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Piazza San Carlo sia almeno d’esperienza per il futuro

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Quello che è capitato in Piazza San Carlo a Torino, 1527 le persone rimaste ferite, ha anche mostrato, come sempre accade in queste occasioni, il meglio e il peggio di noi umani. E a raccontarle è Giuseppe Culicchia, perché diventi un’esperienza che ci deve insegnare qualcosa per il futuro.

Una tragedia sfiorata e l’incubo dello Statuto

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Torino, in piazza San Carlo, sabato sera, chi c’era ha avuto la sensazione di aver rischiato qualcosa di paragonabile al rogo del cinema Statuto. La folla, spaventata dallo scoppio di un petardo di quelli che vengono usati dalle tifoserie di tutta Italia anche se di norma non dovrebbero poter entrare in uno stadio, ha cominciato a sbandare in preda al panico: la nostra del resto è l’epoca del terrore, e una folla non pensa, agisce. Tra chi c’era, qualcuno ha pensato ai fatti di Manchester, e qualcun altro senz’altro all’Heysel. Nella calca, i più fortunati sono riusciti a imboccare la via di fuga dei portici, defluendo in via Roma e nelle strade circostanti. Ma una massa di persone che perde il controllo per via della paura, si sa, è ingovernabile e quanto mai pericolosa. Risultato: oltre 1.500 feriti, di cui otto gravi e tre in rianimazione, due donne e un bambino di sette anni portato in piazza per quella che doveva essere una festa ma che tale non è stata. In molti, trascinati via, hanno perso di vista le persone con cui erano arrivate al cospetto del maxi-schermo allestito nel celebre salotto buono della città. Nel fuggi fuggi, chi si è ritrovato senza scarpe ha finito per ferirsi a causa dei cocci delle bottiglie di birra in vetro che in teoria non sarebbero dovute entrare in piazza, alla pari del petardo. E come sempre accade in queste occasioni è venuto fuori il meglio e il peggio di noi umani.

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Per quanto riguarda il peggio, un paio di sciacalli: lesti ad avventarsi su borse e zainetti e cellulari e portafogli approfittando della confusione e dello shock di chi forse non sapeva più neppure se quella fosse davvero Torino, davvero piazza San Carlo. Per quanto riguarda il meglio, invece, la Torino che non perde la calma e che sa come mettersi al servizio del prossimo nel momento del bisogno: e dunque i tanti che sono accorsi per prestare soccorso ai feriti oppure li hanno accolti nelle loro case, coi tassisti che hanno cominciato a fare la spola con gli ospedali trasportando gratuitamente chi aveva bisogno di cure, i volontari delle ambulanze che per ore hanno percorso la città a sirene spiegate, e il personale degli ospedali che di turno il sabato notte ha saputo far fronte a una vera e propria emergenza. Anni fa, per questo giornale, raccontai la storia di un vigile del fuoco che a Torino, la sera del 13 febbraio 1983, fu tra i primi a entrare nel cinema Statuto. «Non potrò mai dimenticare quello che ho visto», mi disse, e anche se da quel rogo era trascorso ormai un trentennio e nel corso della sua carriera fosse andato in missione nei luoghi colpiti da terremoti devastanti, dall’Irpinia al Friuli, vedendo altri morti e altre distruzioni, quell’uomo in uniforme si mise a piangere.

Ecco: a Torino, sabato sera, in piazza San Carlo, la tragedia del cinema Statuto per fortuna non si è replicata. Chi c’era, oggi può raccontarlo. E probabilmente, raccontando ai suoi cari la fine allucinante di quella che doveva essere una festa ma che festa non è stata, dirà di avere anche avuto fortuna, tutto sommato. Di sicuro, non dimenticherà. Le tracce di sangue sui muri degli edifici eleganti del salotto della città, e sulle colonne dei portici, poco per volta verranno ripulite, spariranno. Ma proprio com’è stato per il cinema Statuto, la sera di sabato deve insegnarci qualcosa, e non dovremo dimenticarla.

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lastampa/Una tragedia sfiorata e l’incubo dello Statuto GIUSEPPE CULICCHIA

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