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La fuga dell’attentatore di Berlino si conclude a Sesto (VIDEO)

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E

’ stato ucciso  Anis Amri, il tunisino di 24 anni considerato l’autore della strage che a Berlino è costata la vita a 12 persone, travolte da un tir in un mercatino di Natale. Secondo la tedesca Bild, il terrorista è stato colpito a morte dopo che aveva sparato a un agente di pattuglia durante un controllo di routine in piazza I Maggio. Amri, identificato grazie alle impronte, era appena arrivato dalla Francia, come dimostra un biglietto del treno trovato nel suo zaino.

Prima di essere ucciso ha estratto una pistola calibro 22 e urlando ‘Allah è grande’ ha sparato a un agente, colpendolo alla spalla,.

Proveniente da Tataouine e legato al gruppo che portò a termine la strage sulla spiaggia di Sousse, in cui trovarono la morte 38 persone, Amri ha soggiornato nel centro accoglienza di Kleve, nel Nord Reno Westfalia. Gli era stato negato l’asilo, ma aveva ottenuto un permesso di soggiorno temporaneo ad aprile. L’ordine di cattura nei suoi confronti e’ stato emesso in relazione a tutta l’area Schengen.

Video da youtube: Luxien S

L’Isis ha intanto messo la propria firma sull’attentato che lunedì 19 dicembre ha provocato anche 48 feriti, dei quali 14 in condizioni gravissime. Una delle vittime è l’italiana Fabrizia Di Lorenzo, 31enne abruzzese di Sulmona. che viveva dal 2013 nella capitale tedesca, dove lavorava per un’azienda di trasporti.

Chi era Amis Amri

Cinque anni in Italia, quasi tutti trascorsi in carcere: prima a Catania e poi a Palermo. Ed è proprio in galera che sarebbe avvenuta la radicalizzazione di Anis Amri, come ricostruisce “Il Fatto Quotidiano”

Amri arriva sulle coste italiane nel febbraio 2011, in piena primavera araba, a bordo di uno dei tanti barconi che approdano sulle rive lampedusane nei primi giorni di febbraio. È nato a Ghaza, in Tunisia, il 22 dicembre del 1992 e dunque sarebbe già maggiorenne. Alle autorità, però, mente sostenendo di avere ancora 17 anni. Dopo alcune settimane a Lampedusa il giovane viene spedito a Belpasso, in provincia di Catania, in un centro di accoglienza per minori. Qui viene ospitato in attesa che una commissione ministeriale valuti la sua richiesta d’asilo.

Una situazione che dura solo qualche mese: Amri, si fa subito segnalare tra le teste calde del centro. Si lamenta per la scarsa qualità del cibo, protesta per le lungaggini burocratiche necessarie per ottenere lo status di rifugiato politico. Il culmine viene raggiunto il 24 ottobre del 2011 quando Amri e altri quattro tunisini minacciano e picchiano il custode del centro e danno fuoco ai materassi delle stanze. Per quell’episodio viene condannato a 4 anni di carcere per minacce aggravate, lesioni personali e incendio doloso.

Sconta la pena prima nel carcere minorile di Catania Bicocca, poi all’Ucciardone di Palermo, dato che per le autorità aveva raggiunto la maggiore età soltanto nel 2012. Secondo SkyTg24 durante la sua detenzione fu sottoposto a “monitoraggio per atteggiamenti radicali anticristiani”, informazione però smentita da fonti investigative, citate anche da La Stampa: in galera, Amri si fa segnalare come detenuto violento ma non ha mai dato segni di radicalizzazione.

Scarcerato nel maggio del 2015, viene inviato al Cie di Caltanissetta ma il suo Paese non lo riconosce come cittadino tunisino e il procedimento di espulsione si blocca. A quel punto la prefettura nissena può solo intimargli di lasciare l’Italia, inserendo tutte le informazioni che ha sul suo conto nella banca dati Sis, il sistema di informazione Schengen. Il giovane rimane nel nostro Paese fino alla fine di giugno del 2015, quando parte per la Germania.

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