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Castellammare di Stabia

In un’epoca di cyber attacchi dobbiamo preoccuparci per la democrazia?

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I Servizi di intelligence hanno lanciato un allarme su un possibile Rischio di cyber attacchi” e pertanto, sul suo editoriale,  Giampiero Massolo si chiede: “Dobbiamo preoccuparci per la tenuta delle democrazie occidentali inclusa la nostra?”.

Garantire la sicurezza nazionale

Dobbiamo preoccuparci per la tenuta delle democrazie occidentali, inclusa la nostra? Viene da chiederselo a scorrere la Relazione dell’intelligence italiana, non dissimile peraltro nei contenuti dagli analoghi documenti dei nostri partner europei e atlantici. Le minacce vengono squadernate tutte: oltre a quella jihadista tutt’altro che sopita, si va dai tentativi d’influenza per via cibernetica, alla destabilizzazione economico-finanziaria, ai movimenti estremisti di matrice anarchica o di destra oltranzista. La conclusione che si può trarre a un tempo rassicura e inquieta. Rassicura perché emerge un livello di approfondimento analitico assai alto in chi deve aiutare il governo a «vedere nel buio». Ma anche perché, più in generale, conferma a fronte dei rischi una capacità di adattamento rilevante del Paese nel suo vivere quotidiano. Allarma, perché il proliferare delle sfide si accentua sempre più fino a rendere plausibile una minaccia potenzialmente esistenziale.
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L’assunto dal quale partire è che il progresso tecnologico ha reso ormai virtualmente illimitate le capacità di intrusione e manipolazione per via cibernetica di quella parte così ingente delle nostre vite e delle risorse degli Stati che vengono affidate alla rete o scambiate sui social.

Fino a lambire i nostri meccanismi di consenso politico, come dimostrano vicende anche non italiane. Per ciò stesso, magnificando le facoltà di chi – governi, aziende, individui – non da oggi ritiene di poterne trarre vantaggio politico o economico.

Sul piano della destabilizzazione economico-finanziaria, poi, le condizioni di concorrenza estrema sui mercati internazionali, la corsa all’aggiornamento tecnologico, la ricerca affannosa di competitività attenuano le alleanze e spesso non fanno andare troppo per il sottile nella scelta dei mezzi. Ciò che espone i nostri sistemi-Paese al rischio di un vero e proprio downgrading strutturale, fatto di erosione della loro base industriale, di sottrazione del loro know how, di eliminazione dal mercato delle imprese più concorrenziali.

Se aggiungiamo i rischi di lacerazione del tessuto sociale, per effetto dell’estremizzazione di istanze o situazioni di crisi, dall’antagonismo anti sistema alla strumentalizzazione di difficoltà economiche o dell’immigrazione, il quadro complessivo ne risulterà ulteriormente complicato.

Ma la minaccia è dunque davvero esistenziale? Pur nella consapevolezza che il rischio zero non esiste e che non vi sono misure in grado di neutralizzare del tutto le minacce, il nostro Paese, individualmente e nelle sue collaborazioni internazionali, ha tuttavia fatto non poco. La definizione dell’architettura nazionale di sicurezza cibernetica sta continuando a ritmi sostenuti, come dimostra anche l’accentramento nell’intelligence delle relative competenze; l’impiego proattivo delle misure di tutela del patrimonio economico-industriale, a cominciare da un uso più frequente dello strumento del golden power, si è andato affermando come pure un ruolo governativo più attivo nelle controversie aziendali; la prevenzione e il controllo del territorio, oltre alla prontezza di reazione in emergenza, sono ampiamente riconosciute alle nostre forze dell’ordine e agli apparati di sicurezza.

Basterà? Aiuterebbero almeno altre due cose: un sistema istituzionale che consenta decisioni più pronte e rapide, un’opinione pubblica consapevole che non c’è sicurezza che tenga senza che il tutelato collabori con chi è chiamato a tutelarlo. Ecco, proprio in questo snodo tra efficienza istituzionale e collaborazione di tutti sta la resilienza delle democrazie occidentali e la certezza che non sarà possibile destabilizzarle.

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