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Minniti: «Un paese migliore di quello che abbiamo trovato. Continueremo»

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Intervista di Claudio Velardi al ministro dell’Interno Marco Minniti per il quotidiano Il Foglio

“Il rapporto tra ricerca e impresa è il punto fondamentale che fa forte il sistema Paese – dice Marco Minniti, intervistato da Claudio Velardi -. La ricerca sull’Italia che cambia dimostra che abbiamo capacità, tecnologia e capitale umano per passare dalla gestione delle emergenze alla programmazione concreta di politiche” Il ministro è intervenuto alla presentazione dell’analisi sviluppata dalla Fondazione Ottimisti e Razionali Anteprima 2018 – L’Italia che cambia. La faccina “verde” indica una condizione di accentuato dinamismo. La faccina “gialla” esprime segnali di evoluzione positiva. La faccina “rossa” si associa ad una condizione di staticità o a un’area di miglioramento. Tutte e tre, comunque, rivelano potenzialità di cambiamento.

Partiamo da questi dati. Al di là della tua attività specifica, il polso del paese – e non solo del paese – tu ce l’hai, li vedi questi dati nella realtà, avverti che ci sono cose che si muovono?
«Innanzitutto condivido l’idea della Fondazione. E cioè un approccio che sia razionalmente ottimistico. Anche se – non vorrei dare una cattiva notizia – mentre Velardi lo vedo bene come ottimista, lo trovo un pochino meno bene collegato alla parola razionale…»

Questo è un colpo basso…
«… ma veniamo allo studio: ritengo che colga un movimento profondo del paese. Viviamo in una situazione singolare: pensiamo al fatto che siamo a conclusione di una legislatura, che mancano pochi giorni, poche settimane, e si tornerà a votare. Solitamente, quando finisce una legislatura, chi ha governato si presenta agli elettori con un bilancio di quello che ha fatto. Ora, se noi andiamo con la mente al febbraio del 2013 sembra di essere in un altro mondo. Nel febbraio del 2013 il più ottimista pensava che si sarebbe votato a ottobre dello stesso anno. Se qualcuno nel febbraio del 2013 avesse detto che si sarebbe votato nel marzo o nell’aprile del 2018 avrebbero chiamato un’ambulanza. Eppure, è esattamente quello che è successo. Lo dico perché abbiamo di fronte un paese che ha fatto giganteschi passi in avanti. E qual è l’elemento più forte, più convincente, per coloro che hanno portato a compimento un’esperienza di governo, tenendo conto che sono cambiati tre governi in questa legislatura, uniti comunque da un fil rouge evidente? Quello di presentarsi e dire che porto al voto un paese migliore di quello che ho trovato. A mio avviso questa è una cosa abbastanza evidente, starei per dire scontata. Il problema è che anche le evidenze talvolta non vengono colte: avevamo uno spread fuori controllo, una situazione dell’economia tutta in negativo, una situazione difficile sul fronte del terrorismo internazionale, una situazione molto grave sul piano del governo dei flussi migratori. Insomma, una situazione molto peggiore di quella di oggi; e penso che si debba trasmettere il messaggio di cambiamento possibile, perché il paese ha di fronte grandi opportunità».

Non dovrebbe essere la politica a farsi carico di queste opportunità, partendo da questi dati, per sviluppare proposte e progetti? Intendo tutta la politica, al di là degli schieramenti?
«Intanto, mi accontenterei di quei soggetti politici che questi risultati li hanno prodotti. Poi se accanto a loro si facessero vivi anche quelli che magari hanno contribuito in parte minore, e perfino coloro che hanno ostacolato il nostro lavoro ma che sono contenti per i successi conseguiti dal Paese, ecco, allora saremmo nel migliore dei mondi possibili. Questo è un problema permanente dell’Italia: costruire un rapporto tra coloro che investono sul futuro ed il sentiment della classe dirigente. Quando penso ad una classe dirigente, non penso soltanto alla rappresentanza istituzionale di un paese, penso all’intero ponte di comando del Paese, che continua a mio avviso ad essere ancora oggi troppo ripiegato su se stesso. Un ponte di comando che si guarda troppo l’ombelico. Mentre abbiamo di fronte un’energia positiva che andrebbe non soltanto liberata, ma anche incanalata in quanto risorsa fondamentale del paese. Faccio un piccolo esempio: sono andato a Napoli, dove abbiamo firmato con 265 sindaci un progetto per la cosiddetta accoglienza diffusa dei migranti. L’obiettivo è semplicissimo: aumentare la possibilità di accogliere coloro che arrivano nel nostro paese, con numeri molto contenuti; il che permetterà di sviluppare effettive politiche di integrazione e di tenere nel giusto conto tanto i diritti di chi è accolto quanto quelli di chi accoglie, perché un’elevata concentrazione di migranti in un territorio crea diffidenze, squilibri, incomprensioni. Ora, la cosa più straordinaria è che, su un tema così difficile, su un tema che sta interrogando l’Europa, per usare un termine prudente, ci sono 265 sindaci, che rappresentano tutte le formazioni politiche, disposti a sottoscrivere l’accordo. Qual è la lezione? È che più ti avvicini al territorio, a coloro che sono protagonisti di questo sforzo, e più il tessuto connettivo è coeso; più ti allontani e più vale la diversità. Dobbiamo riprendere in mano quest’idea, se vogliamo sviluppare un modello di sistema paese adeguato, modelli che in altre democrazie europee sono fortissimi. Il rapporto, per esempio, tra ricerca e impresa, che in altri paesi è un elemento quasi connaturato, da noi diviene un elemento, starei per dire, preterintenzionale. Per questo considero lo studio condotto dalla Fondazione un segnale molto forte e positivo, che coniuga futuro ed innovazione. Semmai, la mia preoccupazione è che tutto questo, ad un certo punto non riesca a incontrarsi con un processo istituzionale affinché ciò che è potenziale diventi effettivo. Ecco, temo una divaricazione, una diacronia tra il bisogno di futuro di un paese ed una risposta istituzionale, non dico proiettata nel passato, perché sarebbe eccessivamente pessimista, ma troppo ancorata al presente».

Questo tema del necessario ritorno ad un senso di comunità lo hai incontrato proprio intorno alla delicata questione della sicurezza, che incrocia da una parte le preoccupazioni più forti della gente, e dall’altra attiva molti residui ideologici. Come hai fatto a vincere questa sfida, che è culturale e simbolica, proprio sul tema della sicurezza? Perché non c’è dubbio che l’hai vinta, oggi la gente si fida di Minniti.
«Per affrontare la grande sfida dei flussi migratori, che ci ha accompagnato in passato e ci accompagna e ci accompagnerà anche in futuro, abbiamo tentato di fare una cosa che può apparire ardita. La sfida è stata cancellare la parola “emergenza” collegata ai temi dell’immigrazione: non ci sono riuscito del tutto, perché se voi guardate i sottopancia televisivi, l’espressione è quasi sempre “emergenza immigrazione” – anche quando la notizia è molto positiva. Il problema è che le due cose non stanno insieme. Perché appunto l’immigrazione è una questione strutturale che va affrontata con politiche che non siano emergenziali. Anzi. Nel momento in cui tutti ci interroghiamo su questo vento che gonfia le vele dei populismi, dobbiamo dire una cosa semplicissima: che affrontare le grandi questioni strutturali con la parola emergenza gonfia, appunto, le vele dei populisti. Il problema era di dire che di fronte ad una grande questione epocale come quella dei flussi demografici, una grande democrazia non insegue i processi, ma cerca di governarli. Questa è una questione delicata, che tocca i sentimenti profondi delle persone, e deve essere affrontata tenendo conto di due cose che agli italiani stanno molto a cuore: l’umanità e la sicurezza. I nostri cittadini non vogliono soltanto una delle due, vogliono poter dire che sono un paese capace di gestire politiche di accoglienza, politiche che siano attente all’aspetto umano, e vogliono che ciò avvenga in condizioni di sicurezza. Questo è l’approccio che abbiamo cercato di adottare, sapendo che ciò significa affrontare un tema che è collegato ad una parola. La parola è “paura”. So bene che, soprattutto in alcuni ambienti da cui noi storicamente proveniamo, l’idea di parlare della paura è qualcosa da mettere immediatamente da parte. E’ una parola che evoca uno stato d’animo molto profondo, tanto che quando uno ha paura non lo dice nemmeno alla persona che ha più vicino, perché pensa che quello sia un elemento di debolezza, di fragilità. Ecco, il mio convincimento è questo: la questione va esplicitamente affrontata, perché se a uno che ha paura gli dai la sensazione di biasimarlo, crei un muro di incomunicabilità, la persona si chiude, erige un muro, non vuole più sentirti. Tu devi stare accanto a quelli che hanno paura. La differenza che c’è tra noi e i populisti, è che noi stiamo accanto a quelli che hanno paura con l’idea di liberarli dalle loro paure; i populisti stanno accanto a quelli che hanno paura con l’idea di tenerli incatenati alle loro paure: questo è il cuore della questione che noi stiamo affrontando, e questo riguarda l’immigrazione, la sfida del terrorismo internazionale. Non possiamo consentire che il futuro sia offuscato e in qualche caso cancellato dalla paura».

A proposito della necessità di non considerare come un’emergenza una questione strutturale, emergono – penso – due grandi temi: il primo riguarda i tempi della politica, che sono troppo corti per affrontare con serietà questioni strutturali di questa natura; il secondo è la dimensione mondiale ed europea di queste problematiche. Non pensi che sia così?
«La politica è consumata dalle parole, questo è il punto. Io ho fatto una scelta molto radicale, anche se mi è quasi venuta naturale: arrivato al ministero dell’Interno, ho continuato a fare quello che facevo prima. Prima mi occupavo di intelligence: non andavo in televisione perché colui che rappresenta l’intelligence non può andare in televisione. E ciò mi aveva fatto trovare un equilibrio, nel senso che facevo il mio lavoro, e quando qualcuno mi chiamava, cosa molto rara, dicevo “l’intelligence non va in televisione” Poi ad un certo punto…»

In realtà non ha mai amato parlare, Marco…
«Ad un certo punto sono diventato ministro dell’Interno, cosa che mal si attaglia al fatto che uno deve essere tanto riservato, ma ho fatto finta di continuare a fare il mestiere di prima. Perché? Perché ci sono due cose che la politica dovrebbe imparare: la prima è che siamo di fronte ad un tale abisso di difficoltà nel rapporto con la comunicazione, e del logoramento delle parole, che conviene in molti casi aspettare un pochino in più e anziché dire una parola o un verbo coniugato al futuro, trasmettere magari un piccolo fatto. Lo so, il verbo coniugato al futuro è più semplice da maneggiare del piccolo fatto. E tuttavia, se non riprendiamo la credibilità del fatto, non riusciremo a costruire un buon rapporto di comunicazione con gli altri».

Insomma: niente annunci.
«L’hai detto tu. La seconda questione è la pazienza della costruzione. In questo anno ho cercato di mettere in campo una visione. Non consideratemi come uno che si prende troppo sul serio; ho cercato di mettere in campo qualcosa che funzionasse, che avesse un punto collegato all’altro. Così ho imparato ad aspettare pazientemente che una situazione si consolidasse senza anticiparla. E’ la cosa più difficile che si possa maneggiare, perché quando tu ottieni un risultato, sei portato immediatamente a valorizzarlo. Un esempio. II 2 febbraio, qui a Roma, è stato firmato dal presidente Gentiloni e dal presidente al-Sarraj, un memorandum con la Libia sulla gestione dei flussi migratori e sulla lotta al terrorismo. Come è noto, nessuno sapeva nulla prima. Lo abbiamo annunciato quando Gentiloni e al-Sarraj l’hanno fisicamente firmato. Questo non perché io avessi una particolare cura per la segretezza, ma perché finché non lo vedevo firmato, non credevo che quell’accordo sarebbe stato possibile. Ecco cosa intendo: la pazienza di conservare un piccolo risultato per poi poterne raccontare uno più grande. Questo è un punto fondamentale: il rapporto tra la politica e la modernità nella comunicazione deve essere sempre quello, sei tu che ti assumi le responsabilità. Vi confesso una cosa, lo dico con il cuore in mano: io mi sono assunto in questo anno delle responsabilità – qualcuno può dire piccole, grandi, ma me le sono assunte. In alcuni momenti ho preso anche decisioni importanti. Non so quali decisioni avrei preso se fossi stato direttamente e concretamente in contatto con quelli che consideravo essere i miei followers, i miei riferimenti. Quando si devono prendere decisioni importanti, se è possibile, è utile ascoltare tutti, ma senza fissare altri riferimenti che gli interessi generali del paese».

Hai ragione, anche se devo dire che i follower virtuali sono un poco come le folle che riempiono le piazze: una volta ci si animava perché si vedevano piazze piene e poi le urne erano vuote, adesso le piazze sono sostituite dai follower. E comunque la sostanza di quello che dice Minniti è che non bisogna inseguire: i politici devo indicare una strada, gli studenti Luiss che sono qui prendano nota. Andiamo alla dimensione internazionale dei problemi, perché tu sei il ministro dell’interno ma hai fatto anche molta politica estera, in sostanza.
«Penso che in altri paesi ci sia una visione più ottimistica su di noi di quella che abbiamo noi stessi. Possiamo dire due cose, che sono considerate caratteristiche del nostro paese. Primo: non abbiamo mai un orizzonte libero e chiaro, non siamo un paese che butta il cuore oltre l’ostacolo, è sempre come se avessimo un freno a mano tirato; secondo: siamo un paese fortemente emotivo. Detto questo, sono convinto che l’Italia abbia una straordinaria possibilità: essere protagonista sempre di più a livello internazionale. Ma se vogliamo avere un ruolo a livello internazionale dobbiamo metabolizzare e gestire meglio una cosa che è inscritta nel nostro DNA, e cioè che l’Italia è storicamente il paese della dimensione sovranazionale. Siamo un paese multilaterale, siamo il paese europeo più europeista e questo non è un dato negativo. Siamo il paese che guarda alle grandi realtà, come le Nazioni Unite con impegno, passione, convincimento. Anche qui, consentitemi di fare un esempio. Abbiamo avuto il problema di flussi migratori difficilissimi da gestire; ricordo alla fine di giugno, quando in 36 ore sono arrivati in Italia più di 13.500 migranti. Abbiamo dovuto fare uno sforzo straordinario. In quel frangente, una cosa mi è parsa chiarissima. Io potevo andare in Tv e dire: “l’Europa faccia la sua parte, l’Italia non può essere lasciata sola”. Ho pensato che non era più sufficiente, che se volevo che l’Europa facesse la propria parte, l’Italia doveva fare la sua e dimostrare di saper governare l’immigrazione illegale. Così, noi il 2 febbraio abbiamo firmato l’accordo italo-libico e il giorno dopo l’UE ha fatto proprio l’accordo che l’Italia aveva firmato. Se avessimo invertito i fattori, eravamo ancora qua. Veniva qui Minniti, magari un pochino più stanco, e vi avrebbe detto l’Europa deve fare la sua parte, e voi l’avreste gratificato di un applauso, perché noi siamo particolarmente contenti quando possiamo dirci che il problema è un altro».

Con l’ultima domanda buttiamoci in politica: andiamo a votare e vedo i nomi dei candidati alla Presidenza del Consiglio. Anche il tuo partito ne produce una serie, tu sei tra i candidati, mi pare di leggere, ma noi eleggeremo un presidente del consiglio. Non mi pare, o no?
«Intendo la messa in campo delle personalità del Pd non come una indicazione di chi deve fare il Presidente del Consiglio, ma come la messa in campo del progetto di un gruppo dirigente, di una squadra di governo. Io lo considero da questo punto di vista un elemento molto positivo, penso che il mio partito abbia un pezzo della campagna elettorale già scritto, che è esattamente questo: oggi vi consegniamo un paese migliore di come l’abbiamo trovato. Non è uno slogan complicato, non è uno slogan di cui vergognarsi, non è uno slogan che può essere discusso. Allora se l’idea è vi consegniamo un paese che non ha risolto i suoi problemi ma sicuramente è migliore di come era prima, l’idea di presentare una squadra di coloro che si sono cimentati in questo sforzo mi pare abbia senso».

In pratica: continuare. Questo è lo slogan?
«Continuare. A me piace la parola continuare».

Nel senso di un lavoro che continua.
«Il cuore della questione è mettere in campo una squadra che lavori insieme, che trasmetta un’idea della politica come qualcosa che ha a che fare con i rapporti umani. Ora, qui entro in un terreno delicato. Credo che abbiamo una gigantesca questione, quella della credibilità della politica. La politica non può essere ridotta ad una tragedia shakespeariana di serie b. Come se ci fosse permanentemente una sorta di ombra di Banco, che sta dietro ognuno di noi, per cui c’è sempre qualcosa, qualcuno da cambiare, c’è sempre qualcuno da sostituire. La politica sono rapporti umani, la politica può significare anche vere amicizie. Lo so che voi non mi crederete, ma io e Velardi ci conosciamo dal 1974, da 43 anni. Velardi è uno dei pochi ancora in vita che mi ha visto con i capelli».

Veramente ce li avevo pure io!
«Beh, io credo veramente in questi valori. E penso che per un politico la cosa peggiore sia rimanere solo. Ci vuole un di più anche di elemento umano, anche se c’è da scazzarsi lo si fa, internazionale ma non per sostituirsi a vicenda, perché così alla fine si rimane soli, che per un politico è la cosa peggiore… No, io non penso a nessuno, sto facendo un ragionamento di carattere generale. Poi è chiaro che i momenti della vita ti portano ad incontrarti o a perderti, ma se qualcuno mi dovesse chiedere oggi se ho cambiato i miei giudizi di fondo su compagni e compagne con cui abbiamo passato un pezzo della nostra vita, io direi che non l’ho cambiato. Direi così per una ragione semplicissima: perché il problema non è di quelli che sono cambiati, il problema è che non sono cambiato io».

E su queste impegnative parole conclusive, direi che a nome vostro possiamo ringraziare il Signor Ministro dell’Interno Marco Minniti.
«Avanti con Ottimisti e Razionali!»

vivicentro.it/POLITICA

/ministero degli interni

Promozione-Russo e Cibelli fanno volare il Procida al 5 posto

Termina 2-1 per i padroni di casa il match di esordio del 2018 al “Mario Spinetti” tra Procida Calcio e Rione Terra. Partita divertente con azioni pericolose da una parte e dell’altra, complice un Procida aggressivo e voglioso di regalare i primi 3 punti del 2018 ai suoi tifosi ed un Rione Terra al quale gli va dato merito di non aver mai mollato nonostante il doppio svantaggio. Ora il Procida Calcio vola a 27 punti in piena zona play-off ed inizia col piede giusto questo nuovo anno.
INIZIA IL MATCH: Partono subito forte i biancorossi con un ottimo inserimento di Fabrizio Muro che sfrutta un bell’assist di Costagliola A. ma commette fallo nello stacco aereo, ottima scelta di tempo però del centrocampista procidano. Al 7’ Lorenzo Costagliola riceve il pallone sull’out di sinistra, si accentra e fa esplodere il destro, pallone che sbatte sulla traversa e padroni di casa vicinissimi al vantaggio. Al 10’ reagiscono gli ospiti con Pasquale Imparato che recupera palla su una indecisione difensiva della retroguardia biancorossa, il 9 ospite calcia ma Lamarra si distende e blocca la sfera. Al 15’ Cibelli controlla in area di rigore e cade a terra, sembrava poterci essere il penalty ma l’arbitro lascia giocare ritenendo tutto regolare. Al 20’ reagisce il Rione Terra sempre con il suo 9 Imparato che fugge sulla linea del fuorigioco ed entra in area di rigore, calcia col destro ma la palla termina di pochissimo lontano dalla porta di Lamarra, brivido per i padroni di casa. Al 22’ si rendono pericolosi ancora gli ospiti, questa volta con una punizione insidiosa calciata da Tafuto, traiettoria pericolosa che però non inganna Lamarra che si fa trovare sempre pronto. Al 31’ sono i biancorossi ad andare vicino al vantaggio con Cibelli che riceve in area di rigore e si gira calciando col sinistro, palla che sfiora il palo della porta protetta da Del Giudice. Al 35’ arriva la zampata vincente che sblocca un match delicato ed equilibrato, a metterla a segno è il gigante del Procida Giorgio Russo che su occasione di calcio d’angolo si smarca bene e di testa sigla la rete dell’1-0. Primo gol del 2018 firmato dal primo gol in stagione del difensore biancorosso. Al 44’ reazione del Rione Terra che dimostra di saper incassare bene i colpi subiti, questa volta sfiorano l’1-1 con Riccio che in area di rigore apre il piattone destro ma non riesce avanti la porta a battere Lamarra. Termina senza recupero la prima frazione di gioco con il Procida che va negli spogliatoi in vantaggio per 1-0, decide Giorgio Russo.
INIZIA IL SECONDO TEMPO: Seconda frazione di gioco che vede i padroni di casa partire con il turbo, dopo appena 48 secondi dal calcio di inizio i biancorossi trovano la rete del 2-0, statistica che sa di record. Il 2-0 nasce da un buon recupero del pallone che porta Lorenzo Costagliola in area di rigore, il 9 procidano calcia potente ed il portiere Del Giudice vola e respinge ma è abile a seguire l’azione Cibelli che di testa sigla il tap-in vincente e regala immediatamente il doppio vantaggio ai suoi. Il Procida dopo appena 48 secondi dalla ripresa del secondo tempo mette il match in discesa. Il Rione Terra però dimostra di essere una squadra forte soprattutto mentalmente e non si fa tagliare le gambe da questo gol subito ad inizio ripresa e reagisce subito con i nervi e con criterio. Al 50’ sfiora doppiamente il gol prima con Imparato che colpisce il palo e poi su ribattuta con De Luca che calcia e colpisce la traversa con il pallone che resta sulla linea di porta, allontana poi la difesa biancorossa in affanno, doppio-pericolo in pochi secondi per i padroni di casa. Al 53’ ancora Imparato a rendersi pericoloso ma ancora un ottimo Francesco Lamarra a dire di no! Sempre impeccabile il portiere biancorosso, abile ed intelligente nelle letture di gioco e felino e decisivo tra i pali! Dopo appena 1 minuto infatti, al 54’, questa volta è Pignetti a calciare a giro col mancino ma indovinate un poco? Ancora Lamarra ad allungarsi in aria come un elastico e addirittura a bloccare in un tempo il pallone, parata strappa-applausi per il portiere classe ‘97. All’11’ reagisce il Procida a questa sfuriata ospite, questa volta è il solito asse Costagliola A.-Costagliola L. con il numero 9 che calcia in area di rigore col destro un diagonale pericoloso che termina a fin di palo fuori. Al 57’ ancora i biancorossi ad attaccare, si avvicinano al tris con un ottimo Fabrizio Muro che calcia in area di rigore aprendo il piatto ma il pallone termina di poco sopra la traversa, ottima prova quest’oggi del 7 biancorosso. Al 59’ è il solito Imparato ad impensierire la retroguardia biancorossa, questa volta supera Lamarra ma spedisce il pallone sopra la traversa dopo essersi defilato troppo. Al 68’ il Rione Terra riesce dopo tante occasioni ad accorciare lo svantaggio e lo fa con il subentrato Gennaro Del Giudice che con la punta calcia dal limite dell’area anticipando sul tempo Lamarra, il quale questa volta può fare davvero poco. Agli ospiti va dato merito di essere riusciti a mettere in difficoltà un Procida che, forte del doppio vantaggio, ha leggermente calato l’attenzione. A 20 minuti dalla fine del match dunque, si riapre una partita che sembrava il Procida avesse in pugno e cala un poco di tensione sul Mario Spinetti con il match che si innervosisce leggermente. All’81’ dialogano ancora i fratelli Costagliola con Antonio Costagliola che può calciare in area di rigore ma decide di servire il fratello Lorenzo che calcia col sinistro ma non riesce ad essere freddo e siglare la rete che avrebbe avuto il gusto di “matchpoint”. I padroni di casa si difendono e tentano di ripartire sfruttando un Rione Terra a trazione anteriore, ma appaiono leggermente appannati soprattutto nell’ultimo tocco. Vi è stanchezza da una parte e dall’altra a fronte di un match giocato a viso aperto da entrambe le squadre e su ritmi piuttosto alti soprattutto nella prima ora di gioco. All’88’ Lorenzo Costagliola trova un gol bellissimo al volo di destro col pallone che si insacca sotto la traversa, ma la rete viene annullata per precedente fuorigioco del fratello Antonio Costagliola, nulla da fare dunque, gioia annullata per il 9 procidano. L’arbitro concede 5 minuti di recupero con il Rione Terra che attacca alla ricerca della clamorosa rimonta ed il Procida a difendere con le unghie e le ultime energie il risultato. Al 95’ l’arbitro dice che può bastare così, vince il Procida 2-1, con sofferenza e brividi soprattutto nel finale, ma vince meritatamente e vola in piena zona play-off. I ragazzi di Iovine e Lubrano regalano dunque la prima gioia del 2018 ai loro tifosi che gli riservano una pioggia di applausi al fischio finale, standing ovation per i biancorossi che dimostrano ancora di onorare e sudare fino all’ultima goccia di sudore la maglia che indossano e questo ovviamente, può solo far piacere ai procidani presenti allo Spinetti.
ISOLA DI PROCIDA CALCIO: Lamarra, Lubrano Lavadera V., Micallo, Russo, Boria, Saurino, Muro, D’Orio (66’ Mammalella), Costagliola A., Costagliola L. (87’ Vanzanella), Cibelli (55’ Lubrano P.).
A disposizione: Telese, Esposito, Barone, Parascandolo.
Allenatore: Iovine Giovanni – Lubrano Biagio.
RIONE TERRA: Del Giudice Gianluigi, Cioce, Del Giudice M. (67’ Lanuto), De Luca, D’Oriano, Ursomanno (78’ Di Roberto), Riccio (59’ Del Giudice Gennaro), Tafuto, Imparato, Pignetti, Colandrea (78’ Dorini).
A disposizione: Onofrio, Velardo, Sacco.
Allenatore: De Girolamo Massimiliano.
ARBITRO: Francesco Gallo di Torre Annunziata.
ASSISTENTI: Tommaso Martinelli – Roberto Ferrara di Castellammare di Stabia.
AMMONITI: Saurino, Cibelli, Lubrano P., Costagliola A., Lubrano V. (Procida Calcio); Ursomanno (Rione Terra).
RETI: 35’ Russo, 46’ Cibelli, 68’ Del Giudice Gennaro.
NOTE: Condizioni del terreno di gioco discrete. L’arbitro Gallo di Torre Annunziata non concede recupero nel primo tempo, concede invece 5 minuti di recupero nella seconda frazione a causa di più interruzioni di gioco.
Spettatori: 150 circa.

Provvedimenti disciplinari, Serie A e Serie A1 femminile, gare 7 gennaio 2018

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Provvedimenti disciplinari, Serie A e Serie A1 femminile, gare 7 gennaio 2018

I provvedimenti disciplinari adottati in seguito alla quattordicesima giornata di andata della Serie A1 maschile e della Serie A1 femminile

Serie A, 14^ Giornata di andata, gare del 7 gennaio 2018

BANCO DI SARDEGNA SASSARI. Ammenda di Euro 500.00 per offese collettive sporadiche del pubblico agli arbitri.

GRISSIN BON REGGIO EMILIA. Ammenda di Euro 500.00 per offese collettive sporadiche del pubblico agli arbitri.

 

Serie A1 femminile, Quarta Giornata di ritorno, gare del 7 gennaio 2018

PALL. FEMM. BRONI 93. Ammenda di Euro 300,00 per offese collettive frequenti del pubblico agli arbitri e giocatori avversari.

SACES – MAPEI NAPOLI. Si diffida la società a ripristinare l’apparecchio dei 24″ non funzionante.

 

 

Eccellenza- Il Barano cade al Giraud contro la capolista Savoia

Un Savoia che non brilla tanto,ma che batte per 2-0 al Giraud il Barano. Gli oplontini,reduci dalla sconfitta in Coppa Italia in quel di Forio per 3-1,hanno superato la formazione bianconera grazie a un gol del bomber Esposito nel primo tempo e poi con Sardo nella ripresa. Il Barano prima di subire il doppio svantaggio,ha sfiorato il gol del pareggio con Cirelli che tutto solo davanti al portiere ha incredibilmente calciato fuori. Il Savoia con la vittoria,allunga sull’Afragolese (+10),mentre il Barano viene agganciato in classifica dal Real Forio a quota 15 punti.

LE FORMAZIONI – Il Barano doveva fare a meno dello squalificato Ferrari ed è stato mandato in campo da mister Billone Monti con un 4-5-1, che in fase offensiva diventava 4-4-2. Gli aquilotti hanno giocato con Martucci fra i pali e la difesa formata da Di Costanzo, Chiariello, Monti jr ed Accurso. A centrocampo ecco Savino, Scritturale, Migliaccio G. B., Capone e più avanzato Cirelli, in appoggio a Rizzo. Fabiano, che cambia molto dopo la partita di Coppa Italia, conferma il suo 4-3-3 con Pappagoda al posto di Simone Del Prete ed il ritorno di Di Girolamo al centro della difesa con Allocca in panchina. Dal 1’ anche Esposito che si rivelerà tra i migliori in campo.

La partita. La gara vive a lunghi tratti di ritmi bassi. Il Savoia gioca in maniera compassata, consapevole della propria superiorità e non accelera più di tanto come invece era accaduto nelle ultime uscite. La vittoria arride comunque all’undici di Fabiano che conferma il suo 4-3-3 con Pappagoda al posto di Simone Del Prete ed il ritorno di Di Girolamo al centro della difesa con Allocca in panchina. Dal 1’ anche Esposito che si rivelerà tra i migliori in campo. Monti oppone un Barano ordinato che non riesce quasi mai a ripartire. Nei 90’ si conta una sola azione davvero pericolosa ad inizio ripresa con Cirelli che spreca tutto. La prima frazione di gara vive di pochissimi momenti clou, l’unico degno di nota è il gol del vantaggio dei padroni di casa. 35′ Esposito approfitta di una leggerezza di Savino e batte Martucci, gara in discesa.  La ripresa si apre con un grosso rischio. Al 52’ gli ospiti fanno gelare il pubblico del Giraud. Scritturale trova un corridoio per Cirelli che sul filo del fuorigioco si invola verso la porta di Pezzella. Il numero 11 baranese si presenta a tu per tu con l’estremo dei bianchi ma calcia clamorosamente a lato. Il Savoia capisce che non può rischiare di compromettere una gara ampiamente condotta così toglie tutti i dubbi ed al 58’ si porta sul 2 a 0. Punizione di Liccardo crossata al centro area, irrompe Sardo che di controbalzo insacca sotto la traversa. La gara finisce praticamente qui con il Barano che esce definitivamente di scena e non ha la forza né fisica, né mentale per tentare un’insperata rimonta in casa della capolista.

SAVOIA     2

BARANO   0

SAVOIA: Pezzella, Sardo, Del Prete, De Rosa (86’ Palmieri), Riccio, De Girolamo, Pappagoda (89’ Liguori), Liccardo, Esposito (74’ Fava Passaro), Di Paola (83’ Arenella), Caso Naturale (70’ Galizia). A disposizione: D’Aquino, Allocca. All.: Franco Fabiano

BARANO: Martucci, Di Costanzo (46’ Cuomo R.), Accurso, Savino (61’ Errichiello), Monti, Chiariello, Scritturale, Migliaccio G. B. (46’ Di Massa), Rizzo, Capone, Cirelli. A disposizione: Migliaccio A., Romano, Cuomo C.,Manieri. All.: Giuseppe Monti

Arbitro: Vittorio Palma della sez. di Napoli (Ass.: Luigi Gargiulo di Ercolano e Pierpaolo Vitale di Salerno)

Reti: 35’ Esposito (S), 58’ Sardo (S)

Napoli-Atalanta: il match di andata più emozionante

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Napoli-Atalanta: il match di andata più emozionante

Il debutto stagionale in Serie A al San Paolo. Gol di Zielinski, Mertens e Rog, la rimonta vittoriosa

Il Napoli esordisce al San Paolo in campionato nella seconda giornata di Serie A. Nell’ultima domenica di agosto è sfida molto intensa contro l’Atalanta. Gli azzurri dopo essere stati sotto per 1-0 per quasi un’ora, rimontano in 5 minuti di furore esaltante. Prima Zielinski squarcia la notte di Fuorigrotta con un destro impetuoso che si infila sotto l’incrocio. E subito dopo Mertens scaraventa in rete un pallone liberatorio. Chiude la serata la primizia di Marko Rog che a coronamento di una azione meravigliosa impreziosisce la rimonta con la sua prima rete in Serie A. Che Napoli, gioco, cuore e carattere.  E’ il primo squillo di una cavalcata da urlo.

Il 28 agosto in campo scesero questi giocatori:

NAPOLI – Reina; Maggio, Albiol, Koulibaly, Ghoulam; Zielinski, Jorginho, Hamsik; Callejon, Mertens, Insigne. A disp. Rafael, Sepe, Allan, Mario Rui, Giaccherini, Maksimovic, Chiriches, Rog, Ounas, Diawara, Tonelli, Milik. All. Sarri

ATALANTA – Berisha; Toloi, Palomino, Masiello; Hateboer, Cristante, Freuler, Gosens; Iličić, Petagna, Gomez. A disp. Gollini, Rossi, Orsolini, Cornelius, Caldara, De Roon, Vido, Castagne, Kurtic, Mancini, Haas, Schmidt. All. Gasperini

Fonte: sscnapoli.it

Per gli scatti dell’emozionante rimonta del Napoli LEGGI QUI

Per rivivere l’emozioni del match, rileggi il live

Siti archeologici e musei: la Campania tra le regioni più vistate, i dati

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Siti archeologici e musei: la Campania tra le regioni più vistate, i dati

Il Ministero per i Beni e le Attività culturali e del Turismo ha diffuso i dati relativi all’anno 2017 sul flusso dei visitatori e gli incassi nei musei  e siti archeologici

Per i musei  e siti archeologici italiani il 2017 è stato un anno da record: è stata superata la soglia dei 50 milioni di visitatori con incassi che raggiungono quasi i 200 milioni di euro. “E’ davvero eccezionale: dai 38 milioni del 2013 ai 50 milioni del 2017, i visitatori sono aumentati in quattro anni di circa 12 milioni (+31%) e gli incassi di circa 70 milioni di euro (+53%). Risorse preziose che contribuiscono alla tutela del nostro patrimonio e che tornano regolarmente nelle casse dei musei attraverso un sistema che premia le migliori gestioni e garantisce le piccole realtà con un fondo di perequazione nazionale. I musei e i siti archeologici italiani stanno vivendo un momento di rinnovata vitalità e al successo dei visitatori e degli incassi corrisponde una nuova centralità nella vita culturale nazionale, un rafforzamento della ricerca e della produzione scientifica e un ritrovato legame con le scuole e con i territori” commenta così i risultati positivi il ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini.

Le tre Regioni con il maggior numero di visitatori  nel 2017sono: Lazio (23.047.225), la Campania (8.782.715), la Toscana (7.042.018).

Mentre i 5 luoghi della cultura statali più visitati d’Italia sono il Colosseo con oltre 7 milioni di visitatori; seguito da Pompei con 3,4 milioni di visitatori; gli Uffizi con 2,2 milioni di visitatori; la Galleria dell’Accademia di Firenze con 1,6 milioni di visitatori; infine Castel Sant’Angelo con 1,1 milioni di visitatori.

Nella Top 30 i tassi di crescita più sostenuti sono stati registrati da Palazzo Pitti (+23%) e da quattro siti campani: la Reggia di Caserta (+23%), Ercolano (+17%), il Museo archeologico di Napoli (+16%) e Paestum (+15%). Per la prima volta nella classifica entra il Museo di Capodimonte.

“La Campania – fa notare Franceschini – è ormai stabile al secondo posto della classifica delle regioni più virtuose: la rinascita di Pompei è stata sicuramente da traino ma sono state molto positive anche le altre esperienze delle gestioni autonome dalla Reggia di Caserta, al Museo archeologico Nazionale di Napoli, a Capodimonte, a Paestum. Nel 2017 – conclude Franceschini – tutti i musei hanno registrato significativi tassi di crescita, ma il patrimonio archeologico è stato il più visitato: circa un terzo dei visitatori si sono concentrati tra Pompei, Paestum, Colosseo, Fori, Ostia Antica, Ercolano, l’Appia antica e i grandi musei nazionali come Napoli, Taranto, Venezia e Reggio Calabria e il Museo nazionale romano”.

Repressione in Iran: e l’Europa tace

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L’ex presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad sarebbe stato arrestato nella città di Shiraz per incitamento ai disordini e alle manifestazioni di protesta. Lo riferisce Al Arabiya citando il quotidiano Al-Quds Al-Arabi che ha interpellato “fonti affidabili a Teheran”. Ahmadinejad sarebbe ai domiciliari, con il benestare della guida suprema, ayatollah Ali Khamenei. 

Il silenzio colpevole dell’Europa

L’Europa deve reagire attivamente a quanto sta accadendo in Iran. Non può assistere impotente ad una repressione in atto con migliaia di arresti, compresi studenti e persone non coinvolte nelle manifestazioni di protesta iniziate nelle settimane scorse e arrestate a titolo preventivo. L’Europa deve essere ferma e netta nella disapprovazione, pur senza assumere l’atteggiamento di Trump che finisce in vero e proprio incitamento alla rivolta.

Un incitamento che non solo avvalla la denuncia dei governanti iraniani che la rivolta sarebbe stata fomentata da potenze straniere, ma provoca un inevitabile deterioramento dei rapporti con il regime iraniano. Un circolo vizioso che servirà a Trump per giustificare la desiderata disdetta dell’accordo sul nucleare, raggiunto dalla amministrazione Barak Obama e convintamente condiviso dagli europei.

A questo punto l’Europa deve scrollarsi di dosso l’accusa fatta dal vice di Trump, Mike Pence, di un «Europa pavida», che non prende posizione. Non può quindi accontentarsi della dichiarazione dell’Alto rappresentante per la Politica estera europea, Federica Mogherini, che «dimostrazioni pacifiche e libertà di espressione sono diritti fondamentali che si applicano a ogni Paese e l’Iran non fa eccezione». L’Europa deve fare una politica attiva autonoma, autorevole. Questa è l’occasione, proprio perché complicata e al di sopra della visione semplicistica di Trump.

La situazione che si sta creando è ben peggiore di quella verificatasi mesi fa in Turchia, quando la reazione di Erdogan al denunciato «colpo di Stato» ha portato ad una indiscriminata e generalizzata negazione dei diritti civili fondamentali contro cui l’Europa si è limitata a protestare.

La situazione iraniana attuale è molto più complessa. La protesta popolare delle settimane scorse, ha messo a nudo una profonda tensione all’interno del sistema politico iraniano. Era motivata da una situazione economica e sociale in drammatico peggioramento, causata da misure di austerity che hanno fatto esplodere i prezzi del pane, della benzina e di altri beni di prima necessità. Paradossalmente erano misure di un governo che si presentava come «riformatore». Ma chi è sceso in piazza protestava anche contro la corruzione e le speculazioni finanziarie di gruppi religiosi, che hanno bruciato per loro obiettivi particolari i risparmi di migliaia di famiglie a reddito modesto. Protestava anche contro il mancato mantenimento delle promesse in tema di libertà civili in particolare, ma non solo, per quanto riguarda le donne, e di riduzione del soffocante controllo da parte delle autorità religiose. La protesta ha investito la costruzione complessiva del regime, mescolando ragioni e obiettivi anche opposti: di chi vuole spingere per le riforme e di chi approfitta del malcontento per cercare di tornare indietro.

In queste ore in cui viene annunciato che «la sedizione» è stata vinta dalle forze conservatrici, i commenti degli osservatori esterni sono assai perplessi e di segno molto diverso.

È finito il governo «riformatore» di Rohani, contro cui è scoppiata la rivolta? Che cosa faranno le forze conservatrici fedeli alla Guida suprema Khamenei che si attribuiscono il merito della repressione e che non hanno mai accettato di buon grado gli accordi sul nucleare con l’Occidente egemonizzato dall’America? O sono anch’esse divise al loro interno? Non potrebbe qui aprirsi uno spiraglio di una nuova intesa grazie alle potenze europee? Perché Bruxelles non prende una sua iniziativa?

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vivicentro.it/OPINIONI
vivicentro/Repressione in Iran: e l’Europa tace
lastampa/Il silenzio colpevole dell’Europa GIAN ENRICO RUSCONI

Real Forio,mister Impagliazzo:” E’ stata una partita difficile da vincere”

A cura di Simone Vicidomini

Il Real Forio vince di misura lo scontro salvezza contro la Maddalonese. I biancoverdi conquistano tre punti importanti,grazie al gol di Castagna prima di essere espulso. Al termine della vittoria abbiamo intervistato ai nostri microfoni l’allenatore del Real Forio, Franco Impagliazzo. Ecco le sue dichiarazioni. “Diciamo che era comunque difficile fare una partita per quando concerne l’aspetto tecnico,in quanto il vento ha molestato l’intera partita,condizionando sia noi che loro. Era difficile controllare sia la palla ed individuare le giuste traiettorie. Siamo venuti a capo,con una buona azione e con un bel gol di Castagna. Potevamo anche gestire meglio il possesso palla,cercando una maggiore lucidità in virtù che nella ripresa avevamo il vento a sfavore. Per la verità abbiamo fallito un paio di contropiedi,prima con Fioretino,poi con Castagna e nel finire con Rubino che potevamo trovarci davanti al portiere e finalizzare al meglio l’azione. Era difficile venire a capo contro un’avversario del genere,perché hanno cinque-sei giocatori di ottima qualità. E’ andata bene e dobbiamo cercare di proseguire sull’intensità di quello che abbiamo dato nelle ultime settimane,perché così facendo possiamo cercare di raggiungere il nostro obiettivo”. Linea difensiva che non hai corso nessun tipo di pericolo? “Diciamo che ora ho tre,quattro centrali,perché da un paio di partite ci siamo inventati Savio da difensore centrale e all’occorrenza chi starà meglio giocherà. Ognuno mi da le giuste garanzie,anche se qualcuno è più esperto altri meno,però oggi siamo più coperti nelle zona centrale difensiva,rispetto a qualche settimana fa.

Real Forio,Castagna regala gioie e dolori,battuta la Maddalonese 1-0

A cura di Simone Vicidomini

Il Real Forio continua il suo periodo positivo in questo nuovo anno. I biancoverdi reduci dalla vittoria dell’andata della semifinali di Coppa Italia contro il Savoia per 3-1, i foriani battono di misura la Maddalonese grazie ad una magia di Castagna nella prima frazione di gioco. Una gara che non ha regalato molti sussulti,ma una vittoria importante e sopratutto preziosa per la squadra guidata da Franco Impagliazzo,che accorcia ulteriormente la classifica sulle dirette concorrenti per la salvezza,raggiungendo a 15 punti proprio il Barano. Nel finale di gara ci sono state tre espulsioni: Castagna e Pucino,con il giocatore biancoverde che avrebbe detto qualche parola di troppo all’avversario,dopo essere stato colpito duramente dall’avversario, ed infine Gracco,il quale è stato protagonista di un fallaccio assurdo su Piccirillo.

La partita.  L’incontro inizia con una lunga fase di studio, che si interrompe soltanto al 15’, quando arriva la prima azione pericolosa della partita: è Davide Trofa a far appuntare le prime note ai cronisti, quando ci prova dai 25 metri, ma la palla si perde a lato. Un primo cambiamento agli equilibri in campo c’è già al 22’, quando nella Maddalonese esce Cerrato per far posto ad Izzo. Al 34’ la partita si sblocca all’improvviso: Giovanni Calise serve di sinistro Luigi Castagna all’altezza della trequarti, con il centrocampista foriano che avanza palla al piede lasciando sul posto un paio di avversari prima di calciare dai 20 metri trovando una traiettoria velenosissima che beffa Merola e si infila a poca distanza dal palo alla sua sinistra. Inevitabilmente la gara si incattivisce un po’ e ne fanno le spese diversi calciatori che finiscono sul taccuino del direttore di gara, come Savio e La Torre. Fino al termine del primo tempo, però, non si registrano altre occasioni nitide. Nella ripresa, al minuto 11, arriva il primo tiro in porta della Maddalonese, con un destro di Monaco di Monaco da posizione molto defilata che non sorprende Mennella, che blocca senza problemi. Al 14’ ottimo contropiede del Forio, dopo un calcio d’angolo battuto dalla Maddalonese con Castagna che parte poco oltre la sua area di rigore, salta un paio di avversari, cambia lato per favorire l’avanzata di Fiorentino, ma il sinistro del numero 6 foriano finisce fuori. Prosegue la girandola dei cambi e dei cartellini, che interessano giocatori di entrambe le squadre, fino al 35’, quando c’è l’occasione migliore dell’incontro per la Maddalonese: l’azione si sviluppa sulla sinistra, con un cross che parte in direzione del secondo palo, ma Celio nonostante la spaccata non riesce ad arrivare all’appuntamento con il pallone. Episodio curioso al 40’, quando Luigi Castagna difende il pallone, si becca un calcione da Pucino e gli urla qualcosa: per l’arbitro è rosso diretto per entrambi i calciatori, nello stupore generale del “S. Calise”. Dopo pochi minuti tocca a Gracco lasciare il campo prima del tempo, per via di un entrataccia su Christian Piccirillo. Nel finale c’è spazio anche per un’altra azione di marca ospite, con un pallone lanciato in area di rigore che finisce in mezzo ad una selva di uomini, ma Pasquale Savio, alla sua ennesima buona prova da difensore centrale, libera tutto senza troppi complimenti. Dopo che anche i 5’ di recupero sono terminati, non resta che attendere in triplice fischio, che arriva puntuale come l’esultanza di squadra e tifosi.

Real Forio 1
Maddalonese 0

Real Forio: Mennella, Sirabella (47’st Sannino), Iacono F., Calise, Piccirillo C., Fiorentino (20’st Calise N.), Filosa, Trofa, Castagna, Rubino, Savio. All. Impagliazzo.

Maddalonese: Merola, Celio, Piccirillo A., Bonavolontà, Bellopede, Pucino, Gracco, La Torre, Monaco di Monaco, Cerrato (22’pt Izzo), Cristiano (17’st Basilicata). All. Sannazzaro.

Arbitro: Garofalo di Torre del Greco.
Rete: 34’pt Castagna.
Note: Ammoniti Sirabella, Iacono F., Calise G., Savio (RF), Celio, Bonavolontà, La Torre, Monaco di Monaco e Basilicata G. (M). Espulsi al 40’st Castagna (RF) e Pucino (M) con rosso diretto; al 42’st Gracco (M). Calci d’angolo: 2-5. Rec.: 1’pt, 5’st. Spettatori 180 circa.

Oggi avvene: un gol di Pandev in Palermo-Napoli 1-3 del 2012

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Oggi avvene: un gol di Pandev in Palermo-Napoli 1-3 del 2012

Il giorno 8 gennaio il Napoli ha giocato tredici partite, undici in serie A, una in serie B ed una in serie C1, ottenendo cinque vittorie e cinque pareggi, con tre sconfitte.

Ricordiamo il 3-1 a Palermo nella diciassettesima giornata della serie A-2011/12

Questa è la formazione schierata da Walter Mazzarri:

De Sanctis, Campagnaro, Cannavaro, Aronica, Maggio, Gargano (71′ Dzemaili), Inler, Dossena, Pandev (82′ Chavez), Hamsik (77′ Zuniga), Cavani

I gol: 35′ Pandev, 54′ Cavani, 60′ Hamsik, 89′ Miccoli

Dopo sedici giornate il Napoli era sesto in classifica ed a fine torneo gli azzurri hanno saputo conquistare un buon quinto posto con la qualificazione all’Europa League. Lo scudetto è stato vinto dalla Juventus di Antonio Conte.

Il primo gol alla Favorita porta la firma di Goran Pandev. Il macedone, oggi al Genoa, vanta 22 gol nelle sue 124 partite giocate con la maglia del Napoli: 19 in 92 di serie A, un gol nelle 9 partite di coppa Italia, una rete nelle 22 nelle coppe europee ed un gol nella supercoppa italiana.

 

Fonte:sscnapoli.it

Alitalia, Calenda: in settimana pronti alla trattativa finale

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Alitalia, Calenda: in settimana si dirà con chi si può iniziare a fare una negoziazione esclusiva

Il ministro dello sviluppo economico, Carlo Calenda, intervistato a Radio Capital in merito allo stato delle offerte e trattative per Alitalia, ha detto: 

“noi oggi abbiamo sul piatto tre offerte, quello che faranno i commissari proprio in queste prime settimane, già immagino alla fine di questa o all’inizio della prossima, sarà dire quale di queste offerte è la migliore, quindi dire con chi si può iniziare a fare una negoziazione in esclusiva”.

“Dopodichè la negoziazione in esclusiva – ha spiegato – riguarderà esuberi, costi per lo Stato e ovviamente la validità di un progetto industriale dal punto di vista soprattutto delle connessioni aeree”.

“Io non ho preferenze – ha concluso Calenda – per me la questione è molto oggettiva e la valutazione sarà fatta sui numeri”.

vivicentro/ECONOMIA

Arriva l’autorizzazione del Bologna: il Napoli può trattare direttamente con Verdi

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Arriva l’autorizzazione del Bologna: il Napoli può trattare direttamente con Verdi

Come riportato durante il programma Marte Sport Live, in onda su Radio Marte, il Napoli ha avuto il via libera dal Bologna per trattare direttamente con il calciatore Simone Verdi.

L’attaccante esterno è l’obiettivo numero uno per questa sessione di mercato invernale per la società di Aurelio De Laurentiis.

Attività di base, la Napoli Academy FBC e l’affiliazione con la Juve Stabia

Attività di base, la Napoli Academy FBC e l’affiliazione con la Juve Stabia

L’ottimo lavoro del settore gi0ovanile della Juve Stabia parte da lontano e cresce nel tempo. Il responsabile Saby Mainolfi è riuscito nell’intento di dare vita ad un contesto di Attività di Base che si sviluppa a dismisura ed è invidiato in ogni dove. Tra le collaborazioni con l’attività di base c’è il Centro Formazione Tecnico Area Napoli Academy FBC Napoli, con i pulcini classe 2007 coordinati da mister Giuseppe Lepre.

Nel periodo delle festività natalizie si vantano diverse partecipazioni a tornei: Torneo Immacolata ad Avellino, chiuso al 3° posto e la partecipazione al Torneo della Befana, vinto grazie ad una tripletta in finale di Acampora. Importante è l’obiettivo del progetto dei centri di formazione Juve Stabia: la volontà è far crescere il più possibile giovani calciatori, nel segno del divertimento, per avere i campioni, si spera, del futuro.

Per info chiamare al 3396965524, Scuola Calcio Academy fbc Napoli.

a cura di Ciro Novellino

Napoli, Consiglio Comunale inizia la verifica delle linee programmatiche

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Napoli, Consiglio Comunale inizia la verifica delle linee programmatiche

La seduta dedicata alla verifica delle linee programmatiche da parte del Sindaco è stata aperta da un breve intervento di De Magistris che ha motivato la scelta di far precedere la propria relazione dagli interventi dei singoli assessori.

Terminata la prima parte della seduta dedicata agli interventi ai sensi dell’art. 37, il presidente Fucito ha comunicato all’Aula le modalità secondo cui si svolgerà la seduta che sarà articolata, secondo quanto comunicato dalla Giunta, in interventi dei singoli assessori, seguito dall’intervento del Sindaco e dal successivo dibattito consiliare. Su questa modalità, è intervenuta la consigliera Valente (Partito Democratico), definendo la decisione sorprendente e sbagliata nel merito, perché era attesa un’assunzione di responsabilità e un intervento del Sindaco che avviasse i lavori, mentre questa sembra l’ennesima dimostrazione di voler sfuggire alle proprie responsabilità, perché si tratta di parlare del programma che il primo cittadino ha presentato e di cui ha responsabilità politico-programmatica, in termini di contenuti e di scelta degli assessori.

Moretto (Prima Napoli), ha parlato di prassi inconsueta in quanto negli anni passati vi era la consuetudine di fornire ai consiglieri, almeno nelle quarantotto ore che precedevano il dibattito, una scheda sintetica relativa ad ogni assesorato e la relazione del Sindaco, per garantirne un approfondimento, mentre questa scelta inconsueta crea qualche difficoltà a seguire la discussione. Per Rinaldi (Napoli in Comune a Sinistra) ascoltando gli interventi dei due consiglieri sembra vi sia un ribaltamento del criterio scelto dall’amministrazione per lo svolgimento dei lavori, perché il Sindaco non si alleggerisce da alcuna responsabilità, anzi scegliendo di intervenire alla fine fornisce un elemento aggiuntivo positivo, quasi una cessione di sovranità verso gli assessori e di valorizzazione del loro lavoro, in quanto vi sono aspetti tecnici che saranno illustrati e che saranno pre condizione tecnica per una discussione più ampia e un confronto più articolato.

Il Sindaco de Magistris è quindi intervenuto per chiarire che la volontà che ha portato alla scelta di far precedere il proprio intervento da quello degli assesori va in una direzione del tutto contraria rispetto a quella percepita dai consiglieri Valente e Moretto, in quanto la responsabilità politica di quanto diranno gli assessori è sua e della squadra, si dà molta importanza al contributo che oggi può venire da maggioranza e opposizione per consolidare quanto fatto e per vedere quanto ancora vi è da fare. Nessuna volontà, quindi, di sottrarsi al confronto, ma interventi sintetici per illustrare in un tempo contenuto quanto fatto in questo anno e mezzo. Al termine degli interventi degli assessori, ha detto il Sindaco, ci sarà il suo intervento e poi il dibattito che sarà seguito con attenzione, quindi la modalità indicata non vuole essere assolutamente una mancanza di rispetto. Il consigliere Moretto ha quindi proposto che prima di iniziare vengano distribuite ai consiglieri le relazioni dei singoli assessori così da facilitare l’ascolto, mentre Santoro (Misto – Fratelli d’Italia) ha chiesto copia del programma del Sindaco.

Il vice Sindaco Del Giudice ha aperto gli interventi esprimendo apprezzamento per la modalità scelta che dà modo ai singoli assesori di illustrare quanto svolto nell’ambito delle rispettive deleghe. Sulla propria delega alla Protezione civile ha indicato le principali direzioni di azione: la divisione dei settori di intervento, l’avvio della collaborazione coi cittadini e con le associazioni di volontariato nella gestione delle emergenze o di grandi afflussi di persone, l’elaborazione dei piani di monitoraggio del territorio e la divisione della città in cinque macroaree, la realizzazione dei punti di avvistamento degli incendi, l’individuazione della sala operativa, del centro radio e della depositeria. Elaborati anche i piani relativi alle calamità con indicazione dei comportamenti dei cittadini, i piani dinamici sul rischio vulcanico Vesuvio, Campi Flegrei e sismico. Sull’ambiente, realizzata la rete ambiente nell’ambito del Patto per Napoli, la città verticale che mette in comunicazione la parte pedonale della città con le sue scale, sull’igiene urbana, nell’ambito del recupero del rapporto coi cittadini, è stata attuata la  rimozione delle discariche storiche e la trasformazione del materiale rinvenuto in oggetti e strutture utili per il territorio, come nel caso delle cinquemila tonnellate di copertoni rimossi a via Botteghelle seguita dall’inaugurazione del campo di calcio a Scampia che fungerà anche da centro di educazione per il corretto smaltimento dei rifiuti. Il Vice Sindaco ha quindi effettuato alcuni passaggi sul Sin di Bagnoli Coroglio e sulle attività in corso nell’ambito del progetto di recupero, sull’accordo di programma per la barriera di Coroglio e per Napoli est dove è in corso la Conferenza di servizi con il Ministero dell’Ambiente per il risanamento dell’area ex Kuwait, sul suito di Chiaiano-Pianura. Relativamente al ciclo dei rifiuti, sottolineata l’estensione del porta a porta, che oggi ha raggiunto 450 mila abitanti, facendo di Napoli una delle poche città europee con questo risultato con un trend di crescita costante che punta alla qualità. Rinforzate le attività stradali, terminato il piano delle dieci isole ecologiche, per gli impianti di compostaggio approvata la delibera per uno dei tre che si andranno a realizzare, senza tralasciare il grande impulso ai controlli e al contrasto alle attività illecite. Ricordata, infine, l’attività di riduzione degli sprechi idrici in collaborazione con Acqua Bene Comune utilizzando nuove tecnologie e investimenti e, fino al passaggio della delega al verde, l’impulso al piano di censimento del verde.

Napoli, iniziati i lavori del Consiglio Comunale

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Napoli, iniziati i lavori del Consiglio Comunale

Nella giornata di oggi il Consiglio Comunale presieduto dal presidente Alessando Fucito, si è riunito alla presenza di 24 consiglieri. Prima degli interventi si è tenuta in aula la commemorazione, da parte del consigliere Andrea Santoro (Misto – Fratelli d’Italia), di Elio Di Marino, storico rappresentante della destra napoletana, scomparso lo scorso 21 dicembre. Santoro ha ricordato il radicamento di Elio Di Marino alla comunità di Chiaiano, una propensione verso gli altri ereditata dal padre, che ha poi tradotto in politica. Di Marino ha coniugato l’attivismo politico e la sua vita nella comunità di Chiaiano, ed è riuscito a far sentire la voce di un quartiere, guidando anche forme di protesta molto forti, come quando andò nella sala dei Baroni a rivendicare le ragioni del quartiere in merito all’emergenza rifiuti. E’ riuscito a creare le basi per una sinergia istituzionale che ha dato risultati importanti con opere di riqualificazione nel suo quartiere. Quando era presidente della Circoscrizione, è riuscito a dare un’anima a Chiaiano, un quartiere in passato poco considerato dalla città, riprendendone le antiche tradizioni. E’ stato sicuramente un protagonista della storia politica della città, con lui se n’è andato un punto di riferimento per la destra non solo a Chiaiano, riuscendo ad insegnare alla generazioni più giovani uno stile politico basato sul rispetto degli altri e delle istituzioni. Santoro ha ricordato anche il suo personale rapporto di amicizia con Di Marino, al quale deve moltissimo. E’ giusto trovare nei quartieri, ha concluso Santoro, momenti per ricordare quelle figure che tanto hanno fatto per il loro sviluppo e che devono rimanere un esempio per le giovani generazioni. L’aula ha quindi osservato un minuto di silenzio.

Dopo la commemorazione di Elio Di Marino, si sono svolti in aula gli interventi per questioni urgenti ai sensi dell’art. 37 del Regolamento. E’ intervenuto il consigliere Aniello Esposito (Partito Democratico) che ha chiesto chiarimenti sul perché non c’è stata la possibilità, la notte dello scorso 31 dicembre, di poter usufruire dei mezzi pubblici, un fatto grave per la città di Napoli in un momento di così grande afflusso turistico. Chiesti anche chiarimenti su alcune vicende relative al personale di ANM, e sul rispetto della  legge 223/91 in  merito alla mobilità dei dipendenti. Servono risposte formali in merito, ha concluso Esposito.

Il consigliere Luigi Felaco (Dema) ha ricordato i recenti fenomeni di violenza in città, esprimendo solidarietà dell’intero gruppo Dema alla consigliera Francesca Menna (Movimento 5 Stelle) in merito alle aggressioni verbali che ha subito in treno, nella giornata di sabato, in occasione dell’incontro di calcio Napoli – Verona. Servono risposte chiare da parte di tutti i soggetti istituzionali coinvolti, ha concluso Felaco, era infatti necessario mettere in atto misure adeguate per evitare che nella stessa carrozza viaggiassero tifoserie organizzate e viaggiatori ordinari.

Il consigliere Matteo Brambilla (M5S) ha svolto un intervento in merito alle errate misure prese per la stazione della linea 6 della metropolitana, che di fatto impedisce l’entrata dei treni. Un fatto grave, che rende di fatto inutilizzabile la metropolitana, con conseguente spreco di denaro.

Il consigliere Salvatore Guangi (Forza Italia), associandosi alle parole di Andrea Santoro, è tornato a commemorare Elio Di Marino, evidenziando l’irreprensibilità della sua vita, della sua condotta, del suo stile stile politico. Guangi ha poi svolto un intervento ex art. 37 rivolgendosi all’assessore Calabrese, per segnalare che c’è un’area intera di Napoli (il quartiere Marianella) non servito dal servizio di trasporto pubblico di linea.

Nell’ora precedente all’avvio dei lavori, si è svolto il Question Time, presieduto dal vicepresidente del Consiglio Comunale Salvatore Guangi. Il Consigliere Moretto (Prima Napoli) ha svolto un’interrogazione sulla situazione di degrado del Centro Polifunzionale di Piazzetta Bisignano e sulle proposte di destinare il centro all’arma Arma dei Carabinieri, con risposta in aula dell’assessore Panini, che ha dichiarato di aver sollecitato in merito il servizio Patrimonio sulle misure da intraprendere. E’ interesse dell’amministrazione comunale, ha concluso Panini, che il bene venga utilizzato per uno scopo così importante. Nella replica il consigliere Moretto ha contestato che finora la risposta dei servizi è stata del tutto insufficiente. Sempre Moretto ha svolto un’interrogazione su questioni inerenti la toponomastica cittadina, in particolare sulla situazione del Centro Direzionale, dove i viali laterali ancora non hanno una denominazione, quando ci sono state richieste per intitolare strade, ad esempio, a Pietro Petrucci, vittima di Nassirya. Sul punto ha risposto l’assessora Alessandra Clemente, che ha fatto il punto sui lavori della commissione toponomastica e del suo allineamento alle più recenti prescrizioni governative. Sul Centro Direzionale è stata annunciata una task-force a partire dal mese di marzo per dotarlo di 500 nuovi toponimi.

Un brutto secondo quarto condanna la Givova Scafati alla sconfitta

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Un brutto secondo quarto condanna la Givova Scafati alla sconfitta

Esordio negativo al PalaFerraris di Casale Monferrato, arriva la prima sconfitta del 2018 della Givova Scafati, nell’ultima giornata del turno di andata del campionato di serie A2. Una sconfitta che piazza la società del presidente Rossano al quinto posto del girone ovest, fuori dai primi quattro posti che avrebbero regalato la qualificazione alle Final Eight di Coppa Italia.

Un secondo quarto da dimenticare ha condannato alla sconfitta il team gialloblù, che nella restante parte di gara, pur lottando strenuamente, non è più riuscita a recuperare il pesante gap subito, anche per merito della formazione di casa, che ha tirato con percentuali elevate sia dalla media che dalla lunga distanza (63% da due e 58% da tre, contro rispettivamente 50% e 42%), ha dominato nel pitturato (35 rimbalzi contro 22), ha ruotato bene gli uomini e difeso con la giusta aggressività e determinazione.

La partita inizia con la quinta ingranata. I due quintetti sono subito in palla e fanno entrare immediatamente la sfida nel vivo. Il punteggio è in equilibrio per i primi minuti (9-9 al 6’), con Sherrod principale terminale offensivo gialloblù. Le sostituzioni per entrambe le formazioni servono a mantenere costantemente elevato il ritmo del gioco. Martinoni e Blizzard provano a dare uno strattone al match (23-19 al 10’), ma l’equilibrio si conferma tale anche al termine della prima frazione 23-21.

Nel secondo periodo cambia l’andazzo della sfida e i padroni di casa, con Severini e Blizzard, fanno la voce grossa (39-23 al 14’). La Givova Scafati smarrisce la bussola e la via del canestro, facendosi superare dall’avversario, che aumenta il proprio margine di vantaggio (44-27 al 16’). Poche idee in attacco e tanti errori al tiro condizionano il tentativo di rimonta dei gialloblù, che, pur riordinando le proprie idee, non riescono ad arginare capitan Martinoni e soci, che raggiungono l’intervallo avanti 53-31.

Crow e Santiangeli dalla lunga distanza provano a tenere aperta la contesa (57-40 al 23’). Ma la Novipiù non molla la presa e, grazie a Sanders, conserva un cospicuo vantaggio (63-40 al 24’). Ci prova Lawrence a suonare la sveglia (59-48 al 26’) e trova manforte in Spizzichini e Santiangeli (71-54 al 29’), nonostante l’aumento dell’intensità difensiva, la sfida resta saldamente nelle mani dei locali anche al termine della terza frazione (73-54).

E’ un buon momento per la compagine dell’Agro, che rosicchia qualcosina (bene Spizzichini) e costringe coach Ramondino al time-out (76-62 al 32’). Lawrence si carica sulle spalle il peso dell’attacco (84-71 al 35’), ma non è sufficiente a consentire ai viaggianti di rientrare in partita, saldamente nelle mani di Severini, Tomassini e compagni (90-73 al 39’), che chiudono senza problemi la contesa avanti 95-74.

Dichiarazione di coach Giovanni Perdichizzi al termine del match: «Vanno fatti i complimenti a Casale Monferrato per la grande partita e per il secondo quarto travolgente, nel quale ammetto di avere avuto qualche responsabilità, perché ho abusato nelle rotazioni, tenendo in campo qualcuno che, dopo lo sforzo d Legnano, forse avrebbe avuto bisogno di un po’ di riposo in più. Mi assumo quindi tutte le responsabilità di quanto accaduto nella seconda frazione, per il quale mi scuso con tutti, principalmente con i tifosi. Nel terzo e quarto periodo abbiamo provato a rimontare, ma i padroni di casa erano in una di quelle giornate in cui hanno messo energia fuori dal comune, che noi non siamo mai riusciti a limitare. Dobbiamo recitare il “mea culpa”, soprattutto per quanto fatto in difesa, perché abbiamo subito 95 punti e non è affatto nelle nostre corde».

NOVIPIU’ CASALE MONFERRATO – GIVOVA SCAFATI 95- 74 ( Parziali: 23-21; 30-10; 20-23; 22-20)

NOVIPIU’ CASALE MONFERRATO: Ielmini n. e., Banchero n. e., Denegri 5, Tomassini 10, Valentini, Blizzard 17, Martinoni 10, Severini 17, Cattapan, Bellan 3, Sanders 19, Marcius 14. ALLENATORE: Ramondino Marco. ASS. ALLENATORI: Valentini Andrea e Fabrizi Andrea.
GIVOVA SCAFATI: Lawrence 20, Crow 6, Trapani n. e., Spizzichini 17, Romeo, Ranuzzi 5, Ammannato 3, Pipitone, Santiangeli 12, Sherrod 11. ALLENATORE: Perdichizzi Giovanni. ASS. ALLENATORE: Marzullo Alessandro.

ARBITRI: Ursi Stefano di Livorno, Dionisi Alessio di Fabriano (An) e Lestingi Paolo di Anzio (Rm).

NOTE: Tiri dal campo: Casale Monferrato 40/65 (62%); Scafati 25/54 (46%). Tiri da due: Casale Monferrato 29/46 (63%); Scafati 15/30 (50%). Tiri da tre: Casale Monferrato 11/19 (58%); Scafati 10/24 (42%). Tiri liberi: Casale Monferrato 4/5 (80%); Scafati 14/18 (78%). Falli: Casale Monferrato 19; Scafati 12. Usciti per cinque falli: nessuno. Espulsi: nessuno. Rimbalzi: Casale Monferrato 35 (27 dif.; 8 off.); Scafati 22 (17 dif.; 5 off.). Palle recuperate: Casale Monferrato 8; Scafati 4. Palle perse: Casale Monferrato 11; Scafati 14. Assist: Casale Monferrato 29; Scafati 17. Stoppate: Casale Monferrato 2; Scafati 2. Spettatori: 1.200 circa.

Torre Annunziata, il ricordo del maresciallo D’Alessio, vittima della camorra

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Torre Annunziata ricorda il Maresciallo D’Alessio e la 16enne Rosa Visone, morti durante uno scontro a fuoco contro la camorra

Torre Annunziata, trentasei anni fa morivano il maresciallo Luigi D’Alessio e la sedicenne Rosa Visone a causa di uno scontro a fuoco. Oggi in piazza De Nicola, il Comando Gruppo Carabinieri di Torre Annunziata, guidato dal colonnello Filippo Melchiorre, il sindaco Vincenzo Ascione e la vedova D’Alessio, hanno ricordato la triste vicenda datata 8 gennaio 1982:  quel giorno il maresciallo D’Alessio, in servizio presso la caserma oplontina, si imbattè in due camorristi che furono fermati ad un posto di blocco. I due malviventi tentarono di sfuggire al posto di controllo e ne scaturì un conflitto a fuoco nel quale persero la vita lo stesso carabiniere e la giovane Rosa Visone, colpita da proiettili vaganti. Alla cerimonia erano presenti autorità, l’associazione Libera e alcuni membri dell’Amministrazione comunale.

Il Sindaco ha tenuto un discorso di apertura in cui ha affermato cheTorre Annunziata negli anno 80 era terra di morte, e che oggi dobbiamo celebrare la vita, la nostra città deve tornare a vivere ed eliminare il più possibile la delinquenza. Parole di speranza quelle del Sindaco, dato anche quello che sta succedendo nella periferia della città. La cerimonia continua con una breve lettura del giuramento dei Carabinieri, accompagnato dalla tromba del “Silenzio militare”.

Il Maresciallo D’Alessio morì facendo il suo dovere: riconobbe su una vettura di grossa cilindrata due pericolosi camorristi, legati al clan Cutolo, latitanti da tempo. Dopo un inseguimento, D’Alessio scese e chiese i documenti, ma fu sorpreso dalla estrema rapidità con cui furono sparati numerosi colpi di pistola. Il Maresciallo aveva solo 41 anni, vittima della camorra e del dovere.

 

Napoli, trovato amianto nelle abitazioni: famiglie sgomberate

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Napoli, trovato amianto nelle baraccopoli di Ponticelli e Pozzuoli: si avvia lo sgombero delle famiglie

Il quattro gennaio il sindaco Vincenzo Figliolia ha firmato un’ordinanza di sgombero: dopo le indagini ordinate un anno fa dalla procura di Napoli, gli oltre duecento occupanti dei 48 container di via Dalla Chiesa a Pozzuoli, costruiti come dimora di fortuna durante il terremoto degli anni ’80 e il bradisismo dell ’84, devono andare via entro gennaio. È confermato che in quelle baraccopoli ci sono, oltre alle muffe, anche particelle velenose che si liberano dalle lamiere lesionate. Lo stesso accade nella zona est di Napoli, a Ponticelli, campo bipiani, dove i cassoni costruiti per il terremoto degli anni 80 sono diventate delle vere e proprie dimore. Qui sono presenti dodici blocchi di prefabbricati  ammuffiti dove i bambini giocano tra centinaia di fili elettrici aggrovigliati e vicoli attraversati da scoli di ogni genere. Umidità e topi si si intrufolano nelle casette, promiscuità e soprattutto rischio amianto. Parecchi sostengono di aver perso i loro familiari per cancro ai polmoni. Alcuni dopo il terremoto sono riusciti a rialzarsi e a provvedere al fabbisogno della propria famiglia, altri sono rimasti lì, anche se attualmente le baracche sono abitate da persone che non hanno mai avuto una casa, da senza tetto, extracomunitari ed altri. Apparentemente queste sembrerebbero essere le ultime due zone ad essere a rischio amianto, anche se, come sappiamo, a causa delle diverse gare di appalto truccate che si sono susseguite a Napoli, con il tempo, non meraviglierebbe se se ne trovasse traccia anche in qualche scuola.

Milan, Gattuso sugli azzurri: “Mi piace vedere giocare il Napoli e come prepara le gare Sarri”

Le sue parole

Intervistato da Premium Sport, Gennaro Gattuso, allenatore del Milan, ha dichiarato: “Mi piace tanto vedere come gioca il Napoli di Sarri e, per come prepara la partita e vede il calcio, mi rivedo un po’ in Conte anche se a me ovviamente manca ancora tanto per raggiungere certi livelli”.

Dagli stadi alla politica, il nostro razzismo quotidiano

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Più di un italiano su due giustifica il razzismo ma in gran parte esclude di essere razzista: Mattia Feltri indaga tra i numeri di un odio che non tende a scemare, e che ha nel mirino migranti e rom e alimenta anche antisemitismo e omofobia.

Razzisti della porta accanto, un italiano su due giustifica violenze e aggressioni sui social

Migranti e rom nel mirino, dilagano antisemitismo e omofobia

Dei 55 italiani su cento che, rispondendo a un sondaggio di Swg (15 novembre 2017), hanno giustificato il razzismo, la gran parte probabilmente escluderebbe di essere razzista. La domanda era diretta: «Determinate forme di razzismo e discriminazione possono essere giustificate?». Per il 45 per cento è «no mai». Per il 29 «dipende dalle situazioni». Per il 16 «solo in pochi specifici casi». Per il 7 «nella maggior parte dei casi». Per il 3 «sempre». Se la domanda fosse stata «lei è razzista?» è presumibile che avrebbe risposto sì il 3 per cento per cui il razzismo è giustificabile sempre, e forse alcuni del 7 per cento per cui è accettabile nella maggior parte dei casi. Il razzismo è una malattia insidiosa, dà sintomi vaghi, talvolta deboli o indecifrabili: non si prende il razzismo come un’influenza, dall’oggi al domani.

Matteo Salvini esclude di essere razzista (in buonissima fede, si deve presumere) eppure il primo gennaio ha scritto un tweet che, nella sua apparente innocuità (fra centinaia ben più aggressivi scritti dal capo leghista), spiega bene la noncuranza del pensiero e del linguaggio: «Vado a Messa a Bormio, e sento dire dal prete che bisogna “accogliere tutti i migranti”. Penso ai milioni di italiani senza casa e senza lavoro, al milione di bambini che in Italia vivono in povertà, e prego per loro». Naturalmente è legittimo e per niente illogico ritenere che non si possano accogliere tutti i migranti, ma pregare per i poveri italiani sembra una trasposizione un po’ temeraria del sovranismo nella fede: è complicato pensare a un Dio che accolga preghiere in base al passaporto o al colore della pelle, ed è stupefacente intuire tanti cristiani disinvoltamente immemori della vocazione universalistica ed ecumenica del cristianesimo, costituzionalmente antirazzista.

Il linguaggio della politica  

Anche Massimo Corsaro, deputato di centrodestra, ogni volta trasecola. Dopo il derby della settimana scorsa, ha dato dello zingaro all’ex allenatore del Torino, Sinisa Mihajlovic. Così come si era rivolto al collega ebreo, Emanuele Fiano, dicendo che portava le sopracciglia folte per nascondere i segni della circoncisione. In entrambi i casi, Corsaro ha ammesso una certa intemperanza linguistica, dovuta alla foga, ma nessun cedimento al razzismo. La novità evidente è che certe cose, fino a pochi anni fa, un uomo delle istituzioni non si sarebbe nemmeno sognato di dirle e tantomeno l’avrebbe fatta franca.

La violenza quotidiana

Un’inchiesta dell’associazione Lunaria, presentata a Montecitorio lo scorso ottobre, ha registrato 1483 casi «di violenza razzista e discriminazione» tra il primo gennaio 2015 e il 31 maggio 2017. Da gennaio 2007 ad aprile 2009, la stessa Lunaria ne aveva registrati 319. Di questi 1483 casi, 1197 vanno alla voce violenza verbale, e non bisogna per questo pensare che siano meno gravi: un anno fa Pateh Sabally, ventiduenne gambiano, decise di suicidarsi buttandosi nel Canal Grande a Venezia; da un vaporetto lo videro dimenarsi, nessuno si lanciò per salvarlo, alcuni gli fecero un video mentre affogava, qualcuno rideva e diceva «ueh Africa», qualcuno gli diceva «scemo», «negro». Lo scorso giugno, in un centro estivo del riminese, una bambina cadde mentre giocava e due coetanei le dissero «ti sta bene che sei caduta, a terra devono stare i negri» e «io vicino a una negra non ci sto». Lo scorso novembre, in provincia di Padova, in una partita fra quattordicenni un ragazzo nigeriano si sentì dire due volte «stai zitto negro» da un avversario che poi gli rifilò un pugno, e quando il nigeriano reagì fu espulso dall’arbitro. Sono episodi pescati alla rinfusa fra centinaia. Se ne sono citati due consumati fra bambini o ragazzini per rendere l’idea dell’aria che tira.

Le istituzioni contagiate  

L’aspetto più stupefacente del lavoro di Lunaria è che il maggior numero dei casi (615) ha per protagonisti «attori istituzionali». Hanno spesso a che fare coi sindaci e le loro ordinanze teoricamente a tutela dell’ordine pubblico. Nell’agosto 2016 il sindaco dem di Ventimiglia vietò la distribuzione di cibo ai migranti in attesa alla frontiera; nello stesso periodo la sindaca di Codigoro, Ferrara, (sempre Pd) propose tasse più alte per chi affittava appartamenti ai richiedenti asilo; nel settembre 2017 il sindaco leghista di Pontida, Bergamo, decise di riservare i parcheggi soltanto a donne comunitarie ed etero. Sindaci di sinistra e di destra, tutti accomunati dallo stupore del giorno dopo, e dalla spiegazione che no, mica si trattava di razzismo. Poi, naturalmente, ci sono anche le violenze fisiche: 84. Un solo esempio, notissimo: nel luglio 2016 Emmanuel Chidi Namdi, trentaseienne nigeriano, fuggito dalle persecuzioni d’estremismo islamico di Boko Haram, passeggiava per Fermo con Chinyery, la fidanzata ventiseienne, quando due del posto hanno preso a chiamarla «scimmia»; Emmanuel provò a difenderla e fu aggredito con una spranga e, caduto a terra, massacrato a calci e a pugni.

L’intolleranza via social  

Fin qui si tratta di fatti di cronaca, ma poi c’è una frenetica attività di razzismo quotidiano. L’associazione Vox, in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano e La Sapienza di Roma, ha monitorato il social Twitter nel periodo che va dall’agosto 2015 al febbraio 2016, e ha trovato 412 mila tweet misogini, razzisti o omofobi. Circa 42 mila tweet erano contro i migranti in quanto tali, soprattutto se musulmani. Secondo il Pew Research Center (Think Tank di Washington) il 68 per cento degli italiani è ostile ai musulmani, e del resto un’indagine di Ipsos evidenzia che in Italia la maggioranza è convinta che gli immigrati di religione musulmana siano oltre il 20 per cento della popolazione, quando invece la percentuale balla fra il 2,5 e il 3,5 per cento (secondo varie fonti, che tengono più o meno conto dell’immigrazione clandestina). Così, per tornare all’inizio, al sondaggio di Swg, si scopre che tendenzialmente gli italiani preferiscono per vicino di casa un ebreo piuttosto che un musulmano, ma preferiscono un altro italiano piuttosto che un ebreo, qualsiasi cosa voglia dire, visto che gli ebrei in Italia sono quasi tutti italiani.

Cresce l’antisemitismo 

E qui arriviamo all’ultimo studio, proposto dalla Anti Defamation League – Osservatorio antisemitismo Italia. Nel 2016 i casi di antisemitismo in Italia sono stati 130, almeno quelli di cui si è venuti a conoscenza; dieci anni prima, nel 2006, erano stati 45. «Dalla Palestina alla Patagonia… Gli avvoltoi giudei alla conquista del pianeta», «sionisti cancro dell’umanità», «semiti assassini rituali» si legge su vari profili Facebook dedicati alla riemergente lotta all’ebreo; nei dintorni dell’antico ghetto di Ferrara, poche settimane fa, via Voltapaletto è stata trasformata a vernice in via Hitler; all’ingresso del liceo Seneca di Roma, a ottobre è apparsa la scritta «ingresso ebrei».

Anche qui si potrebbe andare avanti per pagine, resta giusto lo spazio per dire che – sempre secondo l’Anti Defamation League – nel 2014 il 20 per cento degli italiani aveva sentimenti o pregiudizi antiebraici (come, per esempio, «gli ebrei muovono l’economia mondiale contro gli altri popoli»), e nel 2015 erano saliti al 29. E per ricordare la manifestazione filopalestinese del 29 dicembre a Milano, piazza Cavour, dove immigrati musulmani hanno scandito un coro tradizionale: «Ebrei tremate, l’armata di Maometto ritornerà». Per sottolineare l’ovvio: nelle società dove il razzismo cresce, chi lo subisce spesso poi lo alimenta, in un clima facilone, crudele ed epidemico in cui tutti hanno conquistato il diritto alla spudoratezza.