Renzi punta a trovare l’intesa su un documento condiviso

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Nel Pd continuano le trattative tra Renzi e le minoranze. Oggi è prevista la Direzione del partito e il segretario punta a trovare l’intesa su un documento condiviso. Ma i problemi sono tanti, a partire dai rapporti con Mdp. Il centrosinistra non sa più parlarsi” commenta Federico Geremicca. “Bersani e D’Alema puntano a ottenere la testa di Renzi e lui lavora per l’obiettivo inseguito sin da quando Bersani e D’Alema erano ancora nel Pd e cioè ridurli all’irrilevanza politica”.

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ROMA – C’è un’idea a cui ieri, alla vigilia della direzione Pd, gli emissari renziani stavano lavorando. Riuscire a evitare che le minoranze presentino ordini del giorno per convergere tutti su un documento condiviso, un testo da scrivere oggi concordandolo alla virgola, che dichiari una disponibilità al confronto con tutte le forze di sinistra. Dopo giorni di discussioni sulle alleanze e sulla reale volontà del segretario Renzi di lavorare a una coalizione, al dunque di una direzione che dovrà discutere di quello oltre che della débâcle siciliana e del tema dei vitalizi, il tentativo tra chi guida Largo del Nazareno è quello di restituire all’uscita dalla riunione l’immagine di un Pd compatto.

Operazione non facile, come sa chi ci sta lavorando. Quella di costruire un documento tutti insieme è solo un’ipotesi: talvolta, le direzioni dem si chiudono con un voto sulla relazione del segretario, talaltra con un voto su un testo. Ma sul discorso di Renzi nessuno ha possibilità di mettere le mani: per quanto aperturiste, il rischio è che alle minoranze le sue parole non bastino. Per questo circola l’idea di un testo ulteriore che, rispettando lo spirito del segretario, possa trovare gli accenti giusti per accontentare tutti e evitare divisioni che, sebbene ininfluenti sul piano dei numeri (Renzi ha una maggioranza schiacciante), restituirebbero l’immagine di un partito diviso.

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In un’intervista Pier Ferdinando Casini parla delle crisi bancarie, da Montepaschi agli istituti veneti. Il presidente della commissione parlamentare d’inchiesta annuncia che convocherà il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, e il capo della Consob, Giuseppe Vegas, ma avverte che “per il futuro bisogna cambiare e mettere fine ai regolamenti di conti. Anche perché non possiamo diventare terreno di conquista della finanza internazionale”. Per Franco Bruni è arrivato il momento di “riscrivere le regole della stabilità”.

Ammesso che questo possa bastare, perché la discontinuità che una parte del partito chiede è nei contenuti, dall’occupazione giovanile ai ticket sanitari fino allo spinoso argomento dell’articolo 18. E Renzi non ha nessuna intenzione di pronunciare abiure e cambiare rotta su quanto fatto negli anni di governo, anzi: dal Jobs act («ne farei un altro», ripete a ogni piè sospinto) al lavoro di Minniti sull’immigrazione alla flessibilità strappata all’Europa, quello che per una parte del partito è da rivedere, per lui sono ottimi risultati da rivendicare, «abbiamo salvato l’Italia», è quello che lui pensa.

Quello su cui cercherà il consenso delle sue opposizioni interne, forte dell’appello di ieri di un padre nobile come Veltroni, è l’impegno sulla coalizione. «Ci stiamo sinceramente lavorando», insiste, guardando al centro ma anche a sinistra. Giovedì sera, ospite a cena del maestro Riccardo Muti a Ravenna insieme a Dario Franceschini, l’ha messa così: «Mdp è un partito nato contro di me, ma abbiamo comunque il dovere di provare a stare insieme». Il fatto è che molti, nel partito e fuori, sono convinti che si tratti solo del gioco del cerino, una disponibilità generica e inconcludente, per arrivare a un nulla di fatto potendo incolpare gli altri del naufragio. Nel suo discorso proverà a convincerli della buona fede e della possibilità di stare insieme ragionando su come, anche dopo la scissione, in quattordici Regioni e migliaia di Comuni Pd e Mdp continuino a governare insieme.

Prima della direzione, il segretario avrà un incontro con Emma Bonino, Riccardo Magi e Benedetto Della Vedova, reso noto e fissato proprio a ridosso dell’incontro di partito come a dimostrare la buona volontà di parlare con tutti. Il leader della minoranza Andrea Orlando da giorni chiede però un atto concreto anche verso Mdp: per questo oggi dalla minoranza si aspettano che il segretario si sbilanci a indicare una delegazione, o dei tempi certi per sedersi a un tavolo con gli scissionisti. Anche se in privato confessa di avere molti dubbi sulla reale volontà di tutta la sinistra di trovare un accordo, proverà a rassicurare il partito della sua volontà di provarci.

«L’importante è iniziare presto a ragionare sui contenuti: ogni giorno in cui parliamo di tatticismi elettorali e non di problemi reali perdiamo consenso», ha ripetuto in questi giorni ai suoi. Da qui la volontà di uscire oggi dalla riunione in modo unitario, per imprimere più forza alla proposta. E per evitare che, fuori dal Pd, si possa giocare sulle divisioni interne del partito.

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