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Mercato Roma, UFFICIALE: Iturbe in prestito al Toro, Iago Falque granata a titolo definitivo. E per il centrocampo…

NOTIZIE AS ROMA – L’altroieri si è aperto ufficialmente il calciomercato di riparazione e già ieri sono arrivati i primi movimenti in casa Roma. Con un comunicato apparso sul proprio sito ufficiale, la società giallorossa ha annunciato di aver ceduto Iago Falque al Torino a titolo definitivo. Anche Juan Manuel Iturbe diventa granata tramite la formula del prestito. Questa la nota apparsa su asroma.com: “L’AS Roma rende noto di aver sottoscritto con il Torino FC il contratto per la cessione a titolo temporaneo, fino al 30 giugno 2017, dei diritti alle prestazioni sportive di Juan Manuel Iturbe. Il contratto prevede il diritto di opzione, in favore del Torino, per l’acquisizione dei diritti a titolo definitivo. Iturbe, arrivato alla Roma nell’estate del 2014, ha collezionato 68 presenze e 5 reti in giallorosso.
Contestualmente, l’AS Roma ha perfezionato con il club granata la cessione a titolo definitivo dei diritti alle prestazioni sportive di Iago Falque. Il calciatore spagnolo, arrivato nella Capitale dal Genoa nell’estate del 2015, ha raccolto 27 presenze con la maglia della Roma segnando tre gol, due in Serie A e uno in Champions League, per poi passare in prestito al Torino all’inizio della stagione in corso.
L’AS Roma augura le migliori fortune ai due calciatori”.

Insomma, a Trigoria si pensa prima a sfoltire la rosa e poi a potenziarla con l’innesto di due calciatori: un centrocampista che possa dar fiato ai titolari ed un attaccante esterno che rimpazzi Momo Salah. L’egiziano sarà, infatti, impegnato con la sua nazionale di appartenenza in Coppa d’Africa. Per il ruolo di ala sinistra, il profilo che convince di più è quello di Jesé. Attaccante spagnolo, classe ’93, è in forza al PSG ma Emery ha già dichiarato che lascerà i parigini per “ritrovare fiducia e ritmo partita” ed in carriera ha giocato anche sul versante destro offensivo oltre che come punta centrale. Se arrivasse nella capitale, potrebbe quindi dare il cambio anche a Dzeko nella posizione di centravanti.
Sul taccuino del ds giallorosso è sempre segnato anche il nome di El Ghazi. “Due sqadre italiane ci hanno chiesto il giocatore, a gennaio può partire”, ha detto il ds dell’Ajax Overmars.

Prosegue poi la ricerca di un centrocampista da regalare a Spalletti. In pole ci sono i nomi di Badelj e del sampdoriano Torreira, mentre non convince appieno la pista Grenier, giocatore che la Roma segue da ben 3 anni. In questa stagione infatti, il ragazzo ha collezionato solo 77 minuti con la maglia del Lione a causa di infortuni. Infine, è sempre in lizza Pellegrini, cresciuto nel vivaio giallorosso e sul quale la Roma ha un diritto di recompra a partire da giugno fissato ad 11 milioni. Forse troppi, per un calciatore di cui la società di Trigoria si è affrettata a disfarsi solo pochi mesi fa. Il Sassuolo ha appena fatto sapere tramite il proprio dg che “Nonostante le difficoltà incontrate in campo, non c’è necessità di vendere. Se ne riparlerà a giugno”.

Claudia Demenica Copyright vivicentro common

 

 

 

La morte di Mohammed, un altro Aylan, e la tragedia nascosta dei rohingya

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Mohammed Shohayet aveva 16 mesi ed è morto, affogato insieme al fratellino e alla madre. Stavano fuggendo dalle violenze di cui il suo popolo, i Rohingya, è vittima a Myanmar. La sagoma senza vita di Mohammed ci appartiene come quella del piccolo Aylan Kurdi, perché descrive tragedie umane che accompagnano il fenomeno delle migrazioni che investe in maniera crescente l’intero Pianeta.

In Birmania un altro Aylan, bimbo Rohingya , è morto annegato. Il rohingya ‘Aylan Kurdi’ a 16 mesi muore nel fango per fuggire alla repressione

Mohammed Shohayet, 16 mesi, perde la vita durante la fuga verso il Bangladesh. La sua minoranza di religione musulmana vittima di un massacro dimenticato

Ieri Aylan, oggi Mohammed. Si chiamava Aylan Kurdi il profugo di 3 anni morto annegato sulla spiaggia di Bodrum il 2 settembre del 2015. L’immagine choc del bimbo riverso, la faccia nella sabbia e le onde che sembrano accarezzare il corpicino, ha fatto il giro del mondo e ha commosso l’intera comunità internazionale rompendo per un attimo quel muro di silenzio e sostanziale indifferenza che accompagna la quotidiana strage degli innocenti, dalla Siria allo Yemen. Centinaia di piccoli profughi, vittime della fame e delle guerre che cercano scampo dalla morte con le famiglie. Proprio come Mohammed, figlio del popolo dei rohingya, minoranza musulmana perseguitata in Birmania, che stava cercando di fuggire da Rakhine per raggiungere il Bangladesh con la madre, lo zio e il fratello di 3 anni attraversando in barca il fiume Naf. Ma la barca  è affondata lo scorso dicembre, mentre i soldati sparavano sui fuggitivi.

La posizione di Mohammed Shohayet, 16 mesi, è la stessa di Aylan. Ma il fango del fiume ha preso il posto delle onde del mare. “Ogni volta che guardo la foto mi sento morire. Vorrei essere morto”, ha raccontato il padre del piccolo, Zafor Alamd, alla Cnn. “La mia vita non ha più senso”, ha aggiunto dal campo profughi in cui adesso vive l’uomo che ora chiede al mondo di prendere coscienza del dramma dei rohingya perseguitati. “Nel nostro villaggio ci sparano dagli elicotteri, i soldati del Myanmar ci cercano per ucciderci. Mio nonno e mia nonna sono stati bruciati vivi. Tutto il nostro villaggio è stato bruciato dai militari. Non è rimasto niente”. La Cnn, che nel titolo dell’articolo si chiede: “Il mondo si indignerà anche ora?”. Il riferimento è proprio ad Aylan, divenuto il simbolo della crisi dei migranti.

In Birmania la tragedia dimenticata dei Rohingya dura dal secolo scorso. La minoranza di fede musulmana – circa un milione in un Paese dove il 90% della popolazione è buddista – vive principalmente nello stato di Rakhine, nel nordovest. La maggioranza dei birmani li considera immigrati dal Bangladesh che si sono stabiliti illegalmente.  

Il governo nega loro la cittadinanza e il voto e li ha esclusi dalla lista dei 135 gruppi etnici del Paese. Non hanno nessun diritto, nemmeno quello di essere chiamati con il loro nome. Una circolare del ministero dell’informazione ha vietato ai funzionari di utilizzare il termine Rohingya, imponendo la definizione «popolazioni di origine islamica». Quasi 150 mila di loro vivono in squallidi campi-ghetto, da cui possono uscire solo con il permesso, accordato di rado, delle autorità.  

La tragedia dei Rohingya inizia nel 1970, data del primo grande esodo: 250 mila persone fuggono dalla persecuzione dell’esercito. Negli ultimi anni la repressione si è intensificata, obbligando migliaia di disperati a cercare rifugio nei Paesi vicini: Bangladesh, Thailandia, Malaysia. Spesso la traversata si rivela mortale. Secondo l’Oim, l’agenzia Onu per le migrazioni, negli ultimi mesi 34 mila Rohingya sono fuggiti in Bangladesh attraverso il fiume in cui è morto Mohammed. Nell’ottobre scorso è iniziata un’offensiva militare con rastrellamenti arbitrari. Il bilancio è di 86 morti e 27 mila fuggiti.  

L’accesso allo Stato di Rakhine è vietato a giornalisti e attivisti. Ma nei giorni scorsi Human Rights Watch ha diffuso foto satellitari in cui si vedono interi villaggi bruciati e centinaia di case abbandonate. In una di quelle viveva la famiglia di Mohammed. «I soldati sparavano dagli elicotteri sulle case. I miei nonni sono morti bruciati vivi. Noi siamo scappati e ci siamo nascosti nella giungla per giorni. Dovevamo cambiare posto perché i soldati cercavano i Rohingya», ha raccontato il padre, Zafor Alam. Una storia che il governo ha bollato come «montatura».  

Ma il massacro dei Rohingya continua nel silenzio colpevole di Aung San Suu Kyi. La presidente, che ha dedicato la sua vita alla lotta per i diritti umani, ha finora voltato la testa dall’altra parte, ignorando quella che l’Unhcr ha definito «pulizia etnica». Nei giorni scorsi 23 leader mondiali, tra cui diversi Nobel per la Pace, hanno inviato una lettera all’Onu per costringerla a riconoscere gli abusi in atto e garantire i «pieni diritti di cittadinanza» ai Rohingya.  

Chi sono i rohingya

  • In Birmania la tragedia dimenticata dei rohingya dura dal secolo scorso.
  • I rohingya sono una minoranza musulmana apolide nello Stato di Rakhine, nel Myanmar, che parla il rohingya, una lingua indoeuropea del ramo delle lingue indoarie, strettamente legata alla lingua chittagong e più alla lontana al bengalese.
  • La loro origine è molto discussa: alcuni ritengono indigeni dello Stato di Rakhine, mentre altri sostengono che siano immigrati musulmani che, in origine, vivevano in Bangladesh e che, in seguito, si sarebbero spostati in Birmania durante il periodo del dominio britannico.
  • I rohingya sono linguisticamente legati alle parlate degli Indo-Ariani di India e Bangladesh, in contrapposizione alle lingue in prevalenza sino-tibetane del Myanmar.
  • A partire dal 2012, circa 800.000 rohingya vivono in Birmania.
  • Più di 100 000 vivono in campi per sfollati, impossibilitati a lasciarli dalle autorità.
  • Il mondo ‘si è accorto di loro’ per la prima volta nel 2012 dopo le rivolte soffocate nel sangue dal regime.
  • Secondo i rapporti delle Nazioni Unite sono una delle minoranze più perseguitate nel mondo. Molti di loro sono stati relegati in ghetti o sono fuggiti in campi profughi in Bangladesh e sulla zona di confine tra Thailandia e Myanmar.
  • Secondo Amnesty International, la popolazione rohingya continua a asubire violazioni dei diritti umani da parte della dittatura militare birmana dal 1978. Per questo in molti cercano di fuggore e raggiungere il vicino Bangladesh. Proprio come Mohammed e la sua famiglia.

Per approfondire:

CNN – ‘The Rohingya Alan Kurdi’: Will the world take notice now?
Amnesty Internationale – Who are the Rohingya refugees?

vivicentro.it/cronaca
vivicentro/La vita di Mohammed, un altro Aylan, e la scelta di una fotografia
lastampa/In Birmania un altro Aylan, bimbo Rohingya morto annegato – agi/Il rohingya ‘Aylan Kurdi’. A 16 mesi muore nel fango per fuggire alla repressione

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Italia in deflazione, per commercianti e agricoltori è: ”colpa dei consumi stagnanti”

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Il 2016 è stato il primo anno di deflazione per l’Italia da oltre mezzo secolo, a partire dal 1959. I dati provvisori dell’Istat indicano, nella media dei dodici mesi, un calo dei prezzi al consumo dello 0,1% rispetto all’anno precedente.

Italia in deflazione nel 2016: non accadeva da 57 anni

Il rimbalzo di fine anno non basta per uscire dalla deflazione. E non capitava da 57 anni. Nel mese di dicembre 2016, secondo le stime preliminari Istat, l’indice nazionale dei prezzi al consumo registra un aumento dello 0,4% rispetto al mese precedente e dello 0,5% nei confronti di dicembre 2015. Tuttavia nella media d’anno, i prezzi al consumo del 2016 registrano una variazione negativa dello 0,1%, sotto il +0,1% del 2015.

Era dal 1959, quando la flessione fu dello 0,4%, che non accadeva. Un dato che la dice lunga sulla debolezza della domanda di beni di consumo nonostante la revisione al rialzo operata da Istat a inizio dicembre.

L’”inflazione di fondo”, calcolata al netto degli alimentari freschi e dei prodotti energetici, rimane invece in territorio positivo (+0,5%), pur rallentando la crescita da +0,7% del 2015.

Balzo di Natale
La ripresa dell’inflazione a dicembre 2016 è dovuta principalmente alle accelerazioni della crescita dei prezzi dei servizi relativi ai trasporti (+2,6%, da +0,9% di novembre), degli energetici non regolamentati (+2,4%, da +0,3% di novembre) e degli alimentari non lavorati (+1,8%, era +0,2% il mese precedente). A dicembre l’”inflazione di fondo” sale a +0,6% (da +0,4% del mese precedente); al netto dei soli beni energetici si attesta a +0,7% (da +0,4% di novembre).

Il rialzo dei prezzi dà una boccata d’ossigeno a imprese e distributori, ma continuerà? Probabilmente ci sarà un’evoluzione moderata ma le quotazioni del petrolio rimarranno in ascesa e se i tassi d’interesse invertiranno rotta.

vivicentro.it/economia
vivicentro/Italia in deflazione ma per commercianti e agricoltori è: ”colpa dei consumi stagnanti”
ilsole24ore/Italia in deflazione nel 2016: non accadeva da 57 anni di Emanuele Scarci

FOTO e VIDEO ViViCentro – La Juve Stabia Under 15 vince il Trofeo Terra d’Irpinia!

La Juve Stabia Under 15 vince il Trofeo Terra d’Irpinia!

Vince il Trofeo Terra d’Irpinia la Juve Stabia categoria Under 15. Lo fa in una partita bella contro la Paganese. Risultato finale di 1-1 grazie ai gol del nostro Gaudino e di Gavucci per gli avversari. La finale si decide ai calci di rigore e le vespette vincono ad oltranza grazie al penalty di Annibale che regala il trofeo.

Così in campo:

JUVE STABIA – Esposito, Boccia, De Blasio (Liccardo), Annibale, Zaccariello, Costanzo, Pulcino, Cautero, Guastella, Gaudino (Selvaggio), Guarracino (Masotta) (Iovine). All. Belmonte

PAGANESE – Bellorosa, Rullo, Ruggiero, Stellato, Esposito, Russo, Vitiello, Gavucci, Arezzo, Criscuolo, Picardi. All. Finestra

Rigoristi Juve Stabia:

Gastualla (sbagliato), Pulcino, Selvaggio, Costanzo, Zaccariello, Annibale.

Rigoristi Paganese

Sansone, Criscuolo (sbagliato), Vitiello, Gavucci, Ruggiero.

a cura di Ciro Novellino

FOTO ViViCentro – Torneo di Casola, Juve Stabia-Virtus Junior Napoli 2-0: il tabellino del match

Torneo di Casola, Juve Stabia-Virtus Junior Napoli 2-0: il tabellino del match

Finale conquistata per i 2004 al torneo di Casola, contro la Virtus Junior Napoli finisce 2  a 0. Dopo il vantaggio messo a segno da Montella, i ragazzi soffrono tantissimo, producendo tanto gioco ma commettendo anche tanti errori in attacco. Verso lo scadere del secondo tempo arriva la seconda rete realizzata da Minasi.

Così in campo:

Arrichiello, Marino, Mammohud, Ferraiuolo, Russo, Lettera, Montella (Orefice),  Cavaliere, Tarantino, Prisco, Minasi.

a cura di Ciro Novellino, foto Minasi

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Ssc Napoli: “A causa dei lavori al San Paolo prevista la riduzione dei posti per i giornalisti. Spostamento anche per alcuni abbonati”

La SSC Napoli comunica che a causa dei lavori di ristrutturazione e adeguamento funzionale impiantistico in corso allo stadio San Paolo, riguardanti anche la Tribuna Stampa, il numero dei posti riservati ai giornalisti subirà una sensibile diminuzione.
I lavori si estenderanno anche ad alcune postazioni riservate agli abbonati, ai quali la SSC Napoli fornirà una adeguata sistemazione momentanea.

Da sscnapoli.it

Under 17 Torneo San Giovanni, Juve Stabia-Frattese 4-0: le vespette in finale!

Under 17 Torneo San Giovanni, Juve Stabia-Frattese 4-0: le vespette in finale!

Vittoria per l’Under 17 della Juve Stabia nella semifinale del Torneo San Giovanni. Contro la Frattese è arrivato l’accesso alla finale di domani che si giocherà alle ore 10 con il risultato di 4-0 grazie alla doppietta di Del Prete e ai gol di Masi e De Luca.

Così in campo:

Menzione, Follo, Matarazzo, Stallone, Casella, Diomaiuta, Ceparano, Fibiano, Del Prete, Esposito

Nella ripresa mister Di Somma fa scendere in campo:

Pezzella, Maiorino, Mercatelli, Casella, Matarazzo, Cucca, Stallone, Ranieri, Masi, Capasso, De Luca

a cura di Ciro Novellino

I nostri sponsor:

 






 

Dal Senegal: Koulibaly lavora a parte seguito da un fisioterapista del Napoli

Dal Senegal non arrivano segnali particolarmente incoraggianti per Kalidou Koulibaly. Stando a quanto riferiscono i media locali il difensore azzurro non avrebbe preso parte all’ allenamento con il gruppo. Koulibaly, uscito per infortunio nella sfida contro il Cagliari in campionato, ha lavorato a parte sotto la supervisione di un fisioterapista inviato dal Napoli. Il medico, però, non seguirà la squadra in Congo per l’ amichevole in programma. Non si esclude che Koulibaly possa saltare il prossimo impegno. L’ intento è quello di inserirlo gradualmente in vista dell’ esordio in Coppa d’ Africa contro la Tunisia il 15 gennaio.

L’Italia delle diseguaglianze: disabili sempre più svantaggiati

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Per oltre tre milioni di persone con handicap l’unico sostegno è rappresentato dalla famiglia Eppure sembrano fare più notizia le scoperte dei “furbetti” che si spacciano come disabili. Linda Laura Sabbadini fotografa la situazione italiana fra difficoltà quotidiane e mancanza di sostegno statale, con diseguaglianze che anche in questo caso vedono il Mezzogiorno area più colpita.

Disabili sempre più svantaggiati: l’assistenza è ormai un optional

Welfare debole, famiglia unico sostegno per oltre 3 milioni di persone. Trentino-Alto Adige regione più virtuosa, mentre a Sud la situazione peggiora

Poco si parla di disabilità nonostante il disagio riguardi non solo le tante persone che ne soffrono, ma anche le loro famiglie. Poco se ne parla, di questa popolazione così vulnerabile, ma invisibile, lontana dai riflettori. Fa più notizia la scoperta dei «furbetti» che si spacciano per invalidi.

Numeri della disabilità  

Sono 3 milioni 200 mila le persone con limitazioni funzionali stimate dall’Istat nel 2013, in piena crisi economica, in gran parte anziani, 700 mila hanno meno di 65 anni. Le donne sono più svantaggiate, con un tasso doppio rispetto agli uomini. Il tipo di limitazioni varia e si sovrappone nella maggior parte dei casi, evidenziando così la necessità di una forte personalizzazione della cura, di risposte multidimensionali a cui spesso i servizi sanitari e non, non sono preparati. Quasi 2 milioni sono le persone con limitazioni nelle attività quotidiane, difficoltà nel vestirsi o spogliarsi, lavarsi mani, viso, o corpo, tagliare il cibo e mangiare. 1 milione 500 mila ha limitazioni di tipo motorio, 900 mila difficoltà nella sfera della comunicazione, nel vedere, sentire o parlare. La situazione peggiore riguarda però, 1 milione 400 mila persone costrette a stare a letto, su una sedia o a rimanere confinate nella propria abitazione, specie tra gli ultraottantenni e le donne.

Il peso della famiglia  

Inutile dire che le differenze territoriali penalizzano molto, ancora una volta il Mezzogiorno. Inutile dire che le differenze sociali sono molto accentuate ed in crescita rispetto al 2005. Nella metà dei casi i disabili hanno risorse scarse o insufficienti. Inoltre un terzo dei laureati disabili è confinato nella propria abitazione, contro la metà delle persone disabili con al massimo la licenza media. Non c’è da meravigliarsi, i disabili sono particolarmente svantaggiati da un punto di vista economico, per due motivi fondamentali: da un lato perché le loro condizioni di salute rendono difficile disporre di un reddito, o di un reddito adeguato, dall’altro perchè necessitano di più reddito dei non disabili, per soddisfare i loro bisogni basilari o comunque per raggiungere una analoga situazione di benessere. Il welfare, i servizi di assistenza pubblica, dovrebbero contribuire a colmare questo gap tra disabili e non disabili, ma generalmente è la famiglia la principale, se non l’unica, risorsa sulla quale i disabili possono contare. Non sono poche le famiglie in cui vive almeno un disabile, l’11,4% in maggioranza con persone che possono farsi carico almeno in parte della cura. Ma nel 40% il disabile vive solo e nel 6% con altre persone con limitazioni funzionali. In questi casi, purtroppo, i servizi non riescono a sopperire.

Servizi a domicilio  

Meno del 20% di queste famiglie ha usufruito di servizi pubblici a domicilio. La carenza assistenziale non è colmata neppure dai servizi domiciliari a pagamento. E così il 70% delle famiglie con disabili non usufruisce di alcun tipo di assistenza domiciliare, né privata né pubblica. Per di più una parte non piccola ha dovuto rinunciare all’assistenza domiciliare non sanitaria o per motivi economici o perché i servizi pubblici non l’avevano ancora concessa: il 15% circa di quelli che vivono soli o in cui tutti i componenti hanno difficoltà funzionali. Se a ciò aggiungiamo che due strutture sanitarie su tre sono impreparate ad accogliere persone con disabilità, come si evince dall’indagine condotta dalla Onlus Spes contra spem insieme all’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni, non possiamo che affermare che abbiamo a che fare con un sistema che ancora non riesce a puntare sulla centralità della persona. Passi in avanti sono stati fatti con i maggiori stanziamenti previsti dal Governo Renzi, ma molta strada abbiamo da fare.

Differenze regionali  

La spesa dei Comuni per la disabilità è fortemente disuguale ed è più bassa laddove i bisogni sono maggiori. Si passa da 16.912 euro per disabile investiti in Trentino Alto Adige ai 469 euro in Calabria. Bisogna ridare centralità alla cura, prevedendo percorsi personalizzati e rendendo i servizi inclusivi, sostenibili, di qualità, come chiede la comunità dei disabili. Investire nella cura significa creare nuovi posti di lavoro per il benessere dei disabili. Devono esserci diritti certi ed esigibili in ogni parte del Paese. Le famiglie, non più quelle di una volta, ma quelle di oggi, con pochi figli e le donne sovraccariche di lavoro, e il volontariato, da soli, non possono farcela. Non è una questione di carità, ma di mera civiltà e di rispetto dei diritti dei cittadini, nonché delle Convenzioni dell’Onu.

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lastampa/Disabili sempre più svantaggiati: l’assistenza è ormai un optional LINDA LAURA SABBADINI

Venerato: “Il Napoli ha fissato il prezzo per Gabbiadini, il Wolfsburg resta alla finestra”

Ciro Venerato, giornalista di Rai Sport ed esperto di calciomercato, ha parlato ai microfoni di Radio Crc del futuro di Manolo Gabbiadini. Ecco quanto evidenziato:
“L’ attaccante interessa sempre al Wolfsburg. Dopo il 9 gennaio potrebbe arrivare l’ offerta del club tedesco che con la cessione di Draxler ha la liquidità per concludere l’ affare. La richiesta del Napoli è di 20 milioni, per una cifra inferiore non si muove. Pare che all’ agente del calciatore sia pervenuta un’ offerta di 18 milioni proprio dal Wolfsburg”.

Rafael, l’ entourage: “Difficile possa lasciare il Napoli a gennaio. Da escludere l’ ipotesi prestito”

A Radio Crc, nel corso di  ‘Si gonfia la rete’ è intervenuto Lucio Di Cesare, membro dell’entourage del portiere azzurro Rafael. Ecco quanto evidenziato:

 
“Nessun segnale di un suo addio a gennaio. Il ragazzo ha ancora un anno e mezzo di contratto. Personalmente ho grande stima di lui, ha avuto tanti problemi ma l’unico titolo vinto dal Napoli vedeva Rafael in porta. In questa sessione di mercato è sempre complicato chiudere operazioni. Il giocatore non ha nessun problema, a Napoli si trova bene. Il fatto che non giochi dipende da una scelta tecnica.
Prestito? La formula non è mai stata presa in considerazione proprio perché il Napoli non vuole pagare l’ ingaggio al club cui verrebbe ceduto. Il mercato è lungo ma al momento escludo che possano esserci margini per qualche trattativa”.

Trump protezionista attacca General Motors

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Il protezionismo del presidente eletto statunitense passa attraverso i tweet che prendono di mira la Gm: producete negli Usa o pagherete tasse e dazi. Pronta la risposta dell’azienda rivale Ford che annuncia la cancellazione del progetto da 1,6 miliardi di dollari per costruire una nuova fabbrica in Messico investendo invece 700 milioni per aumentare la sua produzione in Michigan.

Trump attacca la General Motors. Ford, niente fabbrica in Messico

Il presidente-eletto contro Gm: tasse e dazi se non produce negli Usa. E l’azienda rivale investirà 700 milioni per la produzione in Michigan

NEW YORK – General Motors, Corea del Nord, Cina, Obamacare, e gli stessi repubblicani che hanno la maggioranza alla Camera. Sono gli ultimi obiettivi degli attacchi lanciati ieri via Twitter da Trump, che però sta già smuovendo l’industria manifatturiera americana. La Ford infatti ha reagito alle sue critiche annullando la costruzione di una nuova fabbrica in Messico.

Ieri mattina il presidente eletto ha annunciato la nomina del protezionista Robert Lighthizer come Trade Representative, e poi preso di mira la GM con un tweet: «Sta mandando le Chevy Cruze costruite in Messico ai concessionari americani, senza tasse. Fatele negli Usa o pagherte grossi dazi!». E’ curioso che proprio la ceo della General Motors, Mary Barra, sia stata inserita da Trump nel gruppo dei suoi consiglieri economici. Già nelle settimane scorse il presidente eletto aveva minacciato di imporre una tassa del 35% alle aziende americane che realizzano i loro prodotti sotto costo in Messico, per poi rivenderli negli Stati Uniti. Lo scopo di questa campagna è spingere le multinazionali a riportare il lavoro in America.

Ieri la GM ha risposto all’attacco dicendo che la maggior parte delle sue auto costruite oltre il confine vengono vendute all’estero, ma la reazione più importante per Donald è venuta dalla Ford. Il ceo Mark Fields infatti ha annunciato la cancellazione del progetto da 1,6 miliardi di dollari per costruire una nuova fabbrica in Messico, investendo invece 700 milioni per aumentare la sua produzione in Michigan. Fields ha spiegato la decisione dicendo che si fida delle politiche espansive promosse dal nuovo capo della Casa Bianca, perché aiuteranno le aziende americane a rilanciarsi e fronteggiare i concorrenti stranieri, che invece continueranno a contare sui vantaggi della globalizzazione.

Le case automobilistiche non sono state le uniche toccate ieri dalla politica dei tweet. Trump ha attaccato i suoi stessi colleghi di partito, perchè il giorno prima avevano hanno tagliato le gambe all’organismo indipendente della Camera incaricato di indagare le violazioni etiche commesse dai suoi membri. Donald durante la sua campagna aveva promesso di «prosciugare la palude della corruzione a Washington», ma il provvedimento dei repubblicani andava nella direzione opposta, e quindi li ha attaccati. «Con tante cose che ci sono da fare, dovevate cominciare proprio con questa?». Poco dopo i colleghi della Camera si sono adeguati, annullando l’iniziativa.

Il presidente eletto ha risposto anche al leader nord coreano Kim, che aveva annunciato la volontà di fare test con missili intercontinentali in grado di trasportare testate nucleari e colpire gli Usa. «Non succederà», è stata la risposta di Trump. Nello stesso tempo ha attaccato la Cina, accusandola di prendere soldi dagli Usa, senza poi fare nulla per fermare Pyongyang.

L’ultimo attacco Trump lo ha lanciato contro la riforma sanitaria voluta dal suo predecessore. «Obamacare non funziona, ha fatto esplodere i costi», ha detto, smentendo quindi l’intenzione di salvare la riforma.

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lastampa/Trump attacca la General Motors. Ford, niente fabbrica in Messico – PAOLO MASTROLILLI – INVIATO A NEW YORK

Rai, il cda boccia il piano news, Verdelli lascia

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L’addio di Carlo Verdelli, il giornalista che avrebbe dovuto ridisegnare l’informazione televisiva pubblica, segna il punto più acuto della crisi della Rai che Matteo Renzi un anno e mezzo fa ha affidato alle cure di un manager di sua fiducia, Antonio Campo Dall’Orto. Fabio Martini racconta i retroscena di una Rai tutta “politica” voluta dell’ex premier e mai nata, e quella, più ambiziosa, di Campo Dall’Orto che si sta sgretolando.

Il crepuscolo della tv renziana, nel mirino c’è Campo Dall’Orto

La nemesi: la nemica Berlinguer condurrà il talk show in prima serata

ROMA – L’addio di Carlo Verdelli, il giornalista che avrebbe dovuto ridisegnare l’informazione televisiva pubblica, segna il punto più acuto della crisi della Rai «renziana», la Rai che Matteo Renzi un anno e mezzo fa ha affidato alle cure di un manager di sua fiducia, Antonio Campo Dall’Orto. Una crisi che dura da mesi e che, nell’ottica dell’ex premier, consumerà il suo passaggio più paradossale e doloroso tra qualche settimana: a metà febbraio un nuovo talk show di RaiTre, in onda il martedì sera, sarà affidato a Bianca Berlinguer, che l’ex presidente del Consiglio alcuni mesi fa aveva fatto allontanare dalla direzione del Tg3. Una sorta di nemesi: sia pure dietro le quinte, Renzi si era battuto anche per cancellare un talk show come «Ballarò» e far allontanare il suo conduttore, Massimo Giannini, considerato ostile. Una movimentazione che alla fine ha prodotto un plateale boomerang: il programma che ha sostituito «Ballarò» – «Politics» – ha chiuso anticipatamente e per far risalire gli ascolti il direttore generale, il «renziano» Campo Dall’Orto, ha dovuto richiamare la ex direttora del Tg3. Una sequenza eloquente: la Rai tutta «politica» di Renzi non è mai nata e la Rai, più ambiziosa, di Campo Dall’Orto si sta sgretolando.

Tutto era iniziato il primo luglio del 2015. Renzi, presidente del Consiglio già da un anno e mezzo, alla Humboldt Universität di Berlino era stato chiamato a pronunciare un discorso sul futuro dell’Europa, impegno assolto ma con una breve digressione nel corso della quale il capo del governo aveva definito i talk show «un pollaio senz’anima». Un’accusa all’informazione televisiva, ritenuta faziosa e chiassosa, ma anche il preannuncio di una offensiva. La «striscia» che segue è eloquente. Pochi giorni dopo il discorso di Berlino viene nominato, su suggerimento del governo, il nuovo Cda della Rai: alla presidenza va la giornalista Monica Maggioni, già direttora di Rainews, mentre la direzione generale è affidata ad Antonio Campo Dall’Orto, un passato da manager televisivo oltreché frequentatore abituale della «Leopolda». Il 22 dicembre 2015 il Parlamento approva una legge di riforma della governance della Rai che assegna all’amministratore delegato un super-potere: quello di indicare i direttori di rete e delle testate giornalistiche.

E infine le nomine: il 19 febbraio 2016 il cda indica i nuovi direttori di Rete e dunque anche di RaiTre, la «bestia nera» di Renzi. Tutto sembra pronto per la «nuova» Rai targata Renzi e il programma «ideologico» lo spiega l’amministratore delegato in un’intervista al «Foglio». Per Campo Dall’Orto i nuovi talk show non dovranno «eccitare o indignare», ma invece informare meglio. Un programma molto innovativo, e per concretizzarlo RaiTre chiama un giornalista di Sky, Gianluca Semprini. Il format si rivela subito senza novità rispetto al passato, ma la vera condanna viene dagli ascolti: ogni settimana «Politics» è nettamente superato da «Di Martedì, il «talk» della «Sette» condotto da Giovanni Floris.

Meno politica l’operazione-Verdelli. Già direttore della «Gazzetta dello Sport», già vicedirettore del Corriere della Sera», inventore della fortunata formula di «Vanity», espressione di un giornalismo «pop alto», Verdelli è chiamato da Campo Dall’Orto per ridisegnare il piano editoriale della Rai. Una missione impegnativa, tant’è che i nuovi vertici mettono da parte l’ambizioso piano preparato dal direttore uscente Luigi Gubitosi con la razionalizzazione delle testate e la riduzione dei costi, per lanciare quello di Verdelli. Ma ora si riparte da capo: tutto da rifare, tutto cancellato.

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vivicentro/Rai, il cda boccia il piano news, Verdelli lascia
lastampa/Il crepuscolo della tv renziana, nel mirino c’è Campo Dall’Orto FABIO MARTINI

La USL di Pescara ci informa sulla meningite e su come vaccinarsi

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LE DOMANDE PIU’ COMUNI

 

  1. CHE COS’È LA MENINGITE MENINGOCOCCICA ?

La meningite è un’infezione delle meningi, le membrane che avvolgono il cervello e il midollo spinale, e può essere provocata da batteri, virus, sostanze chimiche o agenti fisici.

La MENINGITE MENINGOCOCCICA è provocata da un batterio (Neisseria Meningitidis), detto semplicemente meningococco. Può colpire a qualunque età, ma è più diffusa sotto i cinque anni e in particolare nei bambini con meno di un anno di età, e negli adolescenti tra i 12 e i 21 anni.

Non è una malattia molto diffusa, ma si tratta di un’infezione severa, con una rapida evoluzione, con una mortalità del 10-15% (dovuta in genere a sepsi o setticemia), e con un rischio dell’11-19% di complicanze serie, come ritardo mentale, malattie del sistema nervoso, sordità, disturbi della sfera psico-affettiva.

È possibile una terapia con antibiotici, ma, perché sia efficace, è essenziale la tempestività della diagnosi, che non sempre si riesce a fare;   ci sono casi che vanno incontro a esiti negativi anche se la terapia viene iniziata prontamente.

 

  1. QUANTI TIPI DI MENINGITE MENINGOCOCCICA CI SONO ? Esistono vari gruppi o sierotipi di meningococchi, ma solo 5, cioè A, B, C, W135 e Y, sono responsabili della malattia meningococcica invasiva.

I sierotipi che circolano più di frequente in Italia e in Europa sono B e C, mentre in Asia e Africa è più diffuso il tipo A e negli Stati Uniti si trovano anche W135 e Y.

 

  1. I VACCINI ATTUALMENTE A DISPOSIZIONE Il vaccino rappresenta l’unica arma di prevenzione efficace per evitare la meningite. Contro la meningite da meningococco sono disponibili tre vaccini:
  • anti-meningococco B,
  • anti-meningococco C
  • tetravalente contro i sierotipi A,C,W135,Y.  

 

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  • IL VACCINO CONTRO IL MENINGOCOCCO B (MENB) È stato autorizzato solo nel 2013, per questo non era incluso nel Piano Vaccinale 2012-2014.   Il vaccino protegge contro quasi il 90 per cento dei ceppi di meningococco B e si può fare a partire dai 2 mesi di vita. Il numero di dosi da somministrare varia a seconda dell’età in cui si comincia la somministrazione. Non si hanno ancora dati certi sulla durata della protezione. Al momento nella nostra Regione è   sottoposto a pagamento di ticket
  • (Euro 81,30) e viene effettuata con prenotazione.
  • IL VACCINO CONTRO IL MENINGOCOCCO C (MENC) Disponibile già da parecchi anni, è inserito tra le vaccinazioni raccomandate dal Piano Nazionale per la Prevenzione Vaccinale ed, essendo stato introdotto nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), è gratuito dopo il primo anno di vita per i nati dal 2011 in poi e per gli adolescenti da 11 a 18 anni (come da calendario vaccinale vigente). A pagamento con ticket (Euro 16,50) per tutti gli altri. E’ proposto in dose unica e viene effettuato con prenotazione.  

 

  • La vaccinazione ha consentito di avere una significativa riduzione dei casi di meningite C nei bambini di età inferiore ai 5 anni di vita.
  • IL VACCINO TETRAVALENTE A,C,W135,Y (MCV4) Disponibile da poco tempo e non inserito nel calendario vaccinale 2012-2014, il vaccino tetravalente coniugato antimeningococco A,C,W135,Y   è stato finora raccomandato in Italia prevalentemente ai viaggiatori che si recano in paesi dove sono presenti tali sierotipi di meningococco e a coloro che desiderano una protezione maggiore, tenendo presenti le frequenti opportunità di spostamento legate alla globalizzazione. 4. I POSSIBILI EFFETTI COLLATERALI DEI VACCINI CONTRO LA MENINGITE ?Le reazioni sistemiche sono più rare e comprendono febbre lieve,  sonnolenza, mal di testa, nausea e malessere generale, che si risolvono in 2-3 giorni.La prenotazione della vaccinazione può essere effettuata telefonando al n.0854253959 dal Lunedi al venerdi dalle h11.30 alle 13.
  • Sono previste sedute straordinarie i cui orari saranno comunicati a mezzo stampa.
  • Per il vaccino contro il meningococco B c’è un maggiore riscontro di febbre, che si verifica circa nel 70-80% dei casi, se il vaccino viene fatto in concomitanza con altri.  Come per qualsiasi altra vaccinazione, anche i vaccini contro il meningococco possono causare reazioni allergiche di varia entità, anche se sono situazioni estremamente rare.
  • Gli effetti indesiderati più comuni dei vaccini contro la meningite sono rossore, gonfiore, e dolore nel sito di iniezione, che durano 1-2 giorni.
  • Esso non è gratuito, ma viene offerto con un ticket (Euro 50) e viene effettuato con prenotazione.

                                                                           

Pavoletti, il padre: “C’è possibilità di vederlo contro lo Spezia”

Le sue parole

Paolo Pavoletti, papà di Leonardo, ha rilasciato alcune dichiarazioni a Radio Crc: “Voglio fare un cordiale saluto alla tifoseria partenopea. Sento Leonardo tutte le sere, mi dice che è stato accolto bene a Napoli. Lui è un ragazzo solare che è sempre piaciuto ad ogni tifoseria dove ha giocato. Leonardo prende a cuore la maglia e dà in campo il massimo sempre. Le scelte le faranno Sarri e lo staff, ma come mi ha detto Leonardo credo che sabato sia prematuro vederlo in campo. Forse con lo Spezia c’è possibilità di vederlo convocato. Francamente non c’è mai stato alcun dubbio sul Napoli, l’affare non è mai stato in bilico. L’artefice del convincimento di Leonardo è stato Giuntoli, anche se il Napoli era squadra molto gradita. La trattativa era su binari certi perchè avevamo avuto risposte concrete da accertamenti clinici riguardo la gamba dato che era venuto fuori che era fragile. Non abbiamo mai avuto dubbi sulla buona riuscita dell’affare. Sto pensando di andare a Madrid per vedere il Napoli, sono sicuro che il Napoli potrà fare bene. Quella di scegliere il 32 è una cosa strana, il 9 era libero forse non ha voluto indossarlo anche se io gli avevo detto di scegliere questo numero. Forse non se l’è sentita di indossare il 9, ma rispetto la sua scelta”.

Sacchi: “Il Napoli di Sarri è uno spettacolo, ma la Juve è un’altra cosa”

Lo riporta lastampa.it

Il punto di partenza di Arrigo Sacchi è il pensiero di una vita: il calcio è un gioco dove il singolo deve armonizzarsi al resto del gruppo per scrivere il copione più bello.

È per questo che nella sua carriera non ha mai dato tanto peso al mercato di gennaio?  
“Per far sì che tutti recitino lo stesso spartito ci vuole tempo. A gennaio difficilmente trovi il giocatore che sappia inserirsi subito e, ai giovani, occorre dare proprio quel tempo necessario per ambientarsi…”

Gli equilibri del campionato, quindi, sono destinati a restare gli stessi di fine anno?  
“Il Napoli di Sarri è uno spettacolo, la Roma prova sempre a mettere in mostra un calcio propositivo, ma la Juve è un’altra cosa”.

Dentro confine o anche in Europa?  
“La società bianconera ha quella superiorità morale, di regole e stile che, in Italia, non vedo. E se il confronto si allarga, oggi la Juve è fra i primi due o tre club al mondo per organizzazione e visione del futuro”.

Quante possibilità hanno i ragazzi di Allegri di imporsi in Champions League?  
“Sono convinto che questo possa essere l’anno buono: le altre grandi faticano, basta guardare come il Real Madrid ha vinto il Mondiale per club in Giappone. E se in Premier in testa ci sono due squadre, Chelsea e Liverpool, che non fanno la Champions…”

La Juve al passo delle corazzate europee…  
“La Juve ha tutto per vincere: il tecnico, i giocatori, e come detto, la società. Deve credere più in se stessa…”

Tradotto?  
“Negli ultimi quarant’anni la Champions è andata nelle mani di chi ha vinto dominando, tranne due o tre eccezioni. E per dominare intendo quella maniera di scendere in campo che ti permette di impossessarti dell’inerzia della gara: ecco che cosa intendo quando dico creder di più in se stessa”.

Un peccato che attraversa tutto il nostro calcio…  
“Da noi si ragiona così: ti ho fatto gol, adesso ti aspetto. Ma segnare non è un reato, io non ho mai visto un pugile non approfittare delle difficoltà dell’avversario sul ring”.

Un peccato senza via d’uscita?  

“No, qualcosa si sta muovendo. Passi significativi: guardate come il Napoli, la Roma, il Milan, la Fiorentina, ma anche realtà minori come l’Empoli o il Sassuolo vanno ad affrontare le partite di campionato. Vedo più coraggio”.

Gabbiadini, Sarri tira un sospiro di sollievo

Gabbiadini, Sarri tira un sospiro di sollievo

Come riporta La Gazzetta dello Sport, non dovrebbero esserci problemi sulla presenza di Manolo Gabbiadini sabato sera contro la Sampdora. L’attaccante bergamasco aveva accusato un problema muscolare i giorni scorsi facendo temere il peggio in vista del match contro i blucerchiati, ma ieri è arrivata la bella notizia per Sarri che potrà contare dunque sul numero 23, almeno in panchina.

Pavoletti è già napoletano a tutti gli effetti: ecco dove ha preso casa

Pavoletti è già napoletano a tutti gli effetti: ecco dove ha preso casa

La Gazzetta dello Sport scrive su Leonardo Pavoletti: “Difficile, ma non impossibile viste le tante assenze nell’organico di Sarri, che venga convocato per sabato in occasione di Napoli-Sampdoria. L’idea è quella di preservarlo e lasciarlo allenare ancora qualche giorno per poi farlo sedere in panchina nel match con lo Spezia di martedì. Mertens in Coppa Italia sarà squalificato e allora Pavoletti potrebbe essere l’unica alternativa a Gabbiadini. Pavoletti è già napoletano a tutti gli effetti: ha preso casa in centro e non a Castel Volturno per vivere, insieme alla fidanzata Elisa, in simbiosi con la città”.

Prandelli: “I giocatori del Valencia mi dicevano: ‘Il Napoli è la squadra più forte d’Europa!'”

Le sue parole

Cesare Prandelli ha parlato alla Gazzetta dello Sport:

Lei ha detto una cosa, il Valencia un’altra: cos’è successo?

“Mi avevano promesso rinforzi, un investimento di 30 milioni poi molto ridotto. Ero stato a Singapore a parlare con la proprietà. Avevo detto: “Ci sono problemi, ho bisogno almeno di un centravanti, due centrocampisti, un difensore sterno”. Risposta: “Ok”. E vado subito su Zaza, ideale per il mio progetto”.

Uno che ha una voglia infinita di rivincita.

“Chiudiamo con la Juve. Parlo con il papà, Antonio, e gli chiedo il permesso di contattare Simone. Lui ha carattere, personalità, è d’accordo e lo aspetto il 28 per il primo allenamento. Non posso perdere tempo. E invece la società blocca tutto e il 29 dicembre la vicepresidente, in videoconferenza, dice: “Avete 24 ore per scegliere un centrocampista o un attaccante”. Ma come, dico io, la punta centrale è già fatta! Nessuna risposta. Allora mi prendo 24 ore di riflessione e poi mi dimetto: non abbiamo preso un giocatore… già preso. Missione finita”.

A proposito di confronti: tra poco il Real Madrid sfida la più spagnola delle italiane, il Napoli.

“E proprio per questo in Spagna il Napoli fa paura. Le dico solo che, quando nello spogliatoio abbiamo visto le partite di Champions, i giocatori mi hanno detto: “Questa è la squadra più forte d’Europa!”. Il Real non ha ancora vinto”

Ghoulam tentenna sull’offerta di rinnovo del Napoli

Ghoulam tentenna sull’offerta di rinnovo del Napoli

Come riporta Il Mattino, il rinnovo di Ghoulam appare sempre più in bilico: “Non è ancora in dirittura d’arrivo il nuovo contratto di Ghoulam anche perché l’esterno dell’Algeria pare sia finito nel mirino di Atletico Madrid, Bayern Monaco e Psg e che quindi il suo agente, Alessandro Moggi, stia tramando per ottenere il massimo dal prossimo rinnovo. Situazione in evoluzione, quindi, anche perché il difensore ha ricevuto la proposta di rinnovo e ha preso tempo E il ds Giuntoli attende nelle prossime settimane. Il Napoli ha iniziato da due mesi a discutere del nuovo contratto, ma il terzino ha ancora qualche tentennamento: a giugno potrebbe andar via, anche perché difficile poter dire di no a una eventuale offerta da 30 milioni (tanto pare che siano disposti a pagare per il terzino impegnato in questi giorni in Coppa d’Africa)”.