Quale etica per lo sport? Cerchiamo la risposta più autentica e vera

Per la risposta alla domanda "Quale etica per lo Sport", partirei dal rispetto della procedura, come viene assunta dallo psicologo Eric Berne

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Per trovare per primi la risposta più autentica e vera alla domanda “Quale etica per lo Sport”, partirei dal rispetto della procedura, come viene assunta dallo psicologo Eric Berne. Lo psicologo in questione enunciava: “legame tra efficienza, intesa come conoscenza di un determinato ambito, ed efficacia, ottenimento risultati voluti”. A questo concetto aggiungerei la permeabilità delle scienze come insegnatoci dal prof. Franco Ferrarotti con il suo concetto interdisciplinare di “scienza che fecondi un’altra scienza”.

Tali maestri ci orientano verso la comprensione del fatto che separare la realtà, in base ai molteplici punti di vista, non ci conduce a conoscerne la complessità: la realtà è di per sé complessa e il suo senso risiede proprio in questa sua connotazione. La politica adottata da qualsiasi istituzione staccata dalla sociologia, dalla psicologia, dalla pedagogia, dall’economia, porta a progetti monchi. I progetti vanno alimentati non solo dalle “buone intenzioni” ma da parole precise come un compasso e ricchi di dati informativi e formativi. I dati vanno rispettati e amati in quanto rispecchiano la realtà.

Inizio una macro analisi partendo da un interrogativo: lo sport è servito e serve a coprire dure realtà?

Prima di tutto lo sport non dovrebbe essere servo di nessuno semmai aiutarci a comprenderle. Cito fatti emblematici come parte integrante della recente storia dello sport.

Nel pugilato è molto frequente l’abbraccio tra i due pugili antagonisti dopo l’emissione del verdetto da parte dell’arbitro che alza il braccio del vincitore. Durante lo svolgersi dei rounds i due si sono compresi e valutati attraverso le azioni tecnico tattiche espresse e situati in una equa scala di valori condivisi che consente l’abbraccio come riconoscimento della competenza nell’azione dimostrata durante il tempo di gara. A volte il pugile che spedisce al tappeto il suo avversario gli si avvicina per rendersi conto della misura del malessere che gli ha procurato e lo aiuta a rialzarsi. (Mike Tyson, il nostro Agostino Cardamone ecc).

Il ciclismo è ricco di gesti nobili compiuti dai suoi agonisti. Pensiamo al passaggio della borraccia tra Bartali e Coppi. Tour de France 2022, in una tappa cruciale per la vittoria finale, Pogacar cade, Vingegard si ferma e lo aspetta. Vincerà lealmente la tappa e il tour. Qualche tour addietro Chris Froome, vincitore di tours e giro d’Italia, in discesa viene ripreso da un super discesista, Tom Pidcock, che lo supera e invece di seminarlo lo rispetta come grande campione e gli dice di mettersi alla sua ruota per aiutarlo nelle traiettorie.

Nella pazzesca Formula Uno tutti noi ricordiamo il salvataggio che fece Arturo Merzario, insieme ad altri due piloti, nell’estrarre Niki Lauda dalla sua vettura in fiamme. Lo stesso gesto eroico lo fece il grande Ayrton Senna per salvare un suo rivale.

Il doppio Panatta – Barazzutti in finale alla coppa Davis svoltasi nel Cile di Pinochet indossarono per protesta una t-shirt rossa.

Nel calcio si usa perdere il possesso del pallone inviandolo fuori campo quando un avversario, che non commetta esercizio alla frode per ottenere la punizione in suo favore, è veramente a terra a seguito di un vero trauma, vedi Di Canio che invece di tirare in porta rinuncia in quanto il portiere era a terra contorcendosi dal dolore.

Giovanni Soldini, pur essendo in vantaggio nella traversata oceanica “in solitaria” rispetto alla sua antagonista Isabelle Autissier che aveva scuffiato, non si esime di andarla a cercare e salvarla da sicura morte in mezzo all’oceano in tempesta.

Fin qui esempi di comportamenti etici che ci fanno amare lo sport e gli sportivi.

Di seguito breve descrizioni di eventi che hanno strumentalizzato lo sport per altri fini direi inammissibili e non di etica.

Campionati del mondo in Qatar. Oltre le bandiere, le fanfare, il fasto, ci sono 6504 operai vittime durante i lavori di edificazione delle strutture faraoniche che hanno accolto la manifestazione più importante al mondo. Tutti contenti dello spettacolo ma la condizione femminile, gli omicidi di persone contrarie al regime, quando se ne parla? Si è cominciato a parlare del Qatar-gate. I due più importanti giocatori del mondo giocano per il Qatar in quanto proprietario di eccellenti squadre. Ma non dovrebbero essere esempi per i giovani attuando un comportamento da veri campioni anche nella società civile?

Le Olimpiadi di Los Angeles furono monche. Non parteciparono tutti i paesi influenzati dall’URSS.

I giochi olimpici di Mosca furono boicottati da quei paesi influenzati dagli USA. Noi vincemmo tre medaglie d’oro grazie alle splendide prestazioni di Sara Simeoni, Pietro Mennea, Patrizio Oliva. Quando salirono sul gradino più alto del podio suonò l’inno del CONI e non quello di Mameli perché tali atleti parteciparono come società regolarmente affiliata alla rispettiva federazione del CONI. Un simile episodio è capitato in occasione dei G.O. di Tokio per gli atleti russi. La Russia non fu ammessa per dimostrato uso di sostanze dopanti da parte di diversi atleti ed entourage.

Olimpiadi di Monaco ’72. Blitz contro blitz, 16 morti.

Mexico ’68. Strage di 100 campesinos alla piazza delle “tre culture” che chiedevano acqua e non giochi.

Un cenno per concludere queste tristi pagine di storia sportiva ci porta a rivisitare in senso critico le origini delle olimpiadi moderne fondate dal barone De Coubertin. Questo personaggio eclettico ricopriva il ruolo di collaboratore del ministro degli esteri in un periodo di forte espansione coloniale francese e reduci dalla sconfitta della guerra Franco-Prussiana. Fu una guerra che misurò le “bocche di fuoco” in campo, la battaglia di Sedan con l’assedio dei soldati prussiani all’esercito francese che fu costretto ad arrendersi e a deporre le armi. I soldati prussiani venivano arruolati e presi da ogni dove se avevano le caratteristiche fisiche che noi del pugilato riconosciamo nella categoria dei “+ 91”. I giovani in quell’epoca si bruciavano con la “fata verde” conosciuto come assenzio. Quale migliore antidoto che divulgare lo sport come catalizzatore di energia e costruttore di “forti braccia”?

A cura di Massimo Scioti

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