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Castellammare di Stabia

Il Napoli ha fame e bastona la Dea: Atalanta al tappeto e la fuga prosegue

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I

l nostro editoriale su Napoli – Atalanta non può che iniziare con un grazie, signora Kvaratskhelia. Grazie di cuore. Diciamocela tutta: se ne sarà accorta anche lei di aver messo al mondo un bambino speciale. Perché, sa signora, Kvicha col pallone tra i piedi fa tutto quello che vuole, anche quando gli allenatori avversari gli impongono marcature doppie se non triple.

Sa, signora, Kvicha stasera ha fatto un altro capolavoro, perché ha sterzato tre volte dal piede sinistro a quello destro, prima di scaricare un fulmine che il portiere dell’Atalanta non ha fatto a tempo manco a guardare. E i difensori, quelli dell’Atalanta, li ha visti signora? Quasi sembrasse brutto anche a loro frapporsi in un momento di tale bellezza, perché Kvicha, più che un calciatore, sembrava Alberto Tomba a Calgary.

Parlerei così, se avessi lady Kvaratskhelia davanti. Lui, il capellone di Tblisi, che ha l’aspetto di Gigi Meroni trapiantato nel 2023 e le movenze caracollanti della grande ala degli anni ’80, è la perla più gustosa del Napoli di Luciano Spalletti. Perché, se è vero che c’è un collettivo che ha attributi e organizzazione da vendere, Kvicha ci mette la classe e la mette a disposizione della squadra nei momenti decisivi, che poi è la dote che fa, del campione, un fuoriclasse.

Come stasera, nella partita che vede la capolista contro un’Atalanta da sempre orticante e scomodissima e chiama, soprattutto, il Napoli a una risposta dopo il ko casalingo contro la Lazio di settimana scorsa.

Un passo falso, tutto sommato fisiologico per quanto grigio, che aveva già scatenato e alimentato tremori e preoccupazioni di una parte della piazza partenopea.

Anni ed anni di delusioni, di sogni sfumati, di illusioni e di lente risalite avevano fatto affiorare alla mente, dopo il blitz biancoceleste, l’atavica paura di non farcela, di cadere, di crollare.

Una mano alle ansie del popolo azzurro l’aveva già data, venerdì sera, la clamorosa sconfitta dell’Inter al “Picco” contro lo Spezia: nella peggiore delle ipotesi gli azzurri avrebbero avuto almeno 15 punti di vantaggio sui nerazzurri, nell’attesa di conoscere i risultati delle altre ( poco credibili) contendenti.

Chucky Lozano si ferma in settimana, Mario Rui deve scontare l’ultima giornata di squalifica e, udite udite, nel riscaldamento contro i bergamaschi si ferma Alex Meret, finora sempre presente in campionato e nelle coppe. Al suo posto, esordio assoluto in maglia azzurra per Gollini, che disputerà un’ottima partita, mostrando grinta e sangue freddo.

Per il resto, è il Napoli delle migliori occasioni. L’Atalanta, pur priva di Hateboer e Koopmeiners tra tutti, è sempre sfidante organizzata.

La capolista inizia a dominare sul piano del possesso palla sin dalle prime battute. Di Politano, il primo squillo serio, al sesto minuto: uno-due ben riuscito con Zielinski e mancino all’angolino, dal vertice destro dell’area di rigore, ben respinto da Musso in corner.

Le occasioni da goal, sebbene il Napoli comandi le operazioni, non arrivano, merito di un’Atalanta accorta che sceglie di difendersi con ordine, nella speranza di attivare il contropiede con i suoi velocisti. Il proposito, però, non riesce e non riuscirà mai veramente nel corso di tutta la partita, perché gli uomini di Spalletti dominano il gioco ma non si fanno attrarre nella trappola, restando sempre umili e rispettosi dell’atteggiamento dell’avversario. Il possesso palla è tutto azzurro, la manovra non sempre è fluida ma non per questo è nevrotica, come capitò contro la Lazio: si attende il momento della svolta, con un lavoro ai fianchi dei bergamaschi che richiede pazienza e costanza. Il Napoli, per fortuna, le possiede entrambe e avrà modo di dimostrarlo.

La Dea la mette sul piano fisico e dell’aggressività? Gli azzurri non tentennano e accettano il confronto, con un meraviglioso Kim che stra-vince ogni duello lo veda protagonista e un attentissimo Rrahmani, che copre saggiamente su ogni marcatura preventiva.

E così, bisogna attendere il minuto 28 per vedere un’altra palla goal nel match: merito, manco a farlo apposta, di uno straordinario Kvara, che compie una serpentina tutta fantasia sino a calciare, sul primo palo, da posizione defilatissima, trovando la risposta di Musso in corner.

La terza ed ultima opportunità della prima frazione vede protagonista, ancora, lo stesso autore della prima: è ancora Politano a calciare, stavolta da dentro l’area, dopo un efficace recupero palla di Kvara, ma Musso si fa ancora trovare pronto e Matteo, a dirla tutta, non è impeccabile nell’esecuzione.

La prima frazione si conclude così, dopo 3 minuti di extra-time, sul risultato di 0-0. Per l’Atalanta, ammoniti Ruggeri e Scalvini, mentre subentra nel finale Demiral, per problemi fisici occorsi a Djimsiti. Tra le fila partenopee, ammonito il solo Osihmen.

La ripresa inizia nel segno di un Napoli volitivo e deciso a violare la porta bergamasca. Proposito che gli azzurri, differentemente da quanto successo contro la Lazio, stavolta non palesano con frenesia e schizofrenia, ma con saggezza e tanto opportunismo.

Osihmen, al minuto 48, compie una sforbiciata bella a vedersi quanto centrale nell’esecuzione: Musso la fa sua senza troppi problemi.

Victor ancora, stavolta al minuto 59, va assai più vicino al goal, quando zucca bene di testa un invito da cross di Politano, non centrando però lo specchio per una questione di centimetri.

Il goal, appena 60 secondi più tardi: un recupero palla a centrocampo degli azzurri è già il preludio ad innescare Osihmen, bravissimo a gestire palla nella trequarti bergamasca e a servire con lucidità l’accorrente Kvara. Il resto, è pura goduria per chi vuol bene al calcio: il georgiano sterza una, sterza due, sterza tre. Dal destro al sinistro, ubriacando l’intera retroguardia di Gasperini che può solo assistere impotente a un’impressionante dimostrazione di tecnica ed estro. L’epilogo è un destro che si spegne sotto l’incrocio dei pali, le urla che squarciano il Maradona e Kvara che esulta con rabbia forse pari alla sua classe.

E’ un goal fondamentale, che sblocca una gara insidiosa, rende incandescente l’ambiente azzurro e restituisce sicurezze alla squadra di Spalletti, rimuovendo ( forse) qualche ansia di troppo.

Col risultato cambiato, anche le energie fisiche degli azzurri sembrano, come d’incanto, rinvigorite e così molti crescono alla distanza e sgasano con quanta birra hanno in corpo.

Spalletti cambia al minuto 65 per la prima volta: Elmas e Ndombele sostituiscono Politano e Zielinski. Tre minuti più tardi e Boga e Zappacosta entrano al posto di Pasalic e Maehle in casa Atalanta per provare a dare fastidio al Napoli.

Tra il minuto 73 e il minuto 74, veri squilli della Dea. Prima è Muriel ad entrare in area e tentare una conclusione sul primo palo che trova Gollini attento a chiudere in corner. Poi è Zapata, sul calcio d’angolo seguente, a svettare più in alto di tutti, trovando la presa puntuale di un Gollini ancora lucidissimo.

Un minuto più avanti, è l’eccellente Kim ad esser costretto al cambio, complice il riacutizzarsi di un problema al polpaccio: lo rinviene Juan Jesus.

Ancora un giro di lancetta e il risultato cambia ancora, per non cambiare più in seguito: corner perfettamente battuto da Elmas, il cui cross a centro-area trova la zuccata puntuale di Rrahmani che spedisce sul palo lungo e sigla il 2-0 Napoli.

Ruggeri, al minuto 83 di Napoli – Atalanta, tenta l’ultima sortita, ma il mancino da dentro l’area trova i pugni sicuri di un Gollini sempre attento nelle volte in cui è stato chiamato in causa.

Ultimi cambi per Spalletti all’85esimo, quando Simeone e Zerbin sostituiscono Osihmen e Kvara.

Victor non sembra reagire nel modo più pacifico e dimostra tutta la sua frustrazione per l’uscita dal campo: un vorace che non vuole saperne di trovare riposo.

Gasperini getta nella mischia, stranamente solo all’89esimo, uno dei suoi uomini migliori, quel Lookman lasciato in panchina per quasi tutto il match e che subentra quando il risultato è oramai compromesso.

4 minuti di recupero non cambiano la storia, già segnata, del match: Napoli batte Atalanta per 2 reti a zero, ritrova il successo dopo il passo falso contro la Lazio e consolida ulteriormente il proprio primato.

Ora gli azzurri sono a +18 dall’Inter e a +19 dalla Lazio, in attesa dei risultati della Roma e del Milan e senza dimenticare una Juventus che, qualora dovesse avere indietro i 15 punti di penalizzazione inflittegli, si inserirebbe di nuovo tra le posizioni di punta della classifica.

“Vinceremo il Tricolor”, urla il “Maradona”, in barba ai timori e alle ataviche paure.

L’ultima volta, che questa gente lo cantò, lo stadio si chiamava ancora San Paolo e la 10 era dietro le spalle di un Sudaca di Villa Fiorito, che stava trascinando il suo Popolo adottivo all’appuntamento con la storia.

Sentirlo di nuovo, ad oltre un trentennio di distanza, gonfia gli occhi di commozione ed incredulità.

Più di trent’anni dopo, non ci sono Extra Terrestri con la Mano di Dio, ma ragazzi audaci e volenterosi, guidati da un tecnico anziano sull’anagrafe ma sempre al passo con gli aggiornamenti dei tempi.

E poi c’è lui, il genio di Tblisi.

Grazie, signora Kvaratskhelia. Napoli le deve un pezzo di goduria del suo tempo attuale, al di là del risultato sportivo in sé.


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