Maltempo: dal 2010 al 2016 ci sono state oltre 145 le vittime e 7,6 miliardi di euro i danni 

La violenza del maltempo porta morte e distruzione in un’Italia il cui territorio si dimostra...

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La violenza del maltempo porta morte e distruzione in un’Italia il cui territorio si dimostra sempre più fragile. Roberto Giovannini ricorda come, nel periodo dal 2010 al 2016, sono state oltre 145 le vittime e 7,6 miliardi di euro i danni per il patrimonio pubblico, privato e per le attività produttive.

Italia fragile: in sei anni si sono verificati 242 eventi catastrofici

Un’ecatombe dovuta all’incuria e alla scarsa programmazione

È bastata la prima forte pioggia – con vere e proprie bombe d’acqua, e precipitazioni fino a 250 millimetri in sole due ore – a riportare morte e devastazione in un territorio già fragile. Un recente studio di Legambiente ricorda che dal 2010 al 2016 in Italia si sono registrati 242 eventi meteo catastrofici: 52 casi di allagamenti da piogge intense, 98 casi di danni alle infrastrutture da piogge intense, 56 giorni di stop a metro e treni urbani, 8 casi di danni al patrimonio storico, 44 casi di eventi tra frane causate da piogge intense e trombe d’aria e 40 esondazioni fluviali. Disastri che hanno causato la morte di oltre 145 persone e l’evacuazione di oltre 40mila. Un’ecatombe dovuta a incuria e scarsa programmazione, che ha un costo notevolissimo: tra il maggio 2013 e il dicembre 2016 per 56 casi di stato di emergenza sono stati accertati danni per circa 7,6 miliardi di euro per patrimonio pubblico, privato e attività produttive. Lo Stato ha stanziato solo circa il 10% di quanto necessario, 738 milioni di euro, erogandone fino ad oggi circa 618 milioni.

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Precipitazioni calate del 6% ma molto più violente  

Il territorio italiano è fragile, e amplifica gli effetti degli eventi meteo. Ma è anche cambiato il clima: meno “dolcezza” di piogge, temperature e calore, un maggiore numero di eventi estremi e, in generale, di maggiore intensità.

Secondo il recente rapporto dell’Ispra sugli indicatori del clima in Italia, nel 2016 sono state registrate temperature medie annuali sempre al di sopra della media storica (+1,35 gradi rispetto al trentennio 1961-1990), e soprattutto particolarmente alte durante l’inverno. Molto più scarse le precipitazioni: complessivamente inferiori alla media di circa il 6%. Tra i casi più estremi, i 334 giorni su 366 senza pioggia nei pressi di Nuoro, mentre Castellari, vicino Savona, ha avuto 125 giorni consecutivi asciutti. Nel Triveneto, in Lombardia, Marche e altre aree del Centro Sud, l’intero mese di dicembre del 2016 è stato praticamente asciutto. E l’estate 2017 appena terminata, è stata dappertutto all’insegna della siccità. Tuttavia, gli eventi meteo diventano più estremi e rovinosi: esemplare il novembre 2016 in Liguria e Piemonte, con piogge record pari a 583 millimetri in un solo giorno, e di 100 millimetri in una sola ora. Nel complesso l’umidità media sul territorio nazionale è diminuita del 2,4%, anche se non ci sono state ondate di calore. In superficie, la temperatura dell’acqua dei mari italiani ha segnato un’anomalia media di +0,99 gradi rispetto alle temperature medie storiche.

Il 21 per cento del Paese rischia la desertificazione  

Il 2017 è un’eloquente testimonianza: secondo gli esperti dello European Drought Observatory, l’ente europeo che monitora le situazione di siccità, dopo una delle primavere più asciutte degli ultimi 60 anni, in cui le precipitazioni sono calate anche dell’80%, in giugno e luglio si sono registrate importanti ondate di calore. Risultato: in agosto due terzi dell’Italia registravano livelli di siccità preoccupanti, con l’allargamento delle zone siccitose anche in aree del Paese come il Centro, che storicamente non avevano problemi. Le piogge, anche sconvolgenti, di queste ultime settimane non è detto che bastino a risolvere il problema. Anzi. Secondo gli scienziati, se piove dopo dieci giorni di bel tempo il terreno è comunque in grado di assorbire l’acqua; ma se la pioggia non si fa vedere per cento giorni il suolo diventa incapace di gestire il flusso idrico. E le piante stesse non sono in grado di gestire lo stress del passaggio dalla siccità alla massiccia presenza di precipitazioni. Secondo gli esperti, circa un quinto – il 21%, per la precisione – del territorio italiano è da considerare a rischio desertificazione. È il Mezzogiorno l’area più minacciata (Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Sardegna e Sicilia), ma il fenomeno coinvolge anche Emilia Romagna, Marche, Umbria e Abruzzo.

Sette milioni di italiani vivono con l’incubo frane e alluvioni 

Allagamenti, alluvioni, frane: l’Italia è uno dei Paesi europei maggiormente a rischio per quanto riguarda il dissesto idrogeologico. Secondo l’ultimo rapporto redatto dall’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) per il 2015, ogni anno sono oltre un migliaio gli eventi franosi che colpiscono il territorio nazionale. Il che mette in pericolo circa 7 milioni gli italiani che vivono in aree a rischio idrogeologico. Si tratta del 12 per cento della popolazione totale, che risiede nell’88 per cento dei Comuni, esposti al pericolo di frane e alluvioni. Di questi 7 milioni a rischio, circa un milione vive in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata e 6 milioni in zone alluvionabili, classificate a pericolosità idraulica media. Le regioni più fragili sono Valle D’Aosta, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Molise e Basilicata. Le cause: consumo del suolo, cementificazione, disboscamento, mancata manutenzione del territorio. In particolare il suolo consumato con edifici, strade, parcheggi e così via è passato dal 2,7% della superficie totale del Paese negli anni ’50 al 7,6% del 2016. In termini assoluti, il consumo di suolo ha intaccato ormai 23.039 chilometri quadrati del nostro territorio.

Mettere in sicurezza i territori e dare il via al piano casa 

Il problema del dissesto in Italia ha due facce: da una parte, la gestione di un territorio molto antropizzato, complesso, da sempre fragile, dove regnano l’abusivismo edilizio e l’abuso di consumo del suolo. Dall’altro, la necessità di affrontare le conseguenze del cambiamento climatico, che moltiplica la potenza, l’intensità degli eventi meteo. Come spiega Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente, il nostro Paese non è tutto uguale rispetto ai rischi: «Ci sono alcuni territori che per ragioni morfologiche, geografiche, di come si è costruito, sono da sempre più a rischio e sempre più lo saranno. Di fronte a questi problemi di fatto non stiamo facendo nulla se non rincorrere le emergenze idrogeologiche, con risorse che spesso vanno a progetti pensati 20 anni fa». Il riferimento va ai circa 27 miliardi di euro che stanno finanziando i 9.400 cantieri del progetto #Italiasicura del governo. Risorse che peraltro vengono spese con eccessiva lentezza, e che come dichiara lo stesso ex coordinatore di #Italiasicura, Erasmo d’Angelis, non sono sufficienti a risolvere i problemi di prevenzione strutturale del Belpaese, anche in assenza delle mappe dei rischi in molte Regioni. E l’annunciato piano Casa Italia per l’adeguamento sismico del patrimonio edilizio, per la riqualificazione del costruito e la riduzione del rischio idrogeologico è rimasto lettera morta.

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lastampa/Italia fragile: in sei anni si sono verificati 242 eventi catastrofici A CURA DI ROBERTO GIOVANNINI

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