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Casini: “Basta regolamenti di conti sulle banche”

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In un’intervista Pier Ferdinando Casini parla delle crisi bancarie, da Montepaschi agli istituti veneti. Il presidente della commissione parlamentare d’inchiesta annuncia che convocherà il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, e il capo della Consob, Giuseppe Vegas, ma avverte che “per il futuro bisogna cambiare e mettere fine ai regolamenti di conti. Anche perché non possiamo diventare terreno di conquista della finanza internazionale”. Per Franco Bruni è arrivato il momento di “riscrivere le regole della stabilità”.

Intanto nel Pd continuano le trattative tra Renzi e le minoranze. Oggi è prevista la Direzione del partito e il segretario punta a trovare l’intesa su un documento condiviso. Ma i problemi sono tanti, a partire dai rapporti con Mdp. Il centrosinistra non sa più parlarsi” commenta Federico Geremicca. “Bersani e D’Alema puntano a ottenere la testa di Renzi e lui lavora per l’obiettivo inseguito sin da quando Bersani e D’Alema erano ancora nel Pd e cioè ridurli all’irrilevanza politica”.

Casini: “Fare luce sarà spiacevole. In futuro servono nuove regole”

Parla il presidente della Commissione d’inchiesta sulle crisi bancarie: «Ascolteremo Visco e Vegas alla fine. Le tensioni? Sono inevitabili»

ROMA – Presidente Pier Ferdinando Casini, quando prevede che l’indagine parlamentare sul crac delle banche entrerà nel vivo?

«

Nel vivo ci siamo già. La Commissione d’inchiesta non ha perso tempo e segue una linea chiara: approfondire le crisi bancarie partendo dalle più recenti e procedendo a ritroso. Abbiamo indagato sui due istituti veneti, domani inizieremo con Montepaschi di Siena, cioè il caso più rilevante sul piano sistemico. Seguiamo un metodo istituzionale».

In che consiste?  

«Nel sentire anzitutto i magistrati, nel dare voce alle associazioni dei risparmiatori, nell’ascoltare gli istituti di vigilanza e gli attuali liquidatori».

Verrà anche il turno di Ignazio Visco?  

«Mi sembra difficile che questa Commissione possa concludere i lavori senza nemmeno aver sentito il governatore di Bankitalia e il presidente della Consob. Ascolteremo entrambi, ma verso la fine».

Perché non all’inizio? 

«Prima occorre che tutti gli aspetti da chiarire siano già sul tavolo, adesso sarebbe prematuro».

Ieri il segretario Pd, Matteo Renzi, nella sua lettera a La Stampa, scriveva: «Da questa vicenda tutti dobbiamo imparare qualcosa, non per regolare conti del passato ma per aiutare l’economia italiana del futuro». Sottoscrive? 

«E’ un proposito assolutamente condiviso non solo da me, ma in generale da tutte le forze politiche. Il nostro sistema bancario non può permettersi di diventare terreno di conquista da parte della finanza internazionale, e chi vuole intendere non ha bisogno che io aggiunga altro».

Scusi, però: non era lei tra quanti temevano che la Commissione avrebbe potuto recare più danni che benefici?  

«Ho avuto dei dubbi che risultano agli atti. Non a caso sto lavorando, nella carica da me non richiesta né cercata di presidente della Commissione, per evitare che l’accertamento dei fatti diventi terreno di scontro da campagna elettorale, con tutta la strumentalità del caso, e si concentri piuttosto sull’oggetto costitutivo fissato dalla legge: capire cosa non ha funzionato nella gestione degli istituti bancari coinvolti, se l’attività di vigilanza è stata idonea e tempestiva, fornire indicazioni per prevenire altri casi. Voglio dare atto della serietà con cui condividono questo percorso il gruppo parlamentare di Forza Italia, a partire da Renato Brunetta, e quello del Pd, incominciando da Mauro Marino. C’è l’idea comune che la Commissione non sia la sede di un regolamento di conti, ma serva soprattutto a dare indicazioni anche severe per il futuro. Se riusciremo nel nostro intento, questo lavoro sarà stato utile»

Altrimenti?  

«In caso contrario parleremo di occasione persa. Ma ho fiducia».

Se è così fiducioso, come spiega le richieste di ascoltare davanti alla Commissione i «gemelli del crac» nel Veneto, Consoli e Zonin? Equivarrebbe a spargere nuove nuvole tossiche…  

«Infatti non sono stati convocati. Chi ha responsabilità gravissime, penali e personali, di cui rispondere è giusto che si difenda nelle aule di tribunale, non utilizzando la cassa di risonanza del Parlamento. Che oltretutto non li potrebbe nemmeno ascoltare come testimoni, in quanto imputati davanti alla giustizia ordinaria».

Pratica già archiviata?  

«Archiviata no. Deciderà l’ufficio di presidenza, comunque la mia opinione non è affatto un segreto».

Abbiamo appena assistito a uno scontro mai visto prima tra Banca d’Italia e Consob, con duri scambi di colpi. È giusto risciacquare in pubblico i panni delle istituzioni di vigilanza?  

«Invito a confrontare i nostri toni con quelli di commissioni analoghe di altri Paesi, incominciando dagli Stati Uniti. È difficile evitare le tensioni. E comunque, le divergenze tra Banca d’Italia e Consob non ce le siamo inventate noi commissari. Sono purtroppo una realtà. Migliaia di italiani hanno visto sfumare i loro risparmi non sempre per effetto delle normali dinamiche di mercato: molti collocamenti sono avvenuti senza che gli investitori conoscessero le condizioni di dissesto in cui versavano certe banche, oppure con modalità pregiudizievoli per le persone più sprovvedute e con la pratica diffusa delle cosiddette “baciate”».

Dove termina, secondo lei, l’accertamento della verità e comincia invece l’autolesionismo?  

«È ovvio che fare luce comporta chiarimenti spiacevoli, ma non possiamo nemmeno recitare la parte di Alice nel paese delle meraviglie. Scaricarne la colpa sulla Commissione d’inchiesta sarebbe troppo facile e comodo per tutti».

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