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Immobile e Negro, l’agente: “Spero che Sarri porti Antonio in prima squadra”

Le sue paorle…

Marco Sommella, procuratore di Ciro Immobile ed Antonio Negro, ha dichiarato: “Ciro ha ritrovato la tranquillità che gli permette di esprimersi in campo come sta facendo. I ragazzi hanno bisogno di fiducia per giocare bene e Ciro è uno di questi, è sereno e in campo dimostra cosa sa fare. Non è l’ultimo arrivato, ha già giocato la Champions, un mondiale, un europeo. Nazionale? Ci vuole tempo affinchè si assimilino certi meccanismi, il progetto è nuovo, giusto che si faccia tesoro degli errori fatti. Fino a due mesi fa l’Italia era rientrata nell’elite del calcio europeo, eppure non mi sembra siano cambiati così tanti gli interpreti. Contro la Macedonia è stato sbagliato l’approccio, per fortuna la gara si è rimessa in carreggiata. Mancato arrivo di Immobile a Napoli? Non è mai iniziata alcuna trattativa col Napoli, non c’è mai stata una richiesta e lui è contento di giocare alla Lazio. Negro? Lo seguo da tanti anni, è un ragazzo che ha sempre fatto goal, dai Giovanissimi alla Primavera. E’ da vent’anni che il Napoli non aveva un capocannoniere in Primavera. Deve crescere e deve fare esperienza, ma darei più spazio ai giovani italiani, anche perché quando vengono schierati non fanno brutte figure. Mi auguro che Negro venga aggregato alla prima squadra, fa bene stare a contatto stare coi grandi campioni. In ogni caso c’è stima e considerazione nei confronti di Antonio Negro”. 

Il crac di Milik è un colpo al cuore: su Gabbiadini e i social…

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Il crac di Milik è un colpo al cuore

Il crac di Arkadiusz Milik adesso farà sì che a Napoli la paura faccia 99 e non il solito 90. La Gazzetta dello Sport riferisce che “l’infortunio è un colpo al cuore dell’intero campionato, che rischia di perdere precocemente la squadra fin qui propostasi come la più «fastidiosa» per la bellissima dominatrice bianconera”.

Il Napoli è chiamato a reagire, e a Manolo Gabbiadini toccherà sostituire il proprio compagno di squadra: “Se non giocasse stabilmente nemmeno in questa fase di assoluta emergenza diventerebbe facile ipotizzare una rottura al posto del prolungamento: un club che rinnova il contratto e dunque la fiducia di un suo calciatore deve agire in sintonia con le idee del tecnico chiamato ad allenarlo, no?”.

Infine una chiusura sui social: “Ieri hanno registrato scambi di battute sulle maledizioni lanciate in estate a Higuain che si sarebbero ora ritorte contro Milik: ecco, che restino battute. Serve carattere, non vittimismo”.

Il prof. Mariani: “Intervento riuscito per Milik: confermo dai quattro ai sei mesi”

Queste le sue parole

Il Dottor Mariani, chirurgo di Villa Stuart che ha operato poco fa Arkadiusz Milik, ha rilasciato un’intervista ai microfoni dei giornalisti presenti in clinica: “Confermato il trattamento di ricostruzione, è quello che ci aspettavamo. Resterà qui a Villa Stuart due giorni e mezzo, verrà dimesso giovedì mattina. I tempi di recupero? Dai quattro ai sei mesi di tempo, dipenderà anche dal processo di riabilitazione dell’atleta”. 

EDITORIALE – Juve Stabia, a volte la cattiveria è più importante della bellezza..

Quella di ieri sera è stata per la Juve Stabia la classica serata no, quella in cui nulla di quello che hai in mente prende forma, rimanendo solo nella tua testa.
Al di là della partita nata male e proseguita peggio, le Vespe si trovano a fare mea culpa per essere incappate nei pochi, ma costanti, errori che hanno contraddistinto questo scorcio iniziale della stagione.

A volte le statistiche sono dati sterili, che raccontano poco di una gara, ma i dati del match tra Reggina e Juve Stabia aiutano a comprendere meglio dove le Vespe hanno perso la partita.
I gialloblú hanno fatto girare la palla per il 66% del tempo, contro il misero 34% degli amaranto. Di contro, però, i padroni di casa hanno tirato verso la porta 4 volte, mentre solo una (due, se contiamo i calci piazzati di Liviero) è stata la conclusione verso la porta calabrese da parte della Juve Stabia. Troppo poco per portare a casa i tre punti.

È il 66% di possesso palla delle Vespe il vero paradosso che rende incredibile la sconfitta. Ancora una volta la Juve Stabia si è esibita in un giro palla veloce e preciso che, come confessato dal tecnico amaranto Zeman, ha annichilito gli avversari. Soprattutto nel primo tempo Capodaglio, Izzillo e Mastalli hanno giocato palla a terra, con belle trame, in barba al pessimo terreno di gioco. L’altra faccia della medaglia è però la solita sterilità e la poca cattiveria sotto porta. Le Vespe sono state perfette fino alla tre quarti campo ma al momento di sferrare il colpo hanno visto il proprio pungiglione fiacco ed impreciso. Come già accaduto, la Juve Stabia ha sciupato buone occasioni, forse contando di andare in rete poco dopo. A trovare la porta, è stata pero, la Reggina.

La struttura dei gialloblù, ed il gioco dato loro da Fontana, sono da grande squadra ma il rischio è proprio che le Vespe siano troppo consapevoli delle proprie qualità. Non è la prima volta che gli uomini di Fontana si sono piaciuti tanto, forse troppo, dimenticando che la priorità è buttare la palla in rete. In questo senso diventa fondamentale acquisire un altro elemento tipico delle grandi squadre: la fame. Ci vuole più fame, più grinta, più “cazzimma”, soprattutto sotto porta. Essere forti, cosa confessata anche dagli avversari delle Vespe, non è un buon motivo per entrare in campo già certi della vittoria finale. Unico dato che rendo meno amara la sconfitta è che gli avversari dei piani alti della classifica non si sono certo allontanati tanto; il distacco non è diminuito, ma fortunatamente non è nemmeno aumentato in modo irrimediabile.

Altro elemento che rischia di diventare abituale è la carenza di personalità fuori casa. A Catania ed a Reggio Calabria le Vespe sono uscite dal campo sconfitte, a Fondi è arrivato un pareggio in extremis e a Monopoli il gol vittoria di Del Sante è stato difeso solo da un Russo versione Super Man. Proprio per sopperire a questo calo di personalità lontano dal Menti sarà essenziale recuperare i calciatori di maggiore esperienza: i rientri di Amenta e Salvi, uniti a quello ormai assodato di Capodaglio, saranno fondamentali in tal senso.

Raffaele Izzo

Di Marzio: “Niente svincolati, Klose avrebbe bisogno di 20-40 giorni”

Queste le sue parole…

A Radio Marte, durante Marte Sport Live, ha parlato Gianluca Di Marzio: “Il professor Mariani è una garanzia, la speranza di vedere Milik in campo anticipatamente è realizzabile viste le nuove tecniche: Rudiger è tornato dopo quattro mesi, anche se bisogna trovare sempre il ritmo partita. Il Napoli aspetta gennaio, è una scelta giusta: non ci sono svincolati importanti e pronti immediatamente, Klose avrebbe bisogno di 20-30-40 giorni per recuperare il ritmo. Con Sarri poi i nuovi hanno bisogno di tempo per essere protagonisti, mancano undici partite più altre quattro di Champions. L’intenzione è di aspettare gennaio, per prendere poi magari un attaccante per il presente e per il futuro. Nell’organico del Napoli non c’è solo Gabbiadini ma anche gli esterni più El Kaddouri e Zielinski, Sarri può ovviare alla perdita di Milik. Klose è stato l’unico che ha stuzzicato il Napoli, Adebayor non era il personaggio giusto mentre Osvaldo lascia dubbi caratteriali nella gestione del gruppo: il club azzurro ha deciso di rimanere così.

Pavoletti? Manca troppo tempo per decidere il profilo giusto, però l’attaccante a fine agosto ha rifiutato una offerta importante fattagli dal club azzurro. 

Hal Robson-Kanu? A gennaio Giuntoli valuterà un profilo giusto: giovane ma non giovanissimo, di prospettiva e buono anche per l’anno prossimo.

Gabbiadini? Non credo molto agli stimoli dei nuovi contratti, adesso lui ha una grande chance perchè sarà titolare: deve dare messaggi e segnali positivi, e far capire di essere attaccato alla maglia del Napoli e a quella della nazionale”

Dott. De Nicola: “Milik ha affrontato la cosa con determinazione. Contiamo di recuperarlo entro tre mesi e mezzo”

Alfonso De Nicola, responsabile dello staff medico della Ssc Napoli, ha parlato aai microfoni di Radio Kiss Kiss Napoli riguardo l’ infortunio di Arkadiusz Milik e i tempi di recupero:
“Intervento perfettamente riuscito. L’ unico dubbio era legato alla diagnosi che fortunatamente ha escluso lesioni al ginocchio. Il ragazzo ora sta bene: ha affrontato la cosa con grande determinazione fisica e mentale.
Tempi di recupero? Speriamo di poterlo recuperare nel giro di tre mesi, tre mesi e mezzo. Voglio essere ottimista in questo senso. A gennaio potremmo vederlo già correre ma chiaramente non vogliamo forzare e faremo le giuste valutazioni. Bel gesto di De Laurentiis che ha voluto far sentire la sua vicinanza al ragazzo per tranquillizzarlo”.

Il Pungiglione Stabiese – Le vespe non pungono la Reg(g)ina

Il Pungiglione Stabiese programma sportivo in onda su ViViradioWEB

Questa sera c’è il consueto appuntamento con ” Il Pungiglione Stabiese “, programma sportivo che parla di Juve Stabia a 360° gradi. Come sempre alla conduzione ci sarà Mario Vollono,  collegatevi oggi 10 ottobre 2016 dalle ore 19:30 per avere notizie in esclusiva sul mondo gialloblè. Avrete due modi per seguire la puntata:

DIRETTA

DIFFERITA (dopo 2 ore dalla diretta)

In questa puntata in studio ci saranno Mario di Capua (Radio Sant’Anna) e Gianluca Apicella (Magazine Pragma)

Parleremo della sconfitta con la Reggina la seconda in campionato. Le Vespe si scoprono forte e determinate in casa e fragili e senza indee in trasferta.

Questa sera avremo come ospite telefonico l’ex allenatore delle Vespe Pasquale Casale  con cui parleremo dell’andamento in campionato della Juve Stabia e delle difficoltà in trasferta.

Ci collegheremo telefonicamente con il collega Michele Gramazio di Foggia Città Aperta  con il quale presenteremo il  prossimo avversario delle Vespe.

Ci collegheremo telefonicamente con Alberico Turi Direttore del settore giovanile della Juve Stabia  con il quale parleremo delle gare di questo fine settimana.

Avvisiamo i radioascoltatori che è possibile intervenire in diretta telefonica chiamando il numero 081.048.73.45 oppure inviando un messaggio Whatsapp al 338.94.05.888.

Gli ascoltatori possono inoltre scrivere, nel corso del programma, sul profilo facebook “Pungiglione Stabiese” per lasciare i loro messaggi e le loro domande.

“Il pungiglione stabiese” è la vostra casa. Intervenite in tanti!

Vi ringraziamo per l’affetto e la stima che ci avete mostrato nel precedente campionato e speriamo di offrirvi una trasmissione sempre più bella e ricca di notizie.

Ssc Napoli: “Operazione riuscita perfettamente per Milik, qualche giorno in clinica poi riabilitazione”

Arkadiusz Milik è stato operato questa mattina al ginocchio sinistro dal Professor Mariani a Villa Stuart. All’intervento ha assistito anche il Dott. Alfonso De Nicola, responsabile dello staff sanitario del Napoli.

L’operazione è durata 40 minuti ed è perfettamente riuscita.

L’attaccante azzurro si è infortunato durante la gara Polonia-Danimarca, subendo la rottura totale del legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro.

Milik resterà un paio di giorni in clinica e poi comincerà la riabilitazione al Centro Tecnico di Castelvolturno.

Da sscnapoli.it

Campionato Juniores- Real Forio sconfitta all’esordio

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real_forio1

Inizia con una sconfitta l’avventura della Juniores del Real Forio allenata da mister De Siano. I biancoverdi hanno esordito nel pomeriggio allo stadio “Calise”, dove hanno affrontato l’Afro Napoli United. Gli isolani non hanno affatto demeritato nonostante il risultato non premi la più che buona prestazione dei ragazzi di mister De Siano. A passare in vantaggio è stata proprio la squadra di casa al minuto 15’: fa tutto Tony Verde, che si allarga sull’out di destra e da posizione molto defilata mette a segno l’1-0. Il Real Forio ha diverse occasioni per raddoppiare, la più importante capita sui piedi di Nicolella che a porta spalancata manda il pallone incredibilmente fuori. Il primo tempo si conclude sull’1-0. Nella ripresa, l’Afro Napoli United riesce a ribaltare la situazione. Prima mette a segno l’1-1 e poi riesce addirittura a passare in vantaggio grazie al gol di Anilton. Il Real Forio spreca una grossissima occasione per riequilibrare il match. Sul 2-1,infatti, la squadra allenata da mister De Siano può beneficiare di un tiro dagli undici metri procurato da Ballirano. Lui stesso si presenta sul dischetto, ma non inquadra la porta e manda il pallone fuori alla destra del portiere. L’Afro Napoli United trionfa 2-1. Peccato per i biancoverdi che avrebbero meritato sicuramente qualcosa in più. La presenza di diversi 2000 e la relativa inesperienza non hanno permesso ai baby foriani di ottenere quantomeno un punto nella gara d’esordio. Nel prossimo turno, la squadra allenata da De Siano sarà in trasferta sul campo del Neapolis.

 

REAL FORIO  1

AFRO NAPOLI UNITED  2

 

REAL FORIO: Impagliazzo, Reale, Chiocca, Maltese, Mattera, Capuano, Nicolella, Abbandonato (17’s.t., Verde, Patalacci, Verde. (In panchina: Ballirano, Pisani, Di Maio, D’Ambrosio, Onorato) All. De Siano

AFRO NAPOLI UNITED: Torino, Giannatiempo, Nocerino, Iodice, Docile, Parisi, Palumbo, Anilton, Grimaldi, Supino, Trematerra. (In panchina Liccardo, Cappuccino, Russo, Monaco, Vallefuoco) All. Fasano

Pescara: polizia arresta per rapina in un supermercato un rumeno

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Gli agenti della Polizia di Stato di Pescara, alle ore 09.45 di ieri, hanno arrestato JANCU Alexandru, rumeno di 24 anni nonchè pregiudicato, per il reato di rapina. Gli agenti della  Squadra Volante, giungevano presso il supermercato “Simply”, sito in viale Pindaro nr. 14 a Pescara, dopo una segnalazione riguardo un tizio che si era dato alla fuga dopo avere prelevato senza pagare della merce nel supermarket. Il personale dello stesso forniva una descrizione del malfattore, già noto agli agenti, e  veniva prontamente fermato. L’ addetto alla vigilanza, inoltre, riferiva di aver notato all’interno del supermercato il rumeno occultare dentro i pantaloni della merce che aveva prelevato dalle corsie del negozio e, dopo aver oltrepassato le casse senza pagare il dovuto, usciva all’esterno; a quale punto, il vigilante si qualificava, chiedendogli di pagare la merce, ma per tutta risposta lo Jancu lo spintonava più volte violentemente cercando di guadagnarsi la fuga, ma veniva bloccato a terra. Sul posto il ladro restituiva un pacco doppio di caffè del valore di 8.45 euro che aveva occultato nei pantaloni e, approfittando della distrazione del vigilante riusciva a scappare. A seguito della colluttazione l’addetto alla sicurezza riportava una lesione al labbro inferiore. L’arrestato, dopo le formalità di rito, veniva trattenuto presso la locale camera di sicurezza in attesa del rito per direttissima.

Il successo di Bolle in tv: 4milioni di spettatori

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Roberto Bolle ha portato la danza in prima serata su Rai 1 ed è stato un successo di pubblico con oltre 4 milioni di spettatori. Un programma asciutto che ha divulgato l’arte del balletto senza svilirlo. Come spiega la nostra critica Alessandra Comazzi “un esempio di come la televisione può essere un’ottima maestra di informazione, formazione e intrattenimento”.

Sorpresa, Bolle conquista la tv 

«C’è Bolle che balla che bello», e profetiche furono le parole di Virginia Raffaele al Festival di Sanremo. Roberto Bolle non soltanto è tornato a ballare in tv, ma lo ha fatto su Rai1, la rete più generalista di tutte, primato conteso soltanto dalla omologa ammiraglia di Mediaset, Canale 5.

E tutte e due, Rai1 e Canale 5 hanno dimostrato l’altra sera quanto possa essere diversa la loro missione, quanto pluralistica l’offerta e stimolante la concorrenza. Gli ascolti maggiori, nel sabato tv ritornato per una volta centrale, li ha avuti proprio Canale 5, con «Tu sì que vales», caccia di talenti che è la quintessenza del divertimento popolare ammiccante e caciarone, ancorché professionale: 4 milioni 674 mila spettatori. Ma la notizia è che gli spettatori di «La mia danza libera» sono stati 4 milioni (3 milioni 907): che sono un’enormità per questo programma compatto, finalmente non assurdamente lungo, che ha divulgato l’arte della danza, senza però svilirla, o trasformarla in macchietta. Un esempio di come la televisione, alla faccia di quello che diceva McLuhan, con la sua tv «cattiva maestra» può essere invece un’ottima maestra, di informazione, formazione e intrattenimento. Basta che qualcuno ci creda e glielo lasci fare.

«La mia danza libera» aveva la produzione di Ballandi e due autori: uno, lo stesso Bolle; l’altro, Giampiero Solari, lui stesso marchio di qualità vivente, avendo curato gli spettacoli di Fiorello e Panariello, Pausini e Morandi, Renato Zero e Celentano. E qui si è inventata una narrazione: un po’ new age, basata sul corpo che fluttua e va nell’acqua e si libera ed è leggero, leggero. Però, non bastava la narrazione: ci voleva un personaggio come Bolle, «bravo, bello, umile, generoso, e pure ricco», come ha detto Elio, per riuscire a superare quel soffitto di cristallo che il balletto, un po’ come le donne, si trova sulla testa. Lui, d’altronde, sembra sbucato dal marmo, creatura michelangiolesca degna di una lezione di anatomia: e questo aiuta. Anche se non aiuta il fatto che parli. Non che dica sciocchezze, anzi, ma è curioso come da quel corpo vengano fuori quel vocino e quell’intonazione.

Però sapienza è consapevolezza: e quindi, nello spettacolo, ha parlato poco. Ma ha ballato molto: alla sbarra con Bollani che suonava il pianoforte; con Nicoletta Manni, prima ballerina della Scala, mentre Elio cantava Dean Martin; con Misty Copeland, con Alicia Amitrain, e con altre stelle assortite. Lo accompagnavano Luisa Ranieri incantata da cotanto muscolo e Francesco Pannofino, il ritmo è stato acceso, gli esempi di classica si sono alternati a quelli di contemporanea. Bolle ha accettato l’ironia e il ballo del qua qua; ha fatto danzare, tra l’altro non male, pure Jovanotti («Ho compiuto 50 anni, questo è il mio più bel regalo») e si è intrattenuto con una grande Virginia Raffaele, che ha fatto la Fracci e la Fracci è apparsa, in un gioco di specchi, raffinato e metaforico eppure pop, nel senso squisito del termine.

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Terrore nel cuore di Gerusalemme: 2 morti e 4 feriti

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L’intifada torna a uccidere a Gerusalemme. Un attentatore palestinese spara ai passanti nei pressi della fermata del tram leggero: il bilancio è di due morti e 4 persone ferite. Hamas rivendica l’azione definendola “eroica”.

Spari dall’auto contro i passanti, attacco islamista a Gerusalemme

Due morti, quattro feriti. In un video diffuso da Hamas l’attentatore dice: fate come me

BEIRUT – Due giorni dallo Yom Kippur, il giorno più sacro del calendario ebraico, l’Intifada palestinese sostenuta da Hamas riporta il terrore nel cuore di Gerusalemme. Ieri mattina, poco dopo le 10 e mezza, un uomo di 39 anni ha aperto il fuoco contro la fermata della metropolitana leggera ad Ammunition Hill, poco distante dal quartier generale della polizia. Una donna di 60 anni veniva ferita gravemente, un uomo in maniera meno seria, altri due passanti leggermente. Il terrorista, identificato dai media palestinesi come Misbah Abu Sbeih, ha poi proseguito con la sua auto verso il quartiere di Sheikh Jarrah, inseguito da due agenti in motocicletta.

La moto ha affiancato l’auto per costringerla a fermarsi. C’è stato uno scambio di colpi a distanza ravvicinata. Un agente, il sergente maggiore Yosef Kirma, 29 anni, è stato raggiunto alla testa. La sua compagna è stata invece colpita alla gamba ma è riuscita a rispondere al fuoco e a uccidere l’assalitore. Per il sergente Kirma, portato all’ospedale Hadassah di Mount Scopus, non c’è stato niente da fare. Così come per la signora ferita alla fermata della metropolitana. Un bilancio di due morti che poteva anche essere molto peggiore se non ci fosse stato l’intervento quasi immediato dei poliziotti. Il premier Benjamin Netanyahu li ha definiti «due eroi».

Il movimento palestinese Hamas, vicino ai Fratelli musulmani, ha esaltato «l’eroica operazione di Gerusalemme». Il portavoce Fawzi Barhoum ha descritto l’attacco come «la naturale risposta ai crimini dell’occupazione e le violazioni a spese del nostro popolo e dei Luoghi santi. L’Intifada continua – ha precisato – e ogni tentativo di liquidarla è destinato a fallire». Ma è il riferimento ai luoghi santi a dare la dimensione di questa fase del conflitto. Che a differenza delle prime due Intifada ruota sempre più attorno alla Moschea di al-Aqsa.

Il video di rivendicazione  

Alla maniera dell’Isis e di Al-Qaeda, l’attentatore ha realizzato un video trasmesso dall’emittente di Hamas. Nel filmato il 39enne conferma di essere un attivista del Morabitun, gruppo islamico vicino ad Hamas e concentrato nella difesa di Gerusalemme e della Moschea al-Aqsa, ed esorta tutti i fedeli musulmani «a seguire il suo esempio» per salvare dalla «contaminazione» ebraica la moschea sacra e tutta la città. Da quando, nell’ottobre 2015, è scoppiata la cosiddetta Intifada dei coltelli l’influenza di Hamas e il riferimento ai luoghi santi islamici sono sempre più frequenti, anche se all’inizio il movimento sembrava spontaneo. Misbah Abu Sbeih, già nel mirino delle forze di sicurezza israeliane, aveva anche rilasciato un’intervista alla tv palestinese Ma’an in cui diceva che era stato bandito da Gerusalemme Est per un mese e che stava per consegnarsi alla prigione di Ramle. Invece ha optato per l’attacco.

In un anno di Terza Intifada sono morti 232 palestinesi, 34 israeliani, due americani, un giordano, un eritreo e un sudanese. Il governo Netanyahu ha reagito con una militarizzazione della Cisgiordania occupata e raid nella case di sospetti terroristi che hanno portato allo smantellamento di laboratori artigianali per le armi da fuoco. Ma una nuova ondata di attentati è cominciata con i Yamim Noraim, il periodo di festività che porta allo Yom Kippur. Ora è allarme massimo per domani sera, quando comincerà al tramonto l’importante ricorrenza ebraica seguita poi dalla Festa dei Tabernacoli.

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lastampa/Spari dall’auto contro i passanti, attacco islamista a Gerusalemme GIORDANO STABILE – INVIATO A BEIRUT

La storia dei manicomi italiani: se non erano sani non li volevano

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Donne depresse o “troppo erotiche”, bambini ribelli, socialisti, mazziniani, anarchici: una volta erano tutti considerati “matti” Grazie a un progetto del Mibact vanno online due secoli di Storia dei manicomi italiani, con cartelle cliniche e diagnosi sorprendenti.

Se non erano sani non li volevano

Vanno online due secoli di storia dei manicomi italiani, con cartelle cliniche e diagnosi sorprendenti

Se la Monaca di Monza fosse nata due secoli dopo, probabilmente sarebbe finita in un ospedale psichiatrico con una diagnosi di «mal d’amore». È stato presentato nel complesso di Santo Spirito in Sassia di Roma «Carte da legare. Archivi della psichiatria in Italia», il progetto del Mibact che per la prima volta archivia, organizza e rende disponibile a tutti attraverso un sito la storia dei manicomi d’Italia dai primi dell’800 agli anni 60 del secolo scorso, con tanto di cartelle cliniche, statistiche e diagnosi. «Tutta la grande storia si conserva nelle cartelle cliniche dei manicomi – spiega Micaela Procaccia, responsabile del progetto per la direzione generale degli archivi – e sono uno strumento per interpretare la società».

Le «malattie» religiose 

Il progetto documenta due secoli di emarginazione sociale, economica e culturale, di donne rinchiuse perché troppo chiacchierone o «affette» da sensualità, bambini poveri, segregati perché vivaci e irrequieti, uomini con diagnosi politiche, etichettati come «mazziniani» o «repubblicani». Dalle carte emerge lo sguardo di come «i sani» e i dottori guardavano ai «matti» (spesso presunti).

Donne segregate perché «troppo erotiche», petulanti, impertinenti e ribelli, o alle quali è stata diagnosticata la «malattia» della depressione post partum. «Ciò che emerge è che la ribellione viene punita con una diagnosi di malattia mentale – continua Procaccia -, dove, ad esempio, il “mal d’amore” coincide con la depressione per essere state lasciate. I manicomi sono stati anche strumento di contenimento, di controllo sociale, e ci finiscono spesso le categorie di persone che danno fastidio». Una cartella clinica racconta di una fanciulla di buona società campana che fu rinchiusa per comportamenti devianti non consoni a una brava ragazza della sua epoca. C’è pure la storia di Violet Gibson, la donna che attentò alla vita di Benito Mussolini e che fu internata in un manicomio in Gran Bretagna: era considerata matta anche perché non aveva il desiderio di tirar su famiglia. I bambini rinchiusi, perché ribelli o scatenati, sono poveri, ai margini della società, e la segregazione nei manicomi li ha progressivamente allontanati dalla realtà.

«Socialisti», «mazziniani», «anarchici» e «repubblicani» sono alcune tra le diagnosi con motivazioni politiche che giustificavano il ricovero di personaggi scomodi. Uomini vagabondi, o reputati improduttivi, finivano nei manicomi e negli ospedali psichiatrici. C’è anche la storia del commissario di pubblica sicurezza Giuseppe Dosi, noto alle cronache per aver smontato le prove che incastravano ingiustamente Gino Girolimoni, accusato di stupri e omicidi: venne internato nel manicomio criminale di Regina Coeli e poi fu riabilitato. Tra le diagnosi «religiose» spunta una donna, «la pazza vestita da frate», mentre la storia delle strutture narra deportazioni di ebrei dal manicomio di Venezia, e di altri che vi si nascondevano per sfuggire le razzie.

I traumi da trincea 

«Tra il ’18 e il ’19 negli ospedali psichiatrici, in particolare nel Veneto, c’è un innalzamento di ricoveri di soldati che hanno avuto il trauma da trincea – spiega Procaccia -. E lo stress post traumatico viene scambiato per malattia mentale». Il picco dei ricoveri che si registra a partire dalla fine della Prima guerra mondiale per traumi da trincea è dato dalle reazioni scomposte dei «matti» a forti rumori, sintomo, stando alle cartelle cliniche, di malattia mentale.

Basta registrarsi al sito per consultare le cartelle cliniche, da cui sono stati rimossi i nomi. Un software all’avanguardia, studiato da «Memoria Archivi», permette di avere accesso a tutte le informazioni, contenuti multimediali, immagini, manoscritti, statistiche e alla mappatura dei manicomi in Italia. «Abbiamo iniziato questo cammino nel ’99, e oggi è possibile condividere uno straordinario patrimonio – conclude Procaccia -. Abbiamo slegato i “matti” e legato le carte».

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vivicentro/La storia dei manicomi italiani: se non erano sani non li volevano
lastampa/Se non erano sani non li volevano ARIELA PIATTELLI

Sfida a tre per il dopo Renzi: Franceschini, Padoan o Calenda

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Lo scontro nel Pd sul referendum di dicembre si fa aspro, il partito è vicino alla frattura e già iniziano a circolare i nomi di possibili successori al premier in caso di una vittoria del No delineando una sfida a tre: Franceschini, Padoan o Calenda.

Franceschini, Padoan o Calenda: la sfida nell’ipotesi dopo-Matteo

A decidere potrebbe essere, paradossalmente, il segretario del Pd

ROMA – Appena cinquantacinque giorni, tanti ne mancano al referendum costituzionale, e Matteo Renzi potrebbe essere costretto a subire il rito del campanellino – quello che sancisce il passaggio di consegne tra il presidente del Consiglio uscente e il subentrante – dopo averlo inflitto a Enrico Letta. E saranno pure soltanto retroscena, cose che «i giornalisti si divertono a scrivere», come ha detto ieri Dario Franceschini nell’intervista con Maria Latella. Ma nei palazzi romani c’è un nome fra tutti che si rincorre per un’ipotetica successione a Renzi in caso di vittoria del No. Quello, appunto del ministro della Cultura. Lo stesso Renzi, due giorni fa a Firenze, ha buttato lì una battuta davanti all’interessato. «Caro Dario, l’ultimo ferrarese che è passato di qui ha fatto una brutta fine, una finuccia…».

A Franceschini, che oltre a essere di Ferrara è anche un appassionato di storia, deve essere corso un brivido nella schiena pensando al dominicano Savonarola, arrostito in piazza della Signoria. Ma se le battute servono a stemperare una tensione, la realtà non cambia. Perché effettivamente se c’è qualcuno che può tenere unita l’attuale maggioranza e portarla a fine legislatura, mentre il Parlamento si impegna ad approvare una nuova legge elettorale, quello è Franceschini. Leader di Areadem, un correntone a cui fa riferimento la maggioranza dei parlamentari Pd e alla quale appartengono, tra l’altro, entrambi i capigruppo: Zanda e Rosato. Lo sa bene il premier quanto conti, visto che solo grazie a lui riuscì a far saltare il governo Letta. Vicino ai giovani turchi e alla sinistra di Orlando, Martina e Fassino, l’ex segretario Pd ha inoltre buoni rapporti con Forza Italia. Un tassello non secondario in vista di un post-referendum dove giocoforza saranno il Pd e Berlusconi a doversi mettere d’accordo. Ma soprattutto il ministro della Cultura gode della stima del capo dello Stato.

 

A rimettere in cima al mazzo la carta Franceschini è stato, forse involontariamente, un suo fedelissimo, il deputato Piero Martino. Che su Twitter ha ripubblicato, aggiungendo un commento positivo, un retroscena di Panorama sulle mosse che potrebbero portare il suo capo a soffiare la poltrona a Renzi. Ingenuità o mossa calcolata? Fatto sta che a Montecitorio nei capannelli dem venerdì si parlava solo di questo tweet. E il giorno dopo…zac! Ecco Renzi che fulmina il ministro con la battuta sul rogo di Savonarola.

Ma se davvero le cose dovessero andare storte per il premier, ci sono almeno altri due uomini pronti a entrare nella rosa del capo dello Stato. Il candidato naturale è Pier Carlo Padoan, per il suo standing internazionale e perché Mattarella dovrebbe come prima cosa rassicurare i mercati. Quello stesso Padoan che a Bloomberg, da Washington, ha promesso: «Continueremo a spingere sulle riforme anche se dovesse vincere il no». Renzi quando l’ha letta è sobbalzato: «Continueremo chi?». Sebbene più defilato un altro candidato s’intravede sullo sfondo. Il giovane Carlo Calenda, possibile premier di un governo che ancora spinga sulla crescita. Raccontano che lo sventurato se ne sia vantato di recente con la persona sbagliata, che immediatamente è corsa a spifferarlo al premier, mettendo Calenda in cattiva luce. Perché non bisogna dimenticare un dato fondamentale: il 5 dicembre forse Renzi non sarà più a palazzo Chigi, ma certamente resterà al Nazareno. E qualsiasi successore dovrà avere anche il suo imprimatur.

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vivicentro/Sfida a tre per il dopo Renzi: Franceschini, Padoan o Calenda.
lastampa/Franceschini, Padoan o Calenda: la sfida nell’ipotesi dopo-Matteo FRANCESCO BEI

Sul Referendum è resa dei conti nel Pd

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E’ scontro aspro nel Pd sul referendum di dicembre. Il partito è vicino alla frattura e oggi, in direzione, il premier Matteo Renzi dovrà decidere se rompere con i dissidenti o provare a tendere la mano. Intanto iniziano a circolare i nomi di possibili successori al premier in caso di una vittoria del No. Sfida a tre: Franceschini, Padoan o Calenda.

Il Pd vicino alla rottura e il dilemma di Renzi

Oggi in direzione deve scegliere se usare il bazooka o tendere la mano ai dissidenti, tra i quali avanza Marino

ROMA – Alle cinque della sera, davanti alla direzione del Pd, verrà formalizzata la separazione legale tra Matteo Renzi e la minoranza del partito in vista del referendum del 4 dicembre: sarà il primo atto di un possibile, clamoroso divorzio, tante volte annunciato, ma che una eventuale vittoria del Sì renderebbe concreto? Per ora una sola certezza: la opposizione interna – guidata da Pier Luigi Bersani, Massimo D’Alema e Gianni Cuperlo – ufficializzerà la decisione di votare “no”, al referendum: un comportamento elettorale clamoroso, anche perché capovolto rispetto alle indicazioni del partito e in contraddizione rispetto a come votarono in Parlamento molti degli esponenti della minoranza. La decisione è stata anticipata venerdì notte da Pier Luigi Bersani in un pubblico dibattito e in una intervista pubblicata ieri dal “Corriere della Sera”, dunque in anticipo con la attesa Direzione del Pd, convocata alle 17 di oggi per ascoltare la proposta di modifica della legge elettorale che avrebbe dovuto fare Matteo Renzi.

Questo anticipo rispetto alla liturgia ha consentito a Matteo Orfini, presidente del Pd, di infilzare l’ex segretario: «Non è scandaloso che Bersani voti No», ma sulle riforme «è sbagliato che invece di cercare fino alla fine una soluzione si lavori per la spaccatura». Ma la sostanza non cambia: oggi nulla vieta a Renzi di presentare la propria proposta di mediazione, provando a mettere in difficoltà la minoranza con proposte “ragionevoli”, come l’abolizione dei capolista bloccati. Ma lo farà? Oppure preferirà caricare il bazooka contro la propria minoranza, evidenziandone le contraddizioni? Ieri sera Renzi non aveva deciso quale privilegiare tra le due opzioni e all’ultimo momento potrebbe decidere per una sintesi.

Vicenda significativa, quella interna al Pd, perché la minoranza potrebbe trascinare sulla propria posizione una quota significativa dell’elettorato democratico (un quinto? Un quarto?), anche se la partita per la vittoria al referendum sembra destinata a giocarsi in un campo più vasto. E da questo punto di vista nelle ultime ore sono emerse due novità: da una parte la decisione di Renzi di personalizzare ancora di più la campagna referendaria, dall’altra l’emersione dell’ex sindaco di Roma Ignazio Marino. liberato dal peso processuale, come possibile alfiere-portavoce del No.

La super-personalizzazione da parte del presidente del Consiglio è stata confermata con la decisione di accettare anche l’invito dell’”Arena”, il talk show della domenica su RaiUno, Incalzato dalle domande e dalle interruzioni di Massimo Giletti, che non ha voluto smentire il ruolo di intervistatore scomodo, il presidente del Consiglio ha lanciato due messaggi. Il primo: «Se vince il No, non cambia niente per il Paese. Continueremo con il Parlamento più costoso e più numeroso». Il secondo mirato contro la minoranza del Pd: «Nel partito è un anno e mezzo che mi danno contro, l’unico obiettivo è attaccarmi», «ma quando uno vota per antipatia mostra di avere scarsa visione per il Paese. Bersani ha votato sì tre volte a questa riforma. Ma se lui cambia idea per il referendum, ciascuno se ne farà una opinione». Altrettanto significativo il “ritorno” di Ignazio Marino. Intervistato da Lucia Annunziata su RaiTre, l’ex sindaco, oltre a picchiare duro su Renzi e i renziani, si è riproposto con un profilo «liberal», da alfiere dei diritti civili, da sostenitore tradito dei valori meritocratici del primo Renzi. Un profilo diverso da quello “comunista” della minoranza Pd e anche per questo più temibile. Come conferma la grandinata di richieste di partecipare ad iniziative, piovute su Marino da tutta Italia.

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Donald Trump e Hillary Clinton: duello al vetriolo

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Nel duello televisivo di St Louis, in Missouri, Donald Trump e Hillary Clinton non si sono stretti la mano, si sono attaccati con raffiche di colpi bassi e il linguaggio dei rispettivi corpi ha espresso insofferenza, se non repulsione, per l’avversario. Trump doveva salvare la propria candidatura dal terremoto in casa repubblicana causato dal video del 2005 sulle volgarità sessiste e lo ha fatto imputando a Hillary di essere “una bugiarda” fino a promettere di “mandarla in prigione” se verrà eletto. Lei gli ha imputato razzismo, falsità e difesa “solo dei propri interessi”. Nella cornice di un town hall meeting dove il pubblico ha violato le regole, facendo apertamente il tifo per i candidati.

Donald Trump e Hillary Clinton sul ring: colpi bassi e insofferenza

A St. Louis è andato in scena un duello dai toni aspri. Twitter: è il dibattito più cinguettato di sempre

ST. LOUIS – Il primo sondaggio fatto a caldo dalla Cnn dice che Hillary Clinton ha vinto la sfida televisiva di ieri sera a St. Louis, ma Donald Trump è sopravvissuto a quello che il sito “Politico” ha definito «il dibattito più brutto di sempre». Se questo basterà a fermare l’implosione del Partito repubblicano, cominciata dopo lo scandalo dell’audio in cui il costruttore di New York insultava le donne, è ancora da capire.

Il dibattito veniva sulla scia dello shock per le dichiarazioni registrate da Trump nel 2005, in cui diceva di poter fare quello che voleva alle persone dell’altro sesso: «Devi afferrarle per i genitali». Questo scandalo ha scosso lo stesso Partito repubblicano, con una vera fuga dal suo candidato. Dal senatore McCain all’ex segretario di Stato Condoleezza Rice, decine di parlamentari ed esponenti del Gop hanno tolto il sostegno a Donald. Lui però ha reagito attaccando, e poco prima del dibattito ha fatto una conferenza stampa con tre donne, Paula Jones, Kathleen Willey, Juanita Broadrrick, che in passato avevano accusato Bill Clinton di molestie, e Kathy Shelton, vittima a 12 anni di uno stupro i cui responsabili erano stati difesa da Hillary. «Sempre più in basso», aveva commentato la portavoce di Clinton, Jennifer Palmieri, aggiungendo che «questo era esattamente quello che i repubblicani gli avevano chiesto di non fare».

Arrivando sul palco del town hall meeting, dove dovevano rispondere alle domande degli elettori, Hillary e Donald non si sono dati neppure la mano. La prima domanda è scivolata subito sull’audio scandaloso, ma invece di mostrare rimorso, Trump si è limitato a dire che «erano chiacchiere da spogliatoio. Mi sono già scusato». Clinton allora lo ha incalzato: «No, quelle parole rappresentano esattamente chi è lui. Perché non si tratta solo delle donne: ha insultato tutti in questa campagna, neri, islamici, ispanici. Non è degno di fare il presidente». Donald allora l’ha attaccata, accusandola di «aver infangato le donne molestate dal marito, diventando complice degli abusi».

A St. Louis la Clinton in vantaggio ma Trump ha evita il collasso

Per mezzora almeno si è andati avanti su questi toni, con insulti piuttosto che discussioni. Clinton ha detto: «Per fortuna il sistema giudiziario negli Stati Uniti non è nelle mani di uomini come Trump», e lui l’ha subito incalzata: «Perché altrimenti tu saresti in galera. Ma se divento presidente, la prima cosa che faccio è nominare un procuratore per investigarti». Poi Donald, visibilmente alterato e spesso risentito con i moderatori, ha attaccato sulle mail distrutte da Hillary durante l’inchiesta sull’uso del server privato quando era al dipartimento di Stato. Lei ha risposto così: «Lo so, vuoi cercare qualunque pretesto per sviare l’attenzione dalla tua campagna che sta esplodendo». Quindi ha ricordato che non paga le tasse, e lui ha ammesso che «sì, ho usato le detrazioni per abbassarle, come fanno tutti i ricchi finanziatori che pagano la tua campagna. E’ per questo che non hai mai fatto nulla per riformare il fisco, per fare un favore ai tuoi amici». Alla fine Trump ha definito Clinton come «il diavolo», ed ha aggiunto con sprezzo: «Il suo cuore è pieno d’odio».

Dopo più di mezzora così, si è passati ai temi di sostanza che gli elettori volevano discutere, ma con poche novità rispetto al passato. L’unica, forse, è stata sulla Siria, dove Donald ha ammesso apertamente di non concordare col suo vice Pence, che durante il dibattito fra i candidati alla vice presidenza aveva minacciato di far sentire alla Russia il peso della forza americana: «Non ci siamo parlati, ma non sono d’accordo con lui». Perché secondo Trump, «Assad, la Russia e l’Iran sono gli unici che combattono l’Isis. Sarebbe utile andare d’accordo con loro e farlo insieme».

Alla fine, secondo il sondaggio a caldo della Cnn, il 57% degli spettatori ha assegnato la vittoria a Hillary, e il 34% a Donald. Lui però ha evitato il collasso che molti si aspettavano, o quanto meno ha ricompattato la sua base. Se questo poi fermerà l’implosione del Partito repubblicano, e lo rimetterà in condizioni di battere Clinton a novembre, lo scopriremo nelle prossime ore.

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Bangu: “Gol importante. Lavoro per migliorare”

Al termine del match vinto per 1-0 dalla Reggina sulla Juve Stabia al Granillo, si è presentato in sala stampa il match winner degli amaranto Andy Bangu.

Ecco le sue parole:

“Cambiamo mentalità nella ripresa i risultati si sono visti. Abbiamo aggredito gli avversari e la nostra tenacia si è tramutata in gol. Sto facendo bene finora ma sono sicuro di poter fare di meglio, lavoro duramente per raggiungere il top. Posso giocare sia a destra che a sinistra, mi sono trovato molto bene anche oggi. Il gol è stato importante perché ha regalato i tre punti, il merito è quasi tutto di Coralli che mi ha regalato un bel pallone con il tacco.”

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Coralli: ”Juve Stabia molto forte. Il gol arriverà”

Al termine del match vinto per 1-0 dalla Reggina sulla Juve Stabia al Granillo, si è presentato in sala stampa il capitano degli amaranto Ciccio Coralli.

Ecco le sue parole:

“Nel primo tempo abbiamo sofferto molto la bravura nel palleggio della Juve Stabia. Ci hanno messo sotto per quasi 45 minuti e per nostra fortuna non abbiamo subito gol. Nella ripresa siamo cresciuti e siamo riusciti a vincere. Ho chiesto ai miei compagni di starmi più vicino in modo tale da avere più occasioni per fare male. Ho provato a segnare in ogni modo ma non ci sono riuscito, Il mi manca ma sono sicuro che arriverà presto, è l’essenza per un attaccante. La condizione va migliorando man mano e solo giocando posso migliorarla. Dedico la vittoria alla tifosa venuta a mancare”

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Karel Zeman: ”Juve Stabia impressionante. Vittoria d’oro”

Al termine del match vinto per 1-0 dalla Reggina sulla Juve Stabia al Granillo, si è presentato in sala stampa il tecnico degli amaranto Karel Zeman.

Ecco le sue parole:

“Sono molto soddisfatto della vittoria odierna. Affrontavamo una squadra fortissima, molto più di noi, che ha giocato su ritmi vertiginosi. La Juve Stabia è l’avversario più forte che abbia mai incontrato. Ci dà tanto morale aver vinto contro una big, abbiamo giocato bene nel secondo tempo recuperando tanti palloni e la fortuna poi ci ha aiutato segnando il gol e difendendolo fino alla fine.”

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Juve Stabia, Mastalli dopo la sconfitta di Reggio: Noi abbiamo giocato ma loro hanno fatto gol

Al termine della gara persa contro la Reggina, ha parlato Alessandro Mastalli, giovane centrocampista della Juve Stabia.

Ecco le dichiarazione di Mastalli:

Francamente ho difficoltà a commentare un risultato come quello di stasera. Abbiamo fatto la partita per tutti i novanta minuti, abbiamo sempre avuto il pallino del gioco ma ci troviamo a commentare una sconfitta incredibile. Noi abbiamo giocato e gli altri hanno segnato.

La colpa è nostra: giocare bene senza portare a casa punti serve a poco. Avremmo dovuto essere più cinici sotto porta; le occasioni, soprattutto nel primo tempo, le abbiamo avute ma non le abbiamo sfruttate a dovere.

Dispiace doppiamente perchè oggi i risultati erano stati tutti favorevoli per noi, purtroppo è andata male. Non credo che sapere i risultati di Foggia e Lecce ci abbia deconcentrato. Quando andiamo in campo pensiamo solo a cosa fare per vincere ma oggi, sfortunatamente, non ci è riuscito.