La sconfitta della FIGC: nulla di fatto. Resta senza presidente

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L’Italia del calcio resta senza presidente. Settanta giorni dopo le dimissioni di Carlo Tavecchio, l’assemblea elettiva che doveva restituire una guida alla Figc si conclude con un nulla di fatto. Ora tocca a un commissario. «Davanti a chi verrà scelto – scrive Paolo Brusorio – c’è una grande occasione per ricostruire».

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In fondo, non è detto che sia un male. La giornata dai contorni tragicomici, dove i dirigenti del calcio italiano hanno dato il peggio non riuscendo in quasi tre mesi a cavare fuori un nome per la presidenza Figc, consegna il pallone al presidente del Coni Giovanni Malagò. Lui, sì, da tempo sulla riva del fiume in attesa del passaggio dei (poco) amabili resti dei tre sfidanti.

Almeno ci hanno risparmiato l’inciucio e a questo punto poco interessa sapere chi ha detto di no a chi. Di certo c’è che questi signori non potranno mettere becco nella ricostruzione di un sistema dilaniato sul campo con la mancata qualificazione ai Mondiali e travolto nelle istituzioni: commissariata la Federcalcio, commissariata la Lega. Peggio di così non ci si poteva ridurre, ma senza ridursi così dal pantano non saremmo mai usciti. Un po’ di fumo negli occhi e oplà, avremmo rivisto circolare cariatidi e vecchi marpioni, trafficanti di codicilli e imbonitori da strapazzo. Basta vedere lo scempio mostrato ieri con trattative di scambio abbozzate persino nei gabinetti.

Gravina, Sibilia e pure Tommasi, cavaliere bianco non disposto a mercanteggiare il suo venti per cento in nome di una forza che i giocatori, padri – non dimentichiamolo – del patatrac mondiale, non avrebbero mai potuto avere: nessuno di loro, sarebbe riuscito a tirare fuori dalle secche il calcio. Non ne avevano la forza (appunto, Tommasi), l’appeal (Sibilia), il profilo (Gravina). Spazzati via allora. Loro e i registi occulti. Spazzato via Claudio Lotito che fuori dalla porta dopo le dimissioni di Tavecchio (chi era costui?), aveva ripreso il suo vecchio ruolo di burattinaio per rientrare dalla finestra. E invece gli hanno tagliato i fili e non c’è riuscito. Ce lo ritroveremo, chissà, in Parlamento e forse sarà pure peggio ma almeno lì Anna Frank la rispettano, non la insozzano.

Il calcio ha perso, ma non è perduto. Tocca al commissario riportare la barra a dritta. In quanto tempo? Si prenda quello necessario. Sei mesi, un anno, persino due se servono per fare le riforme. Quali? Ridare al sistema una dignità rosa dalle gaffe, dagli affari di una classe dirigente che vaga sperduta e incapace di trovare una governance per la Lega, un’ammiraglia dalle fiancate bucate; isolare la gestione della Nazionale affidandola a chi di quella maglia conosce il peso e non solo gli affari; scegliere un ct all’altezza.

Sarà Malagò il commissario? L’ego del presidente del Coni verrà titillato subito dalla Giunta ed è difficile che resista alle lusinghe. Davanti a lui o a chi da lui verrà scelto c’è una grande occasione: il calcio è un’azienda troppo seria per lasciarla in mani inadeguate e non è vero che toccato il fondo si può cominciare a scavare. Si può anche, anzi si deve, risalire. Eccola, la grande occasione.

vivicentro.it/CRONACA SPORTIVA
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lastampa/Figc, spazzati via: in fondo non è un male per il calcio PAOLO BRUSORIO

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