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l mancato pagamento del pizzo per le bancarelle nel cuore di Napoli scatena attimi di tensione perché un gruppo di extracomunitari si rifiuta di versare l’obolo ai clan. Parte l’aggressione da parte di un “esattore”, tre senegalesi vengono feriti e un proiettile colpisce una bambina di dieci anni che passava per caso nell’area dei mercati. «Non ci fermeremo fino a quando avremo sbattuto dentro questi infami vigliacchi, dei quali non abbiamo paura perché l’anima, si sa, è più forte di cento proiettili», scrive Maurizio de Giovanni.
La pallottola che vaga da tre anni
La piccola M.D.G., di dieci anni, per fortuna non sarà altro che il ricordo di uno scampato pericolo: eppure non possono essere pochi centimetri a cambiare la gravità oscena, l’assurda ottusità di quella pallottola vagante. Perché è chiaro a tutti, a Napoli e fuori Napoli, che in tempo di pace non possono esserci pallottole che vagano nel centro della città; è dolorosamente vero e persino comprensibile che ad Aleppo, nel Darfur o nel devastato Afghanistan vaghino pezzi di ferro rovente in cerca di bambini innocenti, che si muoia nei Paesi messi a fuoco da interessi economici enormi e dalla follia di governanti autocratici.
Ma non in una città che vorrebbe essere finalmente normale in una delle nazioni più pacifiche dell’Occidente industrializzato. Dovete sapere, voi che leggete scuotendo il capo a debita distanza dalla pallottola vagante, che questa città ha fame di tranquillità. Che siamo stanchi di queste notizie, che con quella pallottola non abbiamo niente a che fare, che non ce la facciamo più a veder distrutto in un colpo solo il castello di cultura e gentilezza e accoglienza che quietamente e lontano dalle luci della ribalta riprendiamo ogni giorno a costruire con fatica e dignità. Dovete sapere che quella pallottola vagante colpisce al cuore il nostro orgoglio, e la voglia di rialzare la testa ogni volta barcolla un po’ di più.
Non importa da quale canna di pistola sia partita la pallottola che vaga per il centro della città da anni. Su quello lavora bene chi deve farlo, e siamo in tanti, quasi tutti, a sostenere quel lavoro. Il fatto è che quella pallottola, ferisca o uccida, ha un bersaglio che inevitabilmente centra: l’anima nuova di una città che propone il proprio cambiamento e un’immagine diversa. Voi che leggete della pallottola vagante sappiate che non ci fermerà; che non ci fermeremo fino a quando avremo sbattuto dentro questi infami vigliacchi, dei quali non abbiamo paura perché l’anima, si sa, è più forte di cento proiettili. E che saremo noi a farla smettere di vagare, quella pallottola.
L’ultimo romanzo di Maurizio de Giovanni è «Pane per i bastardi di Pizzofalcone», edito da Einaudi
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