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Vice Reina, uno tra Rafael, Andujar e Sepe può restare!

I dettagli

Il vice di Pepe Reina al Napoli è diventato un tormentone estivo: Rafael Cabral, Mariano Andujar, Luigi Sepe: uno potrebbe restare azzurro anche nella prossima stagione. Nonostante questo, però, si può tornare sul mercato con il nome in voga resta quello dell’atalantino Marco Sportiello, mentre per la terza scelta rimane ancora in piedi l’ipotesi legata a Nando Coppola, che servirebbe per la quota-vivaio.

Giuntoli ha trovato il vice Callejon: questo il suo nome…

I dettagli sul vice Callejon

Milot Rashica, 20enne albanese, è un’ala destra che potrebbe essere l’alternativa a José Callejon. Il Corriere dello Sport riferisce: “Ha saputo di Napoli dai racconti di Hysaj e dalla proposta arrivata qualche mese fa al suo club. E’ rimasto congelato, ma continua a rappresentare l’erede di Callejon, lui più di ogni altro: perché ha caratteristiche e anche movenze che ricordano lo spagnolo”. Le relazioni degli scout sono convincenti così come le sue prestazioni.

Zielinski-Napoli, trattativa riaperta!

I dettagli

Come riferisce la Gazzetta dello Sport, il Napoli si sarebbe riavvicinato a Zielinski: “L’accordo raggiunto con l’Udinese: 12 milioni più il cartellino di Zuniga (che verrebbe girato al Watford) oppure 14 milioni cash, è stato raggiunto da tempo. Zielinski però aveva una parola con il Liverpool che voleva rispettare dato che Klopp gli aveva fatto pervenire chiari segnali di interesse. Così, Zielinski ha aspettato di finire l’Europeo aspettando che i Reds si mettessero d’accordo con i friulani. Non è stato così e ieri si è riaperta in maniera importante l’ipotesi Napoli. Contatto tra l’agente del calciatore ed il suo assistito, contatti tra il diesse Giuntoli e l’agente di Zielinski: Napoli disposto ad alzare la proposta di ingaggio che non soddisfaceva il polacco, parti decisamente più vicine rispetto a qualche giorno fa”.

Estremismo e terrorismo, le radici dell’odio

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Soltanto una minoranza di musulmani aderisce al terrorismo, ma in nome della fede si stringono alleanze e patti operativi

QUESTA volta è toccato a noi, ai nostri connazionali trucidati a Dacca Ma ormai è evidente che l’attacco del terrorismo islamista non risparmia nessuno. Non si tratta, dovrebbe essere ormai chiaro, di un problema medio-orientale, e non basta, per spiegarlo, chiamare in causa le disgraziate avventure militari americane in quella regione, l’irrisolta questione palestinese o la contrapposizione settaria fra sunniti e sciiti.

Tutti aspetti che contribuiscono alla radicalizzazione jihadista a livello mondiale, ma che certo risultano insufficienti per capire quello che è accaduto in Bangladesh. A rendere difficile la nostra risposta (che deve essere nello stesso tempo militare, di intelligence, politica e culturale: smettiamola di pensare che una sola dimensione possa funzionare) è proprio questa complessità del fenomeno, questo confluire di spinte contrastanti, squilibri, frustrazioni, contese geopolitiche.

Speriamo a questo punto di non sentir dire ancora una volta che “la religione non c’entra” e che “i terroristi non sono veri musulmani”, perché, anche se è vero che solo una ridotta minoranza di musulmani aderisce al terrorismo islamista, è la religione a fornire ideologia unificante e linguaggi, oltre che a configurare una micidiale rete entro la quale prendono corpo alleanze e sinergie sul piano operativo. E poi, come si fa a dire che la religione non c’entra quando i macellai di Dacca hanno selezionato le vittime da uccidere con i machete chiedendo agli ostaggi di recitare il Corano?

I terroristi di Parigi e Bruxelles hanno usato esplosivi e kalashnikov: quelli di Dacca avevano armi non troppo sofisticate e soprattutto machete – quei machete usati in Bangladesh, ormai da molti mesi, in uno stillicidio di uccisioni ispirate da un estremismo religioso diretto contro atei, gay e seguaci di religioni diverse dall’Islam. Un terrorismo “artigianale”, ma non per questo meno atroce, nei cui confronti il governo della Primo Ministro Sheikh Hasina aveva dato prova di pavida ambiguità, arrivando persino a far intendere che le vittime se l’erano cercata, dato che “avevano offeso la religione”. Ecco cosa accade quando vengono meno i capisaldi dello stato di diritto e di una laicità che deve difendere i credenti di tutte le religioni e i non credenti: “stato laico più libertà religiosa”, come ha detto recentemente Papa Francesco, segnando un punto di arrivo del lungo e difficile processo della Chiesa cattolica nei confronti della libertà di coscienza. Un processo che nell’Islam è solo agli inizi, e che anzi risulta attualmente minacciato dalla recrudescenza di tendenze estremiste che sono sempre esistite storicamente, ma che oggi trovano spazio negli sconquassi di una globalizzazione che promette più che mantenere e che soprattutto ha aumentato le disuguaglianze, nella caduta di un sistema bipolare che non è stato sostituito e nella sinistra influenza saudita a base di una potente combinazione di ideologia wahabita e di tanti soldi.

L’islam del Bangladesh era un tempo moderato. Prima del 1947, data della traumatica indipendenza di India e Pakistan, si trattava di un islam plasmato dalla convivenza con l’induismo e con le altre religioni del subcontinente indiano. La tragedia della partition aveva radicalizzato e introdotto violenza e odio. Ma non basta, dato che il Bangladesh è il prodotto di un’altra sanguinosa partition , quella del 1971, il distacco dal Pakistan dopo una feroce guerra il cui trauma non è ancora superato. Se qualcuno dovesse pensare che per vivere in pace bisogna separare e costruire entità etnico-religiose omogenee, il caso del Bangladesh dovrebbe farlo ricredere.

La storia è importante, ma non spiega tutto. Ovunque ci sono spinte radicali, ovunque esistono nuclei violenti e intolleranti potenzialmente capaci di entrare in azione. Ma se oggi il potenziale di violenza si traduce su scala mondiale in uno stillicidio di episodi uno più atroce dell’altro è perché, pur nella varietà di motivazioni e composizione sociale di questi gruppi (gli ex piccoli criminali di Parigi e Bruxelles non hanno niente a che vedere con il sottoproletariato del Bangladesh) esiste un potente e unificante elemento ideologico. E quale ideologia è più forte di quella religiosa? Non esiste un comando centrale, un Grande Vecchio islamista da cui provengono ordini e strumenti operativi. Ma non è neanche vero che siano in campo solo “lupi solitari” e nuclei autonomi. Lo Stato Islamico, che in questo caso ha rivendicato la paternità dell’operazione, c’entra, ma con una varietà di modalità che lo rendono particolarmente pericoloso – più pericoloso della stessa Al Qaeda, che continua ad operare, ma ormai come socio minore dello schieramento jihadista – e difficile da contrastare.

L’attentato dell’aeroporto di Istanbul è stato opera di foreign fighters almeno in un caso provenienti dalla “capitale” dello Stato Islamico, Raqqa. Un’operazione diretta, anche se non rivendicata probabilmente per aggiungere un elemento di confusione in un paese alle prese con la questione curda. A Orlando, in Florida, l’afgano-americano Mateen ha citato lo Stato Islamico come ispirazione della sua strage alla discoteca gay, ma anche – con una contraddizione che rivela un’ignoranza sconcertante per un sedicente militante islamista – Hezbollah. Un “lupo solitario”, certamente, ma capace comunque di mettere in atto un’azione che oggettivamente s’inserisce in un disegno destabilizzatore a livello globale.

La strage di Dacca si situa a metà strada tra questi due estremi. È opera di fanatici che non fanno parte di una rete operativa transnazionale, ma che trovano nello Stato Islamico un riferimento cui corrisponde un coinvolgimento della “casa madre” di Raqqa a livello di comunicazione. Fa pensare il fatto che immagini trasmesse dagli assassini dall’interno del ristorante siano state inviate alla efficiente rete di comunicazione dello Stato Islamico che le ha ritrasmesse, appropriandosi a posteriori di un’operazione che certo non aveva bisogno di una direzione esterna.

Emerge qui un’altra delle ragioni che rendono particolarmente difficile lottare contro il jihadismo globale: l’esistenza di internet e dei social media. Risulta oggi patetico l’entusiasmo di chi riteneva che le prospettive schiuse dalle straordinarie ed accelerate trasformazioni nel campo delle comunicazioni sarebbero state unicamente positive. In particolare si è sottolineato che il fatto che i governi perdessero il monopolio dell’informazione avrebbe avuto un effetto positivo sul grado di libertà degli individui e dei gruppi. Vero, ma si era dimenticato il rovescio della medaglia, ovvero il fatto che chiunque – compresi i terroristi e i criminali comuni – hanno acquistato un potentissimo strumento per portare avanti le proprie finalità. Viene in mente l’entusiasmo che, al momento della diffusione della radio come strumento di comunicazione di massa, portò molti commentatori a dire che la democrazia ne avrebbe approfittato, rafforzandosi, per diffondere informazione e partecipazione. Dimenticavano che anche Adolf Hitler la poteva usare, e sappiamo oggi che uno dei più atroci genocidi del XX secolo, quello avvenuto in Ruanda nel 1994, si può far risalire all’uso della radio da parte dei génocidaires hutu per suscitare paura e odio nei confronti dei tutsi.

Oggi dittatori e terroristi sono diventati provetti comunicatori digitali. Da tutte le indagini sul terrorismo islamista dei nostri giorni risulta che nella maggioranza dei casi è proprio attraverso la rete che avviene la captazione dei nuovi adepti e il loro indottrinamento. C’entrano ovviamente le moschee radicali – come nel caso specifico del Bangladesh, dove la penetrazione wahabita è stata negli ultimi anni particolarmente capillare, ben dotata com’è di fondi sauditi – ma oggi il messaggio islamista radicale si diffonde sempre più grazie al crescente uso di computer e cellulari anche nelle parti meno sviluppate del mondo.

Prepariamoci. Purtroppo siamo solo agli inizi di un’offensiva globale alla cui base vi è una spinta ideologica (una “teologia politica” in cui la politica è il fine e la teologia il mezzo) culturalmente arretrata ma che sa utilizzare tutti gli strumenti del mondo globalizzato in un disegno di illimitata violenza. Un’offensiva condotta contro di noi, ma soprattutto tesa ad affermarsi all’interno di una galassia musulmana storicamente plurale e variegata (fra sunnismo e sciismo, sufismo mistico e tentativi di dialogo con la modernità), ma che oggi subisce l’offensiva di un’ideologia che, all’insegna dell’utopia reazionaria del califfato, punta a terrorizzare ma soprattutto a costruire egemonia.

vivicentro/cronaca  repubblica / Estremismo e terrorismo, le radici dell’odio ROBERTO TOSCANO

L’esercito invisibile che solca il mondo

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ESISTE un esercito di italiani invisibili, che solca il mondo per lavorare, fare affari o volontariato o, semplicemente, per provare a reinventarsi una vita dove si spera ci sia spazio. Si parla pochissimo di loro, sono ai margini dei circuiti turistici, può capitare di incontrarli negli aeroporti o in fila in qualche consolato, ma li scopriamo solo quando succede qualcosa di tragico. E le tragedie, che portano il marchio del terrorismo islamico, con il loro moltiplicarsi stanno cambiando le nostre vite (ci siamo abituati a vedere i soldati nelle piazze e nelle stazioni) e fanno emergere quelle dei nostri connazionali che diventano vittime.

Sono gli italiani che riempiono il mondo per comprare tessuti, costruire dighe, riparare impianti petroliferi, curare bambini, cucinare, navigare, insegnare tecniche di irrigazione. Sono italiani che fanno fatica, che soffrono la lontananza, lo spaesamento e la difficoltà di mantenere rapporti resi impossibili dalle distanze e dai fusi orari. Ieri sera nelle nostre case sono entrati i volti di nove di loro. Arrivano quasi sempre dalla provincia italiana, quella che per decenni ha mandato nei continenti più lontani uno stuolo di suore, medici e missionari. Lavoravano tutti in aziende tessili, chi come imprenditore, chi come manager, chi come rappresentante.

Bangladesh, le vittime dell’attentato dei terroristi a Dacca

Simona Monti aveva 33 anni e si era laureata in lingue e civiltà orientali, veniva da Magliano Sabina e lavorava in un’azienda di Dacca da meno di un anno. Prima era stata in Francia, in Cina e in Perù. Aspettava un bambino. La sua breve vita somiglia a quella di tantissimi giovani figli del nostro Paese, costretti a esplorare il pianeta per trovare occasioni di lavoro.

Marco Tondat era friulano di Spilimbergo (Pordenone), domani sarebbe tornato a casa dalla sua bimba di 6 anni per portarla in vacanza. Aveva 39 anni e anche nel suo caso si era trasferito solo un anno fa, perché in patria ormai non c’erano prospettive. Friulano pure Cristian Rossi, 47 anni, che dopo anni da dipendente quando l’azienda è finita in fallimento si era messo in proprio. Alle porte di Udine dove era nato, erano rimaste le sue gemelline di 3 anni.

Claudia Maria D’Antona era torinese e la morte l’aveva vista da vicino quando aveva 23 anni: il 13 febbraio 1983 come volontaria della Croce Verde si trovò di fronte alle 64 vittime dell’incendio del Cinema Statuto. Insieme al marito, che si è salvato, era stata in India e da vent’anni gestivano un’attività in Bangladesh. Si erano sposati solo due anni fa e finanziavano un’associazione che porta chirurghi plastici a Dacca per curare le donne sfregiate con l’acido.

Adele Puglisi, catanese di 54 anni, doveva tornare in Sicilia ieri sera. Aveva lavorato in tutta l’Asia e aveva fiducia negli uomini e nella convivenza: dopo la strage del Bataclan aveva scritto sul suo profilo Facebook che il titolo di Libero (“Bastardi islamici”) era vergognoso.

Nadia Benedetti, manager di 52 anni, era nata a Viterbo e giovedì sera era stata lei ad organizzare la cena al Holey Artisan Bakery, prenotando un tavolo per sei. Il capannone dove il padre aveva avviato la sua impresa, alla periferia nord della città dei papi, è vuoto da anni. Quella che un tempo è stata una piccola zona industriale, oggi è un simbolo della crisi, con i cancelli delle aziende chiusi e gli stabilimenti ormai fatiscenti. Così Nadia era andata a continuare la tradizione di famiglia in un altro continente.

Claudio Cappelli lascia in Brianza la moglie e una bambina di 6 anni. Anche lui piccolo imprenditore tessile, era sposato con la figlia del patron della Beretta Salumi, un marchio storico di quel territorio. Dalla Lombardia veniva pure Maria Riboli, 34 anni, bergamasca di Alzano Lombardo, che è partita per una trasferta a Dacca salutando la sua bimba di soli 3 anni. Vincenzo D’Allestro, 46 anni, invece era un cittadino del mondo: nato in Svizzera, figlio di immigrati del casertano, era tornato ad Aversa e aveva aperto un’azienda di tessuti.

Le loro storie ci ricordano quelle dei due tecnici dell’azienda Bonatti rapiti e uccisi in Libia tre mesi fa. O quella di Cesare Tavella, il cooperante assassinato nello scorso settembre mentre faceva jogging, sempre a Dacca, sempre dall’Is. Terrorismo islamico che lega insieme i destini di chi all’estero invece c’era andato per studiare, come Valeria Solesin ammazzata al Bataclan, o per conoscere, come i turisti del Museo del Bardo a Tunisi – Giuseppina Biella, Francesco Caldara, Orazio Conte, Antonella Sesino – abbattuti dalle raffiche di kalashnikov. O come Giulio Regeni, ricercatore in quell’Egitto che amava, stritolato nei meccanismi perversi della guerra al jihadismo.

Un mondo silenzioso e instancabile, una rete di persone di cui di solito non ci occupiamo, che merita rispetto e ammirazione. Quelli che si alzano all’alba, quelli che solcano i continenti e che fino ad oggi non si sono mai fatti fermare. Speriamo vadano avanti e abbiano fortuna. E noi dobbiamo cominciare a raccontare la loro eccezionale normalità. Come diceva Attilio Giordano, il direttore del Venerdì , di cui ieri pomeriggio si è tenuto il funerale: “Le notizie non sono le cose che succedono. Sono tutte le cose che succedono e che la gente non sa”.

L’esercito invisibile che solca il mondo MARIO CALABRESI

Perché i carnefici filmano il Male

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La cosa più spaventosa del terrorismo sta nel fatto che non te lo puoi togliere di dosso, continua: la strage di un gruppo di persone può esaurirsi in pochi minuti.

Ma l’effetto non termina per questo, prosegue, si moltiplica come un’eco.

La distruzione cala silenziosamente su di te come da corde di seta. Siamo prede. La guerra non convenzionale che ci hanno dichiarato è all’interno dei nostri Stati, li fraziona e li divide. L’attentato si muove nel senso inverso della guerra: come il martirio, come la guerriglia, sempre dai margini e lentamente verso il cuore dello Stato. È una questione di uomini e di terre, il terrorismo è un ritorno alla sanguinosa esplorazione dei margini. Più sono percorsi e più il riflusso dell’onda verso il centro è violento. Come noi superstiti viviamo l’assenza degli uccisi? Noi viviamo in un tempo sospeso.

E’ possibile pensarci con distacco, separare queste vicende Parigi, Bruxelles, Istanbul, Dacca, dalla nostra vita reale? Io non credo. Ne siamo tutti toccati. Si finisce sempre per guardare per cercare brandelli di notizie di luoghi in cui siamo stati, delle persone che abbiamo conosciuto. Il veleno è entrato in noi, agisce, si insinua, corrompe. Come esprimere cosa si prova? E’ una sorta di attrazione fatale, il dolore per tutto ciò che abbiamo perduto in questo tempo di caos, sedersi in un caffè senza guardarsi attorno, attraversare una strada, andare ovunque nel mondo, fare la fila all’imbarco di un aeroporto; una stanchezza dello spirito che si nutre di filmati proiettati e riproiettati mille volte. Tentiamo di raggiungere il pulsante per spegnere l’apparecchio: ma non ci riusciamo. Perché non c’è. L’hanno preso altri, gli Assassini.

Ho attraversato luoghi in cui il terrorismo aveva colpito. Tutto era di nuovo a posto, accuratamente cancellate le tracce. Eppure provavi la sensazione nuova che quel luogo fosse sostanzialmente diverso. Notavi la vivacità, l’allegria esagerata sui visi delle persone, sembravano le prime ore di una festa. Era semplicemente l’effetto di ritrovarsi ancora vivi. La stessa sensazione che ti prende quando hai superato indenne un bombardamento.

Il califfato ha cambiato il mondo ahimè, quello che ha invaso e occupato, e quello che minaccia con i suoi innumerevoli gruppuscoli di morte. Puoi ritornare a casa dopo una assenza e non appena la porta si è rinchiusa, è come se non si fosse mai partiti. Accadeva fino a ieri: era il nostro mondo, l’occidente, con i suoi guai e le sue storture, ma familiare, consolidato, confortevolmente e abitudinario. Oppure puoi ritornare dopo poche ore e ogni cosa è tanto mutata da sentirti estraneo, e questo è quello che ci è accaduto, che sta accadendo.

Le grandi parole restano lì sospese nell’aria, califfato fanatismo vendetta, ma tutto si riduce semplicemente a centinaia di assassini. E’ lì la domanda, tremenda, e, forse, la risposta. Perché il demonio (ma anche dio) si sono sempre serviti di persone banali, futili, insignificanti per i loro scopi. Quando se ne serve dio si pronuncia una parola vuota, nobiltà. E quando se ne serve il demonio, ecco pronunciamo un’altra parola vuota: malvagità. Ma il materiale in entrambi i casi è sempre e soltanto quello, la stupida, meschina, assassina mediocrità umana. La principale caratteristica di questi uomini del jihad non è tanto il fanatismo, la monomania, quanto la paura di sprecare il tempo. Il tempo porta il segno della irrilevanza finché non si compie il suo terribile ordine: uccisione e morte.

Quanto è inadeguata la nostra conoscenza del male! Per uccidere i jihadisti di Dacca hanno usato il coltello, sgozzare è infatti il modo che usano per segnarsi. Ma poi hanno filmato i cadaveri avvolti dalle pozze di sangue e se stessi. Perché? Perché quando il Califfato ha rivendicato il massacro potesse utilizzare quelle immagini. E’ la trasposizione planetaria delle esecuzioni dei poveri ostaggi di Raqqa. La violenza di massa ha bisogno di organizzazione, una operazione di sterminio prolungata come quella dell’islamismo radicale richiede grande pianificazione e grandi obbiettivi. E’ un mezzo che permette di approdare a un nuovo ordine e l’idea di questo ordine, per quanto criminale, deve essere semplice e al tempo stesso assoluta. Per chi si accinge a uccidere un gruppo di innocenti la sete di sangue è sicuramente di aiuto. Ma non basta: coloro che hanno progettato e eseguito carneficine come questa devono nutrire la ferma volontà di vedere morte le proprie vittime, averne un desiderio talmente forte da trasformarsi in una necessità. Ora quelle immagini sono lì, davanti a noi, esposte allo sguardo nella loro intimità. Cosa dobbiamo fare? Guardarle? Sappiamo che quei cadaveri, e i loro assassini, resteranno con noi per sempre. E allora sì: vogliamo restarne segnati.

Un capo jihadista siriano, Abu Omar, mi raccontò la prima volta in cui aveva ucciso in quel modo. Mi raccontò il calore che sentiva allo stomaco e intorno agli occhi guardando i condannati e la loro angoscia mortale, stramazzavano, strisciavano, ricadevano, si inginocchiavano per invocare pietà. Spiegava che era sempre stato un uomo qualunque, ma quando aveva visto un uomo strisciare e mendicare la vita aveva avuto la sensazione di diventare un altro più forte e più potente, aveva sentito il proprio sangue scorrere e visto allargarsi l’orizzonte. Il piccolo commerciante Abu Omar era diventato ad un tratto arbitro di vita e di morte, si era trovato tra le mani l’onnipotenza. Una acuta ebbrezza lo aveva invaso finché, poi, la lama aveva cominciato a scorrere sulla gola della vittima, il sangue schizzare… ecco: ora questi uomini lottano risoluti nel buio: al di là del bene…

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vivicentro.it/opinione  lastamla / Perché i carnefici filmano il Male DOMENICO QUIRICO

Riforma processo esecutivo: da oggi in vigore. In allegato il testo coordinato della legge

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Riforma processo esecutivo: la legge numero 119/2016 di conversione del c.d. decreto banche è stata pubblicata ieri in G.U. per entrare in vigore oggi 3 luglio 2016

Entra in vigore oggi 3 luglio 2016 la legge di conversione del d.l. n. 59/2016 (il cosiddetto decreto banche) approvata in via definitiva dal Parlamento il 28 giugno scorso e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale di ieri (qui sotto allegata).

Dalle norme salva-risparmiatori al patto marciano, alle misure per accelerare il recupero dei crediti, sono tante le novità della nuova legge che apporta significative modifiche anche al processo esecutivo, novellando ancora una volta diverse disposizioni del codice di procedura civile (e non solo).

La legge n. 119/2016, nella versione licenziata in via definitiva dalla Camera, comprende le modifiche introdotte in sede di conversione rispetto all’impianto originario varato dal Governo.

Per facilitare la lettura delle nuove norme, il Ministero della giustizia ha redatto e pubblicato in Gazzetta, il testo coordinato delle disposizioni del decreto legge n. 59/2016 integrate con le modifiche apportate dalla legge di conversione.

Per un approfondimento sulla riforma vai allo speciale: “Riforma processo esecutivo: via libera definitivo. Tutte le novità e il testo”

vivicentro.it/l’esperto –  StudioCataldi / Riforma processo esecutivo: da oggi in vigore. In allegato il testo coordinato della legge (Marina Crisafi)

La guerra al Califfato e la crisi dell’Europa

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MENTRE scrivo queste righe la nostra Nazionale di calcio sta giocando a Bordeaux contro la Germania con il lutto al braccio per i nove italiani torturati e poi uccisi dai terroristi dell’Is in un ristorante di Dacca, capitale del Bangladesh. Una guerra dall’altra parte del mondo. Non è rabbia e terrore provati dalle periferie del mondo.

All’Is, al Califfato, interessa anche il terrore delle periferie, ma Dacca non è una periferia e il Bangladesh non è una periferia: è uno degli Stati dell’Asia con maggioranza religiosa di musulmani moderati. Quindi l’Is è a suo modo uno Stato, con una capitale, un esercito “regolare”, un Capo e il suo stato maggiore, più le periferie sparse dovunque.

Naturalmente ha molti nemici; alcuni sono alleati tra loro, altri combattono il Califfato da soli. Insomma c’è una guerra che ha generato parecchie guerre: la guerra in Siria, la guerra in Turchia, la guerra in Iraq, la guerra in Kurdistan, la guerra in Libia e in Tunisia. E la “mezza guerra” con l’Egitto, con l’Iran e con l’Arabia Saudita. La guerra, come spesso avviene, diventa in certe fasi della storia una sorta di normalità: il potere lotta per consolidarsi ed estendersi. Poi arriva la pace, ma dura poco. Spiace dirlo ma guerra e pace (come magistralmente raccontò Tolstoj) si succedono l’una all’altra ma purtroppo lo stato normale è la guerra e il potere; la pace è un intervallo, un necessario riposo che presto scompare.

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Accanto alle guerre contro l’Is ce ne sono altre che per fortuna non contengono efferatezze e spargimenti di sangue (qualche volta accade ma più per caso che per libera volontà). Una, la più recente e tuttora in corso, è il cosiddetto Brexit, cioè l’uscita (non ancora ratificata ma comunque già irrevocabilmente avvenuta) dell’Inghilterra dall’Unione europea. Si discute in tutta Europa se sia un grave danno per il nostro continente oppure un problema facilmente risolvibile e un vantaggio o un gravissimo errore per quella che ancora si chiama Gran Bretagna (Regno Unito non più per via della Scozia europeista e dell’Irlanda del Nord).

La risposta che un’attenta analisi suggerisce è la seguente: per l’Unione europea è una prova capitale: può rafforzarsi e fare passi avanti significativi verso uno Stato federale oppure sfasciarsi in molte parti sotto la spinta dei movimenti populisti antieuropei e antieuro. Per la Gran Bretagna è la fine. Una fine lunga almeno una decina d’anni, ma non revocabile in una società globale. Un’Inghilterra isolata. La cui influenza sul resto del suo impero d’un tempo e degli Stati Uniti d’America, è ormai prossima allo zero. A meno che una nuova maggioranza di inglesi non trovi il modo di sostituire la maggioranza che ha votato per il Brexit. È possibile che risanino l’errore ma non hanno molto tempo: un anno o al massimo due ma non di più.

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Brexit a parte, resta da risolvere la questione europea che si compone di tre elementi: le elezioni tedesche che avverranno tra un anno e mezzo e che vedono la Merkel e i suoi alleati socialisti in difficoltà; il “sovranismo” francese che non è soltanto rappresentato dalla Le Pen, ma dal gollismo dove gran parte della classe dirigente di quel Paese ha ancora le sue radici; gli Stati dell’Europa dell’Est e del Nordest, come la Polonia, l’Ungheria, la Bulgaria, la Repubblica Ceca, ma anche la Danimarca e la Svezia. Questi Paesi, ai quali va aggiunta l’Ucraina a mezza strada tra la Ue e la Russia, che hanno conservato le proprie monete, vogliono uscire dall’Ue e vivere in proprio.

Come si muoveranno i Paesi che ancora credono nell’Unione e sanno che per sopravvivere e progredire l’Ue deve rafforzare le proprie istituzioni e puntare sull’obiettivo d’una federazione che lasci però ai singoli Stati un’ampia autonomia sia pure nel quadro generale? E qual è la parte dell’Italia in questo momento storico di particolare importanza? L’Italia di fatto fa ormai parte di un triumvirato insieme alla Germania e alla Francia. Quel triumvirato non sempre trova l’accordo sui problemi in questione, ma rappresenta comunque la punta di vertice, le tre gambe che reggono il tavolo attorno al quale sono seduti i rappresentanti delle istituzioni europee: la Commissione, il Parlamento, le Corti di giustizia. E i capi dei 27 Stati ancora teoricamente membri dell’Unione. Ma se alcuni di essi dovessero uscirne, come abbiamo già ipotizzato, i 27 si restringerebbero ai 19 dell’Eurozona e forse nemmeno a tutti di essi.

I problemi che hanno sul tavolo sono i seguenti: 1. La guerra all’Is. 2. Il rapporto con gli Stati Uniti d’America soprattutto dal prossimo novembre quando Obama sarà sostituito. 3. Il rapporto con Putin. E poi i temi socio-economici: il rafforzamento dell’occupazione, il miglioramento delle condizioni sociali, del sistema bancario, del debito pubblico, del bilancio dell’Unione europea e del suo debito pubblico, gli investimenti e la scelta politica che deve guidarli. Infine e soprattutto il tema dell’immigrazione, che comporta anche quello delle periferie e quello della libertà religiosa.

Abbiamo altre volte detto che uno degli attori principali dell’intera vicenda europea è Mario Draghi. Lo è sempre di più, man mano che la vicenda generale si aggrava. Tutte le questioni economiche, che sono una moltitudine, lo impegnano direttamente, a cominciare dal rafforzamento del sistema bancario, del debito europeo che deve assumere le caratteristiche di un debito sovrano rispetto a quello dei singoli Paesi e infine la lotta con la deflazione che sta particolarmente penalizzando l’Italia. Draghi preme per l’istituzione di un ministro delle Finanze unico dell’Eurozona e anche Renzi preme in quel senso. Ed ecco l’altro attore della vicenda europea e italiana: Matteo Renzi. Sui problemi europei l’abbiamo già visto come “triumviro”, ma sullo scacchiere italiano?

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Era molto popolare nel 2013 e lo è stato fino al 2015. Adesso ha perso peso, in parte per l’andamento delle amministrative in alcune città fondamentali come Roma, Torino, Napoli. In parte perché la gente non sente benefici, anzi avverte un aggravarsi dei sacrifici da sopportare. In parte è la realtà, in parte è un modo di sentire. Il risultato è che Renzi e il suo partito hanno perso l’appoggio di una quota rilevante della pubblica opinione. Due anni fa erano al 40 per cento, oggi (per quel che valgono) i sondaggi lo danno tra il 32 e il 34 per cento. La destra è del tutto sfasciata tra Salvini-Meloni e Forza Italia; ma se la destra fosse unita supererebbe anch’essa il 30 per cento. Quanto ai 5Stelle anch’essi sono su quella quota.

In sostanza è una struttura tripolare, pessima situazione per la governabilità democratica d’un Paese, specie in vista d’un referendum confermativo che avrà luogo ai primi del prossimo ottobre e al cui risultato Renzi, credendo con ciò di rafforzarsi, ha legato la propria sorte politica. Non starò qui a ripetere ciò che penso di quel referendum. Non mi piace l’abolizione del Senato, ma per il resto il contenuto di quel referendum è accettabile. Non è accettabile però la legge elettorale che aggancia il sistema monocamerale ad una legge maggioritaria che può avere due risultati: una vittoria del Pd renziano che dà all’Esecutivo (cioè a lui) pieni poteri di governo; oppure dà la vittoria ai 5Stelle mettendo il Paese nelle mani di un movimento praticamente populista (non a caso nel Parlamento europeo i suoi membri hanno votato con Farage, l’inglese che rivendica il merito del Brexit).

Queste due prospettive – o Renzi o i 5Stelle – fanno rabbrividire un buon democratico europeista. Perciò Renzi deve cambiare sostanzialmente la legge elettorale, avendo ben presente la fase degasperiana e post-degasperiana della Dc, che governò con i suoi alleati per dodici anni avendo il 40 per cento di voti propri e un 9 per cento dei suoi alleati (liberali, repubblicani, socialdemocratici). Questo deve fare Renzi per l’Italia, altrimenti il rischio è che al referendum vincano i “no”, con quel che ne seguirebbe, anche con contraccolpi negativi della presenza italiana in Europa.

vivicentro,it/editoriale repubblica/La guerra al Califfato e la crisi dell’Europa EUGENIO SCALFARI

Germania-Italia 7-6, azzurri eliminati ai calci di rigore (6-5). Tedeschi in semifinale

Germania-Italia, ci risiamo. Si aggiunge un nuovo capitolo ad una storia infinita ed affascinante. I tedeschi non sono mai riusciti a vincere contro la formazione azzurra in una sfida degli Europei o dei Mondiali. In queste occasioni, sono infatti arrivate  quattro vittorie per l’Italia, cui vanno ad aggiungersi quattro pareggi, sempre nella fase a gironi. Si può insomma dire che l’Italia del pallone costituisca un vero e proprio spauracchio per la Germania ed il remake di questa sfida è sempre tra i classici più amati da parte del pubblico, che non vede l’ora di rivivere serate come quella ormai celebre del 4-3 in Messico ’70.

Questa volta, le due squadre si contendono il passaggio alla semifinale di Euro 2016 e teatro dell’ennesima sfida sarà lo stadio di Bordeaux, nel sud-ovest della Francia. Conte propone l’ormai collaudato 3-5-2. Sturaro viene schierato a centrocampo a causa della defezione di De Rossi, per il resto la formazione è la stessa che ha battuto la Spagna agli ottavi.

PRIMO TEMPO:

La Germania inizia subito a fare la partita e tiene in mano il pallino del gioco ma l’Italia pressa, non se ne sta bassa ad aspettare i tedeschi. Il piano tattico di Conte prevede gli inserimenti dei centrocampisti, in particolare di Giaccherini e Parolo. Il centrocampista della Lazio, infatti, oggi gioca nel ruolo dell’infortunato De Rossi. Al 4’ chance per Giaccherini, che riceve in area e prova subito la girata deviata in angolo. Al 6’ Muller combatte al limite dell’area, ma viene fermato dal doppio intervento Bonucci-Parolo. Al 9’ primo corner per i tedeschi, Parolo è costretto a concedere l’angolo per evitare che Khedira si avventi sul pallone. La Germania è molto aggressiva e l’Italia se ne sta rintanata nella propria metà campo puntando sui lanci lunghi per Pellè ed Eder. Al 14’ timido tentativo di Florenzi verso la porta difesa da Neuer, che non intimorisce affatto l’estremo difensore del Bayern Monaco. Al 15’ Khedira è costretto a chiedere il cambio per un problema muscolare alla gamba sinistra, al suo posto entra Schweinsteiger. Al 19’ lancio lungo col contagiri di Hummels che va a cercare direttamente Mario Gomez. L’ex centravanti della Fiorentina, però, riesce soltanto ad agganciare. Al 21’ intervento duro di Kimmich su De Sciglio che gli aveva portato via la palla, ma l’arbitro lascia correre. Eder, intanto, colpito al volto da Boateng, è costretto alle cure mediche fuori dal campo. Al 24’, ANNULLATO IL GOL di Schweinsteiger che batte Buffon di testa dopo essersi liberato per il tiro con un netto fallo su De Sciglio. Al 28’ intervento provvidenziale di Parolo, che insegue Muller ed entra in scivolata al momento giusto, sradicandogli la palla e favorendo la ripartenza azzurra.  Al 30’ arriva un’occasione ghiotta per l’Italia: De Sciglio è lanciato sulla sinistra ma il suo cross per Eder in area viene intercettato da Boateng. C’è Giaccherini libero nell’area di rigore tedesca ma viene servito troppo tardi.  Al 37’ Neuer in uscita su un retropassaggio si prende un grande rischio con Eder: l’attaccante azzurro stava per prendergli il pallone ed il portierone è costretto a spazzare in fallo laterale. Al 41’ Kimmich riesce ad imbeccare Gomez con un cross dalla destra. Il tedesco anticipa Bonucci di testa ma non riesce ad inquadrare lo specchio. Un minuto dopo, ancora tedeschi pericolosi con due conclusioni rimpallate in area prima del tiro debole di Muller che Buffon riesce a neutralizzare. Al 43’ arriva la prima vera monumentale occasione per l’Italia: clamoroso salvataggio di Boateng che devia in angolo il tiro di Sturaro destinato in porta con Neuer battuto!! Il primo tempo del match si chiude al 46’ con il risultato di 0-0. Gli Azzurri, un po’ impauriti nella prima fase, si svegliano negli ultimi minuti e creano problemi alla Germania.

SECONDO TEMPO:

Al 47′ ottima discesa di De Sciglio sulla sinistra, che mette al centro per Eder in area ma l’interista non controlla bene ed il passaggio per Giaccherini è così così. Subito dopo, imbucata di Kimmich per Schweinsteiger che non controlla, palla a Buffon. Cresce la Germania, guadagnando campo ed al 53’ il rischio per l’Italia è enorme: strepitoso salvataggio di Florenzi di tacco sul tiro di Muller, ma l’azione era stata innescata proprio da un errore di impostazione dell’esterno giallorosso. Al 55′ ammonito Sturaro per proteste, dopo un fallo fischiato contro di lui su Ozil. Al 56′ ammonito anche De Sciglio (diffidato, salterà l’eventuale prossimo match). Al 58′ cartellino giallo pure per Parolo, a causa di un intervento pericoloso su Gomez. Al 62’ stop di petto e sponda di Eder: Parolo prova la conclusione ma colpisce male e la palla va direttamente sul fondo. Al 65’ si sblocca il risultato, la Germania passa in vantaggio: Chiellini devia nell’area di rigore un cross di Hector e Ozil, da buon rapace di aree di rigore, non perdona. Il gol, tuttavia, è viziato da un presunto fuorigioco di Gomez a inizio azione. Ad ogni modo, E’ 1-0 PER I TEDESCHI. Al 68′ incredibile parata di Buffon su un colpo di tacco di Gomez destinato in rete, azzurri in grande difficoltà. Conte se ne è accorto ed inizia a preparare i primi cambi. Al 72’, intanto, sostituzione per la Germania: esce Gomez, entra Draxler. Al  73′ occasionissima Italia con Pellè che prova ad incrociare di sinistro il cross rasoterra di De Sciglio dalla sinistra.

AL 76′ RIGORE PER L’ITALIA!!!!! BOATENG DI MANO SU COLPO DI TESTA DI CHIELLINI! BONUCCI DAL DISCHETTO NON SBAGLIA E FA 1-1.  All’80’ nuova occasione per gli azzurri: Contropiede fulminante condotto da Florenzi: Eder non tira ma serve Pellè che in corsa colpisce male ed il suo tiro finisce oltre la linea di fondo. All’82′ Florenzi cerca nuovamente Pellè in zona di attacco. Il centravanti azzurro prova a proteggere il pallone ma non riesce a pungere. All’86’ cambio per l’Italia: esce Florenzi, entra Darmian.  All’88 De Sciglio dà l’illusione ottica del gol: il milanista tira una sassata da lontano, palla fuori di pochissimo ed è brivido per la Germania. All’89’ 89′ fallo di Hummels su Eder. Cartellino giallo per il tedesco. Sono 3 i minuti di recupero. La partita finisce con il risultato di 1-1.

PRIMO TEMPO SUPPLEMENTARE:

Al 91’ cartellino giallo per Pellè, che interviene da dietro su Boateng. Era diffidato, salterà anche lui l’eventuale semifinale. Al 94′ Giaccherini tenta il cross per Eder, il quale però non riesce ad impattare.  Non ci sono grandi occasioni per passare in vantaggio, né da una parte né dall’altra. Al 100′ ci prova Boateng senza troppe pretese dalla lunga distanza, palla sul fondo. Al 102’ giallo per Giaccherini per aver preso la palla con le mani dopo aver subìto fallo. Il primo tempo supplementare finisce 1-1.

SECONDO TEMPO SUPPLEMENTARE:

L’Italia è ormai sulle gambe, Al 107’ è sfortunato Draxler, che sottoporta in girata non riesce ad inquadrare la porta. Un minuto dopo, Insigne rileva un Eder stanchissimo, alle prese con un problema all’inguine. Al 108’ prova subito il tiro Insigne, respinto e parte il contropiede tedesco. Al 109′ bel guizzo offensivo da parte di Draxler, l’ex Shalke sbaglia l’ultima passaggio e l’Italia rifiata. Al 111’ Schweinsteiger si prende il giallo per una smanacciata su Sturaro. Al 113’ grande giocata di Insigne che trova il tiro: parata di Neuer. Al 115’ Fallo di Chiellini su Muller, gambe che si incrociano nella corsa. E’ punizione per la Germania, l’arbitro la fa addirittura ribattere perché Boateng viene spinto atterra in area. Al 119’ Insigne dribbla tutta la difesa tedesca e prova ad andarsene rapidamente in porta ma si allunga troppo il pallone che finisce tra le braccia di Neuer. Esce Chiellini per scelta tecnica: Conte getta nella mischia un rigorista in più, facendo entrare Zaza. Finisce il secondo tempo supplementare sull’1-1. Si va ai calci di rigore.

Sequenza CALCI DI RIGORE: (6-5)

Batte Insigne e spiazza Neueur.

Kroos non fallisce, Buffon battuto.

Zaza spara alto, l’Italia è sotto

Muller si fa parare da Buffon

Barzagli tira una sassata, non può nulla Neueur

Ozil prende il palo!!!

Pellè tira troppo angolato, il pallone si perde sul fondo

Draxler, realizzato

Bonucci si fa parare da Neueur

Schweinsteiger tira alto, la palla è fuori

Giaccherini non sbaglia

Hummels segna, Buffon l’aveva toccata con la mano destra

Parolo, realizzato

Kimmich, classe 95, non sbaglia dal dischetto

De Sciglio prende la traversa interna e poi la rete, è gol

Boateng non sbaglia

Darmian si fa parare, è l’errore decisivo

Fine di un sogno e di un tabu’: in 120 minuti più rigori si chiudono l’inattesa rincorsa europea dell’Italia di Conte e mezzo secolo di sudditanza psicologica calcistica dei tedeschi nei confronti degli azzurri.

Italia ko dopo 18 calci di rigore, la Germania passa in semifinale con il risultato di 7-6 (1-1 dopo i tempi regolamentari ed i supplementari)

FORMAZIONI UFFICIALI:

GERMANIA (4-4-2): Neuer; Howedes, Boateng, Hummels, Hector; Khedira, Kroos, Kimmich, Ozil; Mueller, Gomez. Ct: Loew.

ITALIA (3-5-2): Buffon; Barzagli, Bonucci, Chiellini; Florenzi, Parolo, Sturaro, Giaccherini, De Sciglio; Eder, Pellè. Ct: Conte.

Arbitro: Viktor Kassai (Ungheria).

I GOL: 20′ st: Gomez prende sulla trequarti il pallone sbucciato da Florenzi, va sulla fascia e temporeggia, poi taglia per l’accorrente Hector sfuggito ancora a Florenzi, sul cross in mezzo il tocco di Bonucci non impedisce a Ozil di battere in corsa Buffon 32′ st; cross di Florenzi, su Chiellini Boateng salta a braccia aperte e fa fallo che Kassai fischia. Bonucci alla rincorsa mentre Neuer saltella, ma e’ 1-1.

                                                                                              Claudia Demenica

ESCLUSIVA – L’incontro Manniello-De Lucia si farà la prossima settimana: c’è la conferma

Questi i dettagli raccolti da Vivicentro

Per la Juve Stabia c’è aria di risveglio, voglia di vincere, voglia di ritornare ad essere la gloriosa squadra di sempre. A lungo, in queste settimane, si è parlato della possibilità di vedere entrare, non solo nel settore giovanile, nel quale è già presente, ma anche in parte nella prima squadra, Andrea De Lucia, imprenditore casertano. Secondo quanto raccolto in esclusiva dalla redazione di Vivicentro.it, l’incontro si farà la settimana prossima ed è saltato in questa soltanto per problemi personali dell’imprenditore che non ha potuto incontrare il presidente Franco Manniello. A conferma di ciò abbiamo raggiunto colui che ha fatto da tramite nella conoscenza tra i due protagonisti della trattativa, il direttore Alberico Turi il quale ha dichiarato: “L’incontro si farà la prossima settimana, c’è stata soltanto un’indisponibilità da parte di De Lucia. L’inizio della prossima settimana sarà la volta buona”.

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a cura di Ciro Novellino

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Massacro di Dacca. L’Italia…. Piange (Mauro Lo Piano-RedSaint)

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Il bilancio delle vittime Italiane nel massacro di Dacca e’ piu’ grave di ogni piu’ benevola previsione, 9 nostri connazionali tutti imprenditori del settore tessile, sono stati trucidati dalla barbara violenza dei terroristi di matrice islamica.

Si cerca un decimo italiano di cui si e’ persa ogni traccia da ieri sera, speriamo che possa esssere rintracciato al piu’ presto,la Farnesina sta cercando di trovare un contatto, sempre nella speranza che non sia tra le vittime ancora da riconoscere;
Il sedicente Stato Islamico, gia da alcuni mesi sta perdendo terreno in tanti campi di battaglia, le sue truppe vengono decimate su piu’ fronti come le sue roccaforti, l’unico modo per cercare di rialzare il proprio morale, e’ quello di compiere “da veri vigliacchi”, attentati contro gente inerme.
Obiettivi che sembrano essere diventati di primaria importanza per gli Jihadisti,, cosi’ si colpiscono pure le Nazioni che per un motivo o un altro sono in contrapposizione allo Stato Islamico, sia militarmente che per motivi religiosi.
Reclutare, addestrare, trasformare le menti, portare al martirio (sempre nel nome di Allah), e’ una priorita’ per gli “insegnanti islamici” delle Madrasse (scuole Coraniche): entrare a far parte di una ristretta cerchia di aspiranti suicidi pronti al martirio per molti jihadisti e’ un vanto.
Dopo ogni carneficina, arrivano puntuali i messaggi di gioia, di congratulazioni, di apprezzamento per coloro che saranno ricordati dal sedicente Stato Islamico come  “martiri”;
Sentimenti di cordoglio, di sdegno, sono pervenuti all’Italia da ogni parte del Mondo, Il Papa, tutte le forze politiche, sono unite nel dolore, le divisioni politiche per una volta sono concordi nel condannare questo esecrabile e vile attentato.
In questi frangenti di dolore, ogni cittadino italiano si chiedera’ quale sara’ la risposta dello Stato? Si manderanno truppe e mezzi a combattere questi rifiuti dell’Umanita’, sicuramente si adotteranno tutte le misure possibili perche’ si impediscano simili massacri, altro purtroppo non si puo’ fare. Nella lotta all’Isis, sono impegnate gia’ le potenze mondiali.

 

Massacro di Dacca: gli italiani e le altre vittime dell’attacco

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Massacro di Dacca. La Farnesina informa che i connazionali deceduti nell’attacco terroristico di questa notte a Dacca sono Adele PUGLISI, Marco TONDAT, Claudia Maria D’ANTONA, Nadia BENEDETTI, Vincenzo D’ALLESTRO, Maria RIVOLI , Cristian ROSSI, Claudio CAPPELLI e Simona MONTI.

Disperati, ovviamente, i parenti di Adele Puglisi. Singhiozza al telefono una cugina della donna, appena avuta notizia della morte della parente che si trovava nel ristorante di Dacca nel quale e’ avvenuto l’attentato. Secondo una ricostruzione della cugina, Adele Puglisi, manager nel campo del controllo qualita’ di Artsana, era in Bangladesh per conto di grandi marchi di abbigliamento. La parente, che ha chiesto di mantenere l’anonimato, ha anche riferito che il fratello di Adele, Matteo, ha accusato un malore alla notizia riferita dai carabinieri intervenuti su mandato della Farnesina. L’uomo e’ rinchiuso nella sua casa in una contrada di Santa Croce Camerina e non intende parlare con alcuno.
“Adele era sempre in giro per il mondo per il suo lavoro, la vedevamo di rado, solo una ventina di giorni l’anno”, racconta un vicino di casa di Adele Puglisi, affacciato al balcone in un giorno di grande afa. La donna non era sposata, non aveva figli e a Catania abitava in un antico palazzo accanto a piazza Ariosto in una via stretta. In citta’ doveva tornare ieri, cosi’ aveva detto ai suoi familiari. Nel palazzo non c’e’ un citofono e i cognomi quasi illeggibili sono scritti su una tavoletta di legno. “Era una donna riservata e cortese – dice il vicino di casa – la conoscevo da anni, ma qui c’era sempre poco: stava alcuni giorni e poi ripartiva, era sempre impegnata lontano dall’Italia”.

 

Due delle vittime erano imprenditori residenti in Friuli: Marco Tondat, 40 anni, nato a Spilimbergo e residente a Cordovado, viveva con la madre e il fratello. Era separato e con una figlia piccola. Giovane imprenditore nel settore tessile, aveva da tre mesi avviato l’iter per il suo trasferimento in Bangladesh. “Stiamo vivendo un dolore immenso. Non si puo’ morire cosi’ a 39 anni. Era un ragazzo che aveva una gran voglia di vivere”. Queste le parole di Fabio Tondat, fratello di Marco. “Ci eravamo sentiti ieri mattina – ha riferito ai giornalisti – e doveva rientrare in Italia per le ferie e abbiamo concordato alcune cose, lo aspettavo per lunedi’”. Marco, ha aggiunto, “era partito un anno fa, perche’ in Italia ci sono molte difficolta’ di lavoro e ha provato ad emigrare. A tutti voglio dire che quanto accaduto deve far riflettere: non e’ mancato per un incidente stradale”. A Dacca Marco Tondat era supervisore di un’azienda tessile, sembrava felice di questa opportunita’. L’atro imprenditore friulano ucciso è il 47enne Cristian Rossi, di Feletto Umberto (Udine), ex manager della grande catena Bernardi, faceva il consulente per aziende italiane di abbigliamento. Lascia la moglie Stefania, due gemelline di 3 anni, le sorelle Cristina, Daniela e Gabriella e il padre Francesco. Al momento dell’attacco i due erano a cena con altri tre amici in una saletta dell’Holey Artisan Bakery, il locale accanto all’ambasciata italiana preso d’assalto dai miliziani islamisti. Rossi sarebbe dovuto ripartire per l’Italia a giorni.

Gli italiani sedeveno tutti in una tavolata nel ristorante preso di mira dal commando terroristico a Dacca. Uno dei connazionali, Gian Galeazzo Boschetti, è riuscito a fuggire e mettersi in salvo. Sono invece ancora in corso gli accertamenti sul decimo italiano che, ha precisato il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, “per ora non risulta tra i cadaveri”.

 

“Ormai abbiamo perso anche l’ultima speranza: mia zia, Nadia Benedetti, è stata brutalmente uccisa nell’attentato in Bangladesh di ieri”. Lo scrive sul suo profilo Facebook, Giulia Benedetti, nipote di Nadia Benedetti, una delle vittime dell’attentato. “Non c’e’ piu’: non la rivedremo piu’ – aggiunge la donna – non parleremo, non commenteremo i colori delle magliette da produrre, mio padre non la andra’ piu’ a prendere all’aeroporto, non andremo a cantare insieme come ci eravamo ripromesse. “Non c’e’ piu'” ripete mio padre. Un branco di bestie ce l’ha portata via”. La donna ricorda che la vittima “aveva vissuto in Italia, Kenya, Bangladesh e non si era mai fermata. Neanche nei momenti piu’ difficili. “Io chiedo a voi amici, parenti, viterbesi, italiani: NON DIMENTICATE, non lasciate che si perda il suo ricordo, non dimenticate cosa e’ successo, non permettete a questi pazzi di commettere altre stragi, non lasciate che vincano loro. Colgo l’occasione per esprimere la nostra vicinanza ai famigliari di tutte le vittime, e ai sopravvissuti alla tragedia. Ci mancherai zia, ci mancherete tutti”, conclude il post.

Patrizia D’Antona, la sorella minore di Claudia Maria D’Antona, una delle vittime dell’attentato terroristico al ristorante di Dacca è sconvolta. “Ieri sera mi hanno avvisato i carabinieri, poi l’unità di crisi della Farnesina mi ha detto di Claudia”, spiega. Cosi’ “L’ultima volta ci siamo sentiti giovedi’ su whatsapp. Mia sorella e il suo compagno non percepivano pericoli, ma comunque prendevano tutte le cautele del caso, si muovevano con l’autista, non utilizzavano neppure il taxi. Cenavano spesso a casa e comunque il quartiere del ristorante, quello delle ambasciate, era considerato sicuro. Claudia tornava 4-5 volte l’anno a Torino, la sua famiglia e’ qui, passavamo tanto tempo nella casa di campagna a Callianetto”. Poi il pensiero va al compagno della donna, Gian Galeazzo Boschetti, scampato all’attentato. “Erano molto legati, sono molto preoccupata per lui. Ho parlato con lui al telefono, mi ha raccontato che quando sono arrivati i terroristi lui si era allontanato per parlare al telefono e non ha visto nulla. Fino all’ultimo ha sperato che Claudia non fosse tra le vittime”. La torinese Claudia Maria D’Antona viene pianta dalle massime autorità cittadine e regionali e il sindaco di Torino, Chiara Appendino, ha proclamato il lutto cittadino. Anche il governatore del Piemonte, Sergio Chiamparino, esprime le condoglianze ai familiari della donna. “A nome mio e di tutti i piemontesi desidero esprimere cordoglio e vicinanza alle famiglie e agli amici delle vittime della strage di Dacca, e in particolare a quella di Claudia d’Antona, nata a Torino, volontaria della Croce Verde e impegnata in cause umanitarie a favore della popolazione locale”. E’ quanto afferma il presidente della Regione Piemonte, che aggiunge: “Siamo vicini al dolore di tutte le persone innocenti colpite da questi atti criminali di stampo terroristico che devono essere combattuti da tutte le comunita’”.

Tokyo conferma: 7 vittime erano giapponesi

Sono sette le vittime giapponesi dell’attacco di ieri notte a Dacca. Lo rende noto il governo di Tokyo. “La nostra ambasciata a Dacca – ha detto il capo di gabinetto del governo giapponese, Yoshihide Suga, durante una conferenza stampa – conferma ufficialmente che tra i corpi che sono stati trasferiti all’ospedale dal governo bengalese ci sono quelli di sette giapponesi”.

Un cittadino americano tra le vittime

C’e’ anche un cittadino americano tra le vittime dell’attacco terroristico a Dacca. Lo rende noto il Dipartimento di Stato Usa. “Possiamo confermare che tra le vittime c’e’ un cittadino americano” ha detto il portavoce John Kirby. “Stiamo vicini al popolo del Bangladesh e proseguire gli sforzi comuni per combattere il terrorismo e l’estremismo”.

SSC Napoli, la radio ufficiale: “Il Napoli è la squadra in pole per Witsel”

I dettagli dalla radio ufficiale del Napoli

Smentita l’accelerazione dell’Everton per Witsel. Il Napoli al momento è la squadra in pole rispetto alle altre, ma bisogna sistemare altri dettagli come l’ingaggio. Gli azzurri hanno dato un ultimatum per questo week-end sul fronte Hector Herrera.

Due nuove sedie di comodo per il Pronto Soccorso dell’Ospedale San Leonardo

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I dettagli

Vi avevamo parlato tempo fa della consegna di alcune attrezzature all’Ospedale San Leonardo di Castellammare di Stabia dopo una campagna solidale (CLICCA QUI). Questo è diventato realtà: infatti, a consegnarle, nelle mani dei dirigenti sanitari, sono stati i soci della Pro Loco di Castellammare di Stabia dando concretezza al progetto di promozione e valorizzazione culturale e turistica del territorio. Il dott. Mauro Muto, Direttore degli Ospedali Riuniti dell’Area Stabiese, ha così dichiarato: “Un sentito grazie anche a nome del Direttore Generale, dei sub Commissari e del personale tutto perché oggi abbiamo la possibilità di comprendere fino in fondo il significato di alcune parole come assistenza e compartecipazione con le associazioni di volontariato per far crescere la buona sanità“.

 

Super offerta del Napoli per Pjaca e Rog

Lo riferisce Alfredo Pedullà
Il Napoli vuole fare la spesa a Zagabria, ha individuato in Marko Pjaca e Marko Rog le pedine giuste per il salto di qualità. I contatti con la Dinamo erano già stati avviati per Pjaca, si sono allargati al centrocampista classe 1995 seguito in passato dall’Inter. Su Pjaca c’è un’asta in corso che coinvolge le big italiane, compresa la Juve, e qualche tedesca ambiziosa. Il Napoli vuole provare ad anticipare, mettendo sul piatto una doppia offerta che con i bonus tocca i 35 milioni. I contatti stanno andando avanti, il Napoli allo scoperto per i due gioielli croati con il desiderio di stringere i tempi.

VIDEO – Voglia di Calciomercato, rivedi la quarta puntata!

Clicca sul video per rivedere la puntata

Vi siete persi la quarta puntata di Voglia di Calciomercato? Niente paura…eccola per voi… I giornalisti Ciro Novellino e Gianluca Apicella continuano la loro nuova avventura per raccontarvi tutto sul calciomercato e su Euro 2016. Tante notizie dalla Premier alla Lega Pro con focus su alcune squadre in particolare.

Clicca sul video per rivedere la puntata

Ex Juve Stabia – Francesco Nicastro approda in Serie A…

Accordo ormai raggiunto tra Nicastro ed il Pescara.

Si sapeva da tempo che Francesco Nicastro, così come Sergio Contessa, da poco passato al Lecce, non avrebbe rinnovato il suo contratto con la Juve Stabia in scadenza al 30 giugno 2016.

Su promettente fantasista siciliano si erano fiondate da tempo diverse squadre. Secondo quanto raccolto, ad avere la meglio è stato il Pescara, che ha chiuso l’accordo con Nicastro. L’intesa di massima tra il Pescara e Nicastro era già stata anticipata da ViViCentro nell’editoriale dell’8 maggio (https://www.vivicentro.it/sport/juvestabia/editoriale-juvestabia/editoriale-grand-hotel-juve-stabia/).

I vertici del cub biancazzurro, infatti, hanno monitorato le prestazioni di Nicastro per tutta la stagione, sferrando l’attacco decisivo quando ormai è risultato chiaro che il calciatore non avrebbe rinnovato il suo contratto con le Vespe.

Per Nicastro, protagonista di una crescita esponenziale con la maglia gialloblè, ed autore nell’ultima stagione di 10 reti e vari assist, si aprono quindi le porte della Serie A.

L’ormai ex attaccante della Juve Stabia si unirà al ritiro estivo del Pescara di Massimo Oddo. Sarà poi l’allenatore dei delfini a decidere se tenerlo in rosa o girarlo in prestito in Serie B.

Raffaele Izzo

Offerta del Napoli per Candreva, ma Lotito non cede

I dettagli

Secondo quanto riferisce La Repubblica, il Napoli continua a seguire De Sciglio che non ha escluso un addio al Milan, ma il discorso però è stato rimandato a dopo l’Europeo. De Laurentiis ha offerto 22 milioni pagabili in 4 anni per Candreva, ma l’offerta non convince Lotito che vorrebbe un’asta.

Crisi: Unimpresa, +241 miliardi valore spa quotate in 4 anni

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Il presidente dell’associazione: “Italia a trazione finanziaria, l’economia reale non esce dal pantano”

CRISI. Sempre più finanza e meno economia reale in Italia. E’ cresciuta di oltre 240 miliardi, con un’impennata superiore al 70%, la capitalizzazione di Borsa delle società italiane negli ultimi 4 anni. Dal 2011 al 2015, il valore del capitale delle spa quotate del nostro Paese è passato da 332 miliardi a 537 miliardi. E mentre le imprese presenti sui listini di piazza Affari, in piena crisi, sono diventate 316 (+10%) e hanno distribuito dividendi per complessivi 70 miliardi, il prodotto interno lordo italiano è quasi sempre calato, con un picco del -2,5% nel 2012, e la disoccupazione è cresciuta fino al massimo del 12,7% raggiunto nel 2014. Bufera globale e recessione, secondo un rapporto del Centro studi di Unimpresa, non fermano la crescita della finanza tricolore, con le spa quotate che valgono sempre di più, mentre la cosiddetta economia reale fatica: il pil ha interrotto la spirale negativa solo nel 2015, quando è salito dello 0,8% e la disoccupazione è sempre aumentata salvo calare di poco lo scorso anno all’11,5%.

Boom di dividendi: 72 miliardi distribuiti dal 2011 al 2015

Secondo lo studio dell’associazione, basato su dati della Banca d’Italia, dal 2011 al 2015 la capitalizzazione di Borsa delle società per azioni del nostro Paese è cresciuta di 241,2 miliardi (+72,58%); nel 2011 il totale era a 332,3 miliardi pari al 20,3% del pil, nel 2012 era a 365,4 miliardi (22,6% del pil), nel 2013 era a 465,4 miliardi (28,9% del pil), nel 2014 a 482,4 miliardi (29,9% del pil) e nel 2015 a 573,6 miliardi (35,1% del pil). In quattro anni, è cresciuto anche il numero delle società presenti sui listini di piazza Affari da 287 a 316 con un incremento di 29 unità (+10,10%). Nel periodo sotto esame sono stati distribuiti dividendi (utili) per complessivi 72,2 miliardi (17 miliardi nel 2011, 13,2 miliardi nel 2012, 13,8 miliardi nel 2013, 13,1 miliardi nel 2014 e 15,1 miliardi nel 2015).

Nello stesso arco di tempo, il pil è rimasto quasi sempre in territorio negativo oppure ha registrato incrementi assai poco significativi. Nel 2011 è salito dello 0,4% per poi cadere per tre anni consecutivi: -2,5% nel 2012, -1,9% nel 2013, -0,4% nel 2014. Solo lo scorso anno una timida inversione di tendenza con una crescita dello 0,8%. Contemporaneamente è calata la disponibilità di posti di lavoro e la disoccupazione si è impennata: 8,4% nel 2011, 10,7% nel 2012, 12,1% nel 2013, 12,7% nel 2014 e 11,5% nel 2015.

“E’ un’Italia a trazione finanziaria, quella che emerge dalla nostra analisi e l’economia reale non esce dal pantano” commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. “Chi scommette in Borsa non ha perso, ma il pil non cresce e la disoccupazione aumenta. E nonostante alcuni miglioramenti, la situazione complessiva resta critica. Dagli ultimi dati Istat, c’è da registrare qualche segnale positivo, come la variazione mensile col segno più dei prezzi della produzione industriale, oppure come l’aumento del potere d’acquisto delle famiglie; c’è, tuttavia, ancora qualche dato preoccupante, come la crescita infinitesimale dei prezzi del carrello della spesa e la complessiva conferma della deflazione per il quinto mese consecutivo. I segnali positivi esistono, ma sono minimi e con questo quadro va messo in dubbio il pacchetto di previsioni del governo sul 2016 sia per quanto riguarda la finanza pubblica sia per la crescita del prodotto interno lordo” aggiunge il presidente di Unimpresa.

 

Brindisi, resa dei conti in casa Pd: 13 espulsi dal partito. “Hanno appoggiato sindaci rivali”

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Il governatore pugliese Michele Emiliano
Fuori l’ex presidente della Provincia Michele Errico e altri 9 nel capoluogo, mentre tre sono stati cancellati dall’anagrafe dem a Fasano ( Brindisi ). Già fuori l’ex sindaco Consales, arrestato per tangenti e poi rilasciato, e Luperti

BRINDISI – Non solo Grillo, la mannaia dell’epurazione colpisce anche in casa dem. Dopo la cocente sconfitta elettorale in terra brindisina la commissione guidata dalla commissaria del Partito democratico Sandra Antonica ‘cancella dall’anagrafe’ interna dieci nomi eccellenti, ritenuti colpevoli di avere appoggiato esplicitamente o meno l’avvocatessa Angela Carluccio consentendole il sorpasso al turno di ballottaggio ai danni del candidato sindaco Nando Marino, mentre altri tre sono fuori per lo stesso motivo a Fasano.

Una violazione esplicita del regolamento che impone fedeltà alla linea del partito è stata addebitata all’ex presidente della Provincia Michele Errico, ex alleato di ferro di Michele Emiliano, regista dell’operazione che ha falcidiato le tessere di Salvatore Brigante, Luciano Loiacono, Umberto Ribezzi, Enrico Latini, Antonio Monetti, Marika Rollo, Raffaele Mauro, Vito Camassa, Achille Azzarito.

Nella lista di proscrizione non ci sono i nomi di Mimmo Consales e Pasquale detto Lino Luperti, ma solo perché entrambi risultano formalmente ‘fuori dall’anagrafe’ del partito da un pezzo. Non è quello che sostengono l’ex sindaco-giornalista, arrestato il 6 febbraio scorso con l’accusa di avere incassato una tangente da 30mila euro dalla ditta che gestiva i rifiuti nella città di Brindisi, che a caldo della revoca dei domiciliari sottolineò d’essere un tesserato dem a pieno titolo. Idem per Luperti, spesso al centro degli attacchi di Emiliano per le parentele scomode con i boss della Scu, polemiche che l’ex assessore all’Urbanistica si è fatto scivolare addosso, dedicando la vittoria al padre ucciso nelle faide mafiose che negli anni Novanta insanguinavano la Marlboro city che fu. Luperti, fra l’altro, ha fatto incetta di voti riconquistando l’elettorato oltre che il ruolo in consiglio comunale.

Il braccio armato di Sandra Antonica ha colpito anche a Fasano, fuori dal Pd per ragioni analoghe di manifesta infedeltà al partito anche Loredana Legrottaglie, Vittorio Fanelli e Sante Livrano. Dopo il reset, si guarda al futuro: congresso a ottobre e avanti tutta.

Fuori l’ex presidente della Provincia Michele Errico e altri 9 nel capoluogo, mentre tre sono stati cancellati dall’anagrafe dem a Fasano. Già fuori l’ex sindaco Consales, arrestato per tangenti e poi rilasciato, e Luperti

vivicentro.it/sud/politica repubblica/ Brindisi, resa dei conti in casa Pd: 13 espulsi dal partito. “Hanno appoggiato sindaci rivali” SONIA GIOIA