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ome ogni domenica, per l’editoriale, vi propongo quanto scritto da Scalfari che oggi, sull’onda del prossimo incontro di Renzi con Angela Merkel e François Hollande a Ventotene, torna con la memoria a Schuman, Adenauer, De Gasperi (Francia, Germania e Italia) che proprio lì aderirono al Manifesto di Ventotene e fondarono come primo passo concreto la Comunità del carbone e dell’acciaio, cui seguì subito dopo un’autorità di controllo e di guida e la firma a Roma nel 1957 dei Trattati europei.
Questo il suo editoriale:
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Conversazione con Renzi sul manifesto europeo di Ventotene EUGENIO SCALFARI
Il premier dovrebbe passare dai simboli alla concretezza, imponendo un ministro delle Finanze dell’Eurozona
Domani, lunedì, Angela Merkel e François Hollande sono ospiti di Matteo Renzi sull’isola di Ventotene, per onorare Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, estensori del Manifesto che auspicava la fondazione degli Stati Uniti d’Europa. La scrittura di quel vero e proprio programma era durata alcuni anni, dopo i quali era circolato clandestinamente ed infine, nel 1944, liberamente in Italia e in altre nazioni europee.
Il seme era stato gettato e fu raccolto concretamente da tre personalità che anche per questo entrarono a far parte della storia europea: Schuman, Adenauer, De Gasperi, Francia, Germania e Italia, che aderirono al Manifesto di Ventotene e fondarono come primo passo concreto la Comunità del carbone e dell’acciaio, cui seguì subito dopo un’autorità di controllo e di guida e la firma a Roma nel 1957 dei Trattati europei. A cominciare da un Parlamento europeo con le relative istituzioni che culminarono in una vera e propria confederazione di Stati: Italia, Germania, Francia, Benelux (Olanda, Belgio, Lussemburgo). Poi la Spagna, il Portogallo, l’Austria e via via. Il seguito è noto sia nella fase positiva sia in quella negativa, fino a che gli Stati aderenti diventarono 28 e tra di essi 19 aderirono alla moneta unica chiamata euro, creata e messa in circolazione tra il 1999 e il 2002.
Ho ricordato questi personaggi per sottolineare l’importanza dell’incontro di domani che si svolge in un clima pessimo per l’Europa.
Ondate di migranti dal Sud africano e dall’Est slavo; crisi di ristagno economico; nascita di movimenti e partiti xenofobi, populisti, contrari alla moneta comune; ritiro della Gran Bretagna dall’Unione, diffusione sempre più vasta del terrorismo islamico guidato dal Califfato, religioso e politico che fa leva sulle periferie sociali del mondo intero ed infine sulla visibile decadenza del sentimento europeo che si sta diffondendo su tutto il continente e mette in dubbio perfino le attuali istituzioni confederali rendendo perciò lontanissimo e dubitabile il passaggio alla Federazione che era il centro del Manifesto di Spinelli.
Domani Italia, Francia e Germania si riuniranno proprio per arginare questa situazione a dir poco disperata. Che cosa potrà uscire da quest’incontro tra le tre potenze che oggi rappresentano una sorta di triumvirato nato per indicare (non certo per imporre) la linea politica, sociale, economica che l’Europa dovrebbe seguire?
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Tre giorni fa ho ricevuto una telefonata da Matteo Renzi, del tutto inattesa. Ci siamo chiamati una prima volta nello scorso autunno per organizzare un dibattito in occasione dei 40 anni dalla fondazione di Repubblica, il 14 gennaio del 1976. Il dibattito ci fu e fu molto positivo: verificammo l’esistenza di personali punti di vista comuni e molti altri di profondo dissenso in un’atmosfera di reciproca gentilezza. Da allora non c’eravamo mai più né incontrati né avevamo comunicato al telefono. I miei interventi giornalistici in alcuni aspetti erano positivi per Renzi, specie nella sua politica europea erano aumentati ma contemporaneamente si era configurato un dissenso su una questione fondamentale: la legge elettorale detta Italicum e le sue connessioni con il referendum costituzionale.
La sua telefonata mi ha fatto certamente piacere anche per l’argomento che la motivava: l’incontro e il significato di ciò che accadrà domani a Ventotene. È stata una telefonata un po’ lunga perché poi si è parlato d’altro. Credo sia utile che il nostro pubblico conosca i temi dei vari argomenti toccati. Del resto non c’è nessuna motivazione che imponga riserbo.
Il Manifesto di Spinelli è chiarissimo nell’obiettivo: un’Europa federale, Stati Uniti come gli Usa. Quanto di più lontano dall’attuale realtà. La Francia ha sempre storicamente difeso la sua sovranità così come ha fatto anche il Regno Unito. Del resto sono stati due grandi imperi e questo pesa sul loro sentimento nazionale. La Gran Bretagna è uscita dall’Unione europea, la Francia invece no, infatti il suo presidente domani sarà addirittura a Ventotene.
Il caso della Germania non è molto diverso: anch’essa è stata un impero e soprattutto è il paese più popoloso e economicamente più forte d’Europa; perciò alcune delle ipotesi di Stati uniti parificano lo Stato tedesco agli altri dell’eventuale Federazione. Eppure anche la Germania nella persona della sua Cancelliera celebrerà domani il Manifesto di Spinelli. Renzi dovrebbe esser contento di questo fatto e noi, italiani europeisti, insieme a lui. Questo mi ha detto e questo condivido, poi però dal simbolo siamo passati al concreto.
Renzi ha già da qualche mese previsto la creazione di un ministro delle Finanze dell’Eurozona, aderendo alla tesi di Mario Draghi. La proposta tuttavia non ha fatto un solo passo avanti. Ora Renzi, passando dalla simbologia alla concretezza, dovrebbe porre il tema da mettere in pratica senza alternative, almeno per quanto riguarda la Germania perché la Francia e il governatore della sua Banca centrale hanno già aderito. La Merkel invece no e ancor più negativo è il suo ministro dell’Economia, Schäuble, e il governatore della Bundesbank.
Ebbene Renzi, a mio avviso, deve porre Merkel di fronte alla necessità che queste resistenze siano superate senza ridurre il ministro europeo ad una figura scenica più che politica. Deve avere i poteri che hanno nelle economie dei propri paesi i ministri del Tesoro e delle Finanze. Tra questi poteri, d’accordo con la Bce, c’è l’emissione di Buoni del Tesoro europei, il che porta con sé un bilancio sovrano dell’Eurozona e la capacità di contrarre debiti ed erogare crediti. L’Eurozona diventerebbe in tal modo il nocciolo dello Stato federale europeo, aperto a qualunque altro Stato dell’Unione che non fa parte dell’Eurozona.
È pur vero che il consiglio dei Capi di governo dei 27 Stati potrebbe opporsi a questa decisione, ma l’Eurozona è il nucleo più forte se è compatto e se la Germania si convince; allora i 19 Stati dell’Eurozona saranno anch’essi compatti.
Insomma questa è stata una delle battaglie e forse la principale che Renzi dovrà ingaggiare nei prossimi mesi. Il nostro presidente del Consiglio tuttavia non mi ha mostrato che poteva portare Merkel su questo terreno, con le elezioni tedesche imminenti non è certo un’impresa facile.
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Ma non è solo l’economia come fatto istituzionale che deve diventare una realtà europea. C’è un’economia italiana che ci ha riservato recenti delusioni: il nostro prodotto interno, il Pil, è fermo ed è tra i più bassi d’Europa nella sua dinamica. Qui, a mio avviso, ci sono stati errori e, tanto per ricordarne uno da correggere oggi, bisognava e bisogna decidere un taglio il più consistente possibile del cuneo fiscale. Darebbe alle imprese e ai lavoratori che ne dipendono un aumento della produzione molto notevole con ripercussioni automatiche sulla domanda e quindi sui consumi. Ci siamo fermati poco su questo terreno. Renzi e Padoan conoscono il problema ma traccheggiano. Non ne capisco la ragione.
Altri temi che abbiamo rapidamente discusso. Renzi proporrà ai suoi ospiti nell’incontro di Ventotene su una vecchia portaerei “Garibaldi” la formazione di battaglioni formati con le forze armate dell’Ue, per fiancheggiare le truppe speciali dell’America e della Francia e persino dell’Inghilterra invitata direttamente dagli Usa. Questa idea era già stata formulata qualche giorno fa dal ministro degli Esteri, Gentiloni, e dalla ministra della Difesa, Pinotti. Un progetto molto importante da realizzare.
Un altro tema è stato quello di un’alleanza particolarmente stretta tra i paesi europei del Sud. Renzi andrà nei prossimi giorni in Grecia e incontrerà Tsipras. Sono già d’accordo e inviteranno a parteciparvi la Francia, la Spagna, il Portogallo. La Germania – mi ha detto Renzi – non è contraria anzi è favorevole che il Sud dell’Unione si interessi della costa libica e di tutto il Maghreb cercando di trattenere l’emigrazione e stabilendo interventi anche nei paesi africani d’origine dei migranti.
Terzo e ultimo problema: referendum e Italicum. Renzi ha capito che la legge elettorale va profondamente modificata ma per ora vuole soltanto fare qualche piccolo ritocco promettendo che discuterà sostanziali mutamenti di quella legge soltanto dopo l’approvazione del referendum. Nel frattempo però attende di conoscere il 4 ottobre e nei giorni immediatamente successivi le deliberazioni della Corte costituzionale.
Siamo tutti in attesa di quella pronuncia. Il tema secondo me è comunque di eliminare il ballottaggio: in un sistema tripolare come l’attuale il ballottaggio è estremamente pericoloso. Se Renzi questo farà i “Sì” vinceranno, altrimenti saranno i “No” ad avere la meglio. Non è detto che lui in tal caso debba dimettersi. Ma il Senato non sarebbe abolito e il bicameralismo continuerebbe con tutte le conseguenze del caso. Ci pensi bene il nostro presidente del Consiglio, perché il suo ruolo europeo che sta crescendo ha la sua base nel ruolo che ha l’Italia. Se lo perde dovrà cambiare mestiere. Chi deve decidere è soltanto lui. Se sbaglia, anche l’Europa ne soffrirà e non sarebbe una festa neppure per i suoi avversari. Chi è colpa del suo mal pianga se stesso.
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