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Juve Stabia, lutto in casa Filippi: il comunicato del settore giovanile

Juve Stabia, lutto in casa Filippi: il comunicato del settore giovanile

Un lutto improvviso ha colpito il direttore generale della Juve Stabia, Clemente Filippi. A lui e alla sua famiglia le più sentite condoglianze dalla redazione tutta di Vivicentro.it. Questo il comunicato del settore giovanile:

Il settore giovanile della Juve Stabia, dal presidente Andrea De Lucia, al direttore Alberico Turi, a tutti gli staff e i giovani calciatori, si stringono nel dolore del direttore generale Clemente Filippi per la perdita della cara mamma Ada Dattilo. Le più sentite condiglianza alla famiglia Filippi.

Comunicato settore giovanile Juve Stabia

La sinistra del PD conferma il no e prepara lo scontro finale

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Matteo Renzi propone alla minoranza di modificare l’ Italicum dopo il voto sul referendum costituzionale ma la sinistra del partito conferma il no e prepara lo scontro finale. Per Marcello Sorgi “il Pd da ieri non esiste più”.

“È l’ennesimo bluff”. La sinistra Pd non si fida: scatta il libera tutti

Il segretario è convinto che la base sia con lui

«Nulla è cambiato: se non si incardina subito una proposta del Pd su cui Renzi ci metta la faccia, noi il 4 dicembre votiamo No». La porta di Bersani, Speranza e Cuperlo resta socchiusa se non già chiusa: la sinistra Pd pubblicamente non vuole fare come se nulla fosse avvenuto e dice di esser disposta a vedere le carte. «Se il comitato fa il miracolo siamo felici…», tanto che Speranza è pronto a farne parte. Ma in realtà non si fida di quello che il braccio destro di Bersani, Miguel Gotor, definisce «il bluff» di Renzi che liquida «in tono sprezzante come un alibi le nostre richieste». E dunque non lo segue nello stretto sentiero aperto, poiché «l’impegno a cambiare la legge elettorale prima del 4 dicembre sarebbe un’altra cosa visto che l’esperienza suggerisce che è sempre meglio prima vedere il cammello».

Nessun placet a chi invece vara un comitato, «si sa che le commissioni si fanno quando in realtà non si vuol decidere nulla». Dunque i compagni non ci stanno «perché il 5 dicembre cambia il mondo e se vince il Sì ognuno fa come vuole». Ergo, Renzi potrebbe dire di averci provato ma che mancando un accordo con le opposizioni, l’Italicum resta com’è. La sinistra non scorge una reale volontà del premier a cambiare, non apre spiragli anche perché nei territori «molti compagni stanno già facendo campagna per il No».

E dietro le quinte rigetta con sdegno la dose di «fuffa» – così definiscono l’apertura del premier nei loro sms – profusa nelle loro orecchie per non prendere il toro per le corna. Già nell’ascoltare la relazione gli sbuffi e le occhiate tra Roberto Speranza e Nico Stumpo erano le stesse di quando i due andarono a Catania a sentire cosa avrebbe detto il segretario nel comizio di chiusura della Festa nazionale, appuntamento simbolico. «E sono le stesse, un comitato che verifichi cosa vogliono fare gli altri partiti e se vi sia una maggioranza in Parlamento», commentano. Ma poi, quando nella replica Renzi non coglie la palla lanciata da Franceschini di mettere nero su bianco una modifica dell’Italicum targata Pd, il segnale è chiaro: un tana libera tutti.

E anche l’appello di Franceschini, «ma come si fa a non vedere che vincitori del No saranno Grillo e Salvini?», cade nel vuoto, perché se «Renzi oggi ha aperto uno spazio importante malgrado due interviste della vigilia che dicono no», loro vedono solo fumo negli occhi. Perché Renzi ha dimostrato di esser convinto che il problema non sussista e invece di impegnarsi in prima persona ha delegato a Guerini e ai capigruppo la quadratura del cerchio. E per giunta ha fatto la sua «apertura» con un tono di sfida che è parso molto contundente, «con l’aria di chi concede un contentino a chi si mette di traverso al referendum con argomenti pretestuosi, poiché siccome è rimasto da solo con un pezzo di Pd e tutti contro ora è nei guai e prova a correggere, ma senza esserne convinto».

Da parte sua, il premier è deluso ma non stupito: se lo aspettava questo sindacato di blocco, ma è sicuro di aver «stanato» i compagni e che il popolo del Pd lo seguirà in massa mettendo all’indice «la vecchia guardia». Per questo darà il via libera all’Italicum 1.0, quello con il premio alle coalizioni, ma solo dopo il referendum, su questo non arretra: dopo il voto ogni scenario sarà più chiaro per trattare con Forza Italia e i grillini che ora non vogliono saperne.

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lastampa/“È l’ennesimo bluff”. La sinistra Pd non si fida: scatta il libera tutti CARLO BERTINI

Pd spaccato sulle riforme e Renzi offre la modifica dell’ Italicum

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Per ricucire lo strappo nel Pd, il premier Matteo Renzi propone alla minoranza di modificare l’ Italicum dopo il voto sul referendum costituzionale. Ma l’opposizione conferma il no. La sinistra del partito prepara lo scontro finale. Per Marcello Sorgi “il Pd da ieri non esiste più”.

Renzi: “Cambiamo l’Italicum”. Ma non convince la minoranza Pd

Il premier: «Nuova legge dopo il referendum. Se vogliono rompere si assumano la responsabilità». Cuperlo: senza accordo mi dimetto

ROMA – «Smontiamo l’alibi dell’Italicum, per non perdere l’occasione della riforma costituzionale». Scuro in volto, compìto in giacca e cravatta blu con un occhio che corre agli appunti scritti anziché, come al solito, parlare a braccio in maniche di camicia, il segretario-premier Matteo Renzi apre la Direzione più attesa del Partito democratico facendo la sua ultima offerta alla minoranza. A chi – come l’ex segretario Pierluigi Bersani e l’ex capogruppo Roberto Speranza – domenica ha agitato la vigilia della riunione annunciando il proprio no al referendum («della serie: la risposta è no, qual era la domanda?», ironizza), risponde ammettendo che «è compito mio cercare un punto di accordo» e avanzando la sua proposta: la creazione di una delegazione per cambiare l’Italicum. Non adesso però: «subito dopo» la chiamata alle urne di dicembre. «Siamo disponibili a farci carico di un’ulteriore mediazione» purché alla minoranza sia chiaro che «la nostra responsabilità nel tenere unito il partito non può arrivare a tenere fermo il Paese».

Comincia con quaranta minuti di ritardo, la relazione del segretario che deve finalmente affrontare, occhi negli occhi, la sua minoranza refrattaria a sostenere il referendum. Il problema, gli hanno ripetuto, è il «combinato disposto» tra legge elettorale e riforma costituzionale («due pezzi di un’unica grande riforma», insiste Speranza), motivo per cui da tempo chiedono la correzione dell’Italicum. Passandoli in rassegna con sguardo livido, lamentando che «da quando sono segretario non c’è stato un solo momento senza polemica interna», sottolineando che sulla riforma Boschi sono stati accolti 122 emendamenti e «quando si fa un compromesso si deve rinunciare a qualcosa» (se si vuole averla vinta su tutto «è fanatismo»), scopre le sue carte. Acconsente ad adottare una proposta di minoranza, la Chiti-Fornaro, sull’elezione dei senatori, e tiene a battesimo il comitato di cui faranno parte il presidente Orfini, il vicesegretario Guerini, i capigruppo Rosato e Zanda, e uno o più esponenti di minoranza, che incontri «tutti gli altri partiti» («perché, come dice Fassino, da soli non ce la facciamo») rimettendo in discussione i paletti dell’Italicum: premio alla lista, ballottaggio, capilista bloccati.

«Abbiamo fatto un passo sul sentiero, ma è solo un passo», dice Gianni Cuperlo: chiede che le parole del segretario prendano forma in una proposta del Pd, e non dopo il referendum, ma «nei prossimi giorni». Per cercare un accordo: se non sarà così, avverte l’ex presidente Pd, «voterò no», ma alle frecciate di Renzi («ci sono persone che hanno votato da tre a sei volte la riforma e poi hanno cambiato idea: ognuno fa i conti con la propria coerenza») risponde con un annuncio: se a dicembre voterà no, si dimetterà da deputato. Una frattura dolorosa, se arriva a evocare il fantasma della scissione: «Dopo, se necessario, ci divideremo».

Non bastano le «chiacchiere», per usare il termine utilizzato due giorni fa da Bersani: quello che chiede la minoranza, contestata da uno sparuto drappello di anziani militanti all’entrata del quartier generale Pd, è un impegno più concreto. Più di quanto non appaia la proposta di Renzi: al momento, il no preannunciato resta: «Io fino all’ultimo istante non mi voglio sottrarre a nessun tentativo – garantisce Speranza – ma dobbiamo dirci la verità: se vogliamo cambiare l’Italicum dobbiamo mettere in campo noi una vera iniziativa politica». Motivo per cui «la proposta che hai fatto oggi penso non sia sufficiente». Non si esprime in direzione Bersani. La minoranza non partecipa nemmeno alla votazione finale, che infatti finisce con soli voti favorevoli.

«Da oggi non c’entra più niente la legge elettorale: andiamo sul punto e chiudiamo», invita Renzi. «Abbiamo dimostrato che facciamo sul serio: adesso si assumeranno la responsabilità, se vogliono rompere. Io non posso bloccare il Paese per far contento qualcuno della minoranza», commenta a sera coi suoi. Dal palco della direzione un ultimo appello: «Da 18 anni ci chiediamo chi ha ammazzato l’Ulivo: non vorrei passare i prossimi 18 anni a interrogarci chi abbia chiuso la prospettiva del Pd».

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ESCLUSIVA- Pasquale Casale: La Juve Stabia dirà la sua fino alla fine. I tifosi? Sono una componente fondamentale “

L’intervento di Pasquale Casale, ex allenatore gialloblu, in diretta e in esclusiva  al Pungiglione Stabiese

Nel corso della puntata de “Il Pungiglione Stabiese”, programma radiofonico a cura della nostra redazione di ViviRadioWeb abbiamo avuto come nostro ospite telefonico l’ex allenatore delle Vespe Pasquale Casale. Tanti i temi trattati con il mister, dall’andamento in campionato della Juve Stabia, passando alle difficoltà in trasferta. Ecco alcuni frammenti della lunga intervista concessaci:

La Juve Stabia ha perso 1-0 a Reggio Calabria. Una sua motivazione in merito al modulo, visto che nonostante il 4-3-3 le vespe non hanno punto la Reggina, creando pericoli solo su calcio di punizione: Il 4-3-3 è  un modulo che viene adottato anche in serie A da Sarri, e da Zeman anni addietro. Uno schieramento tattico che ti permette di fare fallo tattico, di interrompere il gioco cercando di limitare i danni, un vecchio sistema che in passato ripagava di più che permetteva di stare alto e pressare, con le tre punte che non venivano impiegate in fase difensiva, meno dispendioso di quanto non sia adesso. Nel Napoli  l’anno scorso fui uno dei pochi a prevedere che Sarei avrebbe poi avuto un calo e puntualmente poi la squadra ebbe difficoltà nel lungo periodo. Per quanto riguarda la partita contro la Reggina, giocando fuori casa, paradossalmente, la Juve Stabia giocando più corta,  senza il supporto del sintetico, magari doveva giocare più bassa con il baricentro, visto che le punte tendono a correre di più, la stanchezza si notava; e sicuramente non è adatto ad applicare questo tipo di lavoro e la squadra viene penalizzata. Anche perché se con il modulo 4-3-3 gli avversari ti prendono le misure, lo stiamo vedendo in serie A con il Napoli, diventa difficile applicare al meglio il proprio gioco contro le piccole squadre. Avendo gli interni stretti e le punte offensive molto larghe, si creano dei vuoti a centrocampo e di conseguenza tatticamente non è mai facile sopperire quando la partita si mette male.

Sulla scelta di Fontana, in tanti avevano dei dubbi ad inizio stagione. Nonostante la sconfitta di Reggio, per adesso il campionato è sicuramente positivo per le vespe, un suo giudizio sul tecnico, lei che lo ha allenato: Personalmente conosco Fontana più da calciatore che da allenatore, non saprei dare un giudizio sulle sue capacità. Si stava ben comportando a Nocera, poi purtroppo per colpe non sue ha pagato un’ingiusta squalifica. È un ragazzo intelligente, conosce bene la piazza stabiese, chi meglio di lui, e forse anche meglio di me che a Castellammare ci so cresciuto e avuto modo di poter lavorare.    Penso che lui saprà dove insistere di più per ottenere il meglio da questa squadra, e che possa insistere su questo modulo o magari adottare qualche variante in corso d’opera.

Lei da allenatore, avendo allenato la Juve Stabia, nonché conoscitore dell’ambiente, un consiglio che adesso potrebbe dare a Fontana: All’epoca qui a Castellammare per un punto macammo i play-off con una squadra costruita per salvarsi, in quell’annata memorabile laddove pareggiammo ad Avellino a tempo scaduto. Tanti rimpianti per la mancata disputa di quei playoff, forse se avessimo insistito con quella squadra, probabile che l’anno successivo avremmo poi vinto il campionato. Adesso non so, gli ambienti cambiano, di certo il popolo stabiese da buon osservatore vuole vedere una squadra combattiva che in campo abbia dato tutto. Importante adesso impostare questo lavoro e sicuramente sarà apprezzato dai tifosi sapendo che la squadra in campo ha dato il massimo e solo così di sicuro non avrà problemi. Io da allenatore cercavo di interagire con i tifosi, e riconosco che a volte stabilire un contatto diretto con la tifoseria è importantissimo.

Lei da allenatore ha avuto alle sue dipendenze Angelo Orlando, calciatore che ha avuto poi una carriera importante con l’Inter. Qui a Castellammare deluse le aspettative della piazza: Ebbe problemi di ambientamento, mi è capitato anche a me da calciatore, così come tanti altri che scendono di categoria e riscontrano poi difficoltà a calarsi nella realtà proprio perché hanno un modo di giocare e in certi ruoli sono determinati i rapporti con la squadra. Per quanto mi riguarda giocavo a centrocampo, nello stesso ruolo di Orlando, a volte da certi calciatori ci si aspetta la differenza solo perché vengono da categorie superiori, invece spesso calciatori collocati in un contesto adatto possono dare di più, viceversa se giochi in un contesto dove non sei utile alla squadra puoi avere delle difficoltà sia psicologiche e soprattutto sul piano tattico. Contano soprattutto le motivazioni, io più volte nella mia carriera so sceso di categoria, e ho preferito poi intraprendere la carriera da allenatore quando ho capito che le motivazioni non erano più quelle di un tempo.

Lei ha avuto una carriera importante soprattutto da calciatore del Napoli. Ha giocato con calciatori importanti del calibro di Rudy Krol. In particolare che ricordi ha di questo straordinario campione: Ho avuto la sfortuna di averci giocato nell’ultimo anno quando Krol subì l’operazione al ginocchio. Ebbi modo di poter apprezzare le sue doti umane, era un grande professionista, nel privato era molto attento ai particolari, si curava tantissimo e quell’anno riuscì comunque a dare il suo apporto nonostante avesse 36 anni. Da calciatore posso dire che lui è stata la più bella anima del calcio che abbia conosciuto, ragazzo esemplare, una persona unica nel mondo del calcio, disponibile e generoso con tutti.

Secondo lei, la Juve Stabia in questo momento è la sorpresa del campionato e in particolare come vede Lecce, Foggia e Matera in un confronto con le vespe: Lecce e Foggia chiaramente sono due club che da un paio di anni stanno provando a risalire, ma la Juve Stabia ha comunque una squadra di qualità che può fare la differenza. Non manca la competenza dirigenziale e sono convinto che anche la Juve Stabia si possa inserire in questa lotta, storicamente ha sempre mantenuto questa mentalità ambientale e non manca la convinzione e voglia di andare in B. Lo staff sta lavorando bene, La società è ben organizzata e ci sono pertanto tutte le componenti giuste per poter vincere.

Ecco mister, lei che ha allenato la Juve Stabia in un periodo diverso da quello attuale, in passato c’era più seguito di tifosi. Adesso sta calando la presenza di tifosi allo stadio, è un problema di pay-tv o anche per altre situazioni?: In genere quando un club ha ottenuto in passato risultati importanti, avrà poi difficoltà ad avere un seguito di tifosi in categorie inferiori. Secondo me è questa la causa che ha determinato poco seguito allo stadio, poi ovvio anche le tv e gli stadi non confortevoli determinano il resto. Un augurio alla piazza? Di seguire con entusiasmo la Juve Stabia e che il Menti possa ritornare ad essere il dodicesimo uomo in campo perché lo stadio pieno ha sempre fatto la differenza. Ricordo che arrivavo allo stadio pochi minuti prima dell’inizio del match proprio per trovare già i tifosi al campo. Con questo voglio dire che giocare a Castellammare con lo stadio pieno diventa dura per tutti.

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LA “MALEDIZIONE DI KATYN”

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Proseguendo nei miei innesti culturali sul filo dei ricordi e della Storia per la rubrica ”PILLOLE DI STORIA”, invio oggi questo mio contributo che ho titolato: LA “MALEDIZIONE DI KATYN”
Aprile 2010: azzerata in un incidente aereo la classe dirigente polacca.

Lech Kaczyński, trova la morte, unitamente a 7 membri di equipaggio dell’Aeronautica polacca, in un incidente aereo a Smolensk (Russia) La delegazione, costituita dalle massime autorità politico-istituzionali, è diretta alla foresta di Katyn per commemorare gli Ufficiali polacchi trucidati, nell’aprile 1940, dagli Agenti della Polizia Segreta sovietica. Sarebbe stata la prima manifestazione, alla presenza dei massimi rappresentanti istituzionali dei due Paesi, a conclusione di un lungo iter per il riconoscimento delle responsabilità di un massacro di cui erano state vittime Ufficiali dell’Esercito polacco, prigionieri di guerra dei Sovietici, nella seconda guerra mondiale.

Le polemiche sulla paternità dell’atroce massacro, originate nel 1943 fra Governo polacco in esilio ed Unione Sovietica, sono riprese, con forte impulso, solo dopo il crollo del Comunismo nell’Europa dell’Est cioè dopo l’affrancamento della Polonia dal Blocco sovietico. È quindi indispensabile fare un passo indietro e ricordare i fatti ed i motivi che portarono all’eccidio passato alla Storia come il massacro delle fosse di Katyn.

La premessa è l’accordo Molotov-Ribbentrop del 23 agosto 1939 col quale, nel quadro di un Patto di non aggressione fra i due Paesi con regimi totalitari, viene concordata, con un Protocollo aggiuntivo rimasto segreto fino al 1992, la spartizione della Polonia, repubblica indipendente, creando così le premesse per lo scoppio della seconda guerra mondiale. Dopo l’attacco nazista alla Polonia scatenato il 1° settembre 1939, l’URSS, violando il Patto di non aggressione del 1932 con la Polonia, ne invade le regioni orientali il successivo giorno 17 per attuare la spartizione concordata. Dopo un’accanita quanto inutile resistenza, la Polonia, stretta fra due fuochi, è costretta alla resa. La spartizione fra i due Paesi aggressori si completa il 1° ottobre con l’incontro delle truppe dei due eserciti sulla linea prefissata.

La nuova spartizione della Polonia (la quarta dal 1772) pone nelle gerarchie sovietiche il problema della facilitazione del compito per l’assoggettamento di un popolo sempre risorto tenacemente dalle sventure della Storia. A ciò provvede il Ministro dell’Interno sovietico Beria che, predisposti con la famigerata NKVD (Polizia Segreta) 10 campi di prigionia, propone la sistematica soppressione dell’élite delle Forze armate e dell’intellighenzia polacca onde privare la popolazione di riferimenti culturali che avrebbero potuto animare un movimento di resistenza per l’indipendenza. La decisione è presa dal Politburo sovietico (i sette massimi esponenti del partito comunista con a capo Stalin) con un decreto del 5 marzo 1941: viene ordinato alla NKVD di esaminare il caso di 25.700 prigionieri di guerra polacchi secondo una procedura speciale, cioè senza citare in giudizio i detenuti, senza presentare imputazioni, senza documentare la conclusione dell’istruttoria dell’atto di accusa, applicando nei loro confronti la più alta misura punitiva, la fucilazione (il documento sarà rinvenuto negli atti della Polizia segreta sovietica nel 1992 con l’apertura degli archivi). In una parola è programmata l’eliminazione della classe borghese medio-alta della Polonia, classe sociale che i sovietici hanno sempre considerato quale primario obiettivo da sopprimere secondo il principio ideologico della lotta di classe.

Pertanto, con metodo proprio dei sistemi totalitari più efferati, gli Ufficiali delle FF. AA. polacche ristretti nei campi di prigionia di Kozielsk, Starobielsk ed Ostashkov, nei primi giorni dell’aprile 1940 sono trasferiti, stipati in carri merci, alla stazione ferroviaria di Gnezdovo ed avviati successivamente alla foresta di Katyn, poco distante, dove vengono prima privati degli effetti personali di valore e poi soppressi con un colpo di pistola alla nuca a cura di Agenti dell’NKVD. I corpi saranno quindi accatastati in otto fosse comuni in 7/8 strati e ricoperti da circa un metro e mezzo di terra. L’eliminazione è compiuta con pistole (la famosa “Walter PKK”) e munizioni rigorosamente tedesche.

L’eccidio si estenderà, successivamente, ad altri campi di prigionia nei quali sono ristretti Poliziotti, dipendenti di ogni ordine e grado dell’Amministrazione statale, professori universitari, professionisti, ecc.).

L’azione, visto il macabro successo, sarà ripetuta, se pur con modalità diverse, il 1° aprile 1941 allorquando truppe sovietiche, nei pressi di Varnita nella Valle del Siret, in territorio moldavo, aprono il fuoco su una colonna di profughi che intendono riparare in Romania in seguito ad una nuova definizione di confine anche questa conseguenza del Patto Molotov-Ribbentrop. L’URSS si annette la Bessarabia e, se pur non previsto dagli accordi nazi-sovietici, anche la Bucovina Settentrionale nel quadro di una politica espansionistica di tipo imperialista mascherato da finalità ideologiche. Il nuovo territorio, che l’URSS ha acquisito con un semplice ultimatum, sarà poi diviso fra le Repubbliche socialiste di Moldova e Ucraina. L’Operazione, nota col nome di Fantana Alba (Fontana bianca), è l’eliminazione di circa 2.300 profughi, di etnia romena: le salme saranno sistemate in cinque grandi fosse comuni. La strage ha resistito più di ogni altra alla conoscenza storica: solo nel 2000 è stata possibile una cerimonia di commemorazione delle Vittime.

Dopo che le truppe naziste, il 22 giugno 1941, attaccano proditoriamente l’Unione Sovietica (Operazione Barbarossa) rompendo il Patto del 1939, il gen. Sikorski, Capo del Governo polacco in esilio, col gen. Anders (comanderà il 2° Corpo d’Armata polacco nella campagna d’Italia) si reca a Mosca per definire la formazione di un contingente militare chiedendo notizie degli Ufficiali prigionieri per poterli impiegare nella costituenda forza combattente. La risposta di Stalin è che in URSS non c’erano più Ufficiali polacchi prigionieri ipotizzando una loro fuga collettiva in Manciuria. Evidentemente è certo che la strage non sarà mai scoperta.

Nel luglio 1941, nella prima fase dell’Operazione Barbarossa, la zona di Smolensk sarà occupata dai Tedeschi e nell’aprile del 1943, sulla base di informazioni acquisite fra gli abitanti dei villaggi vicini, iniziano scavi di sondaggio nella foresta di Katyn che portano alla scoperta delle fosse con i cadaveri degli Ufficiali polacchi.

Il 13 aprile Radio Berlino dà notizia dell’orrenda scoperta attribuendone la responsabilità ai Sovietici. Il 14 aprile l’Unione Sovietica dichiara, contrariamente a quanto riferito al gen. Sikorski nel 1941, che gli Ufficiali prigionieri nei campi di quell’area, per l’impossibilità di trasportarli sotto l’incalzare del nemico, “evidentemente” erano stati catturati dai Tedeschi che, conseguentemente, li avevano passati per le armi. Il Governo polacco in esilio, manifestando forti dubbi su tali dichiarazioni, chiede quindi alla Croce Rossa Internazionale di aprire un’inchiesta sul luogo. La risposta sovietica sarà la rottura, il 26 aprile, delle relazioni diplomatiche col Governo polacco in esilio riprese solo dopo la rinunzia polacca all’indagine immediata. Infatti i Governi Alleati, interessati al mantenimento dell’alleanza politico-militare con l’URSS per la comune lotta alla Germania nazista, inducono il Governo polacco a soprassedere ad ulteriori richieste su Katyn e rinviare il problema alla conclusione del conflitto. La Croce Rossa internazionale non potrà comunque procedere a causa del rifiuto dell’URSS a partecipare all’indagine. Ma i Tedeschi, pur di sfruttare l’episodio a fini propagandistici, promuovono l’istituzione di una Commissione scientifica che si riunisce il 27 aprile a Berlino portandosi poi, sul luogo, per l’indagine medico-legale. La Commissione, presieduta dallo svizzero prof. Naville, è formata da 14 cattedratici di medicina legale provenienti da Belgio, Bulgaria, Croazia, Danimarca, Finlandia, Olanda, Boemia, Slovacchia, Ungheria, Romania, Spagna e Italia con la partecipazione, come osservatore, di un generale medico francese. Il rappresentante spagnolo si ritira prima delle operazioni adducendo malessere e non sarà sostituito. L’Italia è rappresentata dal prof. Vincenzo Palmieri, direttore dell’Istituto di Medicina legale dell’Università di Napoli, indiscussa autorità nella materia, con esperienze anche estere. Parla correntemente inglese, francese e tedesco il che gli facilita anche i rapporti ed è autore di numerose opere scientifiche di livello mondiale.

La Commissione all’unanimità attesta che la sepoltura è avvenuta circa tre anni prima, quindi, ineluttabilmente all’epoca dell’occupazione sovietica. Uno degli elementi decisivi è l’esame del cranio effettuata dal prof. Orsos dell’Università di Budapest che rileva, sulla parete interna, tracce di decalcificazione, fenomeno che si forma a tre anni circa dall’inumazione. L’indagine tecnica sulla decomposizione porta a datare la morte nella primavera del 1940. Inoltre, da esami botanici, coincide anche l’età del boschetto di betulle e pini che coprono le fosse: hanno almeno cinque anni di età, trapiantati però da tre. Anche la botanica dà quindi un contributo inattaccabile a far combaciare questi elementi con le date sui documenti rinvenuti sui cadaveri (autunno 1939- primavera 1940) e con i riscontri anatomopatologici. La mancanza di larve e di insetti sarà poi eloquente sul fatto che i cadaveri fossero stati sepolti nella stagione fredda. Tutto converge sempre nello stesso punto di gravità cronologico.

Niente, quindi, che potesse posticipare il periodo degli eventi.

Le salme sono quasi tutte identificabili dai documenti e dagli effetti personali. Su alcune sono rinvenute annotazioni sulla prigionia. Particolarmente interessante il diario dettagliato del Magg. Siolski che riporta la cronaca degli ultimi giorni col viaggio dal campo di Kosielsk il 7 aprile 1940 fino all’arrivo alla stazione di Gnezdovo: “il 9 aprile i prigionieri vengono fatti salire su autocarri e diretti verso la foresta di Katyn”. Dopo tale data più nulla!

All’inchiesta partecipa, condividendone le conclusioni, una rappresentanza della Croce Rossa polacca nella quale, si saprà in seguito, sono presenti, in incognito, anche elementi della Resistenza. Sono anche presenti, in qualità di testimoni-osservatori, Ufficiali americani e inglesi prigionieri dei tedeschi.

Nel luglio 1943 il prof. Palmieri pubblica la relazione medico-legale sul fascicolo 364 della rivista “La vita italiana” che, inspiegabilmente, sparirà, dopo la fine della guerra, anche dalle biblioteche alla stregua di un segreto di Stato.

Intanto il 4 luglio 1943 il gen. Sikorski, in polemica per il rifiuto opposto alla tesi sovietica sulla sorte degli Ufficiali prigionieri, muore in un incidente aereo mai del tutto chiarito, poco dopo una sosta tecnica all’aeroporto di Gibilterra, proveniente dal Medio Oriente dove ha visitato l’Armata polacca in addestramento. Quel giorno a Gibilterra si registrano due inquietanti presenze: Kim Philby, uno dei famosi “cinque di Cambridge” (spie doppiogiochiste), Ufficiale dei Servizi Segreti britannici, che nel 1963, temendo ormai di essere scoperto per la sua lunga collaborazione col KGB sovietico, fuggirà nell’URSS, ed il Vice Ministro degli Esteri sovietico Vysinskij che affretta il suo rientro a Mosca subito dopo l’incidente aereo.

Il massacro di Katyn rappresenterà sempre un’ossessione per Stalin al punto che, quando il 1° agosto 1944 Varsavia insorge contro i Tedeschi, sollecitato dal Governo polacco in esilio ad intervenire con le truppe sovietiche ormai a pochi kilometri dalla capitale, condizionerà l’appoggio ad un riconoscimento ufficiale sulla paternità tedesca del massacro ed, al rifiuto, preferirà che la rivolta venga soffocata nel sangue dalle truppe naziste.

A guerra finita, per il mancato appoggio dei giudici Alleati, fallirà anche il tentativo sovietico di attribuire il massacro ai Tedeschi nel processo di Norimberga e la Polonia comunista accetterà, tout court, la tesi del massacro tedesco sulla scorta delle risultanze di una commissione di studio russo-polacca appositamente istituita. In proposito sarà avviata, nel 1946, anche un’inchiesta giudiziaria con incarico al Procuratore di Cracovia, dott. Roman Martini. Questi, già utilmente impegnato in indagini a carico di collaborazionisti e criminali nazisti, condurrà indagini particolarmente rigorose rinvenendo, fra l’altro, in una cantina di Minsk, un documento che indica in maniera incontestabile la responsabilità sovietica dell’eccidio: è un rapporto segreto della cellula della NKVD di Minsk alla Centrale di Mosca, in data 10 giugno 1940, nel quale si parla esplicitamente di eliminazione dei tre campi di prigionia portata a termine il 6 giugno e per ogni campo l’indicazione del compagno incaricato della supervisione dell’operazione. Il 7 luglio 2008 la Novaia Gazeta di Mosca pubblicherà, in proposito, un documento dell’NKVD con i nomi dei 125 esecutori materiali del massacro con un provvedimento della Direzione centrale di gratifica di una mensilità supplementare per la “missione ben eseguita”.

Il Procuratore Martini invia la relazione sulla conclusione delle indagini al Ministro della Giustizia ma, temendo per la sua vita, farà in modo che una copia del dossier, nel quale risultavano chiare le responsabilità sovietiche, venisse depositata presso un notaio a Stoccolma. La meticolosità dell’indagine, non condizionata dal principio del politically correct, sarà, evidentemente, la causa della sua morte violenta, avvenuta il 30 marzo 1946.

Il dossier depositato a Stoccolma verrà poi recuperato dal giornalista americano Julius Epstein e pubblicato, in due riprese, dal New York Herald Tribune il 3 e 4 luglio 1949 con le testimonianze degli Ufficiali americani prigionieri che avevano assistito alle operazioni di esumazione. Nel 1952 sarà istituita a Francoforte, nell’allora Germania Federale, una nuova Commissione d’inchiesta su Katyn ma URSS e Polonia (allora parte del blocco sovietico), sollecitate a trasmettere la documentazione, rifiutano i documenti e anche di parteciparvi con propri rappresentanti.

Nella Polonia sovietizzata del dopoguerra l’argomento è tabù: i parenti delle vittime devono accettare la verità di regime per evitare angherie e persecuzioni. I cattedratici che hanno partecipato ai lavori della Commissione nel 1943, i cui Paesi sono entrati nell’orbita sovietica, subiscono varie vicissitudini: i prof. Hajek di Praga e Markov di Sofia, pur ritrattando la loro firma sul documento conclusivo, saranno eliminati in circostanze misteriose. Stessa sorte toccherà al prof. Jurak, dell’Università di Zagabria, giustiziato nel 1945 con l’accusa di essere stato strumento della propaganda nazista per aver fatto parte della Commissione. Il prof. Buhtz dell’Università di Breslavia sarà invece fucilato dai tedeschi per l’accusa di aver partecipato alla congiura per l’attentato ad Hitler del luglio 1944 e, come tale, non sospettabile di simpatie naziste.

Ma ritorniamo alla nobile figura del prof. Vincenzo Palmieri. Egli dovrà subire, dopo la liberazione di Napoli, angherie e molestie, evidentemente ispirate da ambienti comunisti napoletani, accusato di collaborazionismo per la partecipazione alla Commissione scientifica ed aver così sostenuto la responsabilità sovietica dell’eccidio. Spesso le sue lezioni sono disturbate da studenti comunisti che inveiscono accusandolo d’indegnità. La stampa comunista dell’epoca (“L’Unità” e “La Voce”), seguendo il principio leninista di denigrazione degli oppositori, a più riprese lo accusa di essere stato servo della propaganda nazista, indegno di insegnare in un Ateneo di nobili tradizioni mettendo finanche in dubbio la sua indiscussa competenza scientifica. La propaganda comunista giunge anche a dare una spiegazione logica dell’eccidio di Katyn quale eccidio nazista rapportandolo a quello delle fosse Ardeatine.

Viene sollecitato, nei confronti del prof. Palmieri, l’intervento della Commissione di epurazione, attiva nell’immediato dopoguerra per perseguire le attività fasciste, perché l’insigne cattedratico fosse estromesso dall’insegnamento universitario definendolo ripugnante falsario che del titolo accademico si è servito per avallare una menzogna.

Il prof. Palmieri però, forte della sua onestà professionale e di una solida personalità, resiste anche a pressioni amichevoli per un allontanamento, anche in via provvisoria, dall’insegnamento. Agli indegni attacchi si limita a rispondere con una lettera pacata, che il quotidiano comunista non gli pubblica, ospitata però da “Il Popolo”, organo della Democrazia Cristiana. Ma la spiegazione scientifica non interessa ai suoi denigratori perché la verità, secondo i criteri leninisti-stalinisti, la indica esclusivamente il partito.

Non è dato sapere se, dopo le ammissioni russe del 1990 conseguenti al crollo del Comunismo e la lettura degli atti ritrovati negli archivi della Polizia segreta sovietica, la stampa comunista e gli ex studenti disturbatori abbiano sentito la sensibilità, secondo un principio etico, di una riabilitazione, seppur postuma, della nobile figura del prof. Palmieri.

Intanto la Polonia democratica non dimentica e, appena si realizza il crollo comunista nell’Europa dell’ Est, chiede, con insistenza, spiegazioni all’URSS. Sarà Gorbaciov, nell’ambito della perestrojka, a fare outing: nell’ottobre 1990, finalmente, riconosce la responsabilità sovietica del massacro di Katyn e porge le scuse ufficiali al popolo polacco senza però fornire la documentazione. Sarà il suo successore Boris Elstin, nel 1992, ad autorizzare l’apertura di parte degli archivi per la libera consultazione storica. Anche se, per cavilli burocratici, non tutti i documenti verranno declassificati, ormai l’eccidio è ufficialmente riconosciuto anche se la Russia non accetta di dichiararlo genocidio o crimine di guerra. Comunque tuttora i 2/3 dei faldoni che negli archivi russi racchiudono la verità su Katyn sono coperti dal segreto di Stato.

La vicenda avrà una fedele ricostruzione cinematografica col film “Katyn” (premio Oscar quale miglior film straniero nel 2008) del grande regista Andrzej Wajda (Oscar alla carriera nel 2000, spentosi all’età di 90 anni il 9 ottobre scorso) il cui padre, Ufficiale di Cavalleria, fu vittima dell’eccidio.

Il film, nonostante il grande pregio artistico e storico e la caduta, ormai da tempo, del Muro di Berlino, ha avuto scarsa distribuzione in Italia subendo un vero e proprio boicottaggio.

Va comunque sottolineato che il 7 aprile 2010, tre giorni prima del disastro aereo di Smolensk, si è svolta in Polonia la prima manifestazione alla presenza dei Capi di Governo dei due Paesi, riconoscimento definitivo della verità storica.

Fra le due tragedie che ha colpito la Polonia in due momenti storici diversi si rileva una drammatica analogia: come nella primavera del 1940 fu azzerata l’intellighenzia polacca, così il 10 aprile 2010 è stata eliminata, se pur in parte ed a causa di un incidente aereo, l’élite politico-istituzionale di quel martoriato Paese, vittima di quattro spartizioni ma sempre risorto per la fierezza del suo popolo.

Viene comunque da pensare che il fantasma di Stalin nell’aprile 2010, aleggiasse ancora sul cielo di Katyn : l’aereo, per tragica fatalità, è un Tupolev Tu-154M, di fabbricazione sovietica!

Giuseppe Vollono

(1^ edizione-maggio 2010) – 10 ottobre 2016

 

Ex Juve Stabia, nuova avventura per Alessandro Fabbro

L’ex difensore della Juve Stabia, Alessandro Fabbro è un nuovo calciatore del Bra

Alessandro Fabbro è uno dei calciatori più amati della storia recente della Juve Stabia. Il roccioso difensore friuliano ha vissuto da protagonista gli anni della scalata dalla Serie C2 alla Serie B, diventando un punto fermo in campo ed un idolo della sua tifoseria.

Proprio nelle scorse settimane lo avevamo ascoltato in esclusiva e Fabbro ci aveva raccontato tanti retroscena dei suo anni alla Juve Stabia (CLICCA QUI). Il difensore ci aveva confessato di essere in attesa di una chiamata che lo convincesse.

La chiamata è arrivata ed Alessandro Fabbro è quindi un nuovo calciatore del Bra, ambiziosa squadra di Serie D dell’omonima città piemontese. Tanta soddisfazione per l’ex difensore delle Vespe, pronto a tornare quanto prima al top della forma per aiutare la sua nuova squadra. L’obiettivo è quello di fare bene in questi mesi per poi tornare in Lega Pro nella sessione di mercato di gennaio.

Ad Alessandro, sempre generoso in campo e disponibile fuori, va il nostro in bocca al lupo per la nuova avventura.

Raffaele Izzo

Credit Foto: Andrea Lusso

TARANTO FC: ESONERATO PAPAGNI

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Il Taranto FC 1927 comunica, in data odierna, di aver sollevato dall’incarico di allenatore della prima squadra il sig. Aldo Papagni. La Società ringrazia il mister per il lavoro fin qui svolto con professionalità e augura le migliori fortune umane e professionali nel proseguo della sua carriera.

studio100.it

Under 15 e Under 17, rinviate la gare della Juve Stabia contro la Casertana

Rinviate Juve Stabia-Casertana…

Dopo il doppio successo contro la Sambenedettese delle formazioni di mister Nunzio Di Somma e Alfonso Belmonte, giornata di riposo in attesa della ripresa degli allenamenti domani all’Eden di Torre del Greco. E’ di oggi, invece, la notizie che vede le gare dei campionati Under 15 e Under 17 della Juve Stabia, che sabato 15 ottobre si sarebbero dovute giocare contro la Casertana, sono state rinviate al giorno 23 ottobre, data che avrebbe dovuto prevedere la sosta del campionato. Le due gare si giocheranno in casa.

a cura di Ciro Novellino

 

Stabia: rifiuti in via Amato. Palazzo Farnese rifiuta e latita.

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Egr.Direttore,
giorni fa è stato commentato con furore e ardore un servizio svolto dalla Polizia Municipale della città che aveva sorpreso due ditte a scaricare rifiuti nei boschi. Bene! Reprimere certe azioni è cosa lodevole ma non deve essere solo frutto di un caso ma pratica costante e puntuale ed invece …. ecco che questa mattina, ore 8.00, scendendo dalla mia abitazione sita in Via Amato 27, ho natato delle buste di plastica nera, quelle tipiche per la spazzatura, parzialmente rotte e poste sul marciapiede.

La cosa mi ha incuriosito e infastidito tanto più che da una fuoriuscivano alcuni barattoli di ferro che, chiaramente, avevano contenuto delle pittura. Da un’altra, qualcosa di ceramica rotto di colore bianco (presumibilmente un igienico). E poi ancora una busta contenente dei giornali e riviste; alcune ancora nelle buste di spedizione ancora chiuse per cui, controllando l’indirizzo, ho notato che destinatario e indirizzo nulla avevano a che vedere con il civico 27 e via D’amato per cui mi son detto: ma questi hanno preso via D’Amato ed il civico 27 per un immondezzaio?

La cosa, ripeto, mi ha infastidito e, pertanto, ne ho subito fatto nota alla portineria del palazzo e all’Amministratore dello stesso. Poi ho chiamato il Comando della Polizia Municipale e, all’agente che ha risposto, ho fatto presente la situazione.

Questi allora mi ha passato l’Ufficio ambientale al quale ho nuovamente spiegato il tutto ottenendo rassicurazione che entro 1 ora sarebbero venuti sul posto per i DOVUTI rilievi; e qui è iniziata la pantomima che tutto ha riportato alla “normalità” stabiese:

  • ORE 10.00, due ore dopo quindi, tutto tace e nessuno si vede per cui ho richiamato il comando dei vigili ricevendo nuova rassicurazione di intervento, anche se già più elastica sin dalla pronunciazione: “veniamo quanto prima”.
  • ORE 12.50: idem come ore 10:00. Dei vigili, o comunque di un qualche addetto, nemmeno l’ombra per cui ho nuovamente chiamato e questa volta mi è stato candidamente risposto: “tutti i Vigili sono impegnati in un servizio! Nessuno può essere distolto! Provvederemo nella giornata di domani!”. SIC!

EVVIVA. A quel unto mi aspettavo direttamente un chiaro, sincero e noto DIMAI ed invece era un DOMANI.

O forse no!

Forse sono state le mie orecchie incredule e credulone, perché ancora speranzose, a capire DOMANI. Chissà! Domani o quando sarà, se sarà, si saprà. Intanto ‘a munnezza, al civico 27 di Via D’amato, ce la teniamo ma, sin da subito, abbiamo avuto ennesima riprova della presunta maggior efficienza della nuova macchina Amministratrice della città che, alla riprova, tanto somiglia a quella vecchia: è solo ritargata e con vernice rifatta; ed anche questa già comincia a scrostarsi. Cose, purtroppo, ormai già note: viste e riviste!

Identica anche la rabbia di qualche cittadino che vuol notare le cose come me. Identica anche l’indifferenza, per ormai atavica abitudine, di tanti – troppi – altri cittadini perché, altrimenti, delle scope in funzione si sarebbero si viste, ma in Piazza Municipio, Palazzo Farnese, dove da anni, anni, anni ed ancora anni si attende pulizia e dove si attende un promesso DOMANI che è e resta il solito DIMAI!

Grazie per l’attenzione,

Francesco Eresiarco

Bagni: “Che batosta per il Napoli. C’è una soluzione da scartare”

Le parole di Salvatore Bagni

Salvatore Bagni, ex Napoli e oggi operatore di mercato, ha rilasciato delle dichiarazioni al giornale Il Mattino, trattando della difficile situazione in cui si trova il Napoli dopo l’infortunio di Arek Milik: “L’infortunio di Milik è un batosta per il Napoli ed è anche un regalo alla Juventus. Il grande problema è che non c’è un vero calciatore che può sostituire il polacco nel Napoli. Sappiamo tutti che Gabbiadini non è un vero e proprio centravanti. Siamo lontani dalla riapertura del mercato e una squadra in corsa per lo scudetto non può permettersi di perdere per strada un pezzo così pregiato. Svincolati? E’ un ipotesi da scartare, non circolano nomi da Napoli al momento, quindi penso che si lavorerà direttamente per gennaio”.

Pistocchi: “Vorrei proporre due nomi al Napoli”

Le parole di Maurizio Pistocchi

Il giornalista di Mediaset, Maurizio Pistocchi, ha rilasciato alcune dichiarazioni durante la trasmissione Si gonfia la rete in onda su Radio Crc, parlando della situazione del Napoli nel dopo infortunio di Milik: “Non credo che il Napoli punterà sugli svincolati, anche perché il mercato offre molto poco. Se dovessi fare dei nomi, al Napoli consiglierei il nigeriano Uche ed il tedesco Kuranyi. Il primo è un giocatore un po’ in la con gli anni, ma molto potente e veloce; il secondo ha una buona esperienza internazionale”.

La Giornata del Contemporaneo con il critico d’arte Andrea Barretta

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Sabato 15 ottobre 2016 l’incontro tra Andrea Barretta (giornalista, scrittore e critico d’arte) autore della monografia d’arte dell’artista Ezio Zingarelli presente con una sua personale alla “Galleria ab/arte” di Brescia, dà inizio all’evento previsto per la 12.ma Giornata del Contemporaneo promossa da AMACI, l’Associazione dei Musei di Arte Contemporanea Italiana.

La monografia d’arte (pp. 80, ed. ab/arte) presenta oltre al saggio critico di Barretta sull’artista Zingarelli, la biografia, la bibliografia e l’elenco delle esposizioni personali e collettive, in una grafica editoriale di qualità nelle immagini e nell’impaginazione. Non solo. Verrà illustrato al pubblico il prossimo progetto espositivo dedicato alle avanguardie con i maggiori protagonisti, a cura di Andrea Barretta, che ne discuterà con il pubblico per obiettivi e finalità.

“Galleria ab/arte” a Brescia in Vicolo San Nicola 6. Ingresso gratuito: 9,30 – 12,30 e 15,30 – 19,30.

COLLEGATA:

L'artista Ezio Zingarelli (a sinistra) con il giornalista, scrittore e critico d’arte Andrea Barretta

CULTURANORD – TERZA PAGINA

Ezio Zingarelli nella contraddizione dell’arte divenuta oggetto di consumo

MOSTRE – L’artista Ezio Zingarelli * in mostra fino al 17 ottobre alla “Galleria ab/arte” di Brescia, procede in un percorso individuale di…

Eccellenza- Real Forio: un pareggio prezioso in casa della Mariglianese

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Il Real Forio torna con un solo punto dalla trasferta di Brusciano contro un’arcigna Mariglianese che in questo inizio di campionato ha messo in difficoltà anche il quotato Savoia. Mister Impagliazzo ha dovuto fare i conti con una lunga lista di infortunati. A parte i soliti Chiaiese (che però è tornato ad allenarsi sabato), Fiorentino, Arcamone e Ruggiero, si sono aggiunti alla lista infortunati pure Fanelli, Mazzella, Iacono e in extremis Gianluca Saurino. Il capocannoniere del girone A di Eccellenza non si è seduto nemmeno in panchina e allora spazio al giovane classe ’99 Massimo De Luise dal primo minuto. Impagliazzo ha optato anche in questo caso per la difesa a tre con Mora, Calise e Di Dato davanti a Franco Verde; a centrocampo Sannino, Trofa, Ciro Saurino, Vittorio De Luise e Vitagliano. In avanti l’inedita e soprattutto giovanissima coppia d’attacco De Felice-De Luise. Nonostante l’under in più, i biancoverdi non soffrono più di tanto con la Mariglianese. Che però passa in vantaggio dopo appena tre  minuti: i biancoverdi si lasciano sorprendere su un calcio di punizione battuto rapidamente dalla squadra napoletana, in area si fa trovare pronto Sacco che batte Verde (anche grazie alla deviazione di Di Dato) e mette a segno l’1-0. Sotto una forte pioggia, che rende difficoltoso controllare il pallone sul terreno di gioco scivoloso, la partita si mette in salita per i biancoverdi. Nonostante le difficoltà, gli isolani riescono comunque a rendersi pericolosi con un colpo di testa di Trofa e con la solita punizione di Nicola Mora su cui il portiere avversario compie un vero e proprio miracolo. Al 28’ il Real Forio riesce a trovare l’1-1: Vitagliano si accentra, scarica il pallone su Massimo De Luise che dalla lunetta al limite dell’area calcia un bel rasoterra e sorprende il portiere avversario. Il primo tempo termina sull’1-1, poi nella ripresa i ragazzi di mister Impagliazzo sprecano diverse palle-gol. In più di qualche occasione, i biancoverdi non sfruttano in contropiede la superiorità numerica andando al tiro invece di passare la palla al compagno libero. Atteggiamento che ha mandato su tutte le furie mister Impagliazzo. Non un bel secondo tempo in quel di Brusciano, con la Mariglianese che più volte cerca il lancio lungo piuttosto che una manovra fluida e costruita con palla a terra. Il Real Forio, – anche per questo – va in difficoltà e non riesce a strappare i tre punti ad una squadra comunque molto tignosa. Gli isolani si tengono in ogni caso stretto l’1-1, vista soprattutto la lunga lista di assenti che creerà problemi anche per la gara di ritorno in programma mercoledì allo stadio “Calise” (ore 15.30) contro il Real Albanova (si partirà dal 4-0 in favore del Forio). Mister Impagliazzo spera di recuperare qualcuno quantomeno per la gara casalinga con il S.Giorgio (che con molto probabilità sarà anticipata a sabato pomeriggio), avversario di livello sicuramente superiore  – almeno sulla carta – rispetto alle compagini affrontate fino a questo momento.

 

MARIGLIANESE  1

REAL FORIO  1

 

MARIGLIANESE: Iaccarino, Piccolo, Falco, Biancardi, Andres, De Bellis, Savarise, Madonna, Romano U.(19’s.t Antignani), Sacco, Ambrosino. (In panchina Varone, Matrisciano, Rea, Di Sapio, Romano G., Romano A.) All. Lo Regio

REAL FORIO: Verde, Di Dato, Nora, Calise, De Luise V., Sannino, De Luise M., Trofa, Saurino C., De Felice (44’ Conte), Vitagliano (33’ Di Spigna). (In panchina Di Massa, Maltese, Chiocca, Abbandonato, Chiaiese) All. Impagliazzo

ARBITRO: Nunziata di Torre Annunziata (Ass. De Angelis di Nocera Inferiore e Aletta di Avellino)

RETI: 3’ Sacco, 28’ De Luise M.

NOTE: Ammoniti Biancardi, Andres, Romano U. (M); Di Dato, Calise, De Luise V., Saurino C. (RF)

Tour de force per il Napoli: 7 partite in 21 giorni

Ecco quali saranno i match che disputeranno gli azzurri

Come riportato dall’edizione odierna del Corriere dello Sport, dopo la pausa per le nazionali in vista delle qualificazioni ai mondiali russi del 2018, il Napoli inizia con la partita al San Paolo di sabato contro la Roma un tour de force che finirà con il match contro la Lazio. In questo arco di tempo che va dal 15 ottobre al 5 novembre il Napoli giocherà ben 7 gare: dopo la Roma, Besiktas, Crotone, Empoli, Juventus, ancora Besiktas e infine Lazio. Sette match in cui c’è di tutto e di più: dal match contro la rivale al secondo posto, ai match contro le provinciali (Crotone e Empoli) contro le quali gli azzurri vanno sempre in difficoltà, la doppia sfida di Champions contro il Besiktas e la sfida contro la prima in classifica e acerrima rivale del Napoli. Questo tour de force potrebbe essere anche la possibilità di vedere esordire calciatori come Rog e Diawara e magari dare maggior spazio ad altri giocatori che in questo inizio campionato non sono riusciti ad esprimersi al meglio come Giaccherini, Maksimovic, Tonelli e Zielinski. Dal punto di vista difensivo si prospetta un turnover molto forte vista l’assenza di Albiol e la situazione di Chiriches non ancora ottimale, anche sulle fasce vedremo molti cambiamenti Strinic e Maggio potrebbero di volta in volta far prendere fiato rispettivamente a Ghoulam e Hysaj.

Alvino: “Non conviene pescare tra gli svincolati, puntare su Gabbiadini è la migliore soluzione”

Il giornalista Carlo Alvino ha parlato ai microfoni di Radio Kiss Kiss Napoli. Ecco quanto evidenziato:
“Adesso tocca a Manolo Gabbiadini e sono convinto che dimostrerà tutto il suo valore. A gennaio la società farà le giuste valutazioni, non conviene prendere uno svincolato in quanto servirebbe molto tempo per metterlo in condizione.

Klose? Un profilo che intriga ma è fermo da diverso tempo, ci vorrebbe più di un mese per riassestarlo. Sinceramente aspetterei il mercato di gennaio, ora punterei su Gabbiadini o sulla variante del falso nueve”.

FOTO – Operazione finita, Milik sorride nella sua stanza a Villa Stuart

Milik sorride nella sua stanza a Villa Stuart

Arek Milik appare sorridente, come è ben visibile in foto, nella sua stanza a Villa Stuart dove resterà per le prossime 48 ore per poi essere seguito dallo staff del Napoli. Accanto a lui il suo procuratore David Pantak e sul tavolo affianco al letto è già presente la sua  maglia del Napoli.

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Difficile rivedere Zapata dopo l’ infortunio di Milik, tre obbiettivi per gennaio

Difficile rivedere Duvan Zapata alla corte di Maurizio Sarri, lo riporta l’edizione odierna del Corriere dello Sport. Il motivo sarebbe esclusivamente di natura tattica. Il calcio di Sarri predilige il finalizzatore di peso ma questo deve partecipare attivamente alla manovra, di certo non una caratteristica del colombiano. Tre Obbiettivi per gennaio: su tutti Leonardo Pavoletti del Genoa, poi Defrel e Simone Zaza.
Prima dell’ apertura del mercato l’attacco è tutto sulle spalle di Manolo Gabbiadini. Difficile che Sarri possa adattare uno tra Insigne, Mertens e Callejon come falso nueve.

Maradona: “Higuain-Juventus? I colpevoli sono quelli che fanno gli affari”

Queste le sue parole…

Diego Armando Maradona ha rilasciato una lunga intervista al settimanale L’Espresso. L’ex calciatore del Napoli è in Italia per partecipare alla Partita della Pace che si terrà a Roma il 12 ottobre: “Non sarà la Guardia di Finanza a mettersi tra me e l’affetto della gente, specie dei napoletani. Questo è impossibile, non ci riuscirà nessuno. Voglio tornare a Napoli quando voglio, libero e tranquillo. E voglio vedere il Napoli campione”.

De Laurentiis cederà al fascino dell’Oriente?

“So che sta facendo missioni in Cina per cercare di diffondere il marchio Napoli. Su questo non ho molto da dire né ne sono scandalizzato. La figura del presidente rispetto ai miei tempi è molto cambiata: prima poteva essere pure un tifoso un po’ più ricco, oggi c’è bisogno che faccia l’imprenditore. Eppure sono abbastanza scettico su figure lontane, lontane geograficamente e lontane dalla storia di una società, dai suoi tifosi e dal suo ambiente, che il calcio lo vivono solo come business”.

Che pensi di Higuaín alla Juve?

“Da tifoso azzurro mi è dispiaciuto che Gonzalo sia andato a stare da una rivale diretta come la Juventus. Ma non si può neanche dare la colpa solo al giocatore. Perché il giocatore ha le sue responsabilità, ma i colpevoli sono sempre quelli che fanno gli affari. Nessuno pensa ai tifosi. Peccato che la Fifa continui a dormire su questi fatti, come in molti altri”.

Tu hai rifiutato molte volte la maglia bianconera…

“L’avvocato Agnelli mi corteggiava come potrebbe fare un innamorato con una donna. Mi disse che aveva offerto 100 miliardi di lire a Ferlaino e di mettere io la cifra sul mio assegno. Io gli risposi che non avrei mai potuto fare questo affronto ai napoletani perché io mi sentivo uno di loro, che non avrei mai potuto indossare in Italia altra maglia se non quella del Napoli. E poi, dato che era stato gentile, per farlo sorridere gli dissi anche altro”.

Ovvero?

“Gli ho risposto: Si, caro avvocato, potrei pure venire. Peccato che dopo l’affare sia io che lei dobbiamo abbandonare l’Italia. I tifosi napoletani ci avrebbero ammazzato”.

Chalobah: “Provo a fare tutto quello che posso, ho la fiducia di Conte”

Nathaniel Chalobah, ex centrocampista del Napoli attualmente in forze al Chelsea, ha rilasciato un’ intervista al sito ufficiale del club inglese. Il ragazzo ha evidenziato come l’ esperienza all’ ombra del Vesuvio lo abbia migliorato molto sul piano tattico:
“Provo sempre a fare tutto ciò che posso, essere uno dei più giovani ti porta a dare tutto ogni giorni. L’allenatore mi incoraggia, perciò io lavoro e sto a vedere cosa succede”.

“I procuratori sono il cancro del calcio”, ma in realtà De Laurentiis si rivolge a loro…

Lo riporta il Corriere della Sera

Dodici anni di presidenza sono serviti a De Laurentiis per tirare questa affettuosa conclusione: «I procuratori sono il cancro del calcio». La risposta del cancro è molto risentita, «quando deve vendere non gli stiamo sull’anima», ma effettivamente non sposta i termini della questione: il nuovo potere è sempre più degli agenti. Nel calcio grande e internazionale, ma anche in quello piccolo e di provincia. Ancelotti, con toni meno caterpillar di De Laurentiis, conferma: «I procuratori hanno troppa influenza». A prima vista, il ruolo appare semplice e innocuo: come quando cerchiamo casa andiamo all’agenzia immobiliare, così i club si rivolgono al procuratore. In natura, funziona così. Ma nel tempo i rapporti hanno subito una mostruosa mutazione genetica. Ormai i procuratori hanno messo i piedi sul tavolo e di fatto comandano, senza neppure doversi comprare una sola azione delle società. Nessun rischio d’impresa: se va bene si guadagna, se va male non si perde nulla. Si sa — anche se non si dice — che molti presidenti devono sottostare ai ricatti, «se non mi prendi questo terzino scordati la mezzapunta», si sa — ma non si può dire — che certi allenatori schierano più volentieri i giocatori del proprio procuratore, si sa — e lo si dice — che i nuovi Briatore sono i Raiola, capaci di guadagnare più di un centravanti da 30 gol. I presidenti — quando non sono soci in affari — cominciano a denunciare questo potere occulto. Ma l’indignazione risulta fuori tempo massimo. Questo potere l’hanno concesso e l’hanno alimentato loro. Impossibile tornare indietro. La storia si ripete sempre. Nella massacrante corsa verso l’Eldorado, a diventare ricchi non furono i cercatori d’oro: a godere davvero furono i venditori di fagioli e di stivali. Per uno che suda, per uno che spende, c’è sempre qualcuno che ingrassa.