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Guariti per amare: Shara Pirrotti svela le trame del narcisismo e il cammino verso l’integrità

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Al Palazzo dei Duchi di Santo Stefano, ieri, nell’ultima giornata di Taobuk “Confini” Shara Pirrotti – scrittrice, paleografa, laureata in Lettere classiche con una specializzazione in Storia medievale – ha presentato il suo nuovo libro Guariti per amare (Anima Edizioni). 
Non è stato il classico “incontro d’autore”, ma un piccolo laboratorio di umanità, dove la ricerca accademica si intreccia con la cura delle ferite invisibili che l’abuso psicologico lascia sul corpo e nella mente.

«La felicità è riuscire ad essere chi siamo.»

La frase ha fatto da bussola a tutto il ragionamento, per guarire occorre prima di tutto smettere di inseguire immagini e narrazioni imposte, tornare al proprio baricentro. Da qui passa la liberazione dall’incantesimo narcisistico.

Un libro-cucitura

Guariti per amare nasce dall’ascolto di decine di storie reali: testimonianze affiorate da un silenzio imposto e spesso inascoltato. Pirrotti, che da anni studia il linguaggio emotivo come strumento di cura, ricompone quei frammenti con la stessa pazienza con cui in archivio decifra pergamene. Ne viene fuori un tessuto che è denuncia, certo, ma soprattutto restituzione di dignità: perché nominare il male significa strapparlo all’invisibilità, sottrarre potere al carnefice e restituire voce alla vittima.

Dentro l’ingranaggio del narcisismo

Shara Pirrotti ha accompagnato il pubblico nel meccanismo, sezionandone le tappe fondamentali con una chiarezza quasi clinica, ma senza mai perdere empatia.

Love bombing
La prima fase: attenzioni travolgenti, lodi continue, promesse di futuro. È la favola perfetta che genera dipendenza emotiva. Quando all’improvviso l’idillio si capovolge, la vittima resta a inseguire quel paradiso perduto, convinta di essere “sbagliata” se non lo ri-ottiene.

Gaslighting
Secondo stadio: la manipolazione della realtà. Il narcisista fa dubitare la vittima delle sue percezioni – “esageri”, “ti inventi tutto” – erodendo autostima e senso del vero. A quel punto la vittima finisce per usare lo sguardo del carnefice come metro di giudizio.

Le “scimmie volanti”
Infine arrivano i complici inconsapevoli – parenti, amici, colleghi – cooptati per sorvegliare, screditare o isolare ulteriormente la vittima. Il coro che rafforza la narrativa del maltrattante e rende l’assedio totale.

Le radici remote: il bambino che teme l’abbandono

Il punto più toccante dell’incontro arriva quando l’autrice fa un passo indietro, verso l’infanzia:

«Il bambino che vive in una famiglia in cui gli fanno credere di non valere nulla cresce col terrore dell’abbandono. Quando sarà adulto si accontenterà delle briciole, pur di sentirsi visto. Questo lo rende terreno fertile per chi usa l’amore come arma.»

Qui sta la vulnerabilità primaria. L’abuso non attecchisce nella debolezza ma nella fame antica di amore: di chi non ha mai imparato, da piccolo, che l’affetto può essere gratuito.

Ricucire i frammenti: il percorso di cura

Dare un nome alla violenza. Finché resta indicibile, sembra un destino individuale; quando viene nominata diventa un fatto storico, condivisibile, ribaltabile.

Prendersi cura di sé. Prima di salvare il mondo occorre salvare se stessi: guarire la ferita di abbandono, ricompattare l’identità dispersa.

Educarci (e educare) all’ascolto. Pirrotti insiste sulla scuola: “Bisogna esserci, vedere davvero i ragazzi, ascoltarli profondamente”. L’alfabetizzazione emotiva è l’antidoto di lungo periodo a una società che confonde attenzione con consumo.

Un lascito che va oltre Taobuk

Quando il panel si chiude, resta un silenzio denso: non quello imposto dal carnefice, ma il silenzio fertile di chi sta ridando un nome alle proprie ferite. Gli applausi arrivano dopo, quasi sottovoce ma forti e densi di una consapevolezza in divenire.

Guariti per amare si rivela così una mappa e una bussola insieme: indica la rotta per uscire dal labirinto narcisistico e, nello stesso tempo, incoraggia a fidarsi del proprio nord interiore.

«Forse, solo dopo aver salvato noi stessi, potremo davvero salvare gli altri», conclude Pirrotti.

Un messaggio che – uscito dal Palazzo dei Duchi di Santo Stefano – sembra destinato a camminare ben oltre i confini del festival, portando con sé la promessa di un amore finalmente libero di guarire.

Mariella Musso

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