmente anche l’efficacia dell’intervento chirurgico». Ma se una donna riscontra un nodulo al seno, in prima battuta a chi deve rivolgersi? Scorrendo i dati dell’Ats si vede chiaramente che in due casi su tre la scelta della paziente non cade sull’ospedale più vicino, ma sulla struttura che viene percepita e ritenuta la più valida. Non a caso, le tre Breast Unit della provincia (Spedali Civili, Poliambulanza e Sant’Anna) hanno eseguito ben 952 operazioni (69%). Se poi si aggiunge Desenzano (che dispone di una chirurgia a indirizzo senologico), il numero di interventi raggiunge i tre quarti del totale. Questo tipo di operazione può essere condotta in tutti gli ospedali: nelle strutture della provincia i tempi d’attesa non sono dilatati, ma è pur vero che il numero di interventi è decisamente minore rispetto ai centri specialistici e multidisciplinari. Perciò, anche se l’attesa si aggira sui 5-10 giorni in più, i medici preferiscono indirizzare le loro pazienti nelle tre Breast Unit della provincia. Il motivo è relativamente semplice. L’assioma, condiviso anche dalla Regione, sarebbe questo: più interventi si fanno, più esperienza si acquisisce. «È assolutamente vero – spiega Antonio Barni, direttore della Breast Unit del Sant’Anna – c’è una differenza enorme tra i chirurghi che fanno interventi di varia natura e chi si occupa in maniera esclusiva, o quasi, di tumore al seno».

Così è calata la mortalità

Anche la letteratura scientifica dimostra che «l’ampia casistica e l’approccio multidisciplinare fanno calare la mortalità» conferma Edda Simoncini (Civile).
La stessa Regione Lombardia si prepara a conferire un bollino speciale alle Breast Unit che dimostrino almeno 150 interventi l’anno e tempi di attesa inferiori ai due mesi: nel bresciano, oggi, Spedali Civili, Poliambulanza e Sant’Anna avrebbero già le carte in regole per il riconoscimento. Nella clinica del gruppo San Donato l’attesa media è di 18 giorni, comprensiva di esami di laboratorio, risonanza e altri accertamenti. «Se però il tumore lo richiede – sottolinea Antonio Barni – l’operazione viene fatta più rapidamente: il tempo è modulato ogni volta, caso per caso». Insomma, l’urgenza detta ovunque il calendario, ma gli specialisti concordano nel sostenere che, nella maggior parte dei casi, si può essere tranquilli se la paziente si sottopone all’operazione entro 30 giorni. Tra i 314 interventi per tumore alla mammella eseguiti in Poliambulanza, «il 74% è stato effettuato addirittura entro 10 giorni – precisano dall’ospedale – il 22% entro 20 giorni e il 4% entro un mese».

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Berretti, Tuttocuoio-Juve Stabia: i convocati di Liguori

L’elenco completo

Ultima chiamata stagionale in campionato per la Berretti della Juve Stabia che non è riuscita nell’intento di agganciare almeno il quarto posto che valeva l’accesso ai play off. I ragazzi di mister Nicola Liguori affronteranno, domani, nell’ultimo match, il Tuttocuoio, secondo in classifica e qualificato da tempo alla fase finale.

Questo l’elenco dei convocati:

Borrelli F., Montella, Rossi, Noto, Lombardi, Elefante, Rubino, Borrelli E., Ioio, Strianese, Lauri, Servillo, Matano, Melone, Del Prete, Natale, Matassa, Contieri.

Caivano, arrestato un uomo per la morte della piccola Fortuna: “Violenza sessuale e omicidio”

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Aveva 6 anni quando precipito’ dal balcone. Un altro bimbo morto in circostanze analoghe: era il figlio della compagna dell’uomo in manette

Svolta nell’inchiesta sull’omicidio della piccola Fortuna Loffredo, avvenuto il 24 giugno 2014 nel Parco Verde di Caivano, nel Napoletano. Arrestato con l’accusa di violenza sessuale e omicidio il compagno della vicina di casa della piccola Fortuna, già in carcere insieme alla compagna da novembre 2015. I due, allora, furono fermati con l’accusa di violenza sessuale sulla figlia di tre anni. La donna di 26 anni era madre di un altro bambino di 3 anni morto il 28 aprile 2013 precipitando anche lui dal balcone dello stesso palazzo del parco Verde di Caivano in cui morì un anno dopo Fortuna Loffredo.

Dall’inizio il sospetto della Procura e’ che Fortuna Loffredo fosse rimasta coinvolta in un giro di pedofilia, del quale forse anche altri bambini del Parco Verde sono vittime. Un sospetto condiviso dalla madre della bimba morta, Domenica Guardato. La donna ha sempre puntato senza esitazione il dito contro le persone che abitano nell’edificio: “Il mostro è nel nostro palazzo, è impossibile che nessuno abbia visto. Chi sa parli“, disse mesi dopo la morte della piccola.

Questa mattina i carabinieri della Compagnia di Casoria hanno dato esecuzione all”ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Gip su richiesta della Procura di Napoli Nord.

Il corpo della bimba, che allora aveva sei anni, fu trovato davanti allo stabile dove abitava, molto probabilmente dopo essere precipitata. L’autopsia stabilì che aveva subito abusi sessuali.

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Bonucci: “Rizzoli? Mai mi sarei sognato di toccarlo con la testa”

Leonardo Bonucci ha rilasciato alcune dichiarazioni al Quotidiano Sportivo

E’ tornato a parlare del suo contatto con Rizzoli: “Quella di quest’anno è la squadra più forte dei cinque scudetti consecutivi vinti. In uno o due anni può diventare tra le migliori d’Europa. Abbiamo avuto la fortuna di trovare dei calciatori talentuosi che hanno capito in fretta il dna della Juventus, cosa vuol dire indossare questa maglia. Mi ha dato fastidio che a inizio anno dopo due partite i nostri tifosi ci abbiano fischiato, l’ho fatto presente e da quel momento ci siamo ricompattati. Siamo riusciti a raggiungere tutti insieme questo storico e leggendario traguardo. Rizzoli? Ho sbagliato a protestare eccessivamente e giustamente sono stato ammonito. Mai e poi mai però mi sarei sognato di toccarlo con la testa. Quando si tratta della Juve, si analizza anche il fotogramma. Forse pensavano di destabilizzarci”.

Cannavaro: “Il Napoli mi ha deluso. Higuain? Ha esagerato!”

Paolo Cannavaro ha parlato a Il Mattino

Imbattibile la Juventus? Non mi ha entusiasmato come gioco, ma alla fine quello che conta in Italia è la compattezza difensiva. E la testa. Deluso da tifoso partenopeo? Tanto. Rimprovero al mio Napoli di non essere andato in casa della Juventus per far male ai bianconeri. Perché quella sera la Juve aveva il terrore del Napoli e gli azzurri non ne hanno saputo approfittare. Credo che quella sera sia stata decisiva. Quanto ci credevano a Napoli? Tanto, tantissimo. Però comunque Gonzalo a Udine doveva mantenere di più la calma, ha esagerato: è scattato perché ha capito che con quella sconfitta il Napoli perdeva lo scudetto, ma un vero leader non deve mai reagire in quel modo, anche se provocato. Juve aiutata? Mi rifiuto di credere che un arbitro prima di una partita pensi di poter favorire la Juve. Gli errori alla fine di una stagione si bilanciano. Ed è stato così anche quest’anno”.

Internet Day. Trent’anni fa l’Italia sbarcava su Internet

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Oltre mille eventi e Pisa epicentro delle celebrazioni con i ‘pionieri’ della Rete: l’Italia festeggia domani e dopodomani l’ Internet Day per ricordare i 30 anni dalla prima connessione internet nel nostro Paese. “‘Il giorno in cui l’Italia scoprì Internet’ è il 30 aprile 1986”. “Il 30 aprile 2016 saranno 30 anni esatti. E faremo un altro Internet Day. Tutti sono invitati a partecipare”, aveva annunciato su Facebook il il premier Matteo Renzi, aggiungendo che il governo prepara la prima gara per la banda larga. Domani il presidente del Consiglio partecipera’ in collegamento video (verso le 13)  all’Internet day di Pisa. 

“Entro il 2020 tutti gli italiani avranno almeno 30 mega di connessione”, ha sottolineato il digital champion di Palazzo Chigi, Riccardo Luna, durante la diretta Facebook del #Matteorisponde con il presidente del Consiglio. “Domani si celebrano, in tutto il Paese, i trent’anni dalla prima connessione internet in Italia – ha spiegato Luna –Sono stati organizzati 1200 eventi ufficiali. Pisa e’ la culla dell’informatica in Italia, e la citta’ toscana diventa quindi l’epicentro delle celebrazioni, con i pionieri della rete”. “La cosa migliore per festeggiare – ha aggiunto Luna – e’ rispondere con i fatti: il piano della Banda larga finalmente arriva a conclusione dopo un iter molto complicato. Questo vuol dire che entro il 2020 tutti gli italiani, in ogni comune della penisola, avranno almeno 30 mega di connessione. Finalmente riusciamo a chiudere il gap”.

“‘Il giorno in cui l’Italia scoprì Internet’ – ricorda Renzi nel suo post – è la storia di una impresa, realizzata da pochi pionieri all’insaputa di tutti per qualche anno; ed è l’inizio di una nuova possibilità per il nostro Paese. Quella del digitale. E delle connessioni. E della condivisione. ‘Il giorno in cui l’Italia scoprì Internet’ è il 30 aprile 1986. Negli Stati Uniti governa da tempo Ronald Reagan, che qualche mese prima ha dovuto gestire la crisi di identità collettiva dell’esplosione in volo dello Space Shuttle due minuti dopo il decollo. In Unione Sovietica c’è Mikhail Gorbaciov, la cui perestrojka si trova ad un passaggio drammatico: il 26 aprile la centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina, esplode causando decine morti e un disastro ambientale di proporzioni immani. Le prime pagine dei giornali sono piene di articoli sugli sviluppi di quella notizia, quando nelle redazioni arriva il comunicato stampa più ignorato delle storia. Recita più o meno: il Cnuce, il Centro di calcolo elettronico del CNR di Pisa, è stato collegato per la prima volta alla rete Arpanet, la rete creata negli Stati Uniti per collegare i computer delle università, degli istituti di ricerca e degli enti militari. Arpanet è il papà di Internet e l’Italia è il quarto paese europeo ad essere collegato: dopo Norvegia, Regno Unito e Germania Ovest. Su questo neanche una riga si trova sui giornali dell’epoca. E non c’è un video a ricordare quel momento. E nemmeno una foto. Allora i telefonini per scattarsi un selfie non c’erano. Internet in Italia è stato il più grande “buco” della storia del giornalismo italiano? Forse. Ma non è questo che conta adesso”.

“Il 30 aprile 1986 vive ancora nella testa e nei cuori dei pionieri di Internet. Quelli che il collegamento alla rete di computer lo hanno immaginato, voluto e realizzato: su tutti, Stefano Trumpy, Luciano Lenzini e Blasco Bonito, che erano a Pisa il giorno del primo Internet-Day. Tutti uomini del CNR. Il 30 aprile 2016 saranno 30 anni esatti. E faremo un altro Internet Day”.

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Occhio al giallo, ecco chi rischia di saltare Torino-Napoli

I dettagli

Prima c’è da affrontare l’Atalanta, poi il Napoli giocherà in trasferta a Torino contro gli uomini di Ventura. I diffidati per quella gara sono: Acquah, Belotti, Peres, Moretti, Vives e Gazzi per il Torino. Questi giocatori in caso di giallo contro l’Udinese salteranno il match contro la squadra di Sarri. Nel Napoli i diffidati ci sono Jorginho, Callejon, Albiol e Grassi.

Disoccupazione a 11,4%, mai così bassa dal 2012

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Dai dati Istat di marzo emergono 90 mila occupati in più

Roma  Il tasso di disoccupazione a marzo in Italia scende all’11,4%, il livello più basso dal 2012. Lo rileva l’Istat secondo cui dopo il calo di febbraio (-0,4%, pari a -87 mila), a marzo la stima degli occupati sale dello 0,4% (+90 mila persone occupate), tornando così ai livelli di gennaio.

L’aumento riguarda sia i dipendenti (+42 mila i permanenti e +34 mila quelli a termine) sia gli indipendenti (+14 mila), In calo anche la disoccupazione giovanile a marzo: il tasso di disoccupazione dei 15-24enni, cioe’ la quota di giovani disoccupati sul totale di quelli attivi (occupati e disoccupati), informa l’Istat, e’ pari al 36,7%, in diminzione di 1,5 punti percentuali rispetto al mese precedente.

Dal calcolo del tasso di disoccupazione sono esclusi i giovani inattivi, cioe’ coloro che non sono occupati e non cercano lavoro, nella maggior parte dei casi perche’ impegnati negli studi. L’incidenza dei giovani disoccupati tra 15 e 24 anni sul totale dei giovani della stessa classe di eta’ e’ pari al 9,3% (cioe’ meno di un giovane su 10 e’ disoccupato). Tale incidenza e’ in calo (-0,5 punti percentuali) rispetto a febbraio. Nell’ultimo mese, tra i 15-24enni, crescono di 0,2 punti percentuali sia il tasso di occupazione sia quello di inattivita’.

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Pedullà: “Lapadula vuole la Juve, ma il Napoli non molla”

Alfredo Pedullà parla del mercato e di Lapadula

La situazione di mercato di Gianluca Lapadula è in evoluzione: la Juve lo vuole fin da gennaio, i contatti con il Pescara sono quotidiani, Lapadula è onorato di essere seguito e apprezzato dalla squadra del cuore, ma sul suo futuro non fa sconti. Vuole andare alla Juve, ma non per essere parcheggiato altrove. Almeno oggi è questa la sua volontà, se domani cambierà saremo pronti a registrare umori e convinzioni diversi. Se la Juve ci puntasse, Lapadula sarebbe orgoglioso. Se gli dicessero, facciamo un esempio, “vai a Empoli”, allora i suoi dubbi aumenterebbero. E preferirebbe scegliere in prima persona il club del futuro, fermo restando che oggi è estremamente concentrato sul Pescara che vuole tornare in serie A. Il Genoa potrebbe essere un’opzione seria (ci sono stati incontri tra Sebastiani e Preziosi), il Napoli non smette di cercarlo, altre opzioni possono essere dietro l’angolo. E tutti i discorsi tornano sulla Juve: ci punterebbe o lo parcheggerebbe? Il dilemma, oggi, è questo.

Il Napoli ha bussato alla porta della Fiorentina per avere il suo bomber

La Repubblica scrive su Kalinic

“«Nel calcio non si sa mai – ha detto qualche giorno fa il suo procuratore – abbiamo appena firmato un contratto lungo e Nikola sta bene qui. Vedremo con la società, ma non ci abbiamo ancora pensato ». Dipenderà (anche) dal tipo di offerte che arriveranno. Se arriveranno. A gennaio il Napoli aveva bussato, mentre in questi giorni va di moda l’ipotesi Tottenham. Suggestioni, al momento, e niente di più. L’importante è che Kalinic (col Chievo) riparta dal gol segnato a Buffon, e non da tutto quello che è venuto dopo. Anche perché la Fiorentina non vince in trasferta dal 21 febbraio. Guarda caso, è stata anche l’ultima volta che il croato ha trovato il gol lontano dal Franchi”.

La scappatoia del funambolo

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LA SCAPPATOIA – “Berlusconi, il creatore del ‘campo’, certifica che da oggi le destre in Italia sono due, una estremista e apertamente lepenista, anti europea, l’altra necessariamente più moderata”

LA NATURA una e trina di Silvio Berlusconi (estremista, moderato, populista) si è sciolta all’improvviso come il sangue di San Gennaro, davanti al sacro Graal del Campidoglio romano, inafferrabile per la destra. Dopo aver inventato dal nulla la candidatura a sindaco di Guido Bertolaso, incarnazione postuma dell’emergenzialismo berlusconiano spacciato per arte di governo, ieri il leader di Forza Italia ha ritirato d’urgenza dalla corsa l’ex capo della Protezione Civile per portare ciò che resta del suo partito a convergere sulla candidatura civica di Alfio Marchini, rifiutando in extremis l’alleanza con la destra estrema di Salvini e Meloni. Forza Italia, che ha dominato il panorama politico per vent’anni, non avrà dunque un suo uomo nella gara per il sindaco della capitale. E i manifesti strappati e inutili di Bertolaso sorridente sui muri di Roma sono la lapide alla memoria di un’avventura politica che non ha più ragioni per vivere ma non sa come morire. Naturalmente sono come sempre i sondaggi che hanno armato la scelta di Berlusconi.

Bertolaso non è mai decollato come candidato sindaco, e il rischio di mancare il ballottaggio avrebbe sottolineato ancora di più la perdita del tocco magico con cui l’ex premier trasferiva sui suoi prescelti l’unzione sacra di cui si riteneva investito per natura. Ma non c’è solo il calcolo delle percentuali, dietro la decisione di appoggiare Marchini: c’è anche un calcolo politico che per la prima volta porta Berlusconi a scegliere la ragione invece dell’istinto politico, l’identità piuttosto che la rendita di posizione, e infine soprattutto il moderatismo invece dell’estremismo, che pure l’ex presidente del Consiglio ha tollerato, frequentato e impersonato per anni. Vediamo perché.

L’avventura politica di Berlusconi, che lo ha portato per tre volte a guidare il governo, è stata possibile non soltanto perché il Capo di Forza Italia ha risvegliato l’istinto di destra dormiente nel Paese, ma perché ha saputo creare un “campo”. Lo ha fatto nel 1994 costruendo un partito mediatico-aziendale capace di colmare l’alveo vuoto del Caf, l’alleanza moderata suicidatasi con Tangentopoli, e collegando in un blocco anticomunista gli ex fascisti di Alleanza Nazionale e i secessionisti della Lega di Umberto Bossi. Berlusconi non era soltanto la risultante geometrica di questo campo, ne era il collante, la ragion d’essere e quindi il leader indiscusso: fino a divenirne, come spesso gli capita negli affari, il padrone. Quando è venuta meno l’autorità del Capo, è finita anche la sua sovranità, semplicemente perché è finito il campo.

Bertolaso in questo senso era anche un esperimento dinastico, il primo vero trasferimento diretto di sovranità, per un berlusconismo senza Berlusconi. La ribellione di Meloni e Salvini sulla scena spettacolare di Roma dimostra per oggi e per domani che questo transfert non è possibile. Tanto che la scheggia leghista e post-fascista esce rumorosamente dal campo e pensa di potersi mettere in proprio abbandonando anche la mitologia del ventennio berlusconiano per cercare nuove stelle polari estreme in Marine Le Pen e oggi addirittura in Donald Trump: purché siano figure capaci di incarnare il nuovissimo populismo securitario, egoista e xenofobo.

Delfini e pesci minori di Forza Italia, interessati al loro personale futuro ben più che al Paese, hanno insistito per mesi con Berlusconi perché scegliesse Giorgia Meloni, ricostituendo d’incanto il campo che lo aveva portato a vincere per tre volte le elezioni nazionali. L’ex Cavaliere alla fine ha detto no, cosciente che il campo non esiste più dal momento in cui lui non ne è più padrone, anzi da quando due ex stallieri della destra hanno lanciato una vera e propria opa ostile sui territori del loro Signore. Scegliere la Meloni a questo punto non significava sottoscrivere una candidatura, cosa che il cinismo berlusconiano è sempre stato ben pronto a fare in base a calcoli di convenienza: il significato era quello di una pubblica abdicazione, con l’ex sovrano che accetta di farsi paggio degli usurpatori, chinando il capo di fronte ad una religione non sua.

Marchini, incolore, è una scappatoia perfetta perché il funambolo di Arcore può lasciar credere addirittura che il civismo possa diventare l’esito senile del berlusconismo declinante. In realtà il sigillo berlusconiano di Forza Italia è talmente marcato che rompe l’equilibrio dell’equivoco politico su cui Marchini si è retto fin qui, e lo connota pesantemente a destra. Ma nello stesso tempo il creatore del “campo” certifica che da oggi le destre in Italia sono due, una estremista e apertamente lepenista, anti europea, l’altra necessariamente più moderata. Se fosse una scelta culturale convinta e consapevole, sarebbe una nuova semina nel territorio della destra, vent’anni dopo. Una semina finalmente moderata, da parte di un leader populista per vent’anni, e radicale: in colpevole ritardo, ma benvenuta. Molto più probabile che di consapevole, culturale e soprattutto moderato non ci sia niente, e che l’ex Cavaliere si limiti a inseguire i suoi elettori in libera uscita, incapace ormai di guidarli e senza una meta.

vivicentro.it-editoriale / larepubblica / La scappatoia del funambolo EZIO MAURO

Napoli-Lazio 1-0: il secondo scudetto, era il 29 aprile

I dettagli

Il giorno 29 aprile il Napoli ha giocato dieci partite, otto in serie A, una in serie B ed una in coppa Italia, ottenendo sei vittorie e due pareggi, con due sconfitte.

Ricordiamo l’1-0 alla Lazio nell’ultima giornata della serie A-1989/90

Questa è la formazione schierata da Albertino Bigon:

Giuliani; Ferrara, Francini; Crippa, Alemao, Baroni (66′ Fusi); Corradini, De Napoli (85′ Mauro), Careca, Maradona, Carnevale

I gol: 7′ Baroni

Con il gol di Baroni il Napoli conquistò i due punti che regalarano il secondo scudetto.

Gli azzurri verso il posticipo contro l’Atalanta per il “monday night”

I dettagli

Doppia seduta ieri per il Napoli a Castelvolturno. Gli azzurri preparano il match contro l’Atalanta per il “monday night” della 36esima giornata al San Paolo alle ore 21. Al mattino la squadra si è divisa in due gruppi. I difensori hanno svolto attivazione e allenamento tecnico tattico specifico, mentre il plotone di centrocampisti e attaccanti hanno svolto lavoro su circuito di forza. Nel pomeriggio prima fase di attivazione, esercitazione passaggi con le mani e gol di testa e successivamente passaggi con i piedi e gol di prima. Di seguito partitina a campo ridotto e chiusura con allenamento tecnico tattico. Oggi allenamento di pomeriggio.

Napoli-Atalanta in campo e sul mercato

I dettagli

Lunedì, in occasione del match di campionato tra il Napoli e l’Atalanta, ci sarà anche un vertice di mercato. I nomi caldi sono diversi, come riferisce Il Corriere dello Sport: sul tavolo ci sono il portiere Marco Sportiello, il difensore Andrea Conti ed il centrocampista olandese Marten De Roon. Nell’affare di gennaio di Alberto Grassi al Napoli, è stata strappata un’opzione sui cartellini di altri tre giocatori dell’Atalanta e tutto potrebbe sbloccarsi a breve.

Mertens-Napoli, accordo fino al 2020

I dettagli

L’agente di Dries Mertens, Soren Lerby, oltre che di Klaassen, ha parlato anche del rinnovo del belga con il ds Giuntoli. Il calciatore dovrebbe apporre la firma sul rinnovo contrattuale che lo legherà alla società azzurra per un periodo più lungo di tempo e, all’interno del summit che vedrà protagonista Klaassen, potrebbe diventare realtà il prolungamento del contratto fino al 2020 con aumento del 50% e l’ingaggio che passerà dagli attuali 1,2 milioni a circa 1,8 milioni di euro all’anno.

Palermo, il bar di fronte al pantheon di Falcone è dei boss: la Finanza lo sequestra

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L’espresso di Cosa nostra, c’è anche una torrefazione nel patrimonio da 15 milioni gestito da un amico del figlio di Riina

Palermo – L’antimafia è ormai diventata un paravento perfetto per i mafiosi e i loro complici. E anche un buon affare. Un boss parecchio intraprendente ha investito nel “Gran cafè” che sorge di fronte al pantheon dove dall’anno scorso sono custodite le spoglie del giudice simbolo dell’antimafia, Giovanni Falcone. La chiesa di San Domenico è ormai una delle mete più gettonate dai turisti e dalle scolaresche in gita. Quale occasione migliore per ristrutturare un vecchio bar e trasformarlo in un locale alla moda con tanto di sala ristorante e banco di pasticceria pieno di delizie siciliane. Il boss Francesco Paolo Maniscalco è stato sempre un imprenditore particolarmente attento ai nuovi investimenti. Fra il 2000 e il 2002 andava al ristorante con il figlio di Totò Riina, Giuseppe Salvatore, e insieme discutevano di affari. Sono stati arrestati nello stesso blitz ed entrambi condannati (Maniscalco a 4 anni, Riina junior a 8 anni e 10 mesi).

Come Salvuccio Riina, anche Maniscalco si è rifatto una vita. Da rispettabile imprenditore, grazie ai soliti fidati prestanome. Ma la sua attività non è sfuggita agli investigatori del Gico del nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Palermo. Ed è scattato un sequestro per il nuovo impero di Maniscalco: otto società che gestiscono due bar, una palestra nella centralissima via Dante, una torrefazione e un’azienda che produce cialde. Sì, adesso la mafia ha il suo espresso. Si poteva bere al “Gran cafè San Domenico”, ma veniva anche imposto ai locali del centro città. Si deve prendere e non si può lasciare l’espresso dei boss, non ci sono margini di trattative, Cosa nostra è tornata ed essere aggressiva. E, intanto, Maniscalco compilava dichiarazioni dei redditi da fame, anche se abitava in una bella casa in centro, con la moglie e le due figlie. Probabilmente, un’altra parte del suo tesoro è ancora al sicuro: “Maniscalco è fra gli autori del grande colpo al Monte dei Pegni di Palermo del 1991, fruttò nove milioni di euro”, ha raccontato l’ultimo pentito di mafia, Vito Galatolo. Quel tesoro non si è mai trovato.

“La via maestra per sconfiggere Cosa nostra è l’aggressione ai patrimoni illeciti”, dice il generale Giancarlo Trotta, comandante provinciale della Guardia di finanza di Palermo. “Dobbiamo rendere più povera l’organizzazione mafiosa. E’ questo il focus delle nostre indagini”. Indagini non facili. “L’organizzazione mafiosa si mimetizza nel tessuto economico legale – spiega il colonnello Francesco Mazzotta, comandante del nucleo di polizia tributaria – punta a sempre nuovi investimenti grazie alla complicità di insospettabili”.

Tutte le attività di Maniscalco erano gestite da insospettabili, perfetti sconosciuti che non hanno mai svolto alcuna professione.

vivicentro.it-isole-cronaca / larepubblica / Palermo, il bar di fronte al pantheon di Falcone è dei boss: la Finanza lo sequestra SALVO PALAZZOLO

Le parate di Sczezsny hanno aumentato la rabbia di Higuain

La Repubblica scrive su Gonzalo Higuain

“Era il 3 aprile e da allora sono passati 26 giorni, in cui (soprattutto per la lunga squalifica) si è fermata di colpo anche la macchina da gol del campione argentino, ritornato in campo solo nella sfortunata sfida di lunedì scorso contro la Roma. Sufficiente (nonostante l’inevitabile mancanza del ritmo partita) la prova del Pipita, fermato in due occasioni dalle parate di Sczezsny: che ne hanno peraltro aumentato frustrazione e rabbia. Contro l’Atalanta sarà di nuovo al top, questo è certo. Lo ha fatto capire a Sarri e ai compagni con il grande impegno che sta mettendo negli allenamenti di questi giorni, affrontati con il piglio del leader”.

Sta per scattare l’operazione Klaassen: a breve ci saranno novità

I dettagli

L’operazione Davy Klaassen, secondo Il Mattino, sarebbe questione di giorni. Soren Lerby, l’agente del calciatore, è atteso a Napoli dopo aver sentito il DS azzurro Cristiano Giuntoli. Il calciatore dichiarò tempo fa: “Non andrò a Napoli. O per meglio dire, voglio rimanere qui. Non si può mai sapere con esattezza cosa accadrà. Potrei anche rompere con il club o cose simili, ma non credo che accadrà. Ho la sensazione che in molti vorranno restare all’Ajax”, ma il Napoli vuole chiudere l’operazione il prima possibile e lavora a fari spenti: “lo sbarco in Champions consentirà al Napoli di essere piazza prestigiosa,  il budget mercato oscilla in maniera assai radicale in base al piazzamento. Ballano, infatti, qualcosa come 30 milioni di euro”.